TONHONCHONLATEE – CAPITOLO 33 (M)

La parte della casa di Tonhon che Chonlatee voleva vedere più di tutte era la sua camera da letto, anche se aveva già visto la stanza di Ton nella casa di Chon Buri e quella al dormitorio del campus. Quella camera da letto, nella vera casa dove era cresciuto Ton, era diversa dalle prime due.

Più ampia, con molte cose in ordine al loro posto, raccontava meglio l’identità di Ton.

Al centro della stanza spiccava un letto king size, mentre alle pareti vi era una libreria per i fumetti e una per le action figure di varie dimensioni. Un’altra poi, sembrava essere una sorta di vetrina espositiva, una mensola per trofei e medaglie d’oro di varie competizioni, oltre alle immagini delle varie cerimonie di premiazione.  

«Ton… Questa foto…» Mettendo la mano davanti alla vetrinetta trasparente Chon sorrise alla persona che lo seguiva con lo sguardo, in silenzio, indicando una delle immagini. 

Quella foto ritraeva un ragazzino sudato che reggeva un trofeo mentre sorrideva felice mostrando con orgoglio i suoi denti mancanti.

«La prima coppa che ho vinto.»

«A Nanquiab.»

«Avevo sette anni.»

«Tu ne avevi sette, io cinque… È passato molto tempo, la foto è sbiadita.»

«Uhm…» gemette Ton avvicinandosi al più piccolo e appoggiando il mento sulla sua testa. «Il primo.»

«Eh?»

«Tu sei il primo che lascio entrare nella mia camera da letto.»

Chon era  sorpreso.

«Nessuno è mai entrato. Anche quando i miei amici sono venuti a dormire qui, non ho mai lasciato nessuno entrare in questa stanza.»

«Come mai?» chiese Chon voltandosi verso Ton e venendo subito abbracciato.

«Guardati bene intorno e guarda tutte le mie foto da bambino; questa stanza ne è piena.» Ton, senza sciogliere il suo abbraccio, prese a fare alcuni passi facendo sembrare ogni movimento strano e molto difficile, ma Chon era sicuro che finché Ton lo avesse sostenuto, non ci sarebbe stato pericolo di cadere.

«Anche io ho foto di quando ero bambino.»

«No, questo è molto più personale…»

«Come ti senti?»

«Non lo so, bene? È la prima volta. Sai quando si è soli si ha un tipo di identità, poi ne abbiamo una quando siamo con i nostri amici e un’altra ancora quando siamo a casa con la famiglia. La mia camera da letto è uno spazio privato, una mia identità misteriosa… il vero me,e raramente ho desiderato mostrarlo a qualcuno.»

«Allora perché mi hai lasciato entrare?»

«Tu hai visto tutto…»

«Sì.»

«Hai visto ogni lato di me. Quello forte, quello debole e anche quello pazzo e stupido, hai visto ogni mia sfumatura.»

«Vero…» Chon annuì, alzando la testa per guardare la mascella affilata dell’altro, «… e mi piacciono tutte.»

«Ed io? Ho visto ogni tuo lato?»

«Ehm, non so. Forse hai visto davvero tutto di me.»

«Se non mi credi, lascia che te lo dimostri. Voglio arrivare nelle profondità del tuo essere.» gli sussurrò Ton all’orecchio, spostandosi verso il centro della stanza prima di continuare a spingere Chon e se stesso verso il letto.

La morbidezza del materasso fece sprofondare Chonlatee al centro del letto mentre dall’alto Ton lo sovrastava, incollandolo lì con il suo peso impedendogli ogni movimento.

«Non abbiamo nemmeno cenato.»

«Manca mezz’ora all’ora di cena, posso accelerare il passo e accontentarmi di dieci minuti.»

«Non si tratta di accelerare o accontentarsi, ma del fatto che hai promesso a tua mamma che non mi avresti fatto niente.»

«Quando ho visto i tuoi calzini, il mio cuore ha tremato.»

«Che razza di idiota vede dei calzi e si eccita al punto da mandare all’aria una promessa fatta poco prima?» 

Ma forse a causa delle dimensioni troppo diverse, non importava quanto forte Chon spingesse, Ton non si mosse. Al contrario il più grande afferrò le sue mani e le spinse sopra la testa contro il materasso. 

Un’altra forte sconfitta… 

«Non si tratta dei calzini, ma dei piedi e delle caviglie che avvolgono perché ti spingono a guardare la gamba e ancora più sù.» Un lungo calzino con strisce alternate nere e rosse venne accarezzato dolcemente da Ton all’altezza del polpaccio.

Chonlatee non poté far altro che ammettere a se stesso che più vedeva quegli ardenti occhi neri fissare le sue gambe, più sentiva la pelle d’oca e più stranamente si agitava. 

Lui e Ton insieme erano come benzina e fuoco.

«Hai almeno un preservativo? Non voglio essere un disastro dopo.»

«Ce l’ho…»

«Dieci minuti, ho avviato il cronometro.»

«Cerca di non gridare forte.»

L’ultimo avvertimento di Ton sembrava terrificante. Quando finì di parlare l’intero corpo di Chonlatee venne ribaltato come un cuscino, finendo così con il petto e il viso rivolti verso il materasso.

Tutto avvenne molto rapidamente. Le mani e la bocca di Ton lavorarono perfettamente all’unisono. Con una mano sbottonò i bottoni dei pantaloni, mentre la sua bocca tirava verso l’alto la maglia di Chon eseguendo una scia di baci lungo la sua schiena che fecero sentire a Chonlatee del fresco sulla parte inferiore del proprio corpo a causa del condizionatore d’aria acceso.

«L’unica cosa rimasta sono questi calzini altrimenti saresti tutto rosa Chon… Sono così sexy.»

«Ton… Mi vergogno.» gridò Chon imbarazzato cercando di alzarsi sui gomiti e tentando di sorreggersi con la sola forza delle braccia. Quando riuscì a voltarsi per guardare Ton, lo vide sbottonare i propri jeans e abbassarli insieme ai boxer lungo le sue cosce. Il sangue gli affluì violentemente al cervello mentre ondate di calore si diffondevano ovunque dentro di lui. 

Ton iniziò a baciare una delle morbide natiche e man mano la sua bocca scese fino a che le labbra contornate dal piercing raggiunsero il suo stretto canale, sfregando contro la parte più sensibile, ma continuando poi la loro discesa lungo una coscia e nella parte interna del polpaccio.

I calzini di Chon vennero abbassati fino alle caviglie ma non oltre; rimasero al loro posto. 

Chonlatee sussultò quando i suoi piedi vennero inondati da piccoli morsi ed una strana sensazione attraversò il suo cervello… Lui… Tonhon… non aveva idea di che cosa i suoi gesti stessero provocando in tutto il suo corpo. 

Un suono acuto e tremante risalì dalla gola di Chon, e non era poi così diverso dai mugolii che aveva sentito emettere da TC quando veniva accarezzato sulla testa.

«Non contrarlo.»

«Uhm.»

Ton emise un piccolo gemito mentre apriva il tappo della bottiglia di gel lubrificante per poi spalmarne in abbondanza lungo la stretta fessura e infine invaderla con le dita.  

Chon era pronto, Ton aveva preparato tutto per quel che restava dei loro dieci minuti.

«Baciami.»

«Sì.»

Due grandi mani avvolsero Chon all’altezza della vita e lo aiutarono ad alzare non solo il petto, ma anche il proprio sedere e subito dopo quelle stesse mani guidavano la parte superiore del suo busto a scendere verso il materasso, tutto perché si trovasse nella posizione migliore per accogliere l’invasione del più grande.  

«Dammi un bacio… voglio un bacio.»

Chon tentò di ribellarsi a quella richiesta, ma ciò non impedì a Ton si chinarsi sopra di lui e iniziare a mordere dapprima il lobo delle sue orecchie e poi la punta arrotondata mentre il suo naso premeva contro la guancia di Chon. Infine le labbra di Ton raggiunsero quelle del suo amante e i due si scambiarono un intenso bacio.  

Era giunto il momento… Chon sentì il membro duro di Ton spingere dentro il proprio morbido canale. 

«Dieci minuti, non gridare.»

«Lo so…»

Sdraiato sul proprio petto con la faccia sepolta in un cuscino per sopprimere il pianto, Chon sapeva che Ton non avrebbe sprecato neppure un solo secondo; ma quando fu dentro, il più grande si fermò aspettando che lui si abituasse alla sua invasione donandogli un attimo di respiro… 

Un alto ritmo, un inserimento massimo ed un’uscita massima per un tempo limitato.

«Ah… Rallenta…» Il formicolio era così intenso che persino le lacrime di Chon facevano fatica a scendere; quelle erano lacrime sgradevoli perché di dolore, anche se lui stesso era sorpreso di quanto al contrario fosse tesa la sua parte frontale. 

Chonlatee voleva prenderlo con una mano e occuparsene da solo, ma la persona che lo sovrastava da dietro non era della stessa opinione. Prima ancora che Chon potesse afferrarlo con una mano, la sua erezione venne afferrata da una mano che subito iniziò a muoversi su e giù allo stesso ritmo delle sue spinte. 

Vorrei poter tornare indietro nel tempo a quando ho imposto il vincolo dei dieci minuti… per poter scappare in quell’istante dalla camera. 

Perché ogni volta Ton ci va sempre giù più pesante?

Si ok, dieci minuti… ma il suo desiderio e la sua forza sono in forma concentrata!

**********

TC fece il suo ingresso in camera da letto in braccio a Ton ribadendo che, sapendo che per quanto sua madre amasse e volesse tenere con sé il cucciolo di Pomsky non gli avrebbe mai permesso di entrare in camera sua, così Ton lo aveva preso e portato con sé. Chonlatee trovava strano che la madre di Ton non si fosse accorta che quel cucciolo non era un husky siberaino ma bensì un Pomsky, ma poteva anche immaginare le risate che si era fatta a spese del figlio.

Quando era bambino la mamma non gli avrà lasciato mangiare il pesciolino nella boccia?

Forse quello era il motivo per cui Ton era diventato così scontroso. Chonlatee stava giocando con TC fingendo di volerlo stritolare, ma subito dopo rise fragorosamente per la reazione del cucciolo.   

«Sono arrabbiato con te.»

«Bene.»  Chon offrì il mignolo al più grande, ma quando vide che era ancora imbronciato, fece il giro del letto e lo abbracciò mentre si sedeva dietro di lui.

«Non bene.»

«Ton.»

«…»

«Ti amo Ton.»

«Non devi implorare. Non implorare.»

«Come mai?»

«Sono molto infastidito al momento e mi piace quando cerchi di addolcire il mio cuore. Ci vediamo più tardi in serata.»

«Non ce la faccio più. Ton, tu sei uguale a TC. Guardati, gli stessi occhi persino come ti abbraccio, io non credo che sia da fidanzato, ma assomigli a come abbraccio lui.»

«Vuoi mangiare spezzatino di cane?» Ton ringhiò a bassa voce e si alzò dal letto in piedi per prendere il cucciolo con l’idea di portarlo ai fornelli.  

«Non fare il pazzo, visto che lo hai preso ad un prezzo così alto… ora dimmi se vuoi farti per primo la doccia o mi lascerai farla per primo.»

«Ho preparato dei miei vestiti per te in bagno. Io andrò dopo.»

«Ok, grazie.» Chon sollevò TC, che aveva iniziato a leccargli la faccia, si alzò e mentre era fermo a guardare il cane, come chi conosceva bene i propri polli, corse da Ton per intimargli: «Non osare farmi mangiare il cane.»

«Se non riuscirai a trovarlo, TC probabilmente sarà già nel tuo stomaco, quindi fai una doccia veloce.»

«Nè tu nè io lo mangeremo e mi farò una doccia lunga, mi piace fare la doccia.» Un sorriso girò l’angolo della bocca di Chon mentre si avvicinava per baciar la guancia di Ton prima di avviarsi.

«Un lungo bagno dopo non va bene?»

«Cosa?»

«Mi mancherai.»

«… Se dici così allora posso fare una doccia veloce.»

Le gambe che erano appena uscite dall’ampio letto vennero di nuovo tirate indietro e la fronte di Chon si scontrò con le morbide labbra di Ton prima di essere lasciato. Alcune strane parole erano state pronunciate dal più grande con lo scopo di farlo riflettere, e anche troppo.

«Presto ci sarà anche qualcosa da vedere.» sentì Chon prima di andare in bagno.

**********

Per fare la doccia quella sera Chonlatee non impiegò molto tempo, era troppo incuriosito dalle parole che Ton gli aveva detto; c’era qualcosa che lui doveva vedere. Quando uscì dal bagno privato della camera vide l’ampia stanza e TC in un angolo che subito gli corse incontro. 

Decise di asciugarsi i capelli che aveva lasciato bagnati strofinando un morbido asciugamano sulla testa e contemporaneamente si accovacciò verso il cucciolo.

«Papà non c’è?»

TC guaì festoso. 

«Il papà ti ha lasciato qui tutto solo?»

Ancora un mugolio dal cucciolo… 

«È un peccato, ma anche un bene che ti abbia risparmiato.»

La loro conversazione si interruppe quando Chon udì il suono di uno scatto fotografico. 

Il suono proveniente alle sue spalle, ovviamente, non era di TC. Quando Chon si alzò, voltandosi a guardare, scoprì che era stato Ton, in piedi mentre dopo aver scattato la foto dal cellulare si avviò alla stampante.  

«Che razza di idiota si siede e parla a un cane come in una favola?» Ton tirò su con il naso e si avvicinò alla scrivania dove vi era una stampante tascabile.

«Allora, dove sei andato?»

«Sono andato a prendere la stampante, volevo scattarti una foto e quando sono entrato ti ho visto accovacciato a parlare con TC.»

Chon non si mosse, ma rabbrividì e capì che si trovava proprio di fronte il condizionatore acceso.

«Hai freddo?»

«Ho appena finito di fare la doccia.»

«Quindi un abbraccio è ciò che ti serve per non farti ammalare.»

Ton allungò una delle sue braccia e lo attirò vicino a sé prima di abbracciare forte Chon da dietro, irradiando calore da un corpo all’altro.

Il suo corpo era caldo al contatto con quello di Chon. 

«Dov’è la foto?»

«Eccola, lo metto in un album.» Ton gli posò davanti una foto in formato polaroid dove Chon era stato ripreso di schiena.  

«Alcune foto sono per te, ma altre sono per me.» Prima che potesse finire il suo discorso, Ton alzò il telefono e aperto la fotocamera frontale e scattò subito una foto.

Chon era sicuro che da quella angolazione il suo visto sarebbe venuto schiacciato e deforme. 

«Sto cercando di trovare un’angolazione in cui tu non sia attraente.»

«No, sono carino. Voto popolare.»

«Sì.»

«Allora dove sono le cose che voglio vedere?» domandò Chon.

«Vai a sederti sul letto e aspetta.» I capelli sulla sua testa furono leggermente schiacciati da un bacio prima che Ton andasse dall’altra parte della camera.

Chon andò a sedersi sul letto come gli aveva detto Ton, guardando il più grande mentre si chinava per aprire l’armadio del piano inferiore.

Un album fotografico…

«Ci sono così tante foto di me e te di quando eravamo piccoli che ha scattato mia mamma.»

«Ne ho uno a casa anche io.»

Ton si avvicinò a Chon, depose l’album sul letto e il più piccolo ne prese una.

«Wow certo che avevo delle guanciotte enormi da piccolo.» Nella mente di Chon si fece strada il ricordo di quando venne scattata quella foto e ripensò a loro due da bambini. 

«Quando è stata scattata questa foto ti stavo insegnando ad andare in bicicletta, così avresti potuto togliere le rotelle..»

«La mia faccia era così rotonda…»

«Carino.»

«Anche da bambino?»

«Lo sei sempre stato.»

Chon non si era reso conto di quanto Ton si fosse avvicinato, ma erano così vicini che i loro respiri si mescolavano. Non era timido, non sarebbe scappato via, ma sorrise e si chinò appoggiandosi all’ampio petto di Ton.

«I nomi che ci hanno dato i nostri genitori, sembra che sapessero che ci saremmo incontrati.»

«Tonhon e Chonlatee.»

«I marinai e gli oceani sono indivisibili.»

«Allora sei contento o triste di non essere scappato via da me? Io me ne sono andato.»

«Stai morendo di fame?»

«Ti sto abbracciando.»

«Le persone che si abbracciano devono amarsi. Le persone innamorate devono essere felici… In conclusione, sono contento di essere qui con te. Tu sei felice di stare con me?»

«Perché non dovrei essere felice dato che sono l’oceano che vuole abbracciarti e cullarti?»

«Appena andremo al mare scatterò una foto e la metterò nella mia stanza come primo ricordo di noi.»

«Per questo sei andato a prendere una stampante portatile?» Non appena Chon iniziò a ricostruire la storia sorrise, tenendo la mano che Ton gli aveva messo in vita per stringerlo, sollevò la testa e gli baciò leggermente la punta del mento. 

«Sì.»

«Puoi dirmi quanto mi ami?» domandò Chon.

«Non posso.»

«Eh?»

«Ti amo troppo.»

«Dimmi piano piano qui…»

«Parlerò dolcemente, senza enfatizzare la cosa.» Ton afferrò la punta del mento del piccolo  e lo sollevò verso l’alto mentre abbassava le labbra su quelle calde di Chon e subito la dolcezza di quel bacio lo travolse, provocando l’offuscamento del cervello del piccolo Chon.

«Diciamo solo che ti amo più di quanto ti amo

«Come sarebbe, ti amo più di quanto ti amo?» disse Chonlatee con voce forte, spingendo Ton, facendolo cadere sull’ampio letto per poi arrampicarsi su di lui, in lizza per strappare per primo un bacio a quel paio di labbra.

Passò molto tempo prima di riuscire a racimolare la volontà di staccarsi da quelle labbra, ma decise di rimanere immobile disteso sull’altro. 

«Allora diciamo che ci amiamo allo stesso modo.»

«È un po’ surreale, ma pensarci mi fa sentire a mio agio… Possiamo metterla così.» Il sorriso continuava a illuminare il volto di Chon, anche quando Ton prese a scompigliargli dolcemente i capelli. Ton prese il viso di Chon tra le mani e lo attirò verso il basso per far incontrare di nuovo le loro bocche.

Finisce e ricomincia, facendomi pensare all’inizio.

Com’era iniziata… 

Chonlatee che amava segretamente Tonhon.

Chonlatee, il cui unico desiderio all’inizio era quello di potergli stare accanto.

Chonlantee che non poteva mettere a tacere i propri sentimenti. 

Chonlantee che continuava ad amare molto Tonhon.

… e finalmente il marinaio aveva accettato l’amore dell’oceano.

Il destino era dalla parte di Chonlatee.

Tutto era iniziato grazie a Chonlatee.

Tonhon e Chonlatee erano diventati “TonChonlatee?, insieme.

Sdraiato sull’ampio petto, con la testa poggiata sull’ancora tatuata che unisce gli oceani e i marinai, Chonlatee ascoltava il battito del cuore sotto di sé che pompava al ritmo della parola amore

Amore, amore, amore… si trattava solo di quello.

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