TONHONCHONLATEE – CAPITOLO 32

Una vittoria schiacciante!

Chonlatee era il vincitore del voto popolare, senza alcun dubbio, quando le rose vennero contate il suo cesto ne conteneva almeno il doppio degli altri e questo senza che gli uomini di sua madre avessero avuto la possibilità di acquistare rose al di fuori della competizione. Tonhon era in piedi e sorreggeva un cartello aspettando che il ragazzo sul palco lo notasse.

[La madre è molto gelosa di suo figlio!] 

Se non fosse stato per Tonhon vincere non sarebbe stato così facile.  

La fascia del vincitore era ancora indosso alla Luna dell’anno precedente, ma quando i riflettori vennero puntati sul nuovo vincitore nella sala esplose un fragoroso applauso. 

Chonlatee non era sicuro di indossare ancora entrambe le lenti a contatto, magari una gli era caduta durante la competizione perché iniziò a vedere tutto sfocato e quello gli stava rovinando il momento.  

Come avrebbe dovuto rispondere alla domanda? Dopo essere stato eletto vincitore?!

«Come ti senti Chon ad aver vinto il voto popolare?» Alla domanda del presentatore “la reginetta” iniziò a sudare mentre le sue mani battevano a un ritmo sbagliato tanto era nervoso.

Alcune persone quando erano molto nervose iniziavano a balbettare e Chonlatee era uno di loro.

«Uh… ah… Io amo i bambini.» … Sono impazzito!

«Ah… ah, oltre al bell’aspetto ha anche senso dell’umorismo. Ok ora arriva la domanda decisiva. Molte persone qui sono curiose e vorrebbero esserti amiche, nella sala molti vorrebbero sapere qualcosa in più su di te. Sulla nostra pagina molti hanno scritto delle domande a cui vorrebbero che rispondessi… non sono molte, solo alcune sono interessanti. Ma prima Nong Chon sei disposto a rispondere anche ad alcune domande personali?»

«Ah, se le domande riguardano il mio peso e la mia altezza non c’è nessun problema.»

«Questo non importa… Ciò che importa… sono cose che riguardano il tuo cuore.»

«Ah… ah… ah…» Alla fine Chonlatee tacque, non sapendo più cosa dire e con una mano iniziò a torcere l’estremità della larga camicia bianca che usciva dai pantaloni.

«Cominciamo allora. Prima domanda, come hai conosciuto Tonhon? È molto sospetto perché molti pensano che non sia vero che tu e Tonhon vi conoscevate anche prima del college.»

«Ah… Conosco Ton perché eravamo vicini di casa.» Chon si guardò intorno quando sentì un fischio provenire dalla sala che annunciava che la risposta da lui data non era molto soddisfacente.

O forse no. Forse quei fischi stavano a sottolineare l’arrivo di un certo qualcuno nella sala e Chon sentì che forse si trattava di quello… Tutte le luci puntate su di lui però gli impedivano di vedere qualunque cosa oltre il palco.  

«Un romantico amore… e cosa ti piace di più di Ton che vi rende così innamorati?»

Chonlatee alzò la mano e iniziò a grattarsi nervosamente il collo mentre il conduttore pose, con l’altra mano teneva il microfono preparandosi a rispondere dopo aver ascoltato la domanda fino alla fine. Con il microfono tenuto vicino alla bocca, si preparò a dare una risposta forte e chiara in modo che risuonasse nell’intera sala.

Coraggio! Sto uscendo fuori di testa! Ma è anche bello fare delle cose stupide… Se proprio devo rispondere allora è meglio che risponda così. In effetti non credo che a Ton piacerà molto.

«Eh… Voglio dire… Mi piace Ton perché… Beh… Ton è una persona gentile.»

Nella sala si sollevò un forte brusio. Chonlatee avrebbe voluto prendersi a schiaffi per quella risposta. Per via dei tatuaggi, dei vari piercing e una faccia che il più delle volte incuteva timore… come aveva potuto dire una cosa del genere!  

«Uhm… e Tonhon ama i bambini?»

«No… Ton odia i bambini.»

«Ah… Una persona intelligente, cucina del cibo delizioso… e tante altre cose, no?»

«Si certo, è una persona adulta e calma… è tutto.»

L’ultima risposta fece vergognare Chon perché sapeva che ogni sua risposta avrebbe dipinto un Tonhon che non era reale. 

Aveva risposto a tutto il contrario di tutto, anche i bambini dell’asilo avrebbero potuto dire com’era Tonhon in realtà… 

«Quindi ci stai dicendo che il Tonhon che è con te… non è affatto quello che noi vediamo di solito?» ribatté il presentatore facendo l’occhiolino provocando il pubblico che esplose entusiasta.

Chon aguzzò ancor di più la vista cercando Ton tra la folla. Non fu difficile, presto lo vide. L’omone era in piedi accanto a Nai e aveva tra le mani un cartello luminoso. Indossava una maglietta ed era tutto sudato, in più i suoi capelli erano ancora bagnati e solo allora Chon si accorse che anche lui aveva risposto alla domanda del presentatore… 

Folle!

[Chon è il più sexy dell’università.] 

Poi mentre si sistemava la fascia vide che Ton stava scrivendo qualcos’altro sul cartello. 

[Il marinaio è brutale. Lui è il re dei Bruti.]

«Hai qualcos’altro da dire a Ton ora che hai visto come ha reagito alle tue parole… qualcosa oltre la sua gentilezza?» Il presentatore per la prima volta sembrò essere in difficoltà.

In effetti sembrava essere in preda al panico quasi quanto Chonlatee.

«Mmm…» Chon era infastidito dalla sua stessa balbuzie, ma l’aver stabilito anche solo un contatto visivo con Ton era stato sufficiente a ridurre il suo nervosismo.

«Su avanti parla… Dì qualcosa.» Il presentatore doveva anche avere discrete doti di persuasione in fondo. 

«Ton… rivorrei i miei soldi.»

**********

Ok l’intera faccenda del concorso sarebbe diventata un’altra storia da raccontare su Chonlatee. 

«Quando esattamente ti avrei chiesto dei soldi e non te li ho più ridati?» chiese Ton dopo aver parcheggiato bene l’auto nel parcheggio del suo dormitorio mentre Chon nascondeva il viso in fiamme. «Quanti bath?» domandò di nuovo Ton.

E adesso cosa dovrei rispondere?

«Non lo so.» confessò Chon prima di continuare. «In quel momento ero talmente nel panico con tutti gli occhi puntati addosso che non sapevo proprio cosa rispondere.»

«Smettiamola di parlare, scendiamo dalla macchina e saliamo in camera.» Ton si slacciò la cintura di sicurezza e proprio mentre stava per scendere… 

«Ton… ho preso la fascia.»

«Si, questo lo sapevo già.»

«Non sei venuto a vedermi?»

«Sapevo che ce l’avresti fatta.» La risposta di Ton fu secca e veloce tanto che Chon aprì e chiuse la bocca nel buio dell’abitacolo, ma non riuscì subito a replicare.

«Dov’è il mio trofeo?»

«Dietro, nel bagagliaio… ho tanta voglia di fare una doccia. Fammi salire prima in camera mia. Per favore prendilo e chiudi a chiave l’auto per me.» Dopo avergli lanciato le chiavi in grembo Ton uscì dalla macchina.

… Tutto qua? È tutto quello che ha da dire? È così che mi consegna la coppa?

Così non la voglio!

Chon rise amaramente guardando la schiena di Tonhon allontanarsi dalla macchina ed entrare nell’edificio. Non lo trovava affatto carino. Lui aveva ancora indosso la fascia e manteneva il mazzo di fiori che qualcun altro gli aveva regalato. Avrebbe tenuto quelli e avrebbe lasciato che Ton prendesse la sua coppa!  

No, tutto questo non è proprio carino… Per niente… 

Chon si sentiva in colpa con se stesso per essersi arrabbiato così tanto per l’atteggiamento freddo di Ton, così alla fine scese dall’auto e raggiunse il cofano pronto ad aprirlo e raccogliere tutte le altre cose da portare in camera, ma proprio quando stava per borbottare un altro rimprovero rimase senza parole quando vide ciò che il bagagliaio della macchina nascondeva.

«Ton… Ton!» gridò alla persona che un attimo dopo uscì dall’edificio con un ampio sorriso, seguito da una fragorosa risata quando vide l’espressione del più piccolo che si infastidì ancora di più.  

«Sorpresa! Mi piace come l’hai presa.»

«Non dovresti ridere di me sopratutto sapendo come sto male quando mi spezzi il cuore.» Chon per la frustrazione colpì il petto del più grande che per tutta risposta lo abbracciò, ma dopo essersi subito divincolato Chonlatee ritornò a guardare il bagagliaio della macchina. 

Quello spazio che avrebbe dovuto essere vuoto era stato riempito da un enorme mazzo di rose bianche alternate a rose rosse.

Rose magnifiche, un bouquet gigante, grande quasi come… la persona che glielo aveva regalato.

«Mi piace moltissimo, anche se non capisco perché tu lo abbia fatto.» riuscì solo a dire Chon prima che le lacrime avessero la meglio sui suoi occhi… non avrebbe voluto, ma quei sentimenti lo travolsero. 

«Perché piangi? No, no, no, no, non piangere.» Chon venne stretto in un forte abbraccio e dopo alcuni secondi iniziò a non poter più respirare.

«Non essere così preoccupato sto solo piangendo un po’, adesso però ho bisogno di fare un passo indietro Ton… Se mi abbracci così rischio di morire soffocato.»

«Cosa mi accadrà semmai dovessi abbracciarti a morte visto il mio disperato bisogno di soldi?»

«Te l’ho già detto… in quel momento non mi è venuto nient’altro in mente.»

«Allora dov’è che hai visto questo me che ama i bambini ed è bravo a cucinare?»

Chon lo sapeva, sapeva che per quanto accaduto quella sera Ton lo avrebbe preso in giro, sapeva che tipo di persona lui era.

«Posso risponderti adesso su cosa mi piace di te? Mi piace il tuo lato molto selvaggio, mi piace che tu abbia un cuore così grande e a volte così ingenuo che non si addice nemmeno un po’ all’espressione cattiva che hai di solito… va bene così o devo continuare?» Chon riuscì a malapena a dire l’ultima frase, un po’ perché la sua voce tremava per l’emozione, ma soprattutto perché Ton lo abbracciò di nuovo ed il suo viso venne premuto contro l’ampio petto del più grande.  

Chonlatee inalò il suo profumo, l’odore della sua pelle misto al sudore mescolato a una debole nota di profumo, lo trovava molto rigenerante.

«Sembra più di essere insultati.»

«Mi piace il Ton che conosco solo io così bene.»

«Beh, lo so.» Ton rise prima di allentare il suo abbraccio e prendere in mano le cose ingombranti.

«E in conclusione, dov’è il mio trofeo?»

«È sotto i fiori.»

«Questi sono moltissimi fiori.»

«365… come i giorni in un anno perché io ti amo ogni giorno, non solo oggi o solo nelle occasioni importanti ma ti amo ogni giorno.» Ton raccolse una rosa.

Chonlatee ne afferrò lo stelo e avvicinandola vide quanto bella e fresca, senza traccia di alcun trauma, fosse quella rosa. Sembrava appena colta e preservata con cura. 

«Oggi ho ricevuto molti fiori. Eh sì.»

«So già che il mio ragazzo è sexy.» Le carnose labbra rosse forate dal piercing si aprirono in un sorriso rivelando i suoi denti bianchi, mentre metteva le braccia intorno al collo del più piccolo e prendendolo in giro: «Ho fatto del mio meglio. Fa caldo oggi.»

«Hai anche il coraggio di parlare.»

«Dammi una rosa. Per favore vota.»

«Prenderò questi fiori.» rispose Chon preparandosi a raccogliere una rosa.

«Quattro fiori… il sole sarà sorto.»

«…»

«Perché sono diventato così? Non è affatto normale.»

«Non sono sorpreso perché io non possa essere solo un tuo amico.» Chon nel parlare socchiuse gli occhi, ma il suo sguardo schivo non significava che era arrabbiato, al contrario era solo… un po’ imbarazzato.

Quattro fiori fino all’alba… a quanto pareva quella notte Ton aveva intenzione di nuovo… di andarci giù pesante con lui

«Non mettermi insieme a quelle persone, sai bene che queste rose hanno un significato diverso da quelle di oggi pomeriggio. Perché non tutte le rose sono uguali, alcune sono più belle, più costose.»

«Non so nemmeno quante rose mi hai dato per il voto. Ma alla fine per quante me ne abbia date quelle rose rimarranno al club, non come queste che mi hai regalato. Queste le terrò per me.»

«Non ho votato.»

«Come mai?»

«Perché non sono un tuo fan.» Ton fece una pausa e prima di dire qualsiasi altra cosa anche Chon parlò: «Perché sono il tuo ragazzo.».

«Un esperto…»

«Un esperto nel fare certe cose con te.»

«Hai mai detto che usavi questo cane per ingannarmi come un cane?» Ton gli afferrò l’avambraccio e ci giocò finché sulla carne non diventò visibile il segno lasciato dai suoi denti e dalle sue labbra.

«Chi ha iniziato per primo? Mi stai mordendo di nuovo come un cane.»

«Ancora con questi cani.»

«…»

«Allora vorrà dire sarà davvero un cane .» Ton chiuse il cofano dell’auto e rubò la chiave che aveva lanciato poco prima a Chon.

Si guardarono di nuovo negli occhi, la dolce atmosfera tra loro ormai dissolta, in quegli occhi d’argento si accese di nuovo “quel” luccichio e dopo un attimo forti braccia sollevarono di peso Chon e lo caricarono in spalla. 

«So cosa stai pensando e cosa stai per dire.»

«Quello…»

«… prima di poter avere figli, dobbiamo prima avere loro.»

«Era ben chiaro.» Ton gli sorrise per l’ultima volta e fece un passo in avanti senza esitazione. 

Qual è il prossimo…

Così diligente nell’atto di fare bambini, penso che sarò di nuovo il primo a cedere o a morire prima della fine dell’anno!

Chonlatee era convinto che quando aveva parlato a Tonhon di allevare un cane lui avesse capito che stava scherzando, mai avrebbe creduto che l’altro avrebbe preso alla lettera le sue parole! Un cucciolo grigio tondo e peloso gli leccò le gambe non appena varcò la porta della casa di Ton.

Quel giorno Ton lo aveva portato a casa sua per salutare sua madre… 

Chonlatee non era nervoso o entusiasta del fatto di andare a casa del grande uomo perché aveva familiarità con la sua famiglia, ma la pelosa sorpresa a quattro zampe, subito raccolta e portata alle guance da Ton… fu come ricevere un pugno nello stomaco, soprattutto quando Ton quasi gli lanciò il cucciolo addosso.

«Ton… non dirmi che la storia di crescere un cane di cui abbiamo parlato l’altro giorno, l’hai presa sul serio.» Chon chiese per averne certezza mentre tendeva la mano al cagnolino che subito iniziò a leccargliela

«Sì, ti sembro una persona che parla a vanvera?»

«No, ma non credo che dirò mai più nulla. Lo hai fatto davvero.»

«Ti da fastidio sentirlo? È carino. Sbrigati e giocaci. Gli husky siberiani sono così carini solo da cuccioli.»

«Eh!?» gridò Chon mentre allontanava dal petto il “Siberian Husky” per osservarlo meglio.

Non aveva alcun problema ad avere fino a ben sei animali domestici, perché lui adorava le cose morbide.

«Ma…»

«Hai un problema? Se non lo vuoi lo darò a Nai.»

L’espressione sul viso di Ton era irritata. Chon sapeva che se non si fosse affrettato a parlare ci sarebbero stati dubbi su l’andare alla grande in futuro.

«Non ho problemi, posso allevarlo, mi piace ma… il cucciolo che ho in braccio, credo sia un Pomsky.»

«Eh!?» Chon passò il cucciolo a Ton che aveva gridato disperato che stava esaminando attentamente la palla di pelo rotonda che aveva tra le mani.  

«Il pomsky è un incrocio tra un husky e un volpino. Il muso, gli occhi e i colori sono quelli di un husky, ma ha le dimensioni del volpino. Non te ne sei reso conto dal suo prezzo quando lo hai comprato? È grande la differenza con il prezzo di un husky.»

«Non ci ho pensato molto. Quando sono andato al negozio mi è piaciuto, quindi l’ho comprato…» rispose Ton dopo essersi fermato a giocare con il cane che aveva in braccio.

«Maschio o femmina? Dobbiamo trovargli il nome giusto.»

«Abbiamo un maschio qui.» Ton rise in gola pronunciando quelle parole perché era sicuro di quel che affermava. A riprova della sua sicurezza prese il cucciolo e dopo averlo girato mostrò a Chonlatee la riprova che quello era un cucciolo maschio. 

«Quindi devi scegliere un bel nome con due sillabe… Ti piace Tree? Come il tuo nickname.»

«È una brutta cosa, diamogli un nome da cane.» Chonlatee era perplesso e rimase a pensare al nome per il cucciolo fino a quando non venne conquistato dal cagnolino ancora senza un nome per giocare con lui. 

«Allora che nome gli darai?»

«TC sono le iniziali dei nostri nomi nell’alfabeto inglese.»

«TC è carino.» Chon sorrise e guardò Ton. Lasciarono che TC scorrazzasse lungo il prato davanti casa. Il sole pomeridiano non dava per niente a Ton un aspetto brillante e luminoso, perché era accaldato e sudato e piccole gocce di sudore presero a scorrergli sul viso.  

«Penso che in casa faccia caldo…»

«Sì, vuoi che porti anche TC al dormitorio?» Chon annuì e lasciò che Ton gli prendesse la mano per entrare nella grande casa arredata in stile moderno che però rispecchia ancora l’identità unica dei proprietari, piena di alberi che sembrano ombrosi anche nel cuore della città.

«Non voglio, l’ha preso mia mamma e mio padre non c’è mai. Mia madre ha detto che lo voleva per alleviare la solitudine…»

Se vuoi giocare, devi venire e dormire a casa mia.

«Qualcuno vuole legarmi le mani qui.»

«Sì, metti ben in avanti le mani.» ammise Ton con un sorriso sfacciato mentre qualcuno sotto di lui faceva un gran un trambusto.

«Dormiamo insieme ogni sabato e domenica, mi lascerai dormire di nuovo con te?»

«Mi dispiace non era per questo che sono entrato nella tua vita, ma adesso sono diventato dipendente da te. Lascia che ti dica che è difficile fare a meno di te.»

«Ho fatto qualcosa di sbagliato?» Chon alzò un sopracciglio assumendo un’espressione seria.

«Nulla di sbagliato, lo fai benissimo perché mi ami.»

Il caldo afoso dell’esterno veniva alleviato dall’aria fresca dal condizionatore all’interno della casa e dal soggiorno provenivano i suoni dalla TV a volume alto. 

Chonlatee vide zia Tai seduta sul divano, non sapeva che programma stesse vedendo in TV, ma sapeva che a causa delle parole di Ton aveva il viso in fiamme. 

Si sentiva imbarazzato fino alla follia mentre Ton continuava a parlare normalmente.

**********

L’atmosfera nella casa di Ton era piena di calore. Chon venne accolto con molto affetto dalla zia Tai, che non esitò a guardare con gli occhi di chi la sapeva lunga, proprio come sua madre, prima lui e poi suo figlio Ton. 

Infine alzò una mano per coprirsi la bocca, ridendo e facendo sentire Chonlatee ancora più imbarazzato, fino a dover asciugare le lacrime agli occhi con le dita.

«Perché stai ridendo?» chiese Ton interrompendo quella scena e porgendo TC a sua madre che lo depose sul suo grembo. La piccola palla di pelo grigio, quando sentì che quell’odore non apparteneva al suo proprietario, iniziò a guaire e quello era il segno che di sicuro alla fine sarebbe andato con loro al dormitorio.

Puoi venire a giocare qui… Vieni a giocare a casa del tuo ragazzo.

«Ridi di tuo figlio.» 

«Come scusa?»

«Scusami è che non ho potuto resistere alla dolcezza di Chonlatee. Vieni a sederti qui, vieni figliol.». Zia Tai accarezzò il sedile accanto a lei per farlo sedere, il suo viso era ancora sorridente. Ton non era affatto come sua madre, ma quando Chon osservò meglio le foto appese della famiglia, era chiaro che Ton fosse il secondogenito di quella casa perché somigliava molto al padre.

«Così carino.»

Nessuna preoccupazione nel vedere Dam seduto che guardava di fronte a zia Tai, in quel modo, stava seguendo le regole.

«Dormirete qui stanotte?»

«No.»

«Torni a casa dopo così tanto tempo e non ti preoccupi nemmeno di essere carino con tua madre o forse è perché tuo padre non è qui? Ma in effetti tu puoi tornare al dormitorio da solo e Chon, tu non hai problemi a rimanere qui con me, non è vero Chon?» Solo alla fine della frase la zia Tai si voltò a guardare suo figlio, ignorando la sua espressione. 

Un’espressione di pura ira e istinto omicida, una bomba pronta ad esplodere. 

«Perché Dam non è a casa, non c’è problema se lui dorme con me per farmi compagnia… o dove vai stasera?» Chonlatee non era d’accordo con la zia Tai, almeno non da subito, ma si voltò per chiedere alla persona che lo aveva accompagnato in quella casa. 

Ton incrociò le braccia al petto e sospirò tanto rumorosamente finché il suono si diffuse in tutto il soggiorno.

«Non ha con sé un cambio di vestiti.» iniziò a spiegare Ton, ma sua madre alzò una mano a mezz’aria, segno che stava ragionando su qualcosa.

«Può mettere quello che indossa oggi, Porteremo i suoi vestiti in lavanderia. Con questo caldo si asciugheranno  in pochissimo tempo, o al limite ne compreremo di nuovi.»

«E il pigiama?»

«Puoi mettere le tue cose.»

«Io ho solo magliette e pantaloni troppo grandi per lui. Non può indossarli. Capisci che Chon con indosso i miei vestiti sarebbe troppo sexy… Beh, anche se mia madre mi ha detto di non fare nulla… Il solo viso di Chon è così allettante.»

Con questo… il viso di Chon andò ufficialmente in fiamme. 

«Non va bene! Chonlatee dormirà qui. E per quanto riguarda l’indossare i tuoi vestiti, manderò qualcuno a comprargliene di nuovi.» annunciò la zia Tai prima di voltarsi e mettergli un braccio sopra la spalla per abbracciarlo.  

Chon pensò che a causa delle parole del figlio anche lei doveva avere la faccia rossa per l’imbarazzo, non molto diversa dalla sua.

«Va bene zia Tai.»

«Non chiamarmi zia, chiamami Mamma.»

«Sì Mamma.» Chonlatee sorrise un po’ mentre guardava la zia.

La Mamma però si voltò a guardare il bel viso di suo figlio Ton, sorrideva anche lui.

Allora… Quello era davvero il giorno di Chonlatee.

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