TONHONCHONLATEE – CAPITOLO 26

Chonlatee era uscito fuori dal balcone della stanza per assaporare un po’ di aria fresca mattutina. Si fermò guardando l’altezza da cui il ladro Ton era giunto con la sua pistola. Immaginò che l’uomo, per prima cosa, fosse salito sul tavolo in marmo in giardino per arrampicarsi e scalare il muro liscio; doveva essere stato abbastanza difficile allungarsi e risalire lungo la parete. Probabilmente il tutto era abbastanza complesso, o magari l’intera scalata era più semplice di quanto lui si immaginasse. Però non sembra che fosse così dato che Tonhon, dopo essere salito sul tavolo, si diede una spinta e usò un solo braccio per sollevarsi e oltrepassare il muro; il tutto in meno di mezzo minuto. .

Chon aveva dimenticato quanto lui e Ton fossero diversi fisicamente e in altezza, Ton lo superava di almeno 20 cm, circa una mano, e se gli avessero chiesto come faceva a sapere che Ton stringeva un’arma tra le mani, lui avrebbe semplicemente risposto che gli stava davanti e proprio in quel momento si era alzato in piedi sorridendogli radioso.

«Non riuscivo a dormire così mi sono alzato e sono andato a correre. Che fortuna! Era quello che ci voleva.» 

Osservando la persona che stava raccontando di come si fosse svegliato per esercitarsi, Chon notò che la maglietta nera aderiva perfettamente ai muscoli e che i pantaloni della tuta dello stesso colore, aderivano lungo il corpo di Ton; inoltre era palese che avesse sudato parecchio dato che i suoi capelli erano bagnati. Certo osservandolo Chon poteva confermare che era andato a correre. 

«Stavo per rientrare in casa giusto ora.»

«Vai da qualche parte oggi? Andiamo a vedere il tramonto. C’è uno chauffeur a tua completa disposizione, così non dovrai andare in bicicletta.»

«Perché dovrei venire con te?» Chon incrociò le braccia contro il petto. L’aver squadrato di nascosto il corpo di Ton, lo aveva quasi fatto sciogliere, ma si era sforzato di non sorridergli. A dire la verità Chon avrebbe voluto dirgli di sì sin dall’inizio, ma poi in lui aveva vinto la curiosità di vedere cosa avrebbe fatto Ton dopo un suo rifiuto.   

«Se ci vado da solo, non avrò nessuno che mi aiuti a illuminare la strada davanti a me.»

«Le motociclette non hanno i fari anteriori?» chiese Chon.

«Oh, lascia perdere. Domani devo tornare al campus per un test di metà corso.»

«Sì.»

«Sì, sapevi che dovevo tornare al campus? Va bene.» domandò Tonhon.

Ton alzò la mano e si grattò la testa con aria imbarazzata. Il furfante proprio non se l’aspettava e in quel momento la sua espressione triste lo faceva assomigliare ad un grosso cane il cui proprietario si era dimenticato di dargli da mangiare.

«Ci penserò su.»

«Quindi… Ok! Questo pomeriggio aspettami davanti a casa.»

«Quale casa? La mia o la tua?» chiese Chon preparandosi a rientrare nella stanza.

«Anche casa mia ha qualcosa da offrire.»

«Sì.» rispose. Voltò le spalle per fare un leggero sorriso quando sentì che Ton era incerto per le fredde e pietose parole piene di cattiveria con cui Chon gli aveva risposto.

Oh! Sto per morire!

**********

Dato che la sua moto era piuttosto di classe, Chon non avrebbe mai pensato che quella scelta da Ton per andare alla scogliera si trovasse in condizioni così pessime e pietose. Il solo guardarla faceva tremare le sopracciglia di Chon in modo incontrollabile.

Ton io ti amo. Anche se sono arrabbiato o offeso, ti amo e darei la mia stessa vita per te. Ma non sono abbastanza sicuro delle condizioni di questa moto.

«Sono solo venuto a dirti che non verrò con te.»

«Come mai?»

«Sono occupato.» rispose Chon evitando di dire quanta paura avesse di sedersi sopra la moto di Ton. 

«Non lo comprendo, ma cercherò di capire che non ho il diritto di passare del tempo con te.»

«…» 

Perché un tipo come Ton era così bravo a rendere ogni questione un dramma?

Chon di certo avrebbe dovuto diffidare di Ton e non era nemmeno sicuro che si trattasse della persona che si era trovata di fino ad allora. Quel Ton di certo avrebbe inventato delle scuse o avrebbe cercato di persuaderlo a rimanere usando al meglio le sue capacità, giusto?

Ma l’altro ieri Ton era ubriaco… quindi non riesco a capire bene quali siano le sue vere intenzioni. E odio me stesso per essere così debole da lasciarmi intenerire da lui. 

«Non andare troppo veloce o finirò per sentirmi male.» Se Ton non fosse andato troppo veloce Chon era sicuro che sarebbe andato tutto bene. 

«Non è poi troppo veloce per salirci su.» Un cane che scodinzolava felice ecco cosa avrebbe descritto al meglio la reazione di Ton alle sue parole. 

La moto si mosse spinta da un piede di Ton. Se fosse toccato a lui di certo quel giono sarebbe rimasto a piedi, ma trattandosi di Ton dopo aver spinto un paio di volte il pedale dell’accensione, Chon vide uscire dalla marmitta del fumo grigio, quasi nero, avvolgere la moto subito dopo aver sentito il rombo del motore acceso.

Una volta che il fumo si disperse, Chon si avvicinò ma una volta salito in moto notò qualcosa di strano… 

«Non sento odore di sigarette.»

«Beh, a te non piace, quindi non fumo più.» La risposta era stata breve e semplice, come se per Ton non fosse un grosso problema, ma non era la stessa cosa per il cuore dell’ascoltatore.

A Ton piaceva trasformare le piccole cose fatte per l’altro in imprese monumentali, mentre non parlava mai delle grandi cose che riusciva a fare per amore.

«Lo hai fatto per me?» Chonlatee sentì il suo cuore fare una capriola. 

«Beh, ti ho già detto che ero d’accordo con te, farò tutto quello che mi dirai di fare, se invece vuoi che io non faccia niente, dimmelo e io lo farò.»

«Quindi puoi smettere di andare così veloce e rallentare un po’?»

«Ma Chon questo è l’unico modo per averti stretto a me.»

Chon chiuse gli occhi con rabbia, mentre la sua fronte e la punta del naso colpivano periodicamente contro la schiena di Ton, inoltre d’istinto si era proteso ad abbracciare stretto Ton fino a percepire il suo familiare profumo. 

«Ho scelto questa moto appositamente perché ha un grande sedile posteriore, così quando freno non puoi fare a meno di urtare contro di me.»

Non posso continuare ad abbracciarti, non posso per il mio cuore.

«Come se soffrissi…»

«Puoi appoggiarti a me e pensare di essere preso in giro anche se si trattasse solo di una scusa.»

«Ton…» Chon alla fine fece come gli era stato consigliato e si appoggiò contro l’ampia schiena di Ton e anche se lui aveva smesso di stuzzicarlo frenando spesso, il suo volto era ancora attaccato all’ampia schiena.

«Ho davvero le vertigini per il mal d’auto… Come puoi pensare che sia solo una scusa per stare così vicino a te.»

«… Sono felice.»

**********

La brezza marina davanti alla scogliera sembrava essere più forte del vento che c’era quando avevano parcheggiato e il cielo che una volta era luminoso e caldo divenne scuro e cremoso come ad annunciare l’arrivo di una pioggia battente.

Ma quella volta, anche se erano di nuovo insieme, molte cose erano cambiate nel frattempo tra loro. Per esempio, Ton si preoccupava di tenere Chon per un braccio e si sostenevano a vicenda mentre camminavano lungo il bordo roccioso.

Entrambi rimasero in silenzio quando non sapevano cosa dire, prima che Chon si sedesse nel posto in cui si erano seduti l’ultima volta che erano stati lì.

Lo stesso posto, la stessa persona, l’unica cosa che era cambiata era il loro rapporto.

Il silenzio venne interrotto dal suono di uno scatto fotografico.

«Mi hai fatto una foto.»

«Metterò untag e una didascalia, Chon non è single, è in una situazione complicata con il marinaio

«Anche io ci ho pensato.» rispose Chon, ma sembrava che lui non potesse sfuggire a Ton che di nascosto prese posto dietro la sua schiena.

Dopo avere scattato con successo un’altra foto, Tonhon continuò a parlare.

«Le persone che si amano devono continuare ad amarsi. Anche se potrebbero stare insieme, quando due si lasciano dovrebbe essere perché entrambi lo vogliono. Non è giusto altrimenti.»

«Hai ammesso che non è giusto… Quando stavo con te io ti amavo, ma andava bene che tu non amassi me?»

«Chi te l’ha detto?»

«La sera a casa tua in cui mi sono fatto male al piede sbattendo contro il vaso, ti ho sentito parlare al telefono con un tuo amico, gli hai detto “io non sono innamorato”. Non stavi frequentando qualcuno pur non essendone innamorato?»

«Allora perché quel giorno non hai detto niente? Hai sentito e dedotto tutto da solo, ma ti assicuro che hai frainteso… Quando ho detto che non ne ero innamorato mi stavo riferendo ad Amp. Per quanto riguarda… l’amore.»

«Mi sono forse sbagliato?» Gli occhi di Chon tremarono, esattamente come quella sera dopo aver sentito le parole pronunciate da Ton in balcone che lo avevano indotto a scappare via lontano da lui. 

«No… Lo sai che ho una boccaccia. Chon, a pensarci bene, probabilmente hai iniziato a piacermi dalla volta in cui ti vidi al café con indosso una maglia rosa con la stampa di un cartone animato. Dopo aver passato un po’ di tempo con te ho iniziato a sentirmi meglio al punto che ho iniziato a desiderare di voler stare con te ogni minuto. Ero diventato dipendente da te.»

«My Melody, te lo ricordi ancora, perché non me l’hai mai detto?»

«Mi sono forse sbagliato?» Ton si avvicinò a lui porgendogli la sua stessa domanda mentre gli offriva una mano, invitandolo a spingersi giù per la scogliera.

«Sì, è tutta colpa tua. Potresti avermi riconosciuto anche se quel giorno ero un disastro e non me lo hai detto solo per prenderti gioco di me. Mi hai spinto ad amarti di più solo per poi ferirmi.»

«Da quando mi vedi come una persona così complicata… Io non lo sono… Sembra contro natura.»

Dopo aver ascoltato l’ultima frase Chon non potè fare a meno di ridere, una risata forte e argentina, per nulla offeso dal fatto che Ton avesse usato un’espressione desueta…  capendo che quell’atmosfera fresca lo invitava a rilassarsi, a lasciare le proprie emozioni per essere completamente se stesso.

Proprio come Ton… che per una volta aveva dimenticato la sua postura salda e statuaria mentre parlava con l’altro con un’espressione calma in viso.

«Volevo dirlo bene. Sapevo già di amarti tanto. Il mio cervello è lento… sia per le cose che non riesco a ricordare sia per le cose che trovo difficili da ammettere. Non mi piace di certo avere molti rimpianti, so che sono fatto male e questa volta volevo che fosse tutto migliore.»

«Stare con te non è stato affatto male se non contiamo la costante ombra della tua ex ragazza. Vuoi cambiare, ma qualunque cosa tu voglia io ti conosco Ton, sono abituato al tuo caratteraccio, certo nel frattempo potresti dirmi anche qualcosa di carino volendo.»

«Amp mi ha promesso che non interferirà di nuovo, quindi te lo giuro.»

«Come faccio a sapere che mi ami davvero? Non sono venuto a riconciliarmi perché d’un tratto mi sono sentito bellissimo.» Chon parlava in maniera calma mentre se ne stava seduto pigramente a osservare il piercing alzarsi insieme al sopracciglio di Ton quando sul suo volto proruppe un’espressione stranita e solo allora si rese conto che per sbaglio aveva detto di essere bellissimo.

Una scena di una serie tv… Così romantica… Ma era tutto finito!

«Io non ne sono certo, ma ero convinto che anche se non ti ho mai detto che ti amo così tanto, proprio come io sento l’amore che tu provi per me, credevo che fossi riuscito a sentirlo… Scusami.»

«Ecco che chiedi scusa di nuovo. Facciamo così smettila di dirlo a voce e prova a scriverlo, magari in modi fantasiosi e colorati… Un’intera risma di carta A4 pieno di 1000 modi in cui chiedi il mio perdono.» scherzò Chon mentre la brezza fresca in quel momento sembrava cullarlo invitandolo ad addormentarsi. «Le nuvole si sono addensate di fronte a noi e adesso non possiamo vedere il sole anche se le piante intorno a noi incorniciano il tramonto.»

«Il solo poter stare seduto qui al tuo fianco, mi basta.»

«È così?»

«Io ti amo Chon…»

«Sì, lo sapevo.» Chon guardò verso l’orizzonte mentre rispondeva all’altro e poi lasciò che il silenzio si impossessasse dell’atmosfera intorno a loro.

Chon lasciò passare un po’ di tempo prima di voltarsi per guardare la persona accanto a lui e la trovó seduta con le braccia incrociate e addormentata.

È divertente… Sembra che non abbia dormito molto ultimamente.

Chonlatee si avvicinò alla persona addormentata in una posizione tanto scomoda, passò la mano sopra la sua spalla e usò l’altra mano per sostenere la testa di Ton in modo da appoggiarla in grembo, sistemando bene la postura dormiente del ragazzo più grande.

«Prova ancora un po’ di più per capirmi. Sforzati solo un pochino di più per dimostrare che mi ami e fammi vedere che sono davvero importante.» Chon abbassò leggermente la testa, affondò il naso e annusò l’ampia fronte, prima di voltarsi quando la persona sulle sue ginocchia sembrava a disagio e iniziò a muoversi.

Quale pazzo è così irritabile anche quando dorme… Davvero baby Ton?

**********

Il rumore di qualcosa che batteva contro il vetro della portafinestra svegliò Chonlatee all’alba, che si mise seduto sul letto come se stesse avendo un’allucinazione. Non era sicuro di cosa stesse causando un tale frastuono, una tempesta o una persona.

Poggiò i piedi sul freddo pavimento, si alzò in piedi e si sfregò gli occhi, prima di avvicinarsi alla porta scorrevole per vedere di cosa si trattasse.

Era Tonhon, non la pioggia che cadeva dal cielo. Aveva in mano un fascicolo con alcuni documenti.

«Tornerai?» Chon ricordò che l’altro gli aveva detto che doveva tornare al campus per fare una prova intercorso, ma che sarebbe tornato da lui la sera stessa.

Non è troppo cattivo aspettarsi che Ton faccia avanti e indietro per me?

«Guiderò come sempre e verrò da te domani. Sei stanco o preferisci aspettare fino la prossima settimana? Devo proprio tornare in facoltà.»

«Non voglio vedere la tua faccia… Hai dormito un po’?»

«Sono riuscito a dormire un minimo, anche se non mi piace dormire da solo, mi piace dormire con te al mio fianco.» Sotto le occhiaie il bel viso di Tonhon sembrava stanco.

«Sì, lo so, ma dovresti imparare ad abituartici… Cosa stai facendo?» Chonlatee barcollò all’indietro quando all’improvviso Ton si avvicinò al suo volto e il suo respiro caldo gli fece sentire che la distanza tra loro stava diventando pericolosa.

«Ti ho portato i primi dieci fogli, i successivi quattrocentonovanta te li darò gradualmente.» La risposta venne accompagnata dall’apparizione di alcuni fogli che, quando Chon li prese, lo spinsero a spalancare gli occhi per ciò che si ritrovò davanti.

Tutte le scuse di Ton erano state scritte su fogli A4, quasi scarabocchiate e proprio non si poteva dire se fossero belle o no.

La grafia di Tonhon era leggibile e abbastanza ordinata.

«Stavo scherzando.»

«Io invece sono serio… Ci vediamo in serata.»

«Uhm…» fu la sola risposta di Chon, ancora stordito dal messaggio sulla carta.

Ton saltò giù dal balcone e dopo un attimo le orecchie di Chonlatee udirono il rumore del motore della sua auto che si allontanava.

Una macchia purpurea si allargò su entrambe le guance di Chon quando prese e girò uno dei fogli che aveva stretto tra le mani. 

Sul retro del foglio non c’erano scritte parole di scuse come quelle sul davanti, ma solo tre semplici parole: Ti amo Chonlantee.

Mi arrendo, mi arrendo! Davvero… 

Subscribe
Notificami
guest

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

0 Commenti
Inline Feedbacks
View all comments
Facebook
Twitter
Pinterest



Copy Protected by Chetan's WP-Copyprotect.