TONHONCHONLATEE – CAPITOLO 25

-Tonhon POV-

Strinsi forte il telefono nella mano, quasi pronto a esplodere, dopo aver visto che qualcuno che non aggiornava da molto il proprio stato sui social aveva pubblicato qualcosa; una semplice e breve parola… “Single”, ben sapendo che lui non pubblicava cose a caso. Mi sentivo irritato e infastidito anche a causa delle migliaia di persone che avevano messo mi piace a quel post, per non parlare di cosa avrei volentieri fatto alle centinaia di persone che lo avevano condiviso, soprattutto su Facebook. 

Quanti followers hai Chon? Nai ma cosa commenti con “Fighting Nong Chon!” 

Che cosa dovrebbe significare tutto questo… 

Comunque quel bastardo di Nai mi aveva detto di non starmene piantato lì, come se avessi le mani e piedi legati, di non lasciare che tutto finisse così e di non aspettare fino a quando Chon sarebbe ritornato a Bangkok. “Se lascerai trascinarsi la cosa a quando tornerà a Bangkok non potrai fare più nulla, allora sì che avrai mani e piedi legati.” Così mi aveva detto Nai. 

Gettai il telefono sul sedile di fianco a me mentre mi affiancavo a una macchina per parcheggiare nell’area di Ban Suan Phra Athit. Saltai fuori dall’auto per ammirare l’orizzonte per un po’ e riflettei sulla scorsa notte. Dopo l’incidente da ubriaco, avevo cercato persino su pantip.com*  per vedere cosa andava fatto, poi decisi di ritornare subito nella stanza. Pensai che Chonlatee potesse essere ancora lì o che magari fosse sceso a prendere del riso, ma quando non riuscii a trovarlo, decisi di fare una doccia e di uscire per andare al dormitorio di fronte l’università.

[*N/T: Pantip.com è un popolare sito Web e forum di discussione in lingua thailandese]

Però non riuscivo a trovarlo da nessuna parte, per questo saltai in macchina e iniziai a correre a tarda notte.

Dato che la fortuna era sempre dalla parte di Mae ChonNam*, decisi di chiamarla. Mi disse che Chon era arrivato a casa verso le tre del mattino svegliandola, e quando lei gli aveva chiesto cosa fosse successo, Chon le aveva detto tutto quello che era accaduto quella sera…  

[*N/T: la mamma di Chon]

Sentii provenire dal telefono il rumore dello scroscio d’acqua della doccia e subito dopo un profondo sospiro, prima di udire dalla madre di Chon che avrei dovuto parlargli di persona, che lei aveva fatto tutto quello che poteva suggerendo al figlio di aprire un piccolo spiraglio verso la nostra riconciliazione e soprattutto mi aveva svelato che la finestra della camera da letto di Chon che affacciava in giardino, verso l’albero di Chong Kho, restava sempre segretamente aperta. 

«Le pareti non sono molto alte, puoi farcela, ma sta attento perché non ci sono molti punti in cui appoggiarti. Fatti coraggio figliolo, mio ​​figlio non è poi così risoluto, è solo arrabbiato. Nonostante questo, se tu non fai nulla, se non fai qualcosa che metta in discussione completamente la sua convinzione, allora potrebbe rimanere arrabbiato con te per anni.» 

Avevo gli occhi pieni di lacrime. 

Chon… Non essere così crudele con questo sciocco.

Percorsi il giardino con il grande mazzo di fiori tra le mani che avevo preso lungo la strada. Chinai il capo, immergendo il naso tra quei fiori, inalando il loro profumo mentre camminavo verso l’albero di Chong Kho* davanti la finestra della camera di Chon, sperando che quei fiori sarebbero bastati a farmi riconciliare con lui.

[*N/T: Il Chong Kho è un albero thailandese che ha fiori viola. Il fiore ha una forma allungata ed è simile ad un orchidea, per questo viene anche chiamato “L’albero di orchidee di Hong Kong”.]

Giurai, e sempre avrei continuato a farlo, che quello era il primo bouquet di fiori che avevo comprato in tutta la mia vita, così come quella era la prima volta che mi ero rivolto a un sito internet per cercare e leggere mille consigli su cosa fare per riconciliarsi con il proprio ragazzo. Avevo passato così l’intera nottata, nella mia testa risuonavano altri pensieri come pregare i cieli di trovare il modo giusto di avere la forza per riuscire a convincerlo a tornare da me. 

Benedetti i vecchi proprietari della casa per il muro bianco e liscio che si innalzava dalla casa di Chonlatee proprio accanto alla sua camera, benedetto il muro per non essere così alto, non quanto sua madre mi aveva detto. I precedenti proprietari probabilmente a causa della loro familiarità e amicizia da lungo tempo con i vicini non avevano deciso di costruirlo molto alto e invalicabile.

Lassù in cielo, gli antenati probabilmente non sapevano che in futuro ci sarebbe stata una prole spregiudicata, che avrebbe sfacciatamente scavalcato quel muro; ma l’attuale proprietaria della casa mi aveva dato il suo permesso. Cosa avevo da temere quando la camera da letto di Chon era solo al secondo piano della casa?

Il motore esterno del condizionatore in funzione che si udiva dal balcone indicava che all’interno della camera c’era qualcuno. Non sapevo se magari Chon stesse dormendo oppure no, poteva anche star scalciando come un cavallo imbizzarrito dalla rabbia.

Con una mano alzata all’altezza degli occhi cercai di scorgere se Chon stesse dormendo prima di bussare piano alla porta finestra per poi fare un passo avanti, cercando di guardare attraverso le tende della camera da letto. Con il condizionatore acceso la stanza doveva essere fresca, al contrario dell’esterno dove il caldo era soffocante. 

Oltrepassai il motore del condizionatore e piano mi avvicinai alla porta scorrevole tirandola. No, non era stata chiusa, avrei potuto entrare facilmente. Sorrisi tra me e me al pensiero dell’espressione scioccata che sarebbe spuntata sul volto di Chon quando si sarebbe accorto che ero nella sua stanza. Pensai che si sarebbe di certo intenerito vedendomi lì con un mazzo di fiori tra le mani mentre recitavo parole dolci, che avevo già provato nella mia testa, ma appena scostai la tenda vidi i grandi occhi tondi sotto gli occhiali squadrati che mi guardavano con un’espressione di rimprovero: «Resta fermo lì.»

«Chon sapevi che ero io?» riuscii solo a dire mentre ripassavo tutte le frasi che avevo scelto da quando mi ero messo alla guida, senza contare che avevo scelto anche un differente modo di approcciare e parlare con Chon. 

«Ho visto l’ombra e l’ho riconosciuta. Il bouquet nella tua mano… mi stai prendendo in giro?»

«Ehm… prendilo, è per te.» dissi con tono mortificato, ma abbozzando verso di lui un sorriso allegro senza ovviamente muovermi d’un passo. 

Certo che se i miei amici mi avessero visto in quel momento, pietrificato sul posto a comando, mi avrebbero preso di sicuro in giro vedendo come obbedivo al mio ragazzo per paura che non mi perdonasse. Di sicuro mi avrebbero detto che a un suo comando li avrei abbandonati per andare a vivere con lui anche se mia moglie era cattiva. E avevano ragione di sicuro. 

Chonlatee indicò un angolo della stanza. Quando mi voltai per guardare il punto indicato vi vidi una pila di regali, incluso un mazzo di fiori più grande di quello che avevo in mano. 

«Da parte di chi?»

Quella domanda non faceva parte del discorso che avevo ben studiato e che mi ero preparato a recitare di fronte a lui. Vedendolo, mi dimenticai ogni singola parola.  

«Di molte persone. La mamma ha detto che qualcuno li ha portati fin qui. La prima scatola è arrivata verso le 5 del mattino e pare che ci sia anche un bigliettino per me, ma non l’ho ancora letto.» Chonlatee si alzò dal letto su cui era seduto.

Una persona come me che non faceva caso ai dettagli, o meglio era lenta a cogliere i segnali, si soffermò solo allora a osservare la stanza. Sembrava essere dipinta di rosa, i peluches presenti erano molti e Chonlatee aveva fermato i capelli, che di solito ricadevano sulla sua fronte, di lato con una graziosa forcina anch’essa rosa.

Ero lì, lui era lì… così carino. Mi venne una gran voglia di coccolarlo, ma non avevo ancora trovato un’occasione per avvicinarmi a lui.

 «Oh guarda un po’… C’è scritto di chiamarlo se sono single o se mi sento solo. Ha lasciato il suo numero.»

«Eh!?»

«Il bigliettino vicino a quest’altra scatola dice… “Chon ti ricordi di me? Andiamo a pranzo insieme”. Lui ha addirittura messo una sua foto con sotto il numero.»

«Chon ricevi spesso roba del genere?»

«Ebbene si… Di solito c’è sempre qualcuno interessato a me.»

«Ma che ca…» risposi indignato guardando Chon buttare di nuovo nel mucchio con  indifferenza il grande bouquet che gli era stato consegnato. «Qui, nella mia mano… Questo è il primo bouquet della mia vita che ho pensato di regalare a qualcuno. Non volevo di certo che fosse misero. Tieni, lancialo pure… nel modo in cui hai lanciato l’altro proprio ora.»

«Sì… sei geloso, ma perché dato che non siamo più niente?»

«Non essere così arrabbiato, so di non essere stato bravo.»

«No, sono arrabbiato con me stesso. Tra noi è finita da ieri sera.»

La risposta era piatta e i suoi occhi erano fermi, ma sapevo che era molto ferito. «Cosa devo fare se voglio che tra noi torni quello che c’era prima?» Quella domanda di certo non era tra quelle del mio copione. «Lo so, sono troppo stupido per riconoscere quello che ho fatto e di quanto fossi fortunato. Chon dimmi cosa fare. Farò tutto quello che mi dirai, ma ti prego noi non dobbiamo lasciarci.»

«Ci siamo lasciati non perché io non ti amassi, ma perché tu non mi ami.»

«Se non ti amassi starei qui adesso?! Pensaci.»

«Certo che tu… Entri senza permesso nella stanza di qualcuno e hai pure il coraggio di essere arrabbiato?»

Di certo non potevo biasimarlo o dire che non avesse ragione. Mi aveva rimesso al mio posto, così rimasi in silenzio rivolgendogli solo un sorriso riluttante. «Dimmi cosa fare.»

«Corteggiami. Non sarà affatto facile proprio come per la persona che mi ha mandato i biscotti, se non sono io che accetto di giocare con lui… Sai, lui mi corteggia fin dai tempi delle superiori.»

«Okay lo farò. Ma Chon per favore tu devi giocare un po’ con me… Solo un po’.»

Risposi d’istinto, senza pensare mentre mi sporsi per porgergli tra le mani il mazzo di fiori. Chon lo prese con una mano mentre con l’altra fece un piccolo cerchio per indicare quanto piccolo fosse il fascio di quel misero bouquet; un regalo davvero poco costoso, quasi irrilevante per una persona abituata a una vita dispendiosa.

«Io sarò aperto ad accettare anche nuove persone come corteggiatori. Se vorrò diventerò serio anche con loro. Dopotutto questa volta potrei anche trovare una persona che mi tratti meglio rispetto a quanto hai fatto tu con me.»

Fu come ricevere un pugno in piena faccia, in ogni caso se mi avesse colpito il viso non avrebbe fatto male quanto il mio cuore. 

«Ma davvero ho molte opzioni. Ci penserò su e con calma sceglierò in modo da non dover essere ferito di nuovo. Sceglierò quello che non mi darà problemi.»

Il mio ex ragazzo era esigente e nemmeno troppo ingenuo. Ma non avevo potuto far altro che acconsentire, così dissi semplicemente: «È giusto.»  

«Anche se dici così, ricorda che io non ti ho chiesto di aiutarmi a scegliere.» Chon tirò fuori il naso dal piccolo bouquet e io mi sentii frustrato dal debole sorriso che vidi sulle sue labbra prima di dire. «Se vuoi aiutarmi nella scelta, potrei anche lasciartelo fare. Aiutami a scegliere Ton.»

«Scelgo me stesso!» Proprio lì di fronte a lui, sapeva che ero io la sua scelta.

«Se non prendi la cosa sul serio puoi anche andartene. Io mi metterò a dormire.»

«Fa male sentirselo dire… Ma anche io voglio dormire.»

Dopo che mi aveva chiesto di andare via decisi lo stesso di essere impertinente e ovviamente quello fece sì che Chon mi fissasse dritto negli occhi. «Non te lo permetto. Ton non mi costringere a cacciarti fuori di casa.»

 «Chon sei così cattivo.»

«Essere gentile per poi essere ferito?! Sono stanco di esserlo.»

Ma non era ironico, alzai la mano per accarezzarmi la nuca dopo aver ascoltato quelle parole piatte.

«O mia cara moglie, mio caro piccolo, ti prego perdonami.»

«Chiuderò la porta da solo.» Dopo essere stato invitato a lasciare la stanza, spostai di lato le due tende color crema che ondeggiavano al vento e mentre spalancavo la finestra, le tende sventolarono dentro la stanza. Le afferrai salde con una mano e mi voltai un’ultima volta per guardare di nuovo il suo viso carino e interrompendo il turbine di pensieri che mi stavano passando per la mente, d’impulso dissi, «Mi dispiace piccolo Chon, so che è noioso starmi a sentire, eppure io non smetterò di parlarti finché la tua rabbia non se ne sarà andata.»

**********

Chonlatee si avvicinò alla porta finestra e girando la serratura vide l’ombra di Tonhon saltare giù dal balcone del secondo piano con un gesto agile, ma non poteva fare a meno di portarsi le mani al viso in un gesto preoccupato. 

Non avrei mai creduto che Ton sarebbe corso qui, per far pace con me. Si è addirittura arrampicato sul balcone come un ladro, ma tra le mani non aveva una pistola, ma un mazzo di fiori per me. Quando è andato via e mi ha detto “Ciao piccolo Chon”. Mi sono sentito stordito. Non sapevo cosa si provasse a essere “inseguito” da lui, ma tutto il mio dolore e la mia frustrazione sono completamente scomparsi. Quanto sei debole mio stupido cuore? 

Si, il cuore di Chon era debole, ma lui non avrebbe dovuto sentirsi così, non poteva buttare via i propri principi. 

Ogni cosa però aveva le sue eccezioni e per Chon, Ton era la sua eccezione. Per lui, Ton era quella persona con cui non riusciva a essere arrabbiato. Il dolore della scorsa notte però, era esploso dentro di lui come una bomba e aveva scelto di chiudere la relazione, ma… quando aveva visto la Lexus svoltare nel giardino, aveva cominciato a sentirsi confuso. Il suo cuore improvvisamente si sentiva pronto a perdonarlo, avrebbe voluto precipitarsi da Ton per abbracciarlo. Chon aveva resistito, sapeva infatti che se si fosse arreso tanto facilmente la cosa di certo si sarebbe ripetuta, forse più e più volte quindi aveva dovuto farsi coraggio ed essere duro con il suo stesso cuore. Quello era un punto di svolta. Proprio come non si deve vendere la pelle dell’orso prima di averlo ucciso.

Chonlatee posò con cura il bouquet sull’ampio letto per scattare una foto da tenere come ricordo. Non avrebbe fatto appassire quei fiori, ma li avrebbe fatti essiccare con cura. Quello sarebbe divenuto il primo mazzo di fiori della sua vita che pensava avrebbe potuto farlo morire di gioia e quel pensiero lo rese incapace di smettere di sorridere. 

La tempesta esplosa nel pomeriggio e che aveva imperversato nel suo cuore fino a sera non si era ancora del tutto calmata, ma Chonlatee sentiva che quella sera non era ancora finita. 

Steso sull’ampio letto, intento a leggere un libro, Chonlatee sobbalzò quando il silenzio della sua camera venne interrotto dal rumore di qualcuno che impaziente bussava alla sua porta finestra. Inutile dire che Chon sapeva esattamente chi fosse.

Una volta alzato, andò ad aprire le tende e vide il viso di Tonhon appoggiato al vetro della sua porta. Di nuovo quel ragazzo gli sembrò un ladro che brandendo un’arma cercava di far irruzione nella sua stanza. Chon al contrario non aprì la porta, determinato a non permettere all’altro di mettere di nuovo piede nella sua adorata stanza; pensava che sarebbe stato strano, come se il ragazzone lì fuori si trovasse nel bel mezzo di una feroce battaglia.

Chonlatee non era di certo dell’umore giusto per prestare attenzione al telefono che da quando era tornato a casa raramente aveva toccato, ma si diresse al tavolo e afferrandolo si affrettò a scorrere sul display, avendo deciso di comunicare attraverso dei messaggi scritti e non di rispondere a una sua chiamata.

[Chonlatee: Stavo andando a dormire, cosa vuoi?]

[Tonhon: Ti ho preso del succo di zucca.]

Tonhon tirò fuori il telefono dalla tasca dei pantaloni e quando finì di scrivere una risposta, alzò la busta per mostrargliela. A Chon piaceva bere il succo di zucca che aveva trovato al negozio davanti al dormitorio di Ton. Il negozio di alimentari era solo dell’altro lato della strada e aver visto in quel momento gli snack che normalmente mangiava, gli fece affiorare alla mente vecchi ricordi che lo avrebbero addolcito; del resto quello era proprio il motivo che aveva spinto Ton a portarglieli. 

[Chonlatee: Mi sono già lavato i denti.]

[Tonhon: Puoi metterlo in frigo e berlo domani…] 

Mi sono appena reso conto che Ton è così testardo. Dovevo sapere che avrebbe provato a ingannarmi pur di aprirgli la porta.

 [Chonlatee: Lascialo lì. Più tardi esco e lo prendo da solo.]

[Tonhon: Così cattivo.]

Chonlatee alzò lo sguardo verso l’uomo dagli occhi acuti e sollevò le sopracciglia alla parola cattivo. Dopo averla letta, quando sentì il telefono vibrare di nuovo, abbassò la testa per leggere.

[Chonlatee: Se speri di entrare, puoi sognartelo!]

[Tonhon: Andiamo, fuori sta piovendo ed è scivoloso.]

Dopo che Tonhon digitò un messaggio che esprimeva la sua preoccupazione Chon si voltò a guardarlo e lo vide sorridere talmente tanto da mostrargli i suoi denti bianchi. In quel momento il viso pallido di Chon venne inondato dal rossore di un improvviso afflusso di sangue. Ton prese a bussare di nuovo contro il vetro, invitando Chonlatee a guardare in alto e, quando i loro occhi si incontrarono, il più piccolo si coprì la bocca con una mano, mentre osservava l’altro creare una nuvola di vapore condensato sul vetro per poi disegnare un cuore. 

Chonlatee sbattè violentemente le palpebre esterrefatto, quindi strattonò violentemente le tende per chiuderle. Deciso a fingere di essere arrabbiato con Tonhon ancora per un’intera settimana.    

Ma se domani deciderà di giocare ancora così con il mio cuore, non credo di riuscire a resistere tanto! 

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