TONHONCHONLATEE – CAPITOLO 27 (M)

Non essere arrabbiato con te stesso. 

La pressione è altissima…

Ton si trovava di fronte a Chonlatee con la linea della mascella serrata, naso prominente, sopracciglia e labbra forate da piercing, con i suoi occhi neri e uno sguardo sempre indignato. Chon mai avrebbe pensato che un tipo come lui potesse essere adatto a indossare una maglietta bianca con sopra stampato un unicorno portando al collo un cerchietto con papillon!

«Mi stai prendendo in giro?» chiese Chon alzando una mano per prendere l’elastico al polso e legarsi i capelli proprio come il personaggio dei cartoni animati presente sulla maglietta di Ton, in piedi davanti a lui sul suo balcone, senza mai smettere di guardare la figura alta con fare sospetto, come se non avesse familiarità con questo tipo di vestiti.

«Beh… No. A te piacciono così ho pensato di indossarne una perché so che questo è uno dei personaggi che ti piacciono.» 

«Ah ah… E poi?» 

«Se non ti piace, posso cambiarla.» Il ragazzo più grande alzò il viso e la luce arancione del tramonto rivelò un’espressione molto abbattuta sul suo bel viso.

«Non ce n’è bisogno, entra. Sono pigro per stare in piedi e parlare.» 

«Posso entrare?» 

Oh mio Dio! Al pensiero di poter entrare nella tana del piccolo uccellino ecco che il grande cane inizia a scodinzolare felice. 

«Non ho detto che devi entrare per forza…» 

«…»  Sempre così drammatico.

Chon sospirò e alla fine disse «Ci vediamo tra cinque minuti davanti a casa tua. Ho cambiato idea e mi va di fare una passeggiata sulla spiaggia.»  Non sapeva se l’altro avesse capito quanto lui fosse debole. 

«È da ieri che ho qualcosa da darti, ma credo di fare in tempo ad andare a casa mia prima.» 

«Beh… Portala con te.»  

Ton annuì in segno di assenso e subito dopo Chon si voltò per rientrare nella sua stanza a cambiarsi senza alcuna fretta prima di uscire per l’appuntamento che avevano fissato di lì a cinque minuti; del resto aveva tutto il tempo necessario visto che le loro case erano letteralmente una accanto all’altra.

Il tettuccio della Volkswagen rosa chiaro era stato abbassato per assaporare la brezza marina che, insieme all’odore salmastro, accarezzava il volto di Chonlatee che subito chiuse gli occhi a quel fresco contatto contro la pelle fin a quando non si sentì di nuovo a proprio agio.

Il compito di guidare quel giorno ricadde su Tonhon, ma il motivo che spinse Chon a voler uscire con la propria auto era stato il pensiero che in qualche modo si abbinava perfettamente alla maglietta che l’altro aveva deciso di indossare quella sera.

Del resto Tonhon rimaneva sempre Tonhon e come ci si sarebbe potuti aspettare indossava quella maglia con grande sicurezza e fiducia di sé. Ad un certo punto in macchina, tra loro, scese un silenzio surreale, anche se la relazione tra lui e Chon non era stata ancora definita chiaramente, il più grande appoggiò la sua grande mano su quella minuta di Chon e la strinse, con il pollice allungato sul dorso della mano dell’altro come a confortarlo.

Chonlatee credeva di essere stato abbastanza chiaro riguardo al tipo di relazione che al momento c’era tra loro, ma a quanto pareva Tonhon non sembrava averlo capito.

«Ho letto su pantip.com che se stai corteggiando qualcuno devi aspettare il momento giusto per chiedergli di essere il tuo ragazzo, ma io voglio già abbracciarti… Voglio tornare a poter stare con te come prima.» 

«Mi stai solo corteggiando. Hai proprio bisogno di leggere i mille consigli che trovi lassù?» 

«Oh, è stupido… Ma ho iniziato a leggere i consigli nel blog quando non sapevo come fare per far pace con te. Poi quando mi hai detto che potevo corteggiarti mi è venuto naturale andare sul blog e cercare una nuova discussione da leggere con tutti i consigli.» Ton era riuscito ad aprirsi con lui, ma Chon non voleva essere scoperto.

Vedere Ton ammettere tutte le proprie colpe, per qualche motivo misterioso fece sorridere Chon.

«È solo una teoria, ma se tu sei convinto di corteggiarmi o solo flirtare con me, dovresti usare un’altra tattica e non essere stupido come prima. Anche il tuo nome, potrei cominciare a chiamarti STUPIDO.» 

«E agli stupidi che chiedono di avere una relazione con loro, ora gli verrà detto di sì?» 

«Pensi di meritare di stare con me?» 

«Lo standard che definisce buona una persona è diverso per ognuno o almeno è così che qualcuno ha scritto sul blog.» Tonhon, che chiaramente stava cercando di usare a suo favore quelle parole, d’improvviso tacque e continuò: «Posso fare di meglio, ma se non mi dai una vera possibilità, probabilmente non avrò il tempo e la saggezza per dimostrartelo.» 

«Devo darti una possibilità?» 

«Chi sbaglia, dovrebbe avere l’opportunità di rimediare.» 

«Che testardo…» 

«È perché ti amo.»

La deliziosa macchina venne spinta improvvisamente in avanti sulla strada, per un po’ andò più veloce, ma poco dopo tornò ad essere completamente silenziosa: «Se è un sì, indossalo e vieni con me.» 

«Se ti dico di no, cosa farai?» 

«Non lo so, per prima cosa penserò a un nuovo piano, ma se oggi è ancora un no allora ti riaccompagno a casa.» 

«Cosa ti rende così convinto che oggi, o in futuro, ti dirò di sì?» chiese Chon guardando l’uomo che saltava fuori dall’auto.

La portiera funziona benissimo, ma non si aprirà. Questo è il momento giusto. Lo faccio con buone intenzioni. Perdonami Chon… 

«Il modo in cui ci guardiamo non è cambiato.» Dopo aver finito di parlare Ton si recò nella zona dove la spiaggia non era ancora diventata scura e la luce era sufficiente per mostrare l’alta figura.

La maglietta con l’unicorno era stata tolta, le scarpe di Ton erano state scrollate di dosso e lasciate sul bagnasciuga prima che il grosso corpo entrasse in acqua e il blu scuro del mare lo inghiottisse sempre di più.

Fino a farlo scomparire… 

Alla fine le chiavi vennero tolte della macchina. Chonlatee distolse gli occhi dalla figura alta perché sapeva che l’acqua in quella zona non era così profonda. Inoltre, Ton stava ancora nuotando nell’acqua e probabilmente stava morendo dalla voglia di entrare in acqua perché voleva calmarsi.

Prima di scendere dalla macchina Chonlatee notò una scatola di velluto posta sul sedile di guida. Si fermò e la prese tra le mani, aprendo la scatolina rivelò un bagliore argenteo scintillante che veniva riflesso dritto nei suoi occhi da due anelli d’argento chiaro.

Indossalo e seguimi. E se non lo indossi per primo, allora dovrò 

inseguirti finché tu lo indosserai.

Chon sorrise dischiudendo le labbra, si tolse gli occhiali e si appoggiò al sedile dell’auto, doveva ammirarlo. 

Parcheggiare sotto quell’albero era stata una buona scelta, era tranquillo e non c’era nessuno.

L’anello più piccolo venne indossato opportunamente sull’anulare sinistro. Chonlatee tenne stretto l’altro anello, aprì in fretta la portiera, scese dall’auto e diede un colpetto alle scarpe per lasciarle non lontano da quelle di Ton.

I suoi piedi nudi camminarono sulla sabbia fresca e soffice che solleticava la sua pelle. Avanzò fino a quando non divenne più densa e consistente e il calore dell’acqua riscaldata dal sole durante il giorno cominciò ad avvolgergli il petto.

«Non andare lontano, le mie gambe non ci possono arrivare.» gridò Chon all’alta figura che si voltò e sorrise, le braccia spalancate, preparandosi a sembrare luminosa mentre l’oscurità avvolgeva il cielo. Le sue dita iniziarono a sfiorarlo e il momento successivo era stato afferrato e tutto il suo corpo venne avvolto.

«Ti sto abbracciando forte solo perché le mie gambe non possono raggiungerti fin lì e non perché sono un credulone. Lascia che ti dica che d’ora in poi non sarò più gentile con te.»  Chon usò la sua altezza come una scusa per abbracciarlo, anche se i suoi piedi continuavano a toccare il fondo del mare.

Dopo Ton allungò una mano intorno al suo collo ed entrambi rimasero così vicini, le due schiene unite, l’una contro l’altra.

«Come desideri… Il solo fatto di tornare insieme sarebbe fantastico.» 

«Ti morderò se avrai il coraggio di tornare dalla tua ex o di trovare qualcun altro… Sono molto geloso. Ricorda, se non ti prendi cura di me, se mi butterai via di nuovo, ti farò a pezzi e li getterò in mare.»

Ton sorrise nonostante il dolore per essere stato morso dall’altro al collo. Sia amaro che salato, era il sapore dell’acqua di mare.

«Chon… Chon…»  sussurrò il più grande vicino al suo orecchio. Il suo alito caldo fece sentire debole tutto il corpo di Chonlatee.

Mi manchi e ho voglia di abbracciarti fin da quando ti ho visto fuori dal mio balcone.

Il dolore che provava si era dissolto semplicemente perché il tocco dell’altro era come un balsamo per le sue ferite.

«Ti amo.» 

«Ti amo anch’io… Voglio abbracciarti, voglio toccarti, voglio amarti.» 

«Hey… Aspetta, non possiamo farlo qui.» Chon gridò in protesta cercando di spingere lontano Ton. Dato che probabilmente gli sarebbero mancate le sue carezze, non sembrava essere sollevato a quel pensiero.

«Perché…» 

«Ho messo l’anello.» Chonlatee cambiò argomento mentre alzava la mano dove stringeva l’anello davanti a sé e l’abbraccio dell’altro si allentò un po’. «Prima mettiti l’anello.» 

«Mmm…» mugugnò il ragazzo più grande con un tono infastidito. Prese l’anello rotondo e se lo infilò all’anulare sinistro con fare noncurante, ma una volta decorato, il loro rapporto era profondamente cambiato, definito.

Con un paio di anelli siamo diventati un noi… Ma devo allontanarmi per primo… Ton sembra avere cattive intenzioni.

«Dove stai andando?» 

«Ton sei pazzo!» Chon gridò con la faccia rossa, soffocando mentre beveva involontariamente molta acqua di mare.

«Essere dei folli con tua moglie è sbagliato?! Dove vai? … Solo un piccolo bacio e poi ti lascio andare.» 

«Ma certo…» Chonlatee smise di lottare, lasciandosi afferrare per la vita dalla mano spessa di Tonhon e mentre sollevava il viso per guardarlo un angolo della sua bocca si sollevò in un sorriso malvagio, prima di coprire con la sua la bocca dell’altro.

«Non ne sono certo neppure io, ma mi piacerebbe provare a farlo un po’ in acqua.» Il mix di sapori, salato, amaro e dolce unito alla breve distanza a cui si trovavano gli occhi di Ton, inebriò Chonlatee che si rese conto che non gli bastava soltanto baciare Tonhon. Solo allora si accorse che le sue gambe galleggiavano leggere nell’acqua, inoltre la parte calda di Ton stava iniziando a indurirsi.

«Noi… Cosa siamo?» 

«Con noi intendi tu ed io.» 

«Non voglio provarci.» un ringhio di disappunto sbuffò sotto le acque scure.

«Dovresti proprio provare nel caso in cui non ci siano possibilità in futuro.» 

«Sei così astuto quando si tratta di discutere con me, al contrario non sei intelligente quando vieni sgridato in questo modo.» Il martello iniziò, ma il suo corpo divenne debole quando l’attacco dell’altro divenne più forte, ordinandogli la resa.

Dal suo sguardo si poteva leggere quanto il suo amore e il suo desiderio fossero profondi.

«Quando vieni sgridato devi fingere di essere sciocco. Credo che tu lo capisca.» 

«Che cosa triste… È così che mi hai ingannato?» domandò Chon.

«No, riguardo a quello credo proprio di essere stupido, potrebbe essere ereditario. Ma io ti amo tanto, ci amiamo allo stesso modo.» 

«Io e te?» 

«Ci amiamo l’un l’altro.» rispose il ragazzo più grande e approfittando della distrazione dell’altro, indietreggiò ancora trascinando il più piccolo in acque profonde.  

Si erano spostati di poco quando Chon si accorse che stendendo le gambe non riusciva a sfiorare il fondo del mare nemmeno con le dita dei piedi.

«Come me?» 

«Che cosa?»  Premendolo contro il suo petto Tonhon sollevò Chon in alto e si protese a baciare a fondo le morbide guance bagnate dall’acqua salata. Erano aggrappati l’uno all’altro, così stretti, pelle su pelle ogni millimetro che sfiorava l’altro.

«L’anello.» 

«Lo hai scelto tu? Come facevi a sapere la mia misura?» 

«Ho preso la misura di nascosto, mentre dormivi.» 

«Da quanto tempo?» Chonlatee aggrottò le sopracciglia per la sorpresa e arricciò il viso quando un palmo dell’altro gli sfiorò i fianchi sott’acqua, poi si strinse forte a Ton.

Faceva così male. Chon si costrinse a guardarlo dritto negli occhi, nel tentativo di tenere a bada il più grande.

«Una sera mentre dormivi. Ho deciso di prenderlo perché indossandolo tutti sappiano a chi appartieni! Non pensare nemmeno di toglierlo.» 

«Sì, va bene… Anche tu sei romantico, non è vero?» 

«Se anche tu mi ami allora le cose tra noi verranno da sole… Come il mio modo di amarti man mano diventerà quello giusto.» 

La punta del piccolo mento di Chonlatee venne afferrato dalla mano di Tonhon che lo costrinse a incatenare lo sguardo al suo. Chon si perse negli occhi dello stesso colore scuro del mare e dopo lo sguardo si spostò sulle sue labbra dove in un angolo il piercing risplendeva sotto la luce della luna. 

La salsedine che sentiva sulla punta della sua lingua non era un problema. Le loro lingue si avvolsero, duellanti e dopo poco Chon sentì solo la dolcezza della bocca dell’altro e il dolce sapore delle sue gocce di saliva.

Non c’era odore di nicotina come sempre e il vapore marino rendeva più nitido l’odore del corpo dell’altro.

«Ah!» 

«Uhmm!…» I denti bianchi e aguzzi nascosti sotto la profonda bocca vermiglio tirarono il labbro inferiore di Chon mentre Ton sfregava contro di lui la parte inferiore del suo corpo sott’acqua. Contemporaneamente le nocche delle sue dita divennero bianche quando tentò di fermare e staccare dal suo inguine le grandi mani di Ton, che scivolarono verso il basso attraverso il sottile strato dei pantaloni e iniziarono ad accarezzarlo con vigore.

La punta delle dita di Ton scivolarono sotto i suoi pantaloni, continuando la loro tortura finché Chonlatee, attraverso quel contatto, riuscì a sentire la dura rotondità dell’anello al dito dell’altro.

«Ton!…» gemette. Divenne rosso in volto quando pensò che la punta delle dita che lo stavano accarezzando, girando intorno al punto segreto, sarebbero entrate da un momento all’altro nel suo punto segreto.

Eccitato, Chon sentiva che il suo cuore batteva allo stesso ritmo di quello di Ton e prima di essere investito dal rumore delle onde che si infrangevano sulla riva, sopprimendo il rumore dei loro gemiti, raccogliendo le ultime briciole della sua coscienza, riuscì a dire. «Questo posto… Non è adatto…» 

«Lo so… Puoi andartene domani mattina presto, ma stanotte dormi da me.» 

«… Sì.»  annuì Chon imbarazzato, rendendosi conto che quel lascivo tocco era terminato e si allontanò lasciando che gli occhi scuri di Ton, che lampeggiavano lussuriosi, vagassero su tutta la sua schiena mentre si dirigeva in fretta alla macchina.

**********

I vestiti bagnati producevano un rumore fastidioso quando si toccavano. Non appena entrarono nell’intimità del giardino della casa di Ton, il fastidio causato dalla maglietta bagnata e dalla salsedine venne in parte alleviato quando rimasero a torso nudo. 

Una sensazione simile al bruciore lo invase quando i loro corpi presero a sfregarsi l’uno contro l’altro mentre le loro labbra si contraevano in baci, poi le labbra di Ton scesero lungo la morbida pelle bianca del collo di Chon passando per le spalle e raggiungendo il suo petto. Un gemito pesante uscì dalle labbra del più piccolo quando le labbra dell’altro passarono sul suo stomaco e si fermarono appena sopra un cespuglio scuro tra le sue gambe.

Quando l’acqua della doccia cominciò a cadere sulle loro spalle, molta della salsedine venne lavata via dal loro corpo, lasciando solo le tracce di saliva, un liquido viscoso e presente, che però non lo disgustava, anzi.

«Ton… Proprio lì… Ma… Questo…!!!»  Il rigido gioiello all’angolo della sua bocca toccò la parte più sensibile di Chonlatee, che poi venne lentamente inghiottita mentre anche le due sfere sottostanti vennero massaggiate con gioia.

Quello era troppo. Ton avrebbe potuto ucciderlo entro un minuto o giù di lì da quel momento in poi.

Un gemito simile a un pianto risuonò più forte nella doccia mentre la bocca morbida di Ton accelerava il ritmo ormai irregolare, mentre la mente di Chonlatee era offuscata dalla passione. Regolò il suo respiro e i suoi gemiti al ritmo indotto da Ton, il suo corpo era quasi giunto al limite e finalmente… tutto il suo corpo tremò e dal suo glande traboccarono tante calde gocce che si riversarono anche fuori dalla bocca di Ton e che vennero inghiottite dalla sua lingua forte, senza disgusto.

Tutto il suo corpo era caldo, le sue gambe snelle e ben divaricate si chiusero fulmineamente  per coprire la parte che era ancora in erezione.

«Che peccato.» 

«Non guardare…» Chon, avvolto dal formicolio, alzò la mano per coprirsi il viso anche se sapeva che era inutile farlo. Ton era un uomo dagli occhi acuti che periodicamente lo fissava, inducendolo a essere cauto.

«Non c’è affatto bisogno di essere imbarazzato.» 

«Beh io sono troppo…»  disse Chon  discutendo nella doccia e spalancando gli occhi prima che Ton afferrasse con foga la punta dei suoi piedi portando verso l’alto le sue gambe, spingendo le ginocchia fino quasi a sfiorargli il petto, costringendolo a mostrare quella parte di sé che, esposta, permetteva alle dita bagnate di Ton di muoversi e spingere.

«Fa male…» Chon si irrigidì a quell’invasione in cui non era stato utilizzato nemmeno del lubrificante. Quando Ton vide le grosse lacrime cadere dai suoi occhi, dovute sia al dolore che alla felicità, prese di corsa il flacone di gel destinato a quel preciso scopo e ne versò in abbondanza sulle sue dita, precedentemente tirate fuori, per poi spingerle di nuovo, più facilmente rispetto a prima, in profondità.

Nessuna parola, nessuna spiegazione che giustificasse ogni cambiamento rispetto alla loro prima volta. Chon non si aspettava di subire subito l’invasione del secondo e del terzo dito fino a quando non si sentì a disagio per il tocco nuovo causato dalla rotondità dell’anello che lentamente lo sfiorava dall’interno. Questa nuova sensazione aveva spinto la sua coscienza a capire chiaramente cosa stesse accadendo e ad accettarlo. 

«Ci siamo Chon…» quella era la prima frase che Ton gli aveva detto dopo essere entrato in casa, comportandosi come un cretino.

«Pensavo fossi di nuovo stupido… Piano, piano… Piano.» Chon usò una sua piccola mano per spingere quelle cosce forti, i fianchi di Ton erano leggermente più alti rispetto alla sua apertura e quando furono entrambi alla giusta altezza il membro di Ton, provocò in lui un calore soffocante.

Lentamente… Ma lui è così vicino che ho dimenticato come respirare.

«Ah!»  L’esaltante sensazione che era sorta in Chon, nel momento in cui entrò, divenne molto più intensa quando le grandi mani di Ton gli avvolsero i fianchi e, scuotendolo, lo costrinsero a stringersi a lui. Ton lo sollevò da terra e, dopo aver chiuso l’acqua della doccia lo condusse fuori, su per le scale senza più parlare, ma emettendo solo periodicamente dei bassi grugniti.

Prima ancora che potesse riposare, Chon fin dal primo tocco sulla sua schiena non riuscì a trattenere i bassi ringhi prodotti dalla sua voce, ormai rauca.

Forse Tonhon stava facendo solo una lunga pausa prima di ricominciare?…  

No, perché quando Ton riuscì a metterlo a letto, sdraiato a faccia in giù sul materasso, Ton cambiò un paio di volte le loro posizioni in modo da trovarsi carponi sul letto e poi si distese su Chon, pronto a riprendere da dove avevano lasciato. 

Lo stretto canale di Chon era ancora caldo e aperto, la superficie morbida era insensibile, i suoi fianchi quasi frantumati mentre cercava di sostenersi mano a mano che le spinte aumentarono, stringendo sempre più forte con le mani la testata del letto.

«Troppo… È troppo… Ah!…»

«Perché dici così?» chiese Ton incredulo con voce roca proprio quando quasi rischiò di schiacciare con il suo peso il più piccolo, mentre con un’unica spinta invase completamente il canale abbastanza umido dell’altro.

La mano di Chon venne ricoperta dalla mano del più grande poi le morbide labbra di Ton si soffermarono sulla schiena del giovane che venne accuratamente baciata, succhiata e morsa fino ad annullare completamente lo spazio tra loro. Tonhon aveva fatto in modo di lasciare una traccia molto chiara, una prova inconfutabile per chiunque si fosse chiesto a chi Chon appartenesse.  

«Troppo… Forte… Ton pii… Piano… Rall…» 

Chon non fece in tempo ad articolare l’ultima parola perché venne interrotto dal fragoroso rumore dello schianto della povera testata del vecchio letto, ritrovandosi un pezzo della suddetta tra le mani. 

Eccolo un vero distruttore, una deflagrazione in piena regola.

«Ecco la prova che stai andando troppo forte.» 

«Sì, in effetti volevo proprio cambiarlo questo vecchio letto.» 

Ancora immobile fermo nella stessa posizione, con un movimento fluido, Ton afferrò per la vita Chon e lo fece distendere sul materasso. 

La figura sotto si lui, era ancora in stato di shock per quanto era appena avvenuto, ma non si oppose all’altro. A Ton infatti non importava della distruzione che lui stesso aveva causato perché l’unica cosa che gli interessava in quel momento era… Chonlatee.

Si può rischiare di morire per essere amati troppo intensamente?

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