TONHONCHONLATEE – CAPITOLO 24

-Tonhon POV-

Presi il telefono dal sedile del guidatore non appena aprii la portiera dell’auto. Il display mostrava la notifica di 13 chiamate perse. La parola “GUAI” balzò più e più volte nella mia testa. Sentii un freddo brivido percorrermi l’intera spina dorsale. Pensai immediatamente di richiamare Chonlatee, ma non ebbi il tempo, Chon mi stava chiamando ancora. Così alla quattordicesima chiamata risposi, 

«Chon.» La mia voce ridotta a un flebile tremolio, assomigliava al suono che emetteva un tenero cucciolo di cane seduto sul morbido sedile dell’auto, mentre si agitava contento per le coccole che stava ricevendo. 

[Dove sei?]

«Proprio adesso sto tornando a casa.»

[Non ce n’è bisogno!] Chonlatee questa volta urlò dall’altro capo della linea.

Presi un profondo respiro e timoroso chiesi: «Hai visto il video, vero?»

[L’ho visto. Ora sto guidando. Ho bisogno di parlarti da solo.]

Chon ha visto… lo volevo… 

«Io… io posso spiegare.»

[Ti lascio spiegare di sicuro. Non preoccuparti per qualcuno che è calmo come me, una persona gentile come me, qualcuno che cerca di capire sempre tutto come me. Devo solo ascoltare quello che hai da dirmi. Perché lo avresti fatto, dico bene? Non posso… ma grazie per aver ricambiato in questo modo tutta la fiducia che ti avevo dato.]

«Chonlatee!»

La chiamata venne interrotta non appena Chon terminò di parlare. Io invece mi limitai ad afferrare il peluche che Chon tanto amava abbracciare in macchina, lo strinsi forte non riuscendo a metabolizzare quello che avevo appena sentito… quella volta Chon era davvero arrabbiato… era così spaventoso.

Era improbabile che la sensazione di sentirsi piccoli e impauriti cogliesse qualcuno che era alto più di centottanta centimetri, eppure era esattamente così che mi sentivo mentre ero seduto al tavolo nel locale in cui ero appena rientrato con le mani giunte come in preghiera, mentre guardavo i miei amici che lentamente mi raggiungevano tenendosi per mano.

Le persone nel locale iniziarono a fissare incuriosite dato che sedevo nervoso, e non sapendo cosa fare, agitato presi a grattarmi la nuca.

Accanto a me sedevano Nai e Ai da un lato del tavolo. Loro due erano a conoscenza di tutto quello che era successo e anche se normalmente non si sarebbero mai intromessi, in un momento come quello, Nai si era offerto frettolosamente di aiutarmi a confermare la mia innocenza… Dopo aver sganciato la bomba, Chon era scomparso, ma anche se non si era fatto più sentire la mia mente aveva qualcosa di molto più importante su cui concentrarsi.

«Ti avevo appena avvertito.»

«Ai non infierire…»

«Ho davvero paura del mio ragazzo.»

«Hai paura, ma che cazzo pretendi ora?»

Dopo aver confessato tutta la paura che sentivo, guardai Ai con sguardo feroce, ma un istante dopo sospirai sempre guardando verso la porta con in mano il telefono nella speranza di poter sentire Chon.

«Come ho fatto a rendermene conto solo adesso, perché sono così stupido?»

«Ti sei appena accorto di essere stupido?»

«Permettimi di maledirmi da solo.»

Mi lasciai andare contro l’ampio schienale della sedia e rimasi in silenzio.

Cinque minuti dopo mi alzai di scatto quando la piccola figura di Chonlatee varcò la porta del locale. Indossava una camicia color crema con le maniche che gli arrivavano al gomito, dei pantaloncini blu scuro e i costosi sandali intrecciati che mi sembravano familiari.

Guardandolo provai una sensazione del tutto nuova, diversa. Fino ad allora non avevo mai notato quanto lui fosse bello. Il suo viso, le sue labbra rosse da baciare, i suoi capelli morbidi e ondeggianti… le sue movenze e i suoi gesti delicati, tutto in lui mostrava chiaramente quanto fosse attraente. Sembrava essere più alto della gente comune con quei grandi occhi rotondi castano chiaro, un aspetto seducente, misterioso e attraente; il solo guardarlo negli occhi, anche se accidentalmente, poteva farti innamorare di lui inconsapevolmente. Quell’aspetto di lui che avevo già visto, mi ricordò quanto Chon fosse affascinante.

Quel ragazzo con la camicia rosa lo avevo già visto in un bar, avevo visto i suoi occhi caldi trasmettermi conforto sulla scogliera, gli stessi occhi che si assottigliavano quando si contraevano per sorridere. Il suo corpo che diventava tutto rosso per la mia vicinanza e la sua espressione che indicava chiaramente il suo bisogno… mentre giaceva nel letto. Gli occhi che in quel momento sembravano cercare di reprimere la rabbia che provava erano gli stessi che tremavano quando mi confessò di essere innamorato di me.  

Amavo tutto di lui anche se sapevo che in quel momento ero in procinto di essere sbranato.

«Cinque minuti per tutto quello che io ho da dirti e cinque minuti per quello che tu hai da dirmi.»

«Nong Chon, calmati, non è stato intenzionale… è stata lei a fare tutto, si è avvicinata ha baciato Ton per prima.» Nai prese parola distruggendo quell’atmosfera surreale creatasi fra me e Chon quando mi alzai in piedi non appena lo vidi, tuttavia il suo tentativo sembrò non funzionare. 

«Come prego? …» 

«Io… non volevo che accadesse nulla di questo… non ho mai pensato di baciarla.»

Sobbalzai e inconsciamente mi passai la lingua sulle labbra quando all’improvviso Chon allungò una mano verso il mio viso e disse: «Hai lasciato che il suo rossetto ti sporcasse le labbra.»

«Chon mi dispiace, non essere arrabbiato. Non ho pensato a nulla quando ero con Amp. Mi dispiace moltissimo.»

«Chon…» Chonlatee rivolse uno sguardo adirato anche ai miei amici. 

«Due minuti rimasti.»

«Ho sbagliato. Sono un vero idiota. Non so se fino ad ora mi sono sempre comportato bene, non sono stato bravo a gestire tutti i sentimenti che provo per te. Puoi perdonarmi?»

Questo fu tutto quello che potei dire perché i restanti minuti a mia disposizione si dissolsero nel silenzio. 

Guardai ancora una volta Chonlatee, ma lui sollevò l’orologio e mentre guardava l’ora fece un respiro profondo prima di iniziare a dire: «I miei occhi te lo hanno detto fin dall’inizio che mi piaci, ti amo perché sei sempre stato il più grande. Sei uno stupido, consapevole di sé, lento a capire, irritabile, sempre arrabbiato. Ti ho sempre detto che non mi è mai importato, ho sempre detto che sei il migliore, che ti avrei dato solo il meglio, che ti avrei dato tutto…»

I suoi occhi si allargarono e le lacrime iniziarono a scorrere sul suo viso. Chonlatee però si fece forza, tentò di trattenerle e continuò: «Non avrei mai pensato che sarei stato il tuo ragazzo, ma tu lo hai reso possibile e il mio cuore si è gonfiato talmente… anche se non mi ami… volevo tanto chiederti cosa significasse. Se non mi ami, perché uscire con me? Ma l’ho tenuto per me perché pensavo che in futuro mi avresti amato almeno un po’. Magari dopo un po’ che saresti stato con me. Sono una persona modesta.»

«Quando mi hai sentito dire che non ti amavo, hai frainteso… Perché non dovrei amarti? Ti amo…»

«Non è troppo tardi, puoi spiegarmelo ora… Quando te l’ho chiesto perché è uscito dalla tua bocca? Tu sei sempre stato come un fratello e anche se a volte dentro morivo, non ho mai detto niente. Posso solo stare in piedi accanto a te adesso, ad ascoltare mentre mi racconti cosa è successo con la tua ex. Il tuo comportamento dice chiaramente che non provi nulla per me. Hai baciato appassionatamente qualcun altro, ma forse quando baciavi me speravi fosse qualcun altro.»

«Chon…»

Chonlatee piangeva talmente tanto da non riuscire a parlare e a vederlo così avrei voluto stringerlo in un abbraccio e spiegargli tutto con calma. Lui però si limitò a scuotere la testa, alzando la mano per impedirmi di avvicinarmi e avvolgerlo nel mio corpo, ma ciò che disse dopo mi fece più male della lava incandescente, «Mi sono preso cura di te per tutto il tempo mentre tu mi hai buttato via.»

«Ammetto di aver sbagliato prima.»

«Tutto finito. Hai avuto i tuoi cinque minuti prima.»

«Va bene Chon, siamo andati oltre, ma più parli più ti sentirai male.» 

«Prima di lasciare la stanza mi hai promesso qualcosa, te lo ricordi?»

«Scusa. Ti avevo promesso di non parlare con Amp.»

«Se non le avessi parlato, probabilmente non sarebbe successo nulla ma no, tu hai agito alle mie spalle dimostrando di non avere un briciolo di rispetto per me. Non è giusto che io ne abbia per te, anche quando tutto il mio corpo trema così per causa tua.»

Con un filo di voce riuscii a dire: «Chon mi dispiace… mi dispiace.»

«Non mi hai lasciato venire con te perché avevi intenzione di risvegliare una vecchia fiamma, giusto?»

«Scusami. Io non…»

«Smettila di chiedere scusa.»

Chonlatee sbatté le palpebre con le lacrime agli occhi, fissandomi deluso. La vista di quegli occhi mi ferì come un colpo in pieno petto, il suo cuore era spezzato come se qualcuno glielo avesse strappato fuori e lo avesse schiacciato… e la persona che gli aveva fatto tutto quel male, la persona che aveva preso il suo cuore e lo aveva ferito… oh… quella persona ero io.

«Ti avrei perdonato. Avrei perdonato qualsiasi cosa… tranne la disonestà.»

«Chon, hai frainteso.»

«Sì ok, ma perché dovrei continuare ad amarti.»

«Hey! Non lasciarmi, io non volevo baciare Amp.»

«Ma dopo aver visto il bacio, come vuoi che mi senta… non ho più fiducia in me stesso.»

Avevo sbagliato… di nuovo. La voce nella mia testa era così dannatamente offensiva. Cominciai a vedere sfocato.

«Lasciamoci. Un amore che provo solo io… Non sono per niente felice.»

Chonlatee sollevò il dorso di una mano bianca per asciugare le lacrime all’angolo della sua bocca che si incurvò in un sorriso forzato.

«No! Non mi arrenderò.»

«Questa è la mia decisione, non voglio più andare avanti così.»

«Chon come possiamo rompere?! Chon anch’io ti amo.» Allungai la mia mano per afferrare il suo piccolo avambraccio, ma mi fermai incerto. In quell’istante avrei tanto voluto afferrargli il braccio e tirarlo a me per abbracciarlo, ma non osai farlo perché avevo paura di una sua reazione. Quello di fronte a me non era il Chonlatee che conoscevo, il mio Nong, lo capii sia dai suoi occhi che dai suoi gesti. Non potei fare altro che constatare quanto si sentisse ferito e farlo mi fece davvero male.   

«Ma essere il tuo amante non mi andrà mai bene. Se essere il tuo ragazzo è così stancante, penso che farei meglio a tornare indietro e amarti da lontano.»

Ogni parola di Chonlatee era come una pugnalata al cuore che faceva male.

«Lasciami andare se non l’hai dimenticata.»

Non lasciai andare la sua mano, ma con i miei occhi lo imploravo cercando di esprimere  tutto quello che c’era nel mio cuore.

Non andartene, non posso accettarlo…

«Farò tutto quello che vuoi Chon… non voglio rompere con te.»

Stavo per piangere. Il piccolo Chon era così arrabbiato… avrei forse dovuto? Si avevo paura, temevo…

Il suono della mia voce non era forte, ma ogni parola era vera ed era così difficile starsene lì e ricevere quelle pugnalate, essere sgridati in quel modo… Temevo che fosse tutto inutile.

La mia presa sull’avambraccio del più piccolo si fece più forte. Per liberarsene Chonlatee si limitò a farmi un cenno con la testa, aveva smesso anche di piangere. Sembrava proprio che avesse preso la sua decisione e infatti dopo si allontanò senza dire più nulla, lasciandomi e mostrandomi tutta la sua risolutezza. A essere onesti se quello era davvero il suo piano, se voleva che io credessi a quanto risoluto fosse… aveva funzionato. Mi sentivo morire mentre mi lasciavo cadere sulla sedia. Sentivo i miei occhi bruciare, pieni di lacrime. Non volevo che finisse così. 

«Stupido, idiota, bastardo. Cretino e incontentabile…»

«Dai, bastardo, non peggiorare le cose.»

Proprio in quel momento stavo per scoppiare a piangere se non fosse stato per Khun che aveva iniziato col darmi uno schiaffo in testa e poi sulla guancia.  

«Continuare a chiedere soltanto scusa, è stato così fastidioso.» disse Ai incrociando le braccia e sospirando pesantemente.

«Avete sentito cosa ha detto. Non posso seguirlo, gli sembrerebbero soltanto delle scuse… ho davvero sbagliato. È finita.»

«Devi andare e fare pace con lui.»

«Ma Chon ha detto che è inutile.»

«Devi comportarti come un purosangue non come un misero mulo…»

Restai lì seduto ad ascoltare gli incoraggiamenti dei miei amici. 

«Devi dimostrarglielo, dovrai provare e riprovare. Devi metterci tutte le tue forze. Se non puoi farlo, se non riuscirai a farlo allora dovrai accettare che il tuo ragazzo ti abbia lasciato e con questo anche il fatto che d’ora in poi non potrete essere nemmeno dei semplici amici. Lascia che te lo dica, le persone innamorate non smettono di esserlo di punto in bianco. Ma non ti aspettare che accetterà facilmente di vederti o chi ti lasci spiegare, che ti stia ad ascoltare mentre elenchi tutte le tue colpe.»

«Cosa dovrei fare allora?»

Alzai lentamente la testa e rivolsi lo sguardo verso l’oratore, sentendo svanire l’ultimo barlume di speranza che mi era rimasta.

«Cerca la sua amica Pang e trova con lei un modo per far pace con il tuo ragazzo.»

«… È come chiedere a Siri dopo esserti perso in mezzo al nulla?»

«Come puoi fare il paragone con Siri dopo aver chiesto e ottenuto un mio consiglio?!» si voltò a chiedermi Ai esterrefatto.

«Ma che diavolo chiedi a Siri di solito?»

«È passato molto tempo. Adesso andiamo a casa a parlarne. Per prima cosa concentriamoci su questo problema.»

Mi alzai senza rivolgere una sola occhiata al locale e tanto meno ad Ai che mi guardava dubbioso, e prima di andare tra me e me dissi: «Mi perdonerai Chon?»

«Alla fine della giornata sarai in grado di dare una risposta alla tua domanda. Saprai se c’è una possibilità di essere perdonato.»

Dopo aver decretato la sua sentenza Ai si voltò e dopo aver sussurrato qualcosa agli altri due in piedi accanto a lui li trascinò fuori dal locale andando in un’altra direzione dalla mia. Vedendo i miei amici svignarsela lasciandomi in preda a tutti i miei dubbi imprecai. 

«Dannati amici. Parlare con Siri è molto meglio!»

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