TONHONCHONLATEE – CAPITOLO 14

Il nuovo condominio di Chonlatee era situato proprio di fronte all’università.

La stanza era stata decorata con uno stile che gli piaceva e lo faceva sentire molto rilassato dopo una faticosa giornata di studio passata fuori.

La nuova stanza non era grande quanto quella di Ton. A voler essere onesti il suo alloggio consisteva in una sola stanza rettangolare, ma era completamente arredata per un soggiorno confortevole.

La cosa che faceva sentire Chonlatee più a suo agio era il soffice peluche che giaceva sul letto. Chon posò lo zaino sul pavimento, si tuffò sul morbido letto e si infilò felice sotto la coperta pulita e profumata, cadendo presto fra le braccia di Morfeo. 

Se non fosse stato per il fatto di non essersi ancora fatto una doccia, Chonlatee non si sarebbe tolto gli occhiali, ma non aveva finito di studiare e non aveva cenato prima di  addormentarsi accidentalmente. Proprio quando il suo stomaco iniziò a gridare spudoratamente in segno di protesta, Chon si costrinse ad alzarsi pensando di dover attraversare la strada e raggiungere il negozio per vedere se c’era qualcosa da mangiare.

Si tolse la divisa universitaria sostituendola con una t-shirt e dei pantaloncini sopra il ginocchio; cambiarsi lo fece sentire molto più comodo. Poi Chonlatee tirò fuori il portafoglio e il cellulare.

Quell’edificio non disponeva di un ascensore, ma dato che abitava al secondo piano, Chon non doveva preoccuparsi delle scale.

«Chon.»

Una voce da dietro lo chiamò e quando Chon si voltò vide Na del Dipartimento Internazionale. Chon ancora non conosceva il suo indirizzo, ma sapeva che la sua famiglia era molto ricca e piuttosto affascinante.

«Oh! Na abiti qui?»

«No, ma sono nel tuo cuore. Chon vivi qui?»

«Ehm.» Chon sorrise mentre scendeva le scale.

Na con un corpo alto e snello iniziò a seguire Chonlatee. Anche se era alto era comunque molto più basso di Ton. 

Perché ho improvvisamente pensato a Ton? Vuoi farti di nuovo del male Chon?

«Questo è il primo giorno nel mio nuovo dormitorio.»

«Allora dove stai andando adesso?»

«In cerca di qualcosa da mangiare.»

«Andiamo insieme. Questo deve essere il destino. All’inizio non avevo intenzione di venire a trovarti. Non so cosa mi abbia spinto a venire qui, ma credo sia stata una buona idea, perché venendo qui ti ho incontrato.» 

Chon rise sommessamente udendo le parole di Na; la sua faccia innocente unita alla sincerità degli altri, faceva sentire Chon più sicuro e a suo agio nel parlare. Prima che potesse replicare Chon udì una voce bassa che interruppe la loro conversazione.

«Il destino? Questo è il karma più che destino. Succede che quando vengo qui per trovare qualcuno, lo incontro e vedo che si sta avvicinando ad altre persone. Per favore pensa a chi è solo.»

«Ton?»

Chon aggrottò la fronte vedendo quel corpo alto appoggiato alla porta d’ingresso del suo dormitorio. Confrontandoli tra loro era facile constatare che la figura di Ton è molto più alta di quella di Na. Na era alto, snello, ma tonico mentre Ton oltre ad essere alto era più robusto con muscoli ben definiti, ma non in maniera esagerata come i sollevatori di pesi o i tizi ossessionati dalla palestra.

«È da molto che non ci vediamo.»

«Ci siamo visti questo pomeriggio…»

Chonlatee non sapeva che tipo di espressione aveva dipinto in viso. Aveva detto a sua madre di voler abitare da solo per non dover rivedere ogni giorno Ton. Sembrava però, che più scappava più lo vedeva.

«Ton? La persona che pensavo fosse l’amante di Chon. Ma non lo è, giusto?» Na gli toccò il gomito con noncuranza. La sua intenzione era fargli capire che là fuori non c’erano solo due persone e quando i suoi occhi incontrarono quelli di Ton, i due si scambiarono un’occhiata.

«Ehm… questo è Ton. Ton lui è… » Prima che Chon potesse finire la sua frase Na intervenne immediatamente.

«Piacere Ton, mi chiamo Na, il futuro ragazzo di Chonlatee.»

Chon stava quasi per soffocare con la propria saliva. Aveva capito che Na era una persona egocentrica e concreta, ma non aveva mai pensato che il livello di fiducia in se stesso di fronte agli altri fosse così grande.

«Non hai ancora mangiato Chon? Domani hai un esame, andiamo a mangiare qualcosa.» A Ton non importava quello che Na aveva appena detto perché afferrò immediatamente la mano di Chon e lo allontanò da lui.

«Sceglierò un ristorante dove mangiare. Chon, voglio invitarti a cena al ristorante dell’hotel.»

«Credo che dovremmo mangiare qui. Ho ancora dei compiti da fare.» intervenne Chonlatee.

«Va bene, allora andiamo a mangiare lì. Cosa vuole mangiare Chon? C’è cibo in abbondanza e tutto costa poco. Devi solo scegliere cosa mangiare, te lo compro io.»

Na aggrottò le sopracciglia, accarezzando delicatamente i capelli di Chon. Poi si voltò a guardare Ton, rivelando i suoi perfetti denti bianchi.

«Chon… sei sicuro di volere questo ragazzo narcisista come fidanzato?» La voce di Ton era chiara nonostante avesse digrignato i denti mentre un’espressione arrabbiata gli apparve sul viso.

«Cosa c’è che non va? Se sono scontento di Na? Di preciso cosa non va bene? Ton non devi preoccuparti di questo. Se voglio davvero avere un ragazzo, posso trovarne uno da solo.»

«Non mi piace.»

«Non mi interessa. Quindi è meglio che non ti preoccupi per me.»

«Ascolta, non farti coinvolgere da lui. E tu! Fermo e lascia in pace il mio Nong.»

Ton allungò una mano ordinando a Na, ancora confuso, di stare lontano.

«Eh?»

«Possiamo andare? Voglio scegliere un pasto.» replicò Na.

«Avanti, prima che mi arrabbi di più.»

«Cosa ti fa arrabbiare esattamente?»

«Qual è il tuo problema con me?»

«Non lo so neppure io.» Ton ridacchiò, non gli importava di dover trascinare Chon, lasciando  lì Na, ma in fondo si aspettava che Na lo chiamasse e lo inseguisse.

Alla fine i due si fermarono davanti alla Lexus ES 350 di Ton. L’uomo alto prese il posto di guida e mise in moto l’auto. La macchina di lusso si immise sulla strada veloce come un fulmine.

Ton poteva solo tacere senza parlare rivolto al sedile del passeggero.

Chon, d’altro canto, voleva davvero voltarsi per urlare a Ton e chiedergli cosa gli prendesse?

Finirono per cenare in un bar ordinando del pollo BonChon in un centro commerciale proprio accanto all’università. Chon aveva mangiato e assaggiato dei cereali, poi Ton lo trascinò fuori a prendere un gelato.

«Molto bene. Penso che dovrei tornare nella mia stanza adesso per fare i miei compiti.»

«Voglio un gelato.»

«Pensavo che non ti piacesse più.» ribatté Chonlatee.

«Ho vissuto con te molto tempo e ho preso l’abitudine di fare degli spuntini.» Ton lo guardò accigliato. I suoi occhi erano seri, mentre parlava il suo tono di voce si abbassò fino a rimanere in silenzio.

«Incolpi ancora me… anche qui hanno il gelato. Se lo vuoi mangiare, fallo.»

Chon vide l’addetto mettere il gelato nella tazza.

«Aiutami a mangiarlo, ti ho invitato per mangiarlo insieme.»

«Allora voglio mangiare panna con le ciliegie.» Quando Chon vide lo spuntino che gli piaceva, anche se era sazio il suo desiderio di assaggiare quello snack aumentò il languore nel suo stomaco. Teneva stretto il cucchiaino preparandosi a mettere in bocca il gelato, ma i polsi vennero bloccati da delle mani forti.

«Si dice che se qualcuno riesce a rimuovere il picciolo della ciliegia e riesce ad annodarlo con la lingua, allora quella persona è un eccellente baciatore.»

Una sfida provocatoria quella che Ton aveva lanciato prendendo per primo una ciliegia dalla tazza di Chonlatee e mettendola in bocca. Dopo averla masticata, Chon vide la sua lingua muoversi all’interno della bocca e dopo alcuni istanti il picciolo della ciliegia apparve annodato sulla punta della sua lingua.

Chon era ben consapevole di quanto Ton fosse bravo a baciare, perché aveva avuto  un’esperienza diretta.

«Hey!» Era così umida. All’improvviso Chon ricordò qualcosa che aveva quasi dimenticato e che gli fece immediatamente incendiare il viso quando ricordò come era stato aver baciato Ton; anche se in quel momento credeva che lui stesse dormendo, doveva mantenerlo segreto. 

«Non essere sciocco, smettila di dire certe cavolate.» rispose Chon.

«Che succede? Non stai bene? La tua faccia è così rossa.»

«No. Non ho mai provato a fare un nodo al picciolo della ciliegia prima d’ora. Fammi provare.» Chonlatee allontanò immediatamente la sua mano da quella di Ton. Fortunatamente Ton non aveva usato alcuna forza quindi era stato facile toglierla.

Le ciliegie tonde e piene erano state adagiate sopra la crema bianca. Chon prese la più grande, diede un morso al dolce frutto rosso, poi la deglutì. Nel mentre in bocca tratteneva il gambo. Chon ci provò diverse volte, ma non ci riuscì, proprio come aveva detto Ton.

«Non posso farlo. Sto finendo la saliva.» Chonlatee tirò fuori la lingua, si leccò gli angoli della bocca quando sentì la saliva iniziare a uscire e, usando i denti per tenere fermo il gambo della ciliegia, mostrò a Ton che non poteva davvero farlo. D’altra parte, Ton vedendolo sembrava stesse ingoiando la sua stessa saliva.

«Prendi la frutta.» Chon avrebbe accettato le provocazioni come al solito. 

«Non farlo e non mostrare a nessuno il tuo modo di legare il gambo da ciliegia.» disse Ton in un tono leggermente diverso dal solito.

«Perché?»

«Sei provocante.»

«Solo un momento.» Chon sputò il gambo dalla bocca sulla mano di Ton. Quella era la prima volta che aveva fatto un atto così scortese. Poi si mise a sedere continuando a mangiare il gelato.

«Spero davvero che tu possa continuare a essere mio amico. Non farò niente di strano o altro.»

«Non posso. Ti ho detto che mi piaci. Non posso vivere con qualcuno che mi piace quando non piaccio a quella persona.»

«Pensi troppo.»

«Quel giorno ho pensato che tu fossi molto arrabbiato perché la nostra relazione non tornerà mai più quella di prima. Del resto te ne sei andato via subito.»

«Ero arrabbiato, ma ora non più. Anch’io sono solo e triste.»

«Allora sbrigati e trovati una ragazza. In questo modo ti dimenticherai presto di me.»

Ton si portò alla bocca un cucchiaio di gelato al cioccolato, dicendo indirettamente a Chon di mangiare.

Esatto. Hai detto di non provare nessun sentimento, quindi ho cercato di assumere una faccia più calma possibile.

«Non ho ancora trovato qualcuno che mi piaccia. Se non hai un ragazzo, non posso arrendermi.» 

Sembra che io debba rimanere single per essere tuo amico.

«Ton sei già pieno?»

«Ehm… Mangia, ti riporto al dormitorio.»

Ton rifletté sul dilemma che lo affliggeva. Lasciò cadere il cucchiaio del gelato accanto alla coppa sul tavolo e si mise a guardare Chon mangiare il gelato.

«Domani verrò a prenderti in facoltà, poi pranzeremo insieme.»

«Posso chiedere della nostra situazione attuale?»

«Tu sei il mio Nong.»

«Allora non venire.»

«Cosa ti fa arrabbiare?» La voce di Ton si fece più forte, chinò il mento guardando Chon con occhi seri. «Se è così, con chi andrai a mangiare?»

«Jean e Dada. Oggi stavo per sentirmi male tanto mi fischiavano le orecchie per essere venuto a mangiare con te senza dirglielo.» Chonlatee appoggiò la mano sul manico della coppa esattamente come la teneva Ton, guardando in quegli occhi acuti. Poi, alla fine, fu Ton a dover distogliere lo sguardo per primo.

«Quindi dire che domani anche io pranzerò con voi, non sembra un problema. Più persone ci sono e meglio è.»

«Ehm… Sei uscito fuori a cena con qualcuno in questi giorni?»

«Ehm. Sono uscito a mangiare con i miei amici del dipartimento. Sembra che il posto non sia lontano, proprio accanto al campus. Ti va di uscire a bere qualcosa?»

«Non sono ancora abbastanza grande, né posso bere. L’ho provato. Ha un sapore davvero amaro, ma ho pensato che forse così deve essere.» Dopo aver risposto Chon si appoggiò allo schienale della sedia.

«Davvero? Allora andrò a pagare.»

«Pagherò io.»

«Zitto e aspetta qui, pago io.» Il conto era sul tavolo, alla fine Ton lo prese e andò a pagare.

Sono solo un fratello, è necessario che sia sempre tu a pagare? 

I problemi vennero a galla quando Ton accompagnò di nuovo Chon al dormitorio, esattamente da quando Ton, dopo aver parcheggiato la macchina, accompagnò Chon all’ingresso del palazzo con noncuranza.

«Fammi vedere se la casa è sicura.»

Chon rimase scioccato e ricordò quello che era successo nella stanza di Ton; ma non importava perché era convinto che Ton non gli avrebbe fatto nulla. Il problema principale era che la sua stanza era piena di peluches riposti sul letto e Chon si sentiva un po’ imbarazzato nel lasciare che Ton le vedesse.

«Non salire. A dire il vero, in questo momento mi sento molto a disagio. Così…»

«Perché ti senti a disagio?»

«Non lo so, devo andare in camera.» Ma non appena Chon stava per andarsene, Ton gli bloccò il polso, rubò la chiave della stanza e vide il numero su di essa.

«Non fermarmi.»

«Aww! Come hai fatto a diventare questo tipo di persona. Cosa ti ha reso così?»

 «Nemmeno io conosco più me stesso, come fai a saperlo tu.»

Ton trascinò Chon fino alla sua stanza e aprì la porta. Non appena la porta venne aperta anche il suo polso venne liberato. Chon entrò e subito mise in ordine i vestiti e disperato seguì Ton nella stanza.

Un secondo dopo, quando la luce venne accesa, i deliziosi peluches erano sotto i riflettori. Chon all’inizio pensava che Ton sarebbe rimasto sbalordito, ma le cose stavano andando in maniera completamente diversa da come se l’era immaginata. 

Ton prese una delle bambole di My Melody, la gettò da una parte e si sedette sul letto.

«Bel letto.»

«Davvero? Mi prendi in giro? Hai visto la mia stanza, ora torna a casa.»

«Non tornerai vero? Adesso vivi da solo. Quando avrai sonno e sarai stanco potrai tornare nella tua stanza.» 

 «…»

Chon rimase lì in silenzio a guardare Ton, seduto sul letto, a parlare con indifferenza mentre abbracciava la sua bambola.

 Oh mio Dio! È così carino, così… !!!

«Ok?»

«Ton, per favore, smettila. Se non c’è altro… io devo ancora terminare il materiale da inviare domani.»

«Oh, allora sto zitto.»

Ancora una volta Chon rimase lì a fissare Ton che giocava ancora con i suoi peluches.  Decise così di togliersi i vestiti e di andare in bagno. Esatto, Chon intendeva fare una doccia rinfrescante prima di iniziare a svolgere i suoi compiti. Non appena uscì dal bagno, la persona fastidiosa che prima era seduta se ne stava sdraiata in mezzo al letto e il suo respiro regolare indicava che si era addormentato.

«P’Ton sveglia.» Si avvicinò per scuotere il corpo di Ton, ma quest’ultimo non si alzò, bensì si voltò e gli diede le spalle.

«Se dormi qui così, mi dici come uscirai dalla mia stanza?»

Sollevò un soffice asciugamano per asciugare i capelli ancora bagnati che si abbassavano lentamente e osservava Ton mentre dormiva.

«Questo è molto reale.» Le lunghe dita di Chon percorsero la linea del suo viso. Chon toccò delicatamente le ciocche di capelli che cadevano sulla fronte di Ton. Il suo viso pacifico fece desiderare a Chon di toccarlo di più. Avrebbe voluto far scorrere il dito sul sopracciglio sinistro. Al solo pensiero della vista di Ton che legava il picciolo della ciliegia nella gelateria Chon sentì il suo corpo irrigidirsi.

Ancora una volta Chon si voltò con forza, allontanandosi da quel volto con lineamenti molto netti e decise di alzarsi per terminare il suo lavoro perché doveva presentarlo domani mattina.

Chon impiegò quasi due ore per completare il compito e una volta terminato si sentiva molto stanco e assonnato.

C’era ancora un grosso problema. Ton era disteso sul suo letto e dormiva profondamente e Chonlatee non osava svegliarlo. Intenzionato a dormire sul divano, avrebbe voluto almeno prendere il suo cuscino dal letto e lasciare che Ton dormisse nel suo letto.

Chon si allungò per afferrare un cuscino vicino alla testa della figura alta, ma prima di alzarsi dal letto, tutto il suo corpo venne trascinato sul comodo letto. Si mise subito a sedere, la sua forza era scattata come una molla, ma essendosi alzato molto velocemente percepì per qualche secondo una sensazione di confusione.

«Vai a casa tua. Lasciami dormire. Ho sonno.»

«Mi stai buttando fuori?»

«…»

«Ehm, allora vado a dormire.» Una mano grande e forte afferrò il viso di Chon e poggiò l’altra sul capo del più piccolo iniziando a strofinargli i capelli fino a quando non si scompigliarono tutti.

«Vado ora.»

«Uhm.»

«Ton stai davvero andando via?»

«Ehm, me ne vado…» Ton con una mano si strofinò il collo, poi si alzò in piedi con espressione seria, incespicò andando verso la porta per prepararsi a uscire.

«Ton.» chiamò Chon, ma lui non si voltò, rimase lì fermo dandogli le spalle.

«Ehm, fammi chiudere la porta.» Sentì un leggero clic mentre premeva il pulsante sulla maniglia e la porta si richiuse.

Anche se Ton era andato via Chon non riusciva a prendere sonno perché sulla sua bambola era rimasto l’odore di tabacco mescolato al suo profumo. Era così forte che Chon senza esitare portò la bambola al petto e la tenne stretta, respirando profondamente quel profumo come se non avesse immediatamente inalato l’odore lasciato in quel letto, consapevole di quanto lo avrebbe fatto star male.

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