TONHONCHONLATEE – CAPITOLO 13

Fortunatamente per Chonlatee dopo l’incidente di quella mattina, aveva una lezione. Così nel pomeriggio corse nella stanza di Pang con un bicchiere di latte alla fragola e con la sua frangia legata con il suo Rilakkuma.

[N/T: Rilakkuma è il protagonista di un anime giapponese.]

«Mi hai fatto saltare le lezioni per stare seduta qui con te. Ti sei trasformato in un cattivo ragazzo Chonlatee!» Pang piagnucolò, urlando ad alta voce e spostando rumorosamente le sedie e dal tavolo.

Chonlatee fissò a lungo il pavimento prima di guardare Pang. Aveva indosso la sua uniforme universitaria e sembrava quasi uno straniero, ma aveva comunque un bell’aspetto. Pigramente se ne stava ad ascoltare le lamentele sull’elezione della Luna e della Stella.

Da quando era uscito dalla stanza, Chon non sembrava preoccuparsi delle altre cose intorno a lui, non sapeva nemmeno come fosse arrivato in facoltà. Aveva chiamato segretamente un taxi per l’università di Pang. Pang però non sapeva nemmeno il motivo che aveva spinto una persona come Chon a chiederle di saltare le lezioni per poi rimanere seduti in quel modo. Ecco perché aveva iniziato a lamentarsi e urlare così forte.

«Sono molto triste. Prima di arrivare qui, noi due ci siamo incrociati, ma Ton non mi ha nemmeno guardato.» Chon ricordò cosa era successo dopo le lezioni, quando era appena uscito dall’aula d’esame per vedere Ton.

Era sicuro che anche gli altri potessero vederlo, ma quando lo salutò, Ton distolse immediatamente lo sguardo. «Ton deve esserne rimasto scioccato. Credi che abbia sbagliato ad ammetterlo così? Quello che ho cercato di nascondere per così tanto tempo, ma non ce la faccio più. Mi sento a disagio.»

«Cosa hai intenzioni di fare adesso? Sembra che non sarete in grado di stare insieme come prima. Le tue cose sono state sistemate?»

«Ehm… ho già detto a mia madre che volevo trasferirmi e le hai detto che manderà qualcuno ad aiutarmi e che mi porterà la macchina. Entro domani sarà tutto risolto dato che stanno già cercando una nuova stanza. Quindi forse dormirò con te stanotte.»

Dopo aver finito di parlare la sua amica non sedeva più a gambe incrociate sul pavimento, si era alzata per mettersi a sedere sul grande letto accanto a lui. Dopo aver preso un soffice cuscino che strinse al petto, disse. «Wow è la prima volta che ti vedo comportarti come un ragazzo ricco e altezzoso, punti il dito contro tutti, soprattutto contro di me.»  

«Non c’è nulla che posso fare al riguardo. Pang… cosa pensi che accadrà ora tra me e Ton? Mi parlerà e mi ascolterà? È possibile che tutto il nostro rapporto vada in pezzi e che le cose tra noi non saranno mai più le stesse.»

«Non lo so. Non posso dirti nulla. Tutto quello che devi fare ora è rialzarti. Non restarne seduto pigramente così. Non ce la faccio più a vederti così. Che fine ha fatto il Chonlatee che conosco?»

«Perché diavolo doveva capitare a me?» Chonlatee girò la testa e vide Pang in piedi accanto al letto rosa mentre alzava gli occhi al cielo. Una grande bandana copriva metà del suo viso.

«Ti prendi ancora cura delle tue labbra? Mio Dio! Le tue labbra sono così secche, si stanno desquamando tutte. Abbi cura di te.»

«Come posso prendermi cura di me stesso… prova a capire come mi sento. Sono troppo pigro per farlo.»

«Puoi amare anche altre persone, ma prima di tutto devi amare te stesso. Sbrigati a lavarti la faccia, andiamo al salone di bellezza in modo che la tua noia scompaia.» Pang alzò la mano e spinse Chon in bagno.

«Se mi vedesse bello credi che Ton ne sarebbe dispiaciuto?»

«Mi dispiace, non so risponderti neanche a questo, ma di certo se siamo più carini gli uomini più intelligenti piangeranno per noi e ci vorranno.»

«Se potessi, aiuterei davvero il mio amico a sposarsi.»

«Ehm, troverai qualcuno di nuovo e cento volte meglio di Ton.» sentenziò Pang con una risata, riuscendo finalmente a spingerlo dentro il bagno.

Chon sperava che nel prossimo futuro avrebbe potuto pensare a Ton come a un ricordo felice e che sarebbe stato in grado di amare altre persone che gli avrebbero fatto provare sentimenti più forti di quelli che provava per Ton. Quel giorno però il suo cuore faceva ancora molto male.

**********

Vedendo la sua immagine riflessa nello specchio del salone, Chonlatee si rese conto che doveva apportare dei cambiamenti se voleva migliorarsi. Decise allora di sostituire la grande montatura degli occhiali con lenti a contatto, rivelando così un viso piccolo con degli occhi grandi di un colore marrone chiaro. I capelli neri che occupavano un terzo del viso e lo oscuravano vennero tagliati e scelse anche di tingerli di un colore più chiaro che rese la sua pelle meno pallida di prima.

«Pensavo che avresti scelto questo colore di capelli. I capelli scuri rendono il tono della tua pelle più chiara.»

«Vero?» Chonlatee annuì, sentendosi abbastanza soddisfatto del suo aspetto. Si guardò a lungo allo specchio prima di voltarsi a chiedere a Pang che stava guidando al suo fianco.

«Cosa ti va da mangiare? Mi è venuta fame.»

«Quello che vuoi.»

«Non dirlo. Non so niente di questa zona. C’è qualcosa di delizioso? Per favore dimmelo.»

«C’è una taverna proprio accanto al mio campus, si mangia bene là. Hey, una chiamata in arrivo.» Chon voltò il viso verso di lei. La persona che si stava guardando allo specchio ammirando la sua nuova la pettinatura e che non sapeva dove fossero diretti, si accorse che il suo cellulare stava squillando, segnalando una chiamata in arrivo.

«Mi sta chiamando Ton. Perché mi chiama?»

«Se lo vuoi sapere rispondi e ascolta quello che dice.»

«Non voglio, non sono pronto a sentire la sua voce adesso.» Chon attese che la chiamata terminasse e dopo aprì l’app e inviò un messaggio in modo da non dover sentire la sua voce.

[Chonlatee: Ton mi hai chiamato?]

[Tonhon: Volevo solo chiederti dove sei.] 

[Chonlatee: Sono da un amico.]

[Tonhon: Tua madre ha chiamato e ha detto che avrebbe portato via tutte le tue cose domani.] 

[Chonlatee: Questo ti mette a disagio?]

Chon sospirò fissando a lungo la conversazione sullo schermo.

[Tonhon: No. Vuoi davvero trasferirti?]

[Chonlatee: Sì. Avevo già detto a mia madre che volevo vivere da solo, quindi voglio trasferirmi.]

[Tonhon: Non me ne sono reso conto. L’ho detto a zia Nam, ma io…]

Ton stava messaggiando, ma improvvisamente si fermò e non scrisse più nulla. Nessun continuo, nessuna risposta da parte sua, nessuna ulteriore spiegazione per quella frase.

Ma cosa?

[Tonhon: Allora dormirai da un amico stasera?]

[Chonlatee: Si.]

Chon si leccò delicatamente le labbra e alla fine decise di cancellare il messaggio che stava per inviare perché non sentiva di doversene preoccupare. Chon pensava davvero che la loro conversazione fosse finita, così ripose il suo cellulare in tasca.

«Fatto? Finalmente potete parlare di nuovo.» disse Pang mentre inclinava il collo e spingeva i capelli di lato.

«Sì, ma non è più come prima. Ton ha chiamato solo per chiedermi se qualcuno andrà a prendere le mie cose domani, ecco tutto.»

«Quindi cosa ti aspetti adesso?»

«Niente. Andiamo a cena.» Chon rise scuotendo leggermente la testa in segno di diniego, ma in realtà la sua testa era ancora intenta a rimuginare sui messaggi che Ton gli aveva scritto. 

Dopo aver cenato Chonlatee tornò al dormitorio di Pang che aveva accettato di riportarlo al suo campus il mattino seguente. Poiché il dormitorio e il campus di Chon erano abbastanza lontani era facile incontrare ingorghi lungo la strada. Per questo i due avevano intenzione di andare a letto presto e di uscire di primo mattino per evitare il traffico.

Chon si sdraiò supino sul morbido letto colorato, abbracciando il cane di peluche contro il petto. Quella sera non doveva sdraiarsi su di un fianco come nelle sere precedenti, niente più imbarazzo nel voltarsi. Quando si voltò infatti vide Pang con una faccia strana, non era la stessa che aveva Ton.

«Pang, solo per dieci minuti, possiamo parlare?» 

Pang alzò la mano e fece un gesto affermativo.

«D’ora in poi non puoi parlare.» In quel momento entrambi indossarono delle maschere in tessuto prima di andare a letto.

Chon girò la testa, afferrò il telefono e lo sollevò. Tenne il telefono dritto verso il soffitto mentre le sue dita fluttuavano sullo schermo senza sosta.

Forse aprire Facebook era stato un errore. Iniziando a sfogliare la sua pagina di Facebook si accorse che in tutti i suoi ricordi c’era l’uomo alto. Era interessante notare che il numero di suoi follower su Facebook era improvvisamente aumentato in modo sorprendente. La maggior parte di loro proveniva dall’università.

La prima foto che vide era quella che in cui lo aveva taggato. I ricordi di quel giorno al campo da basket gli tornarono improvvisamente in mente. Guardando la foto in cui vi era un uomo alto con un qualcosa che lo rendeva distaccato, ma anche possente nonostante fosse stanco mentre era in piedi nel campo in fiamme. Non c’è da stupirsi che quella foto piacesse così tanto.

«Così tanti.»

La foto successiva era uno screenshot della videochiamata dopo che Ton era tornato a Bangkok. Chon ricordò di essere stato profondamente triste quel giorno e il suo cuore aveva fatto una capriola quando aveva ricevuto la sua chiamata e poi c’era anche quella foto. 

Dopo ancora ce n’erano altre due, ma tutte erano foto in cui Ton era stato taggato. La foto che gli procurò più male al cuore era stata probabilmente quella in cui lui era seduto sulla scogliera in quella spiaggia, fissando incantato l’oceano davanti a sé, in un momento in cui non riusciva più a controllare le proprie emozioni.

Guardare in quegli occhi rifletté un amore che non poteva essere fermato nemmeno a occhi chiusi. Se Ton si fosse guardato indietro non avrebbe sentito alcun rumore. Ecco perché desiderava cancellarle così tanto, ma a pubblicarle era stato Ton. L’unica immagine che poteva cancellare era quella di un uomo sul campo da basket. Anche se l’avesse cancellato alla fine avrebbe ricordato tutto.

«Tempo della maschera finito! Stai parlando con me Chon?» Pang balzò giù dal letto. Il volto di Chon coperto da una maschera bianca sussultò per lo spavento e il cellulare gli cadde di mano.

«Sto bene, ma mi hai spaventato quindi non so cosa dire.»

«Comunque, ora spengo le luci e dormo.»

Prese il cellulare che era caduto sopra il letto e guardò la proprietaria della stanza alzarsi e spegnere la luce per poi tornare a letto per sdraiarsi di nuovo.

Lui e Pang non aveva riposato durante il giorno e prima di andare a letto i due avevano parlato dell’università, condividendo le proprie esperienze insieme. Sembrava che Pang avesse molto da dirgli e Chon la ascoltò fino a quando non si addormentò.

Chon dormiva profondamente e quando il suo telefono vibrò, non sapeva che erano le 3 del mattino. Lo schermo del telefono si accese perché uno strano messaggio era stato inviato da qualcuno.

[Quando eravamo insieme, una volta hai detto che non importava cosa fosse accaduto, io avrei dovuto fare un bel sogno.]

**********

Una lussuosa Volkswagen rosa-milkshake era parcheggiata davanti all’edificio della Facoltà di Management. Grazie alla madre di Chon che avrebbe potuto risolvere anche il più grande dei problemi con un semplice schiocco delle dita, quando Pang lo aveva accompagnato  davanti all’edificio della facoltà, la sua macchina era parcheggiata al posto giusto. Anche il nuovo appartamento era ben sistemato. Con gli impiegati di sua madre ad attenderlo lì con altre auto di lusso, Chon suscitò la curiosità degli altri studenti che si trovavano a passare di là. Chon si tolse lo zaino dalle spalle ed entrò in fretta nell’auto parcheggiata sperando che nessuno vedesse quegli uomini vestiti di nero, dalle facce sadiche e che portavano delle pistole proprio come dei perfetti sicari mafiosi che consegnavano le chiavi della macchina al loro boss in totale sottomissione.

Le sue speranze vennero presto infrante. Prima ancora di entrare in classe, una folla si era raccolta lentamente rivolgendogli dei sorrisi confusi. Si capiva dal solo sguardo come quello era diventato un argomento di conversazione per l’intero gruppo di persone. Vedendo ciò Chon decise di ignorare tutto e si diresse direttamente al tavolo dove depose la sua borsa. Poi sorrise a Jean e Dada che erano già sedute. Jean gli sorrise di rimando, ma non disse nulla. Solo Dada gli aveva parlato per salutarlo.

«Hey! Hai cambiato pettinatura e colore. Sei così carino, molto carino.» Quello era un vero complimento che raramente aveva sentito fare da Dada e ciò che era ancora più sorprendente era che Dada aveva continuato: «Tutti dicono che la famiglia di Chon appartiene alla mafia. All’inizio non ci importava. Chon non prestarci troppa attenzione. Dopo aver ascoltato quello che le persone hanno da dire, non fare niente. Sii rumoroso in ogni caso.»

«La mia famiglia possiede un cantiere navale quindi i dipendenti sembrano un po’ aggressivi, ma non sono mafiosi.» Chon spiegò con un sorriso a Dada prima di sedersi, non aveva nascosto nulla sulla sua famiglia, ma la maggior parte delle persone preferiva credere alle voci invece di chiedere la verità.

Al lavoro sì che sua madre sembrava davvero un capo della mafia… 

«Allora Chon eri a casa?» Questa volta anche Jean iniziò a sorridergli normalmente, la sua abitudine di impicciarsi negli affari altrui era ricominciata.

«No, non sono ancora tornato. L’auto è stata mandata da lì.»

«Oh! Questa mattina Ton è venuto in facoltà, ma non ti abbiamo visto con lui. Pensavo che tu fossi tornato a casa perché di solito è Ton ad accompagnarti in facoltà.»

«Ton sta arrivando? Perché è venuto?» Chon aggrottò leggermente le sopracciglia, prese il libro e la penna appoggiati sul foglio. «È perché ora abitiamo in due dormitori diversi. Ecco perché Ton non mi accompagna più.»

«Ah…» Jean e Dada annuirono in segno di comprensione e non chiesero più nulla, ma Chon continuò a spiegare.

«Entrambi abbiamo bisogno della nostra privacy, quindi ci siamo presi una pausa.» Chon sorrise debolmente per nascondere la sua sofferenza, cercando di concentrarsi sull’argomento studiato e cercando di superare la storia di Ton.

Durante la pausa pranzo aveva accompagnato Jean e Dada alla caffetteria, aveva anche in programma di pranzare là e poi tornare in facoltà per continuare a studiare nel pomeriggio. Forse perché stava usando le lenti a contatto, ma gli era parso che la sua visuale si era ampliata rispetto a quando indossava gli occhiali. Poteva vedere tutto più chiaramente, riuscendo a nascondere la sua confusione dietro il suo viso liscio e apparentemente calmo.

La caffetteria durante il giorno era molto affollata. Chon scelse un tavolo nell’angolo  all’esterno, sulla terrazza al secondo piano e si sedette. D’accordo con le ragazze, era rimasto ad aspettare da solo al tavolo mentre loro andavano per prime a prendere da mangiare. Volse lo sguardo verso il cortile verdeggiante e vide che alla sulla sinistra c’era una statua della Facoltà di Belle Arti. Fissò a lungo la statua prima di rallegrarsi ancora una volta.

La sedia di fronte a lui venne improvvisamente occupata da un uomo bello, alto, con i capelli neri e con gli occhi affilati come un coltello. Le maniche della sua uniforme arrotolate fino ai gomiti rivelavano un tatuaggio che raffigurava l’idioma della felicità, che spuntava da sotto la manica bianca estendendosi fino ai gomiti.

«Mi dispiace, ma quel posto è occupato.» Chon parlò in modo educato.

«Mi chiamo Na e mi piaci. Sono una matricola della facoltà di Relazioni Internazionali. Puoi darmi il tuo numero per favore?»

«No.» rispose Chonlatee seccato, sapendo che al momento era argomento di conversazione scottante al Dipartimento Internazionale. Non poteva negare che quel ragazzo di fronte a lui era molto bello, considerando poi che la maggior parte degli studenti del Dipartimento di Relazioni Internazionali raramente andava alla mensa principale del Campus avendo loro una propria mensa con un caffè al coperto molto più carino.

 «Perché non vuoi darmelo? Voglio conoscerti così possiamo parlare e chattare da amici.»

«Ti piacciono gli amici?»

«No. Lascia che te lo chieda ancora una volta… uhm… Il mio nome è Na. Mi piaci Chonlatee. Posso avere il tuo numero di telefono?»

«Per cosa?» Vedendo che l’altra persona era ancora in piedi di fronte a lui, Chon si appoggiò allo schienale della sedia senza nascondere la sua vera natura e gli porse quella domanda.

Subscribe
Notificami
guest

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

0 Commenti
Inline Feedbacks
View all comments
Facebook
Twitter
Pinterest



Copy Protected by Chetan's WP-Copyprotect.