TONHONCHONLANTEE – CAPITOLO 12

La porta di un appartamento lussuoso era stata aperta dalla mano di qualcuno con un viso molto carino, ma era insolitamente seccante essere svegliato da una telefonata nel cuore della notte. Nai aveva ricevuto una chiamata dal suo migliore amico Ton, che lo costrinse ad alzarsi e ad aprire la porta. Dopo che i due si erano salutati, delle parole dure sfuggirono dalle sue labbra.

«Dannazione Ton stavo dormendo. Bastardo!»

«Qualcosa non va, non lo so.» Ton si appoggiò allo schienale del divano del soggiorno, cercando di controllare la sua mente, raccontando al suo amico perché si era dovuto alzare così presto. Ton ci ripensò ancora e ancora senza trovare la causa, la conclusione finale di tutto quello era… 

«Penso di essere impazzito.»

«Se sei pazzo vai da un dottore. Non venire qui alle 4:00. Ho così sonno!»

Ai, in camera da letto, rimase sorpreso udendo la voce di Ton. Ai lentamente entrò nel soggiorno e prese posto sul bracciolo del divano, dando allo stesso tempo un bacio a Nai per calmarlo. 

«Calmati…» disse Ai in modo molto intimo.

«Sei nei guai?» chiese Ai. Voleva sapere perché Ton era andato lì, anche se Ai aveva ancora le vertigini per la mancanza di sonno.

«Sono stato punto.»

«Non sei stato punto stupido. Dimmi cos’è successo?» Nai usò la sua gamba per colpire l’amico come per chiedergli di raccontare subito l’intera storia.

«Ho fatto qualcosa a Chon.»

«Non mi dire che l’hai violentato!» Nai spalancò gli occhi, arrossì e saltò accanto ad Ai e dopo si piazzò davanti al suo stupido amico. «Accidenti a te, bastardo.»

«Non gli ho fatto niente. In tutto questo tempo, non capisco perché, ho sempre pensato che Chon fosse molto carino e mi piace annusare il suo corpo. Quando dorme, lo annuso un po’. Poi accidentalmente ho allungato la mano e gli ho toccato la coscia.»

«Pazzo bastardo!! Ho davvero una gran voglia di prenderti a calci.»

«Riesci a ascoltarmi prima? Ehm… allora lui si è svegliato all’improvviso. So di non averlo trattato bene, sono dispiaciuto anche io. Poi sono corso qui per vederti.»

«Vuoi andare a letto con Chon?» chiese Ai.

Ton e Nai rimasero in silenzio e quest’ultimo mise una mano sullo schienale del divano e sorrise nel vedere l’espressione triste del suo amico anche se ne era davvero felice.

«No, io… solo… non lo so. Sono un uomo. Anche Chon è un uomo. Non ho problemi con Chon.»

«Sei davvero il mio amico più stupido. Davvero non riesci a capire da solo cosa provi?» Nai non rise, al contrario sembrava molto serio.

«Che cosa senti?»

«Chon…»

«Caro, non hai bisogno di dirlo, deve capirlo da solo.» Ai prese posto accanto al suo ragazzo e sussurrò qualcosa all’orecchio del suo amante, dopodiché Nai annuì mostrando di aver capito.

«Dire cosa? Cosa dovrei sapere?»

«Ti piace Chon.» affermò Ai facendo rimanere il grande uomo in silenzio.

Nessuno di loro rise e a giudicare dal suo sguardo Ton sembrava voler uccidere Ai per quella dichiarazione.

«È adorabile, ma non mi piace in quel senso.»

«Se non ti piace perché carichi ogni giorno sue foto sui social? Perché vuoi toccarlo? Inoltre, ogni volta che qualcuno gli si avvicina ti comporti in modo tremendo e cerchi con tutto te stesso di allontanarlo da lui.»

«Sì, sei molto possessivo.» Nai sostenne le parole di Ai.

«Oh! Lui è solo un mio amico e io sono un uomo.»

«Anche io sono un uomo così come lo è Nai. Eppure ci amiamo, nessun problema. Quando si tratta di piacere o di amare il genere non è importante. È una scusa ridicola.»

«Non mi piace Chon.» Ton sentì la sua voce farsi più piccola e Ai iniziò a chiedersi cosa stesse pensando. «Non mi piace, non mi piace.»

«Non posso costringerti ad ammetterlo, ma… lasciare la stanza in questo modo. Hai  lasciato da solo Chon, vero?» Nai sorrise come se avesse capito cosa provasse l’altra persona e l’angolo della bocca si alzò in un sorriso.

«Tornerò, ma tu devi aiutarmi a trovare una buona spiegazione da dargli. Non voglio che pensi che io sia pazzo.»

Anche l’uomo che si prende cura di suo fratello non sembra male!

«Non mi piace, non mi piace.» La bocca di Ton si contrasse per mormorare quelle parole. Se Ai non avesse lasciato Ton prendere da solo le sue decisioni allora lo avrebbe maledetto per molto tempo, fino al sorgere del sole.

«Se rimani lì a rimuginarci su, credi che la cosa ti aiuterà?»

«Digli se sei pazzo!» disse Ai.

«Oppure dì che stavi solo sognando.» aggiunse Nai.

«Ci crederà? … Va bene? Sì… sonnambulismo, tutto qui!!»

«Chon capirà. Come ho detto, penso che sia un uomo calmo che non rimugina troppo, facile da capire. Molto adatto a te e adatto a essere il tuo amato fratellino.»

«Non voglio essere frainteso da lui, non voglio che pensi a cose strane. Ho paura, ho paura che non mi crederà, ho paura che non sia più così buono con me come prima. Non lo so se dubiterà di me o se comincerà a comportarsi diversamente con me.»

«Torna subito a sistemare le cose, se vuoi puoi dormire qui e tornare nella vostra stanza domattina… ma se rimani qui, puoi sdraiarti sul divano e noi torneremo a dormire.» Ai si alzò, si toccò il collo per alleviare la fatica poi alzò un sopracciglio. Aveva previsto quella situazione e aveva pronta una risposta dall’inizio e col tempo era sempre più certo che non l’avrebbe data quando sarebbe stato necessario.

«Secondo me, credo sia meglio che torni nella tua stanza. Cerchi di convincerlo e poi fai una chiacchierata seria con lui.»

«Allora, buona fortuna…» Ai diede una pacca sulla forte spalla di Ton. Aspettarono il suono della porta che si chiuse e di vedere l’intruso scomparire completamente, quindi Ai trascinò di nuovo Nai nella camera da letto.

«Sai non importa cosa, spero che Ton sopravviverà al confronto.»

«Non voglio saperlo.»

«Hey! Non stiamo mica parlando di una persona qualunque, ma del nostro migliore amico. Anche se è stupido dovremmo aiutarlo.»

«Allora prima di tutto dobbiamo aiutarlo a realizzare che gli piace Chon. Che ne dici di aiutarlo segretamente?»

«Va bene.»

«Adesso andiamo a dormire, ho molto sonno. Lascia che i miei occhi riposino.»

«Pronto a farlo Signorino Ayarest!!» La loro intima conversazione fu breve e poi la stanza cadde di nuovo in un tranquillo e intimo silenzio.

**********

Chonlatee sospirò seduto al tavolo da pranzo fuori dalla camera da letto. Gli ci volle quasi mezz’ora per riprendere conoscenza dopo che Ton aveva lasciato la stanza. Chon aveva anche cercato di capire perché Ton avesse fatto una cosa così strana, ma per quanto si sforzasse non riusciva a pensare a niente e alla fine decise di alzarsi. Tutto quello che vide era una stanza vuota, di Ton nemmeno l’ombra.

Il silenzio lo avvolse, portando Chon a perdersi nei suoi pensieri finché la porta della stanza non si aprì e il corpo alto di Ton entrò.

Le due persone si stavano guardando restando in piedi da ambo i lati del tavolo da pranzo.

«Ton dove sei andato?» Chonlatee parlò per primo e Ton gli sorrise debolmente e senza dire una parola si mise a sedere.

Chon annuì, non sapendo cosa dire, così iniziò a massaggiarsi i palmi della mani che stavano sudando sotto il tavolo, anche se il condizionatore della stanza era ancora acceso e anche se faceva così freddo, in qualche modo Chon continuava a sudare.

«Non ti farò niente, mi era solo venuta voglia di toccarti, senza volere nulla di più. Lo so che suona come una scusa, ma tu… tu…»

«Ton hai altri sentimenti per me?» Chon chiese a Ton cosa stesse pensando dopo aver raccolto tutto il suo coraggio. Nessuno dei due aveva in mente di definire la loro relazione, ma tutto quello che entrambi desideravano era ottenere delle risposte sincere, capire cosa l’altro stesse davvero provando. Quello che disse Ton, però, non era affatto quello che Chon si aspettava.

«No, io non ho pensato a niente. Volevo solo sapere se le tue cosce sono morbide come le tue guance. Calmati, non mi piaci o penso ad altro.»

«Va bene. Sono contento che tu mi abbia parlato sinceramente perché ci ho pensato troppo, ora non ci penserò più. Ton ma tu sei sicuro di poter dormire nello stesso letto con me d’ora in poi?»

Fa male… fa così male…  

Ecco cosa Chon stava davvero provando in quel momento.

«Una cosa del genere non succederà più. Lo prometto. Non so perché l’abbia fatto. Non mi capisco nemmeno io. Ma ti garantisco che non succederà mai più.»

Tutto completamente andato… allora lascerò che sia tutto finito.

«Ton hai notato che le uniche persone che mi si avvicinano sono dello stesso sesso? Cosa dovrei dire? Sono abbastanza sensibile al tocco degli uomini.» Chon alzò la mano per toccarsi la nuca. Chon continuava a parlare della sua preferenza per lo stesso sesso.

«È perché sento attrazione per le persone dello stesso sesso… ecco perché devo sopportarlo.»

«Cosa intendi?»

«Sto pensando di trasferirmi, di vivere da solo.»

«Non puoi.» Ton si protese in avanti mentre si appoggiava allo schienale della sedia, e dopo un momento disse: «Non so cosa ti abbia turbato, ma mi dispiace.»

«Non sono arrabbiato con te. Ma è perché sono gay.» Finalmente Chon lo aveva ammesso.

« … Che cosa??»

«Mi dispiace averti mentito per tutto questo tempo. C’è anche un’altra cosa che dovresti sapere. Mi piaci Ton.»

Ton rimase in silenzio per molto tempo; tutto intorno a lui tacque, non riusciva a sentire nemmeno la voce dentro di lui.

Era frustrante.

Cosa sarebbe successo anche se avesse accettato quella situazione?

«Cosa vorresti che ti dicessi. Tu sei gay? Cosa dovrei fare? Cazzo! Perché non me l’hai detto subito? Dovrei essere arrabbiato o triste? Non lo so Chon.»

«…»

«È meglio che tu vada.»

Tutto stava avvenendo in una maniera così silenziosa e sottile, ma Chon sentiva i suoi occhi ardere.

Chonlatee annuì lentamente in risposta strofinandosi il collo, cercando di trattenere le lacrime pronte a cadere. Più volte aveva pensato a quello che sarebbe successo se avesse confessato i suoi sentimenti a Ton, ma non si aspettava che sarebbe andata in quel modo. Chon era solito pensare che nel caso sarebbe riuscito a non piangere, eppure adesso riusciva a controllarsi a malapena.

Dopo molto tempo Chonlatee riuscì ad alzarsi dalla sedia. Ton sedeva ancora in silenzio nella camera anche se Chon era entrato e aveva impacchettato le cose che riteneva necessarie. Ton non lo salutò, non pronunciò una singola parola.

«Tornerò tra un giorno o due a prendere il resto delle mie cose così tu potrai restare qui tranquillo. Non essere arrabbiato con me, ma cerca di capire cosa provi e schiarirti le idee prima che io torni.»

L’addio di quel giorno avvenne al sorgere del sole, ma non fu affatto bello, né portò il calore che desideravano.

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