KINNPORSCHE – CAPITOLO 36

La partenza

-Porsche-

«Hai già sonno?»  mi chiese Kinn uscendo dal bagno, prendendo un nuovo paio di pantaloni da indossare.

«Puoi scommeterci! Dannazione! La mia schiena mi sta uccidendo.»

Erano passati quattro giorni dal mio compleanno e quel bastardo era tornato come prima. Mi aveva schiavizzato per prendere i suoi documenti e mi aveva persino reso il suo fattorino. Non mi lamentavo perché in parte era il mio lavoro, ma ogni volta che questo bastardo ne aveva avuto la possibilità, spudoratamente non aveva tenuto le mani a posto.

«Sei esausto? Sono stato troppo duro con te?» Kinn disse, si gettò immediatamente sul letto e si arrampicò su di me. La sua mano si allungò per tenermi la vita e mi abbracciò liberamente.

«Bastardo! Sei pesante!» Protestai.

«Allora ti faccio un massaggio.» disse allegramente Kinn, prima di farsi strada verso il mio fianco. Io alzai il piede e gli diedi un leggero calcio sul fianco.

«Non sfidare la fortuna, bastardo!» Gli risposi in maniera brusca, ma ad essere sincero non mi dava più fastidio. Ero abituato al suo tocco, ma mi faceva ancora incazzare ogni volta che si dimostrava troppo opportunista.

«Andiamo, Porsche. Voglio solo farmi perdonare. Mi sto allenando da giorni ormai, e tu ti svegli anche presto dopo le nostre notti appassionate, quindi… Ow!» Lo schiaffeggiai con tutte le forze senza nemmeno lasciargli finire la frase.

«D..Di che diavolo stai parlando?!» Gli risposi arrabbiato e mi tirai subito su le coperte.

«Vai a pagare qualcun altro che parli con te, cane arrapato!»

Questo fottuto bastardo! Sei davvero indomabile! Mi chiedo davvero dove cazzo stai prendendo tutta quella forza? È come se venissi picchiato da un martello pneumatico ogni volta che limoniamo, e mi prosciuga le forze. Merda!

«Vuoi che parli sporco con qualcun altro? Hmm… Vediamo se ho ancora il contatto del mi… Uhmff!» Kinn si zittì dopo che gli gettai un cuscino contro il viso e lo scaraventai con forza sul letto.

«Allora fallo bastardo! Vediamo se sarai ancora in grado di sfoggiare quel tuo bel viso dopo questo!» Gli afferrai la nuca e gli premetti il viso contro il cuscino.

Il pazzo si limitò a ridere di quello che avevo fatto, prima di prendere la sua fortuna e afferrarmi il polso, mi attirò più vicino al suo viso.

«Che carino, Porsche.» Disse Kinn, facendo scivolare le sue mani sulla mia vita e stringendomi in un forte abbraccio.

«Chi cazzo stai chiamando carino?! Sei uno psicopatico!» Imprecai, facendo del mio meglio per allontanarmi dalla sua stretta. Kinn poi si chinò e mi fece piovere piccoli baci sul viso.

«E… Ehi! C… Cosa stai facendo… Kinn!?» Mi voltai dall’altra parte, mentre cercavo di allontanare il suo petto da me.

«Sai, sei irresistibile quando sei geloso. Dovremmo farlo spesso.» Disse il bastardo prima di posare un leggero bacio sulle mie labbra.

«Oh, no bastardo!»

No! Non oggi. Sono già molto esausto, se lo facciamo ancora mi farà impazzire!

«Bene. Andiamo a dormire.» Il bastardo sospirò e si arrese. Forse perché aveva notato la mia dura determinazione. Kinn poi si allontanò per dormire sul cuscino e appoggiò il braccio sul fianco, facendomi segno di usarlo come mio appoggio.

«Non c’è alcuna possibilità che ti cambi, pervertito!» dissi mi voltai verso il mio vero cuscino.

«Non ti farò niente, Porsche. E inoltre, domani ho bisogno di svegliarmi presto per una riunione.» disse Kinn, dando un ultimo colpetto sul suo lato del letto. Lo guardai con diffidenza prima di avvicinarmi lentamente al suo braccio.

Kinn doveva essere davvero stanco quel giorno, aveva lavorato ininterrottamente anche dopo i nostri esami. Blocchi di documenti continuavano ad arrivare e non riuscivo nemmeno a vedere nulla sul suo tavolo a parte contratti d’ufficio e inventario. Usciva persino per incontrare i clienti e in alcuni giorni la sua faccia era quasi incollata alle carte che doveva firmare.

Mi ero lamentato del mio mal di schiena poco prima, ma sapevo che ne aveva più di me. A volte mi aveva fatto pensare, perché doveva fare tutto da solo? Sapevo che era per il futuro della loro famiglia e azienda, ma doveva farlo da solo? Era sempre stato quello il ruolo del figlio di mezzo? Non doveva essere questo l’obbligo di suo fratello maggiore?

«Sei stanco?» Mi avvicinai a lui e posai la testa sul suo braccio.

«Mm…hmm.» Kinn borbottò.

«Perché non lo lasci fare a tuo fratello? Voglio dire, guardalo, mentre si rilassa nella sua stanza mentre tu sei impegnato a prenderti cura di qualcosa che chiaramente dovrebbe fare lui.»

«Va tutto bene. È comunque per il nostro futuro.» Kinn borbottò, volse lo sguardo su di me e posò le sue mani sulla mia vita.

«Quindi questo significa che sarai l’unico erede di tuo padre?» dissi, alzando un sopracciglio al bastardo i cui occhi erano vicini.

«Non solo io stupido. Papà ha tre figli, quindi deve essere diviso in parti uguali.»

«Ma lavori più duramente degli altri, ti pare giusto?» Mi accigliai.

Non sapevo cosa avrebbe potuto riservare il futuro, ma non volevo che lo facesse per niente. Potevo essere stupido, ma sapevo qual era il significato di essere giusti. Anche se non mettevo in dubbio il suo pensiero, perché dopotutto era per la sua famiglia, ma volevo almeno aiutarlo.

«Non si tratta di essere giusti. L’ho fatto perché posso e lo volevo. E inoltre, Kim è ancora giovane per gestire gli affari.» Kinn spiegò con gli occhi socchiusi.

«Cosa intendi per giovane? Abbiamo la stessa età. Ricordo ancora quando siamo rimasti bloccati nei boschi e ti hanno quasi perso, Kim è diventato improvvisamente la nuova speranza della famiglia. Quindi, concediti una pausa e non farti troppa pressione. Inoltre, hai me, posso gestire qualsiasi pressione finché sono con te.» dissi a Kinn e il bastardo mi sorrise. Ero un po’ sdolcinato, ma era vero.

«Perché sei così preoccupato all’improvviso? Hai paura che la nostra famiglia vada in bancarotta?» Kinn mi prese in giro.

«Hey! Non mi aspetto niente da te, e non so nemmeno per quanto tempo staremo insieme… É solo che non voglio vederti portare questo bagaglio da solo.» Potrei essere egoista su alcune altre cose, ma almeno sapevo come aiutare.

«Io e te staremo insieme per sempre. Ed è un bene che ti stia già interessando alla nostra azienda di famiglia, perché in futuro…» Kinn si avvicinò a me. «Ti avrò come mia segretaria personale.» E mi baciò la punta del naso.

«Segretaria il mio culo. Preferirei essere l’assistente CEO. A proposito, che succede con Kim e mio fratello? Hai idea di cosa stiano combinando quei bastardi?»

«Non ne ho proprio idea.» disse Kinn, sdraiandosi immediatamente sulla schiena per evitare il mio sguardo.

«Sigh… Deve essere difficile per Kim. Essere costretti ad accettare la fine. Ci sono passato anch’io e mi assicurerò che mio fratello si assuma la responsabilità.» dissi a Kinn. Ero seccato quando non ci avevano detto cosa aveva fatto Porsché a Kim. Quel diavoletto lo avrebbe detto sicuramente quando lo avrei visto.

«Eh?» Kinn alzò improvvisamente la testa e mi rivolse uno sguardo perplesso.

«Che cosa? Cosa hai appena detto?»

Che cosa? Non riesci a credere che tuo fratello minore sia la moglie? Beh, non posso biasimarti perché se vedessi insieme quegli sfacciati bastardi, non sapresti nemmeno chi prende e chi riceve.

«Che cosa?» ripetei, e Kinn si limitò a fissarmi con gli occhi spalancati.

«N…niente.» disse Kinn con un sospiro.

«Eh?»

«A proposito, perché ti chiami Porsche e tuo fratello Porsché? Non doveva avere lo stesso significato? Non ti confondi?»

«Perché all’improvviso me lo hai chiesto?» alzai un sopracciglio.

«Sono solo curioso.» disse Kinn, appoggiando il mento sulle mie spalle.

«Hmmmm… Prima, i miei genitori possedevano un’attività di commercio di auto. Così, quando sono nato, mi hanno chiamato Porsche e mio fratello minore Porsché. Mio padre voleva che ci chiamassimo allo stesso modo perché ci amava allo stesso modo. Si è anche confuso con noi, quindi ha modificato un po’ il tutto.» Risi.

«Ma anche se ci chiamiamo Porsche o Porsché, mamma e papà ci hanno amati entrambi incondizionatamente.» Aggiunsi mentre ricordavo i volti dei miei genitori. Erano troppo gentili, e ogni volta che pensavo a loro due, non potevo fare a meno di sorridere.

«Che cosa figa.»

«Ahahah. Infatti! Mio padre era fantastico!» commentai con voce rauca.

«E tu? Perché Anakinn?» aggiunsi per spazzare via l’immagine nebulosa che si stava addensando nella mia testa.

«Indovina.» Kinn disse con una faccia furba.

«Hmmmm… Ah! Viene dalla dea serpente Okinawa? Questo spiega tutto!» dissi mentre puntavo un dito in faccia al bastardo.

«Non sono un serpente, sciocco. Sono un drago.» Disse Kinn astutamente prima di avvicinare il suo cavallo sulla mia gamba.

«Bastardo!» imprecai, schiaffeggiando il braccio di Kinn.

«Sto solo affermando i fatti.» Kinn rise.

«Sì sì, pervertito!» aggiunsi.

«Allora che mi dici di Tankhun?»

«Fondamentalmente deriva da Khop Khun. Quindi il suo nome significa gratitudine.»

«Veramente? Che ironia della sorte, perché tuo fratello non sembra dotato di molta gratitudine.» Sbottai incredulo. Kinn poi sorrise ampiamente e mi diede un colpetto sulla fronte.

«E Kim?»

«Per quanto riguarda Kim, Kimhan, perché è nato in estate.»

«Woahhh. Perché penso che tuo padre sia di parte? Il nome di tuo fratello maggiore significa gratitudine, mentre quello minore è estate. E il tuo si ispira ad un serpente? Non ha assolutamente senso.»

«Tankhun è il primogenito, quindi papà deve farlo sembrare bello per gli altri.» Kinn ridacchiò ed io riuscii solo a guardarlo in faccia.

 Ad essere onesti non mi interessava cosa significasse il suo nome o da quale dea derivasse.

«Beh… Kinn suona… anche bello.» Kinn mi lanciò un’occhiata, prima di sporgersi per darmi un bacio sulle labbra ed entrambe le guance.

«Che bocca birichina hai. Mi hai colto di sorpresa, ti sono quasi saltato addosso.» Kinn astutamente disse prima di spostare il suo braccio sul retro del mio collo e tirarmi in un abbraccio.

«Dormi ora, dobbiamo alzarci presto domani.» Raggiunse la lampada dietro di me e la spense.

«Sei tu a parlare.»

«Come mai? Mariti e mogli non dormivano così?»

«Pervertito!»

******************

Il mattino arrivò in fretta, Kinn e io ci tirammo fuori dal letto in uno stato di totale stordimento. Finimmo di fare la doccia e di vestirci prima di scendere a mangiare. Erano già le dieci e Kinn disse che doveva essere al lavoro per le undici. Avrei solo voluto che lo avesse detto prima perché avrei potuto dormire dieci minuti in più.

Scendemmo nella grande sala da pranzo e io non ero esitante come prima. Avevo problemi con la banda di Big, ma sembravano essere stati licenziati, quindi mi sentivo a mio agio. L’unico problema era che Kinn non aveva guardie del corpo di riserva che lo accompagnassero.

Non era troppo preoccupato per Kim e mio fratello, e quattro uomini per Tankhun era già troppo, tanto che, anche se non volevo, dovevo badare a quel cane cornuto finché non avesse ottenuto delle nuove guardie del corpo. 

«Buongiorno, avete dormito bene?» La voce di Tankhun risuonò nella sala da pranzo e una canzone tailandese locale risuonò immediatamente nella mia testa.

«Quale fantasma satanico ti ha posseduto per scendere presto a colazione?» Kinn chiese a Tankhun mentre metteva del cibo nel mio piatto. Normalmente Tankhun non si svegliava presto a causa della sua fitta agenda notturna e se lo faceva, mangiava solo con Kinn. Quanto a Papà, era sempre in anticipo, quindi non lo vedevamo quasi mai mangiare. Probabilmente mio fratello aveva mangiato presto ed era già andato a scuola, quanto a Kim, non sapevo cosa diavolo combinava quel bastardo.

«Chiudi la bocca, bastardo! Sono di buon umore oggi! Dovremmo andare al locale di Jade stasera, Porsche!» Disse il piccolo Khun, strattonandomi aggressivamente il braccio mentre prendevo un po’ del mio cibo dal piatto.

«Per che cosa?» Allontanai la sua mano dal mio braccio e continuai a mangiare.

Da quando Khun Korn mi aveva detto di chiamarlo papà, avevo sciolto alcune formalità con i suoi figli. Specialmente con quel pazzo bastardo lì.

«Ascoltami! Ascoltami! Ascoltami!» urlò Tankhun mentre continuava a tirarmi il braccio. Il maiale che stavo per mettere nel piatto volò via come se avesse le ali.

«Accidenti! Che cazzo c’è!?» Mi voltai verso di lui seccato, ma il bastardo era impassibile e sorrideva persino da un orecchio all’altro.

«Aspettavo che arrivasse questo giorno! Mi sto anche esercitando a cantare ogni giorno per questo momento! Chiama P’Jade e dille che andremo per un’altra fantastica serata!» Il bastardo continuò a fantasticare.

«Allora, qual è l’occasione? Perché improvvisamente vuoi uscire?» Kinn si intromesse, ripulendo il casino che avevo combinato a causa di suo fratello pazzo.

«Beh, oggi io… Hihihihi.» Tankhun si fermò a metà frase e ridacchiò come una fottuta iena. Kinn e io ci scambiammo degli sguardi, e capimmo subito senza nemmeno dire una parola.

«Bene! Bene!» Tankhun abbassò la testa come se stesse per chiedere perdono, ma invece di chiedere scusa, se ne uscì cantando il Malong kongkeng*.

*[N/T: มะล่องก่องแก่ง (Malong Kongkeng) il testo significa ‘Mi scuso per essere una seccatura e un terzo incomodo nella tua relazione. E per averti reso pazzo e confuso. Voglio solo vedere sbocciare il vostro amore ed essere felici.’]

«Lascialo stare.» Kinn disse con un sospiro e mi spinse a continuare a mangiare.

«Mi sono anche esercitato a ballare! Ragazzi, volete vedere?» disse Tankhun e si mise tra Kinn e me. Lo tenemmo per il collo mentre stava per fare la sua sceneggiata.

«Oh Buddha! Risparmiami.» Risposi subito.

«Forza Porsche! Devi!» Disse ostinatamente.

«Continua a infastidirmi e ti schiaffeggio con questo mestolo!» Ero fottutamente affamato e quel pazzo non smetteva di fare il bambino!

«Cavolo Porsche! Sono tuo cognato. Non sei divertente!» Tankhun disse, incrociando le braccia e battendo i piedi per la frustrazione.

«Spegniti.» Risposi e il bastardo sbuffò leggermente.

«Bene! Ti dirò perché ora. Volevo festeggiare perché…»

Grazie, corri verso la porta…

«Tà da!» e agitò la mano per presentare le persone che stavano per arrivare.

«Accidenti, è necessario?» Pol e Arm borbottarono e ci fecero un debole sorriso. Allora smisi di mangiare e uscii per dare loro una pacca sulle spalle e un leggero abbraccio.

«Siamo tornati.» disse Arm con un sorriso, prima di voltarsi verso Kinn e fargli un wai.

«Ci avete messo abbastanza, ragazzi. Stavate iniziando a mancarmi.» dissi sarcasticamente, ma ad essere onesti mi erano davvero mancati entrambi.

«So che ti siamo mancati, Porsche. Che succede amico?» disse Pol con provocazione, allora alzai gli occhi al cielo in risposta.

«Così, è bello vedere anche voi. Ma prima devo prendere in prestito Arm. Posso Khun?» Kinn disse a Tankhun.

«Bene. Ma non stasera. Dobbiamo comunque festeggiare per primi!» disse Tankhun con voce brillante. Arm e Pol erano troppo preoccupati per il blaterare di Tankhun, ma i miei occhi cercavano qualcun altro.

«A proposito, dov’è Pete?» spezzai l’atmosfera, mentre i miei occhi si soffermano cercando di trovare Pete.

Arm e Pol mi lanciarono uno sguardo confuso e rimasero in silenzio per un po’ prima di rispondermi gradualmente.

«Pete? Pensavo fosse qui?» Arm mormorò, aggrottando le sopracciglia.

 Nella stanza calò il silenzio, ma sentivo che qualcosa non andava.

«Pete non è tornato a casa con voi ragazzi?» Kinn posò il cucchiaio, il suo viso era illeggibile e si voltò immediatamente a guardare i due.

«Pensavo che fosse rimasto qui a lavorare per te.» disse Pol confuso.

Kinn si alzò improvvisamente dalla sedia e si voltò a guardare Tankhun,

«Non avevi detto che erano andati a casa!?»

«Sì! Arm, Pol e Jet. Ma pensavo che Pete fosse rimasto con te.» esclamò Tankhun e indicò il viso di Kinn.

«No, non è rimasto! Ecco perché te l’ho chiesto quel giorno!» Kinn si allarmò quando la tensione cominciò a salire.

«Ma mi avevi detto che avresti preso in prestito Pete per spiare qualcuno, quindi l’ho lasciato stare con te!» Tankhun rispose di scatto e ognuno di noi impallidì.

«Che cosa hai appena detto?» dissi con urgenza.

«C…co… io non… pensavo che fosse già a casa.» Kinn si alzò timidamente di fronte a Khun con un’espressione molto tesa.

«Ho la sensazione che lo hai mandato a spiare Vegas, ecco perché non l’ho visto ultimamente. Sei davvero fuori di testa Kinn!? Sono già passate settimane!» disse Tankhun terrorizzato.

«Pensavo che fosse stato mandato a casa insieme agli altri…» Kinn si rivolse ad Arm e Pol: «Perché non me l’avete detto!?»

«Hai detto che non dovevamo interrompere con ciò che stavi pianificando, e abbiamo pensato che fossi aggiornato su dove si trovasse Pete, quindi…» borbottò Pol.

«E… ehi… non dirmi che… Pete…» Arm disse in stato di shock.

«Che cazzo è questo eh, Kinn!? Rispondetemi!» Mi voltai per afferrare il braccio di Kinn, mentre il bastardo si strofinava la faccia per la frustrazione.

«Quindi, da quel giorno che l’ho mandato a seguire Vegas, non è ancora tornato… non è vero?» Kinn chiese piuttosto stressato.

«Che cosa!? Gli hai ordinato di seguire Vegas?» Ripetei, sperando che dicesse qualcosa per alleviare i miei sensi. Ma sapevo che il mio istinto non mi aveva mai deluso.

«L’ho fatto. Gli ho ordinato di intrufolarsi nella casa di Vegas per ottenere alcune prove di corruzione.» Kinn si strinse forte le tempie.

Feci un respiro profondo per calmarmi e seguire gli eventi. 

«Da quando…»

«Due settimane fa…»

«CHE COSA!? Di tutte le persone! Perché doveva essere Pete!? Perché non me l’hai detto!?» Mi avvicinai e gli diedi una spallata. «Cazzo, non dirmi che l’hai lasciato andare da solo?»

«Mi…mi dispiace. Ho frainteso. Pensavo fosse già tornato, ecco perché…»

«Tu fottuto bastardo! L’hai lasciato andare da solo, e l’hai anche lasciato fuori con noncuranza! A questo punto, è già stato catturato o peggio! Cazzo!» Non ebbi la possibilità di finire la frase, quando capirono cosa stavo per dire.

«No… No, no… No! No! No!» urlò Tankhun e corse verso la porta del giardino. Arm e Pol lo seguirono immediatamente, perché non sapevano cosa avrebbe potuto fare Khun a causa dello shock.

«Cazzo, Kinn! Quello è il mio amico, lo hai mandato lì senza preoccupartene! Come pensi che potrà tornare a casa adesso?» Urlai in faccia a Kinn. Il bastardo affondò sulla sedia, massaggiandosi le tempie mentre le vene si gonfiavano a causa dello stress.

«Mi dispiace, non avrei dovuto fraintendere che fosse già andato a casa. Ma se è nei guai, perché non mi ha chiamato?»

«Sei fottutamente stupido? Pensi che gli lasceranno usare il telefono se è già stato catturato!? Cazzo, Kinn, come hai potuto dimenticarlo!» Continuai.

La mia mente era in completo disordine mentre mi afferrai ciocche di capelli. Avevo già visto come la famiglia principale trattava gli intrusi e i traditori, e non era affatto uno spettacolo divertente. Cosa poteva fare la seconda famiglia? Non sapevo bene come la seconda famiglia affrontasse quel tipo di questioni, ma il mio istinto urlava e mi stava uccidendo.

«Signor Kinn, per favore aiutatemi!» La voce di Arm provenì dalla veranda e uscimmo subito a vedere.

«Fanculo! Lasciami andare! Pete! Vado a cercare Pete!» urlò Tankhun, mentre Pol e Arm si sforzavano di fermarlo.

«Khun, per favore calmati. Pete potrebbe essere davvero a casa, o è semplicemente uscito a fare una passeggiata, ecco perché non l’abbiamo visto. Quindi, per favore, calmati.» disse Pol a Khun, facendo del suo meglio per calmare il bastardo, ma Tankhun rimase impassibile.

«Smettila e calmati!» Kinn uscì per afferrare il braccio di Tankhun.

Cercai di reprimere la mia rabbia, ma ogni volta che il mio sguardo si posava su Kinn, potevo sentire il mio sangue ribollire.

«Vado da Vegas.» Dissi severamente e andaii in garage.

«Hey! Porsche!» Kinn lasciò andare il braccio di Tankhun e si voltò per afferrare il mio.

«Non vai da nessuna parte.»

«Vado invece! Probabilmente non hanno ancora fatto nulla a Pete.»

«Pete!!! Non morire!!! Pete!!!» La voce di Tankhun continuava ad interferire.

«No. Proveremo a contattarlo o a chiamare.» Kinn insisteva.

«Esatto, Porsche. Per favore calmati. Faremo del nostro meglio. Forse è stato solo un malinteso.» Arm disse con riluttanza.

«Non è bastato questo come malinteso? Ti sei dimenticato di lui, Kinn! Ti sei dimenticato di Pete!» dissi ad Arm e mi voltai per continuare a rimproverare Kinn.

«Porsche, calmati. Me ne occuperò io stesso.» Kinn si allungò per afferrarmi il braccio, ma io lo scacciai via.

«Occupartene da solo? Come hai fatto finora? Eh!?» Scattai verso Kinn e lui rimase senza parole.

«Pete… ti ammazzo Vegas! Ti ucciderò!» Disse ripetutamente Tankhun mentre i suoi occhi si gonfiavano per il pianto.

«Aspettate, P’Chan sta chiamando.» Arm si allontanò per rispondere alla chiamata. Cercai di calmarmi, ma la reazione di Arm alla chiamata non fu di alcun aiuto.

«CHE COSA!?» il suo grido ci fece voltare tutti a guardarlo.

«Che diavolo sta succedendo, Arm!?» gridai di rimando.

«L… loro… hanno trovato un cadavere bruciato in una borsa con sopra lo stemma della famiglia principale.» Arm disse con voce tremante.

Rimasi a bocca aperta, non sapevo cosa dire e come reagire.

«P’Chan ha detto che il corpo era già stato portato all’obitorio dell’ospedale…» Arm si fermò e deglutì: «E ha detto che dovremmo almeno dare un’occhiata solo per essere sicuri…» Aggiunse con voce tremante.

Tutti rimasero congelati. Nessuno di noi riuscì a pronunciare nemmeno una parola dopo quello che aveva detto Arm. Stavo per afferrare il colletto di Arm, ma la reazione di Tankhun mi portò fuori dalla mia trance. Cadde in ginocchio, mentre la sua coscienza si allontanava dal suo corpo.

«Khun! Khun!» Pol chiamò Tankhun, mentre faceva del suo meglio per tirare su il figlio maggiore.

«Q… Questo… non può essere vero…» mormorò Tankhun, con le lacrime che gli scendevano lungo entrambe le guance.

«Porta Khun nella sua stanza Pol. E Arm, vieni con me.» Kinn andò ad aiutare Tankhun ad alzarsi, ma quest’ultimo scosse la testa in risposta.

«Verrò con te. Vengo a trovare Pete.» Riuscì a dire Tankhun, ma le sue ginocchia erano troppo deboli anche per alzarsi in piedi.

«Ancora non sappiamo se è davvero Pete o no. Vai a riposare prima Khun. Me ne occuperò io stesso.» disse piano Kinn, asciugando le lacrime di suo fratello.

«No per favore! Portami con te Kinn.» Khun insistette. Kinn all’inizio era titubante, ma alla fine ordinò ad Arm e Pol di aiutare Khun e portarlo fino alla macchina.

«Andiamo, Porsche.» Kinn si avvicinò per raggiungere il mio braccio, ma io alzai in fretta le mani per evitarlo.

Non volevo che stesse vicino a me, non volevo neanche essere toccato da lui. Ero ancora indeciso se dovevo perdonarlo o maledirlo per quello che aveva ordinato a Pete di fare. Le mie emozioni erano completamente incasinate mentre cercavo di valutare tutto.

Ci dirigemmo verso il furgone e poi verso l’ospedale. L’intero viaggio fu in completo silenzio, si udirono solo il respiro pesante e i singhiozzi di Tankhun. Sapevo che anche Kinn era stato devastato dalla notizia, ma non avevo potuto fare a meno di arrabbiarmi con lui per quello che aveva fatto. Cercò di incontrare il mio sguardo, ma mi rifiutai di prestargli attenzione.

Raggiungemmo l’ospedale e tutti andarono direttamente nella stanza della scientifica. Arm e Pol presero entrambi il braccio di Tankhun e lo guidarono verso la nostra direzione. Quando raggiungemmo la stanza, venimmo immediatamente accolti dalla polizia assegnata e dal medico legale.

«Salve signore.» Kinn stava per salutare l’ispettore, ma quando vide Kinn, il suo volto si illuminò nel riconoscerlo.

«Oh, signor Kinn, cosa la porta qui? È il solito caso?» Il poliziotto disse casualmente, come se questa scena fosse un evento normale.

«Pete… è davvero Pete?» Tankhun non potè fare a meno di agitarsi e l’ispettore aggrottò immediatamente le sopracciglia.

«Pete?» L’ispettore si fermò un attimo prima di rendersi conto della situazione.

«Hey! È quello Pete? Cosa è successo?» disse in soggezione. Non sorprendeva che conoscesse già il nome di Pete, perché anche lui conosceva la famiglia principale da molto tempo.

«Pete… è scomparso da giorni ormai.»

Kinn borbottò e il poliziotto impallidì immediatamente. Quest’ultimo rivolse la sua attenzione al medico legale, che era impegnato a sistemare alcuni documenti, prima di rivolgere lo sguardo al cadavere.

«È rimasto qualcosa per identificare il cadavere?» chiese ansiosamente Kinn.

«Le ustioni sono molto profonde, figliolo. Quindi, la pelle è completamente squagliata, e se si vuole un test del DNA può volerci un po’ di tempo prima che i risultati escano. Ma abbiamo già un primo referto dell’autopsia, e dice che c’è la possibilità di strangolamento a causa dei frammenti di corda sciolti intorno al suo collo.»

Ci guardammo tutti, prima di rivolgere la nostra attenzione al poliziotto.

«Nient’altro? Quanti anni aveva? E qual è il sesso? Qualsiasi cosa a parte questo.» Kinn chiese incuriosito.

«Si crede che sia un uomo tra i venti ei trent’anni. Alto circa centottanta centimetri. E ha un anello al dito medio sinistro…»

«No, no. Non può essere.» Tankhun mormorò improvvisamente.

Cercai di ricordare il solito abbigliamento di Pete e le mie ginocchia quasi crollarono quando capii cosa voleva dire Tankhun.

«No. Pete!»

Incapaci di controllare le proprie emozioni, Arm e Pol scoppiarono in lacrime e si diressero verso il cadavere bruciato. Entrambi si inginocchiarono su un fianco e abbassarono la testa con le lacrime che scorrevano su entrambe le guance.

«Mi dispiace… mi dispiace se non mi son ricordato di te Pete. Eravamo troppo occupati a causa di Big e io… mi dispiace davvero…» Arm mormorò tra i singhiozzi.

«Questo non può essere vero, Pete.» Pol si allungò per abbracciare Arm.

«Pete…» Tankhun si avvicinò al tavolo e si allungò al suo fianco per chiedere supporto. Ma alla fine cadde in ginocchio e iniziò a piangere.

Quella era stata la prima volta che avevo visto piangere Tankhun. Era sempre allegro, testardo e incurante di quello che stava facendo, ma non l’avevo mai visto così devastato, come se la sua luce fosse stata spenta con forza.

Tutti piangevano ed eccomi qui, che annegavo nei miei pensieri. Era così pesante che non riuscivo nemmeno a respirare correttamente. Le emozioni familiari che avevo provato quando i miei genitori erano morti aleggiavano su di me e potevo sentire la mia forza lasciare il mio corpo. L’unica cosa che mi sosteneva in quel momento era il muro accanto a me.

Kinn, d’altra parte, stava fissando lo spazio con aria assente, contemplando le cazzate che aveva fatto con noncuranza.

«Non siamo ancora sicuri al 100% che si tratti davvero di Pete. Coraggio, figlio mio.» L’ispettore disse, accucciandosi sul fianco di Tankhun mentre gli accarezza la schiena.

«N… no… ne sono sicuro… sono sicuro che questo sia Pete. Anche lui portava un anello allo stesso dito…» Tankhun disse tra i singhiozzi «C’è… un tatuaggio sul petto sinistro dottore?» aggiunse quest’ultimo.

«Come ho detto, non è servito a niente perché è stato bruciato vivo. E se ci fosse davvero un tatuaggio, non saremo in grado di dirlo.»

«Pete ha tatuaggi?» chiese Kinn, facendo del suo meglio per calmare la voce.

«Io… sono stato io a costringerlo a farsi un tatuaggio. Ho anche realizzato il design da solo, perché quando ho visto che Porsche ne aveva uno, ho pensato che fosse davvero fantastico. Nessuno era disposto a farlo, ma Pete…» Tankhun abbassò la testa sul tavolo in modo instabile. «Pete si è fatto tatuare ed ero così felice perché pensavo che sarebbe rimasto con noi per sempre…»Poi cedette di nuovo alle sue emozioni.

«Khun… calmati.» Arm disse con difficoltà.

«Avrò ancora bisogno di raccogliere alcuni campioni di DNA dai suoi denti e dalle sue ossa. Potrebbe volerci un po’ di tempo, e c’è ancora la possibilità che questo non sia il tuo ragazzo.» Il dottore disse con calma.

«Ma se è così, non voglio comunque lasciare qui mio fratello, dottore. Posso almeno portarlo a casa dopo che avrà raccolto i campioni? Voglio che abbia una degna sepoltura… Potremmo non essere imparentati con il sangue… ma è come se fosse mio fratello.» disse Tankhun, accarezzando delicatamente il telo sopra il cadavere.

Quella scena di ‘Khun’ mi fece soffrire più di prima. Mi sentivo a disagio, inquieto e ansioso. Mi spaventava ogni volta che qualcuno vicino a me era nei guai e ci fosse la possibilità che mi lasciasse. Riapriva le cicatrici del passato che avevo cercato di guarire e mi faceva venir voglia di seppellirle con me.

«Fanculo! Fanculo! Fanculo!!!» Imprecai ad alta voce, battendo il pugno contro il muro, prima di dirigermi verso Arm e gli presi le chiavi della macchina. Mi allontanai a passo spedito da loro verso il parcheggio e stavo per trovare la macchina, quando Kinn mi afferrò per un braccio.

«Porsche… Porsche! Dove diavolo stai andando?» Kinn gridò, ma ero troppo arrabbiato per preoccuparmi di quello che stava cercando di dire.

Scacciai via le sue mani e andai veloce verso la macchina. Ero furioso perché l’unica cosa a cui riuscivo a pensare era come avrei potuto uccidere tutti quelli della seconda famiglia. Pete e io ci eravamo conosciuti da poco’, ma per me era già come uno di famiglia.

Aprii la portiera e stavo per saltare dentro, ma Kinn mi afferrò per la vita e mi bloccò sul lato della macchina.

«Porsche per favore! Calmati! Cosa hai intenzione di fare?!» gridò Kinn, abbracciandomi da dietro.

«Lasciami Kinn! Li ammazzo! Li ucciderò tutti, cazzo!» dissi con tono avventato.

Ero già consumato dalla mia rabbia. Era mio amico e persino un fratello che mi aiutava ogni volta che ne avevo bisogno. Pete non era altro che buono con me. Era sempre lì, accanto a me ogni volta che avevo problemi con Kinn, e anche quando avevo problemi con mio fratello… era sempre a una sigaretta di distanza.

Quindi, non puoi biasimarmi Kinn… vendicherò sicuramente Pete.

«Porsche per favore! Calmati! Smettila di essere avventato!» Kinn riuscì ad afferrarmi l’altro braccio e premette il suo peso contro la portiera della macchina per bloccarmi.

«Avventato? Chi diavolo è stato che ha mandato Pete da solo, eh? Lasciami andare Kinn! Vendicherò Pete! Cazzo, vendicherò Pete!» Imprecai senza nemmeno preoccuparmi di chi ci poteva vedere. Era un parcheggio VIP, ma non me ne fregava niente di chi sentiva che cazzo stavo dicendo.

«Prima calmati, Porsche, so che sei arrabbiato, lo sono anche io! Ma se entri lì senza alcun piano preparato, subirai sicuramente la stessa sorte!» Kinn gettò tutto il suo peso su di me. Provai a lottare con lui un paio di volte, ma il mio dolore era così prepotente che venni facilmente spazzato via.

«Lui era il mio amico Kinn…» singhiozzai. «Cos’altro vuoi che faccia?» La mia voce si incrinò, mentre il mio corpo iniziò a tremare.

Ogni volta che l’immagine della stanza della scientifica mi balenava in mente, avevo la sensazione che mi si stesse rivoltando lo stomaco e la mia vista si offuscava, come se fossi tornato nello stesso momento in cui i miei genitori erano morti.

«Porsche, lo prometto. Mi occuperò io di tutto. Farò tutto ciò che è in mio potere per vendicare Pete. Ma per ora, ti prego di ascoltarmi. Per favore…» Kinn usò un tono dolce per calmarmi, ma io non mi stavo calmando affatto.

«Per prima cosa perché cazzo l’hai mandato da solo, Kinn!?» Sussultai di rabbia.

«Lo so e mi pento profondamente del mio errore, Porsche. Anche per me era un fratello, ma non possiamo tornare indietro e sistemare tutto adesso.» Kinn disse, l’agonia era nei suoi occhi. Anche lui era davvero ferito, e probabilmente si stava incolpando per quello che aveva fatto, ma stava solo facendo del suo meglio per non mostrare alcuna debolezza di fronte a me.

«Allora dimmi Kinn… cosa diavolo vuoi da Vegas? Non hai mai risposto a nessuna delle mie domande. Quella cosa di Big, ci giri sempre intorno. Mi hai solo parlato dei documenti rubati, ma non hai mai risposto veramente a quello che stavo chiedendo. E ora questa merda su Vegas…» Mi fermai per respirare a fondo. «Cosa sta succedendo davvero tra le vostre famiglie, eh? Perché cazzo dovevi mandare Pete!? E quale diavolo è la ragione di tutto questo?»

Non volevo chiederglielo prima, perché aspettavo che me lo dicesse lui stesso. E inoltre, quella volta era solo un po’ di un dramma che poteva essere facilmente spazzato via. Ma questa volta era diverso, qualcuno era già morto. Ed era Pete!

«Te ne parlerò, Porsche. È solo che… non credo che questo sia il momento giusto.»

«Allora quando è il momento giusto, Kinn? Quando un altro dei tuoi uomini morirà di nuovo? Chi sarà la prossima volta eh? Arm? Pol? Mio fratello? Stiamo a casa tua da mesi ormai! Io, almeno merito di saperlo!» insistetti.

«Porsche… per favore… calmati. Mi occuperò di tutto. Puoi ascoltarmi per ora?» Kinn mi lanciò un’occhiata sconvolta, prima di fare un respiro profondo e chiudere gli occhi.

«Allora dimmi! Che motivo hai per non uccidere tutti nella seconda famiglia!?»

«Tutto deve essere fatto gradualmente. È la seconda famiglia, sono così vicini che riusciranno a rilevare anche il più piccolo movimento. E anche se ci hanno sabotato, mio ​​padre e io volevamo mantenere la cosa il più discreta possibile. Non vogliamo che altre famiglie rivali sappiano che abbiamo problemi interni. Perché se ciò accadesse, l’azienda cadrà sicuramente e nessuno di voi, Kim e nemmeno Ché saranno al sicuro in questa casa.» Kinn disse dettagliatamente, e questo mi fece calmare un po’.

«Te lo prometto Porsche. Ti dirò tutto quello che vuoi sapere. Ma per ora, ti chiedo solo una cosa… Per favore, fidati di me.» Kinn mi disse, e potevo sentire il mio corpo tremare.

«Ma Pete… Pete è morto…» Nascosi il viso contro le spalle larghe di Kinn e lasciai uscire tutto. Non potevo più trattenermi. Lasciai solo che le mie lacrime cadessero sulla maglietta di Kinn. Il test del DNA avrebbe potuto richiedere un po’ di tempo, ma ogni prova puntava drasticamente su Pete.

«Te lo prometto. Mi prenderò cura di loro.» Kinn mi abbracciò forte ma in quel momento, nemmeno il calore del mio amato avrebbe potuto riempire il vuoto nel mio cuore. Non potevo sopportare tutto quello che stava succedendo e se era un incubo speravo solo di svegliarmi.  

Tornammo a casa e l’atmosfera in macchina era più leggera di prima. Il corpo di Pete era stato lasciato ancora al laboratorio della scientifica e il giorno seguente saremmo andati a prenderlo per la cerimonia. Raggiungemmo la casa e tutti tacquero.

«Hey…» Kim salutò, appoggiandosi al bordo della porta mentre camminava avanti e indietro nella nostra direzione. Chè lo seguiva, singhiozzando.

«Era davvero Pete?» mi chiese Porsché, e potei solo mordermi il labbro in risposta.

«Ehi… stai bene?» chiese Kim a Kinn, ma quest’ultimo camminò dritto, facendo salire tutti nella sua stanza senza dire una sola parola.

«P’Pete…» ripeté Ché sottovoce.

Tutte le guardie del corpo della casa erano in lutto e completamente costernate quando ci videro tornare dall’ospedale con gli occhi rossi pieni di lacrime.

Nessuno osò dire una parola, mentre il silenzio aleggiava in tutta la casa. Andai nella stanza di Kinn, ma era come se fossi un fantasma, perché non si era nemmeno preso la briga di parlarmi. Volevo essere il più calmo possibile, ma quell’atmosfera pesante era in agguato intorno a Kinn e non stavo aiutando. Avevo pietà di lui, ma allo stesso tempo volevo fargli capire cosa aveva fatto.

Pete era la persona più gentile e leale che avessi mai incontrato, ma non era una ragione sufficiente per quel bastardo per approfittarne e mandarlo via. Se non potevo fare nulla a Kinn, avrei lasciato che il karma facesse il suo lavoro.

Presi le chiavi della macchina, il portafoglio e stavo per uscire, ma Kinn mi afferrò immediatamente il braccio per fermarmi.

«Dove stai andando, Porsche?» Kinn chiese cupamente.

«Esco un po’ e non preoccuparti. Non andrò lontano.» dissi monotono. Volevo stare da solo per rinfrescarmi le idee perché se continuavo a vedere Kinn, pensavo solo a quello che aveva fatto. Non stavo cercando di scappare di casa, volevo solo un po’ di spazio.

«No Porsche per favore…» Kinn si avvicinò e mi strinse forte in un abbraccio. «So che non vuoi vedere la mia faccia… ma non è sicuro andare da solo in questo tipo di situazione e…» Kinn fece un respiro profondo e appoggiò la testa sulle mie spalle: «Sei tu… ne ho più bisogno in momenti come questo…»

L’avevo incolpato per la morte di Pete, ma non potevo fare a meno di simpatizzare con lui perché sapevo che non voleva lasciare morire Pete.

«Okay, non andrò come hai detto… ma posso stare da solo per un po’, Kinn?» staccai il braccio dalla testa di Kinn e rimisi a posto le chiavi e il portafoglio.

«Finché sei dentro casa e sotto i miei occhi… per me è abbastanza.»

«Allora, puoi darmi spazio? Ho solo… bisogno di un po’ di tempo per accettare tutto.» chiesi e Kinn annuì immediatamente.

Accettò ma lo sguardo nei suoi occhi diceva il contrario, come se fosse un cucciolo gettato via. Mi diede un’ultima occhiata, prima di uscire dalla stanza. Mi sdraiai sul divano e presi un respiro lento e profondo. Provai a chiudere gli occhi e mi lasciai travolgere dalla stanchezza… ma tutto ciò a cui riuscivo a pensare era Pete. Era mio collega, mio ​​amico e mio fratello e per il poco tempo che avevamo passato insieme, eravamo già legati come se fosse un’amicizia di anni.

Sei una brava persona Pete, e non auguro altro che prosperità e ricchezza nella tua prossima vita, amico mio, e se mai dovessi incontrare lo stesso percorso, mi assicurerò di venire a salvarti.

Stavo per addormentarmi quando sentii bussare alla porta.

«Domani alle sei del mattino andremo a prendere il corpo di Pete e lo porteremo al tempio. Vorresti venire con noi?» Era Arm.

«Lo farò.» risposi brevemente.

«Va bene, vediamoci davanti al portico anteriore.» Arm disse con un debole sorriso.

«L’hai già detto ai suoi nonni?»

«No. Khun Kinn ha suggerito che è meglio farli venire qui a vedere, piuttosto che dirlo tramite telefono. Ha paura che non riescano ad accettarlo…» Arm disse imbronciato.

«Allora, come potranno venire qui? Verranno da soli?»

«Abbiamo inviato delle persone a Chumphon per accompagnarli e assisterli a Bangkok. Se vuoi un aggiornamento più dettagliato, potresti chiedere a Khun Kinn.»

Rimasi in silenzio e non risposi al suggerimento di Arm. Ero ancora arrabbiato per quello che avevo fatto Kinn, e ancora non riuscivo a vedere la sua faccia. Probabilmente Arm colse il segnale e non insistette troppo.

«Porsche… so che non vuoi vedere Khun Kinn in questo momento… ma puoi per favore lasciarlo tornare nella sua stanza e dormire un po’?» Arm disse cautamente.

Lo so. E provo compassione anche per lui, ma…

«Ancora non posso… mi dispiace.» dissi.

«Per favore Porsche… ha già provato a bussare alla stanza di Khun Tankhun, ma è stato cacciato via immediatamente. E Khun Kim stava consolando Ché, quindi non ha fatto entrare neanche lui…» Arm supplicò.

Non potevo biasimare se la gente lo aveva cacciato per quello che aveva fatto. Non era stato così facile dimenticare quello che era successo e Pete non era qualcuno da dimenticare subito.

«Lascialo stare…» Ero solidale con Kinn, ma doveva imparare la lezione. Arm si limitò ad annuire in risposta e mi permise di tornare nella stanza di Kinn.

Mi spogliai e andai subito a letto. Provai a chiudere gli occhi, ma continuai a girarmi e rigirarmi. Il letto era morbido e pulito, ma anche ampio… e vuoto.

Ero spaventato. La sensazione familiare che avevo provato quando entrambi i miei genitori erano morti si stava ripetendo nella mia testa senza sosta. Perché dovevo sentirlo di nuovo? Non mi ero ancora ripreso bene dalla perdita dei miei genitori, ed eccomi qui a piangere di nuovo per la perdita di qualcuno. L’amaro passato continuava a perseguitarmi, e come se i miei piedi fossero incollati al suolo, non riuscivo a scappare.

Ero rimasto sveglio tutto il tempo e quando avevo guardato fuori dalla finestra, era già mattina. Mi alzai dal letto, poi indossai una camicia nera e dei pantaloni prima di scendere per incontrare tutti. Anche Kinn era vestito di nero. Non sapevo dove diavolo fosse finito, si era fatto la doccia ma quando ero sceso era già lì.

Le cameriere avevano preparato la colazione, ma io non avevo fame, anche se non mangiavo niente da ieri pomeriggio. Kim cercò di convincere Ché a mangiare, ma anche lui non aveva fame. Poi ci dirigemmo verso il furgone e vedemmo che Tankhun era già lì: gli occhi erano gonfi e rossi perché probabilmente aveva pianto tutta la notte. Era caduto in completa depressione e Pol aveva ancora bisogno di sostenere il braccio di quest’ultimo per poterlo fare camminare.

Raggiungemmo l’ospedale e quando stavamo per prendere il corpo di Pete dell’obitorio, l’ispettore di ieri ci salutò sconvolto.

«Questo era l’anello indossato dal defunto e ha lo stemma della famiglia principale. E abbiamo anche trovato un biglietto da visita. È stato bruciato ma il nome era ancora leggibile e c’è scritto… Phongsakorn Saengtham, il nome di Pete…»

Se c’era la più piccola speranza a cui mi stavo aggrappando, anche se era stato già uno shock e stavamo gradualmente accettando il fatto che Pete fosse già morto… mi addolorava ancora. Mostrava solo che Pete se n’era già andato e non sarebbe più tornato. La polizia era convinta solo al settanta per cento, ma Tankhun insistette che fosse abbastanza.

Voleva solo dare a Pete una degna sepoltura e una veglia funebre tradizionale. Tankhun voleva che passassero cento giorni, ma le vecchie guardie del corpo si rifiutarono perché era morto in modo innaturale. Per la tradizione bisognava che l’anima fosse lasciata andare in pace era diversa, e Tankhun accettò di accorciarla a sette giorni.

Camminammo tutto il giorno nel padiglione e Tankhun si occupò di tutto. Scelta del feretro, sistemazione del luogo e persino degli addobbi floreali. Lo accompagnavamo ovunque andasse, cercando di confortarlo ogni volta che aveva una crisi.

«Ho mandato qualcuno a indagare sul complesso della seconda famiglia e ho fatto controllare la telecamera di sorveglianza dell’autostrada. Hanno visto l’auto di Pete allontanarsi dalla casa principale ma dopo… niente di più.» Kinn venne a dirmelo, con gli occhi pieni di sgomento.

«Quindi era quello? Non puoi fare di più al riguardo?»

Tutti avevano già accettato la sorte di Pete, ma io, almeno, credevo che fosse ancora vivo.

«È un po’ difficile ottenere prove contro la seconda famiglia perché anche loro hanno stretti legami con la polizia, ma farò del mio meglio.» Kinn disse con determinazione.

«Non farò niente. Potrebbe sembrare senza speranza, ma finché i risultati del DNA non indicheranno il cento per cento, continuerò a sperare.» Aggiunse con fermezza.

Quella improvvisa determinazione che arrivò da Kinn, diede anche a me un barlume di speranza. Sapevo che poteva essere ancora vivo, lo sentivo nelle viscere. 

Faremo qualsiasi cosa per Pete.

«I nonni di Pete sono arrivati, Khun.» Anon si avvicinò all’improvviso per dirlo a Kinn. Quest’ultimo prese poi un respiro profondo prima di uscire dal padiglione.

Nel momento in cui i nonni di Pete videro il suo nome attaccato sulla veranda del padiglione, quasi svennero entrambi per lo shock. Tankhun si avvicinò immediatamente per sostenerli, anche se lui stesso non riusciva a sopportare il dolore. Non potevo sopportare la vista di loro in lutto, così voltai loro le spalle e mi morsi il labbro per sopprimere le mie emozioni.

«Ciao…» Ché vide che non stavo bene, si voltò per stringere la mano che tenne stretta.

Khun, Kim e Kinn accompagnarono i nonni di Pete nel padiglione. Il gesto mi fece capire che Pete non era solo una normale guardia del corpo della famiglia principale. Erano così vicini che se non sapevo di chi fossero i nonni, avrei detto erroneamente che erano di Kinn.

La prima notte del funerale arrivò, così come Khun Korn e P’Chan, gli ospiti si riunirono fino a quando il padiglione non era gremito. Alcuni volti erano familiari, altri no. Probabilmente erano i soci in affari della famiglia principale. Tankhun provò a parlare con loro ma era ancora fuori di testa, quindi aveva speso poco tempo con loro. Ci alternammo nell’assistere gli ospiti, fino al momento di andare.

Stanotte, Pol e Anon sarebbero rimasti nel padiglione per vegliare Pete, e il resto di noi sarebbe andato a casa. Kinn preso le chiavi della macchina e prese l’iniziativa di accompagnarci a casa. Di tanto in tanto cercava di parlarmi, ma ogni volta gli davo solo risposte brevi. Aveva anche aperto l’argomento su come avevano un’attività satellitare nella città natale di Pete, ma ogni volta che l’immagine di lui con i nonni di Pete mi veniva in mente, non potevo fare a meno di arrabbiarmi di più con lui.

Raggiungemmo la casa principale e subito andammo entrambi nella sua stanza. Lo lasciai dormire nella sua stanza perché probabilmente aveva avuto una giornata difficile. Io, invece, dormii sul suo divano.

Arrivò il mattino e tutti scesero a mangiare ma non avevo affatto fame. Erano passati tre giorni dal funerale e ancora non potevo trattare Kinn allo stesso modo. Aveva sempre cercato di intavolare una conversazione, ma io me ne chiamavo fuori. I suoi amici, insieme ai miei, avevano visitato la veglia funebre di Pete e anche loro non potevano credere a quello che era successo.

«Khun, vieni prima e mangia.» Andai verso Tankhun, ma quest’ultimo era turbato.

«Puoi andare avanti, non ho fame.» Disse a bassa voce. Stavo per afferrarlo ma fui fermato dalla voce dietro di me.

«Le mie condoglianze.» Era P’Top. Il dottore per cui Tankhun aveva una cotta. «Presterò solo rispetto al defunto.» Il dottore mi disse, ma il suo sguardo mi sorpassò e si diresse a Tankhun.

«Uh… Da questa parte dottore.» Guidai il dottor Top e diedi a Tankhun un leggero colpetto sulle spalle. Khun poi alzò la testa per salutare il dottore, ma l’abbassò subito.

«Le mie condoglianze.» disse il dottor Top a Tankhun, ma quest’ultimo rimase in silenzio.

«Khun, vai a sederti con il dottor Top sul divano. Avanti.» Gli tirai delicatamente l’orlo della camicia, ma Tankhun era incollato a terra.

«Va tutto bene. Lo prendo io.» disse il dottor Top.

«Può parlare anche con lui, dottore? Non mangia da giorni ormai. Forse se gli parli, alla fine lo farà.» dissi, e il dottor Top si limitò ad annuire.

«Ci proverò.»

«Ehi scusa. Vegas ed io eravamo troppo occupati, quindi siamo arrivati ​​tardi.» Sentii una voce sconosciuta, ma riconobbi subito quello che parlava, era Khun Kan, il capo della seconda famiglia.

«Va tutto bene.» disse Khun Korn con una pausa. Era un po’ sbalordito che la seconda famiglia fosse arrivata, come se niente fosse.

«E chi è questo?» chiese Khun Kan.

«Pete, la stretta guardia del corpo di Tankhun.» Khun Korn rispose a bassa voce.

«Hmm. Devo dire che questo è troppo grande per una guardia del corpo morta. Dev’essere davvero importante per tuo figlio.»

Strinsi il pugno a quello che aveva detto Khun Kan, mentre cercavo di sopprimere le mie emozioni.

Come diavolo possono fingere che non sia successo niente?

«Buon giorno!» La voce di Macau risuonò, con suo fratello maggiore, Vegas, che lo seguiva. Entrambi aspettarono Khun Korn e quest’ultimo rispose.

Vegas quindi strizzò gli occhi sulla posizione della bara e diede una buona occhiata al viso del cadavere. Guardai il suo viso profondamente mentre pronunciava il nome di Pete. Si morse il labbro e, con mia sorpresa, all’improvviso ridacchiò discretamente.

Questo è troppo!

Mi lanciai nella direzione di Vegas, gli afferrai il colletto e gli diedi un pugno sulla guancia. Quest’ultimo cadde a terra con un labbro rotto e il naso sanguinante.

«Fermata Porsche!» Kinn mi chiamò, allontanando immediatamente entrambe le mie braccia da Vegas.

«Come mai? Perché deve essere lui? Perché deve essere Pete?» urlai inconsapevolmente. Non mi importava cosa avrebbero potuto dire gli ospiti del mio gesto. Non sapevano cosa avesse fatto quel bastardo a Pete, ma non me ne fregava un cazzo!

«Vegas pezzo di merda!» Tankhun emerse improvvisamente da un lato con in mano una scodella di zuppa. Camminò verso la direzione di Vegas e stava per rovesciare tutto sulla testa di quest’ultimo, ma Vegas riuscì a schivare, e invece gli schizzò sulle spalle.

«P’Khun! Che diavolo!?» Vegas guaì, mentre guardava il suo vestito inzupparsi del fluido appiccicoso che avrebbe dovuto essere servito agli ospiti.

«Uh Oh.» Kim si coprì la bocca e trascinò immediatamente il fratello maggiore lontano da Vegas. 

Kinn poi si voltò per tirarmi via e fissò Kim. «Perché non l’hai fermato?» Scattò.

«É stato troppo veloce, quindi non l’ho preso in tempo.» Kim spiegò.

«P’Vegas!» Macau corse a controllare suo fratello e raccolse dei fazzoletti: «Cosa diavolo gli hai fatto?» e fissò Tankhun.

Tankhun stava per imprecare a sua volta, ma Kim tappò la bocca di Khun prima che quest’ultimo potesse anche solo parlare.

«Sei davvero pazzo P’Khun!» Macau si rivolse a Tankhun.

«Chiudi la bocca Macau!» gridò di rimando Kim.

«Allora impara a controllare tuo fratello Kim. Così non andrà in giro a mordere la gente come un cane rabbioso!» disse Macau in tono pratico, e Tankhun impazzì. Spinse via Kim e si lanciò verso Macau. Fortunatamente il dottor Top era lì e afferrò Khun per portarlo via da Macau.

«Ehi Khun! È troppo! Non ti vergogni di te stesso!?» disse Kinn, mentre allentava la presa da me. Anch’io ero arrabbiato, ma quando avevo visto la rabbia di Tankhun, avevo capito che era abbastanza per oggi.

«Che diavolo sta succedendo qui!?» Khun Korn e Khun Kan entrarono in scena.

«Non è niente, papà. Solo un piccolo malinteso. È tutto.» Kinn si affrettò a dire.

«Vegas!» Khun Kan andò immediatamente da suo figlio per controllarlo. «Cosa diavolo hai fatto a mio figlio!?»

«Tankhun stava per dare a Vegas della zuppa, ma è inciampato in un piede e l’ha versato accidentalmente su Vegas.» Kim sostenne suo fratello per rendere la scusa più convincente.

«Oh andiamo Kan. Va tutto bene. I bambini devono solo scherzare, non preoccuparti.» Khun Korn si scrollò di dosso l’atmosfera pesante.

«Ma Vegas era…»

«Te l’ho detto, va bene. Aiutiamo Vegas ad alzarsi e puliamogli il vestito con degli asciugamani, d’accordo?» Khun Korn sottolineò la fine della sua frase, e subito alcune delle guardie del corpo arrivarono a offrire asciugamani a Vegas. Khun Korn poi afferrò il braccio di Khun Kan e lo trascinò a sedersi sul divano vicino.

La scena era libera… o almeno così pensavo, perché quando Vegas aprì bocca, capii che era iniziato un nuovo round.

«È un peccato, eh, P’Khun. Pete è morto troppo presto.» Vegas sogghignò e dannazione, potevo sentire il mio sangue ribollire di nuovo. Non avevo mai visto quel lato di lui, mi faceva arrabbiare così tanto, ma allo stesso tempo mi spaventava a morte. Chi aveva mai saputo che poteva cambiare in una questione di frazione di secondo? Quei suoi occhi penetranti e il suo sorriso diabolico mandavano in tilt il mio istinto.

«Vegas!» Kinn gridò irritato, e potevo sentire che era stufo anche solo dal suono del suo tono.

«Anche se mi intriga, come è morto? È troppo abile per morire presto, non credi?» disse sarcastico «O forse l’hai lanciato troppo lontano, non poteva tornare indietro da solo?» aggiunse Vegas con tono astuto.

«Attento alle tue parole Vegas.» disse Kim, mentre riportava Tankhun al fianco del Dr. Top. Macau allora vide il gesto, e immediatamente mandò occhiate gelide ai due.

«Va bene, va bene. Ho dimenticato che sei con la famiglia principale. Non riesco proprio a tenere il passo, vedi. Forza, Macau, andiamo a casa.» Vegas afferrò il polso di suo fratello e uscì dal padiglione.

«Cazzo intendi con quello!?» Kim stava per seguire Vegas ma Kinn lo fermò subito.

«Basta così, Kim.» disse Kinn.

«Dannazione, quel bastardo se la prenderà la prossima volta!» Kim non aveva finito di imprecare.

«Farai presto il pieno, Kim. Per ora calmati».

La tensione si era già placata insieme alla fine della faida familiare. Ci prendemmo cura degli ospiti e ripulimmo il casino che avevamo fatto prima.

Tutti erano esausti e stanchi, ma non avevo potuto fare a meno di essere incuriosito dall’ultima frase che Vegas ha detto.

Perché non riusciva a stare al passo con la famiglia principale?

Arrivammo ​​a casa e ci dirigemmo immediatamente nella stanza di Kinn. Facevamo a turno la doccia, prima di cambiarci e distenderci bene sul letto. Avevo capito che quella volta era davvero esausto, quindi l’avevo lasciato accoccolarsi con me sul letto.

Il funerale era arrivato al sesto giorno e avevamo semplicemente ripetuto lo stesso vecchio processo che avevamo fatto nei precedenti, ma dopo la lunga giornata, ci eravamo presi una pausa anticipata per i preparativi del giorno dopo.

L’ultimo giorno del funerale di Pete era stato un po’ speciale, perché Tankhun aveva preparato un secchio d’acciaio nel cortile anteriore e aveva dato fuoco al suo interno. 

«Pete, vuoi visitare il sogno di Arm stasera? Ci piacerebbe parlare di te.» disse Tankhun, prima di bruciare un pezzo di carta Gong Tek*.

*(N/T: Gong tek o Gong taek, si dice fosse una tradizione in cui si celebrava il defunto. E uno degli eventi che facevano quel giorno era bruciare alcune offerte così che raggiungessero il defunto.)

Arm fissò la schiena di Khun incredulo.

«Che ne dici di una casa? Ne vuoi una grande?» Khun disse, prima di scarabocchiare sulla carta e lasciare che si bruciasse nel secchio. «Ecco qui.» Khun continuò. 

Quanto a noi, bruciammo solo un po’ di soldi di carta e lasciammo che Tankhun facesse quello che voleva.

«Che ne dici di alcuni servitori? Ne vuoi qualcuno anche tu? Te ne mando un po’ così non ti stancherai lassù, ok?» Tankhun disse e scrisse per scegliere qualcos’altro. «Ecco, ti do anche una carta di platino così puoi comprare quello che vuoi lassù. Ma non troppo, okay?»

«Aspettate un minuto, ragazzi. Sapevate che questa cerimonia può far richiamare i nostri antenati solo se sono sopra i 50 anni?» disse ad alta voce Khun Korn.

«Silenzio! Non voglio sentirlo da te, papà! Anche Pete ha bisogno di una vera casa! Come pensi che potrà vivere lì senza soldi!?» Tankhun urlò a Khun Korn, e tutti noi restammo in silenzio.

Tutti stavano fissando con impazienza il gesto di Khun, tranne quelli tra noi che erano ancora impegnati a offrire meriti. Personalmente non sapevo come funzionasse, ma avevo continuato a bruciare e a fare meriti per i miei defunti genitori.

«Mi dispiace davvero se non sono arrivato in tempo, Pete. Spero che tu stia andando bene lì, e se hai qualcosa da dire o se ti senti solo, puoi visitare Arm and Pol in qualsiasi momento.» Disse il bastardo, prima di bruciare altre dieci carte nel secchio, facendo crescere il fumo.

«Hey!» Kinn, Kim, Khun Korn e P’Chan dissero in coro.

«Solo… se sei solo, dimmelo. Ti mando anche Pol e Arm. Va bene?»

«A…aspetta Khun. Cosa vuoi dire con questo?» Pol e Arm dissero rigidamente.

«E…err. Bene! Se entrambi non vi sentite a vostro agio, manderò invece la foto di P’Jade!» Tankhun disse e prese la foto di P’Jade. «Ho notato che ti piaceva quel locale Pete, quindi manderò P’Jade anche a te. Assicurati di bere il liquore che vuoi e di cantare le canzoni che vuoi. Solo… non venirmi a trovare così all’improvviso, ok?» e lanciò la foto di P’Jade nel fuoco.

Mi dispiace P’Jade, il mio pazzo cognato ti ha mandato in paradiso troppo presto.

«È abbastanza. Ho già inalato troppo fumo e penso che potrei svenire. Vieni Porsche.» Kinn disse, prima di camminare nella mia direzione e afferrarmi per il collo. «Andiamo a farci una doccia.»

«Pete! Perchè mi hai lasciato? Pete!» Il bastardo guaì, facendo puzzare tutta la casa di fumo. Le guardie del corpo e persino le cameriere si alternarono nel soffiare via il fumo che Tankhun stava creando nel secchio. Era stato un sollievo che Khun fosse tornato ai suoi vecchi modi, ma ero davvero dispiaciuto per le persone che aveva infastidito.

La giornata trascorse velocemente, perché tutti erano troppo occupati con la cerimonia del rogo. Uscii per fare delle commissioni per Khun e anche per comprare dei giornali. Aveva detto che voleva bruciare altri meriti perché non voleva che Pete morisse di fame. Lo assecondai solo perché anch’io avevo bisogno di visitare la nostra casa. Era il giorno perfetto perché c’era quel negozio che vendeva dolci e volevo comprarne uno.

«Compreremo dei dolci, vero Hia?» chiese Ché, e io rimasi un po’ sorpreso perché di solito non prestava attenzione alla cose perché non amava i dolci.

«Pensavo non ti piacessero i dolci…» Replicai.

«In realtà non sono così male. E anche a Kim piacciono i dolci, quindi ci sto prendendo la mano.»

Quando sentii il nome di Kim uscire dalla bocca di Ché, socchiusi gli occhi verso il bastardo.

Hai ancora delle spiegazioni da dare giovanotto.

«Hey. Che succede tra te e Kim?» chiesi e il piccolo bastardo andò immediatamente fuori di testa.

«U…uhm… N…niente di speciale Hia.» La voce di Chè divenne stridula mentre faceva finta di guardarsi intorno.

«Cosa vuoi dire niente? State sempre insieme in questi giorni. Ho quasi dimenticato di avere un fratellino.» Guidai lentamente per interrogare il mio sornione fratellino.

«C…cosa vuoi che dica Hia?» Ché balbettò.

«Oh andiamo Ché! Non sono stupido, ok? E tu sei mio fratello. Quante volte l’avete fatto ragazzi? Eh?»

Non era mai venuto in mente di parlare con Chè di quel tipo di argomento, ma visto che eravamo in tema, perchè no?

«C…cosa intendi per “fatto” Hia!?» Ché chiese,  sentendosi a disagio.

«Dai Ché, prima magari non ero aperto mentalmente, ma ora capisco te e Kim. E inoltre, qualcuno mi ha detto che l’hai fatto a Kim senza il suo permesso. Dobbiamo parlare anche di questo…»

«A…aspetta Hia, di che diavolo stai parlando!?» Ché mi guardò strano.

«Non va bene farlo senza permesso e potrebbe causare uno shock a Kim. Quindi, se hai intenzione di rifarlo, assicurati di amarlo veramente e di non ferire i suoi sentimenti.» Glielo dissi perché avevo vissuto la stessa cosa. Anche se avevo imparato ad amare Kinn, era ancora un po’ imbarazzante essere dominato da un altro uomo, soprattutto se sei tu stesso dominante.

«C…cosa… ho fatto cosa a Kim?»

«Cosa vuoi dire, cosa? Sto parlando correttamente qui, Porsché. Faresti meglio a essere chiaro con i tuoi sentimenti per Kim o finirai per ferirlo. E ti dico, non è stata una bella sensazione.»

«Posso essere onesto con te?» Ché mi fissava come se stesse per scoppiare.

 «Certo.»

«Quello che è stato travolto… ero io. E se qualcuno merita di essere trattato adeguatamente, sono io, Hia. Quel bastardo era troppo furbo, mi addolora già il cuore!» Ché urlò, e io rimasi stordito dallo shock.

«C…cosa hai detto?»

«Quello che è stato corrotto ero io Hia!»

«H…eh? Ma Anon ha detto che hai aggredito Kim, quindi io…»

«È quello che ho pensato anch’io all’inizio, Hia. E lo trovo carino, chi l’avrebbe mai detto che si sarebbe avventato su di me in quel modo?» Ché disse ed io feci una pausa più lunga, cercando di elaborare la cosa.

«Che cazzo hai appena detto?»

«Questo fa male a Hia. Cosa stai facendo…» Ché protestò strofinandosi la nuca.

Feci un respiro profondo e chiesi agli Dei in cielo di darmi la forza di non far cadere nessuno se avessi sentito le parole di mio fratello di nuovo.

«Lo chiederò di nuovo, Ché.»

«Te l’ho detto Hia. Kim era l’aggressore, e io sono… uhmmff!» Alzai la mano e coprii la bocca di Ché perché credevo di sapere cosa stesse per dire.

«Hai anche chiesto il mio permesso? Ti ho cresciuto! Piccolo diavolo! Non ti importa come mi sentirò?»

«Lo so, lo so. Sono davvero dispiaciuto.» disse sarcasticamente il bastardo.

«Pensi che sia divertente?» Gli chiesi.

Se c’è un albero vicino, prenderò una corda e ti legherò lì per farti pentire.

«Dice quello che una volta era feroce e freddo, ma improvvisamente è diventato tutto morbido e permaloso con lo stesso uomo che odiava di più di tutti.» Mi schernì Ché, prima di aprire immediatamente la portiera dell’auto e di correre in casa.

«Bastardo! Torna qui!»

Questo piccolo diavolo astuto. Lo capirai sicuramente quando ti raggiungerò!

Stavo inseguendo Ché da un po’, quando all’improvviso il bastardo si fermò ed urlò. «Dio mio!»

«Che cosa!?»

«Qualcuno è stata invasa.» disse Ché, e io immediatamente analizzai l’intera situazione.

Presi un pezzo di legno nelle vicinanze come arma e camminai con cautela. Aprii lentamente la porta e quando intravidi l’interno, sapevo già che qualcuno era entrato.

«Aspetta in macchina, Porsché.»

«No! vengo con te!» Ché mi tenne stretto il braccio mentre pattugliavamo lentamente la nostra casa. Tenni la porta aperta nel caso avessi bisogno di buttare fuori Ché.

Il suono dei passi echeggiò dal secondo piano. Cominciai a sentirmi in ansia, sapendo che il ladro avrebbe potuto avere un’arma migliore della mia, ma se non l’avessi affrontato, avrebbe potuto ferire Ché, quindi continuai a camminare lentamente. E quando stavo per lanciarmi sulla persona, una sagoma familiare venne ad accoglierci.

«Oh, se non è il mio caro nipote.»

«Athe…»

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