KINNPORSCHE – CAPITOLO 18

Sensazioni

-Kinn-

«Chi ti ha dato il permesso di dimetterti!» Urlai ad alta voce, la quale risuonò per tutta la casa di Porsche. 

Si irrigidì e aveva un’espressione scioccata quando mi vide. Entrai in casa sua molto infastidito, mentre lui fece un passo indietro con terrore negli occhi che non gli avevo mai visto prima. Non c’era traccia del suo viso arrogante e del suo solito atteggiamento, si era trasformato in un soggetto terrorizzato come se non fosse la stessa persona.

«Kinn…» Porsche pronunciò il mio nome lentamente.

Quando vidi i suoi occhi tremolanti, mi si fermò per un attimo il respiro. Non pensavo che sarebbe cambiato così tanto; i sintomi della febbre potevano essere scaturiti dal sesso intenso le prime volte, ma lo schock e i segnali di paranoia stavano diventando molto seri.

«Ti ho chiesto… Chi ti ha dato il permesso di dimetterti!» Anche se la sua espressione mi fece sentire colpevole, la rabbia nel mio cuore non diminuì.

Quando ero ritornato dall’università, mio padre mi aveva chiamato per chiedermi cosa fosse successo con Porsche ultimamente, perché Porsche era appena passato da lui per rassegnare le dimissioni. Lasciai l’ufficio di mio padre prima che potesse finire di parlare, con il sangue che mi ribolliva nelle vene e guidai fino a casa sua.

«Non toccare mio fratello!»

Prima ancora che potessi fare un altro passo, un ragazzino delle superiori di nome Porsché, si mise tra me e Porsche per proteggerlo.

«Porsche! Dimmi, cosa ti ha detto Vegas?» Rimasi immobile, guardandolo con rabbia. 

Non mi importava nulla se il fratello non era contento di vedermi.

Sembrava che Porsche stesse usando un incantesimo di autocontrollo, distolse i suoi occhi dai miei, guardò in volto suo fratello e lo spinse su per le scale.

«Ma, Hey! Chi è questo bastardo… che appena entra in casa inizia a urlare?» Il ragazzo si ribellò al fratello maggiore, gli afferrò una mano rifiutandosi di andare al piano superiore.

«Nessuno. Vai di sopra! E non scendere!» Ordinò Porsche. Il fratello minore appariva infastidito e lo fissava con occhi agguerriti.

«Ma…»

«Corri di sopra!» Porsche lo spinse leggermente.

Porschè guardò a turno me e suo fratello maggiore e poi, riluttante, si trascinò su per le scale. Non appena si udì il suono di una porta chiudersi al piano di sopra, Porsche mi diede un colpetto sulla spalla indicandomi di seguirlo verso la parte anteriore della casa.

«Dove stai andando?» Chiesi mentre lo seguivo.

«Che cosa vuoi!?» Dopo essere usciti fuori, si voltò immediatamente per rivolgermi la domanda. «Parliamo qui! Non voglio che mio fratello ci senta!» Aggiunse.

«Ti ho chiesto, vuoi lasciare il lavoro per via di Vegas, giusto? Pensi che ti divertirai di più?» Abbassai la voce, ma il tono era ancora frustrato.

Mi infuriai quando pensai a questa come una delle maggiori possibilità delle sue dimissioni, tenendo conto che ultimamente lui e Vegas erano sempre più vicini e parlavano tra di loro molto spesso.

Ovviamente quella cosa mi faceva arrabbiare perché lui era il nemico della mia famiglia e le persone come Vegas erano insensibili fino al midollo, lo sapevo molto bene.

E comunque, cos’è che non posso dare io a Porsche? Ho anche accettato di obbedire e soddisfare le sue richieste!

Inoltre, avevo cercato di trattarlo bene, anche se c’era stata la storia dell’hotel, ma non l’avrei mai fatto se Porsche non avesse provocato per primo; e per la questione del bagno, volevo solo stuzzicarlo, ma la situazione mi era sfuggita di mano.

Ogni volta che provavo a trattenermi dal attaccarlo mi sentivo frustrato, ma quando vedevo come mi guardava intensamente non riuscivo a fermarmi e comunque, diciamocelo, era un pugile, se avesse voluto avrebbe potuto proteggersi da solo prendendomi a calci.

«Cosa c’entra Vegas?» Chiese con espressione corrucciata. Sembrava non capire cosa stessi dicendo.

Alzai gli occhi al cielo imbarazzato per lui, non capivo se stesse facendo finta di non capire o se proprio non ci arrivava. Dopo essere stati al campo da tiro quel giorno, avevo chiesto a Pete di seguirlo il più possibile perché ero preoccupato che potesse diventare un obiettivo della seconda famiglia ed essere comprato come, infatti, stava accadendo.

«Se non è per Vegas, perché ti sei dimesso?» Rimasi in piedi a fissarlo.

Porsche rispose con uno sguardo tagliente diretto a me come se stessi dicendo qualcosa di sbagliato. Vidi anche che stava stringendo forte i pugni, si voltò leggermente, le vene sulle sue tempie stavano pulsando come quelle di una persona molto arrabbiata.

«Perché?» Continuai a ripetere urlando.

«Per colpa tua, bastardo!» Le sue mani spinsero forte il mio petto fino a farmi arretrare di due passi.

«Perché?» Ripetei le stesse parole, poi mi tirò un pugno diretto in faccia che mi fece lacrimare e quasi cadere a terra.

«Si! Per colpa tua! Perché mi hai fatto diventare così, bastardo!» Le sue mani afferrarono il colletto della mia camicia e mi colpì con un altro pugno, come se volesse sfogare tutti i sentimenti che si era tenuto dentro a lungo. Ma quella volta, afferrai i suoi polsi e li strinsi forte, poi lo spinsi contro il muro della casa prima di bloccarlo con entrambe le mani.

«Che cosa ho fatto?» Chiesi, anche se sapevo già a cosa si stava riferendo.

«Hai ancora bisogno di chiedere?» Porsche spinse via la mia mano con tutta la sua forza.

«Se stiamo parlando di quel giorno, sai anche tu come è successo!» Provai a prendergli la mano per trattenerla.

«E dopo quel giorno, mi hai sconvolto e non hai mai smesso!» Continuò ad urlare cercando di liberare le sua mani dalla mia presa.

«Perché continui a pensarci? È successo ormai e non possiamo farci niente!»

«Continuo a pensarci proprio perché non posso tornare indietro e sistemare le cose, non voglio neanche vedere la tua faccia!» Urlò sempre più forte.

Potevo vedere i vicini che pian piano iniziavano ad aprire i portoni o sbirciare dietro le finestre per vedere cosa stesse succedendo.

«Merda!» Spinse il mio petto nuovamente con un’espressione decisamente frustrata.

«Non è che magari sei tu che ci pensi troppo?» Dissi a voce bassa; ma sembrava che Porsche avesse raggiunto uno stato al limite delle coscienza. Non la smetteva di blaterare, insultare e spingere senza sosta.

«Come fai a dirlo! Come puoi dirlo! Mi hai fatto la festa! E adesso? Ti odio così tanto! Non ti rendi conto di quanto tu sia disgustoso? Lo sai?»

Porsche stava ancora parlottando pieno di rabbia, questo mi fece realizzare come si sentiva; doveva essere stato molto doloroso per lui ammettere quello che era successo quella notte e ieri, perché lui era un vero uomo, di quelli che ‘Prendono il comando’.

Ed io? Non ci avevo riflettuto nemmeno un secondo, avevo solo seguito il mio istinto e il mio corpo aveva risposto ai desideri del suo.

«Porsche!…Non pensavo fossi in questo stato.» Dissi pensieroso.

«Ogni volta che provo a dimenticare quella notte, continua a perseguitarmi dal momento in cui mi sveglio la mattina, anche durante il sonno, sono sul punto di impazzire! Come puoi chiedermi di comportarmi come se non fosse successo nulla, dannazione!»

Il suo sguardo cambiò, lasciando solo spazio a nient’altro che dolore, tristezza, rabbia e paura, tutte scorrevano attraverso i suoi occhi. Cercai di afferrargli un braccio per farlo ritornare in se.

«Porsche! Ascoltami! Non volevo…»

«Non volevi fare nulla? Togliti, bastardo!» Era ancora molto infastidito e cercava di picchiarmi.

«Porsche!» Urlai e strinsi più forte.

«Lasciami, Kinn! Non ti sopporto più, bastardo!» Trattenni i suoi polsi così che non potesse muoverli e bloccai il suo corpo con il mio fino ad immobilizzarlo completamente; non riusciva a combattere la mia forza e non poteva muoversi, quindi si piegò verso il basso e girò la testa verso le mie spalle e morse con forza.

«…» Rimasi immobile, anche se sentivo molto dolore, ma lasciai che sfogasse tutta la sua rabbia.

«Porsche…» Dissi il suo nome con voce dolce, stava ancora affondando i suoi denti nella mia spalla, lasciai fare finché il suo corpo non si calmò.

«Ti odio!» Alzò leggermente la testa dalla mia spalla e parlò a voce bassa.

«Entra in casa!» Anche se i miei occhi erano su di lui e volevo affrontare tutto fino in fondo e non lasciare che le cose finissero qui, c’era qualcosa di strano intorno a noi. Porsche sembrò avvertire la stessa cosa perché riuscì a calmarsi e a guardarsi intorno.

«Capisci vero?» Chiesi per sicurezza.

«Non sono i tuoi uomini?» Chiese a voce bassa.

«Sono venuto da solo.» Risposi con voce calma. Strinsi i pugni e guardai a destra e a sinistra.

Dopo che avevo sentito da mio padre che Porsche aveva rassegnato le dimissioni, mi ero precipitato a casa sua con furia. Non sapevo come mai fosse stata così disturbante quella notizia, forse proprio per questo non avevo fatto caso che parecchie persone mi avevano seguito fin lì.

«Entriamo.» Dissi, perché vidi che la sua faccia era ancora abbastanza spaesata.

Gli occhi di Porsche non erano più nei miei, aggrottò le sopracciglia, stava guardando oltre la strada principale prima che ci separassimo, dopodiché, almeno cinque persone ci attaccarono con un pugnale in mano. 

Appena mi voltai, iniziai a colpirli in faccia, anche Porsche saltò e prese a calci alcuni di loro finché non rotolarono a terra.

La lotta era inevitabile, Porsche ed io cercavamo di impedire loro di entrare. Vidi i vicini che vedevano la scena presi dal panico, ma nessuno osò intervenire, perché gli aggressori stavano maneggiando dei pugnali. Improvvisamente Il fratello minore aprì il portone e rimase sconvolto.

«Hey! Che succede?» Il ragazzo corse giù con espressione sbalordita alla scena che gli si parò di fronte.

«Rientra in casa!» Urlò Porsche.

Riuscii a farne cadere qualcuno, uno di loro si scontrò contro il muro e si diresse verso Chè che si apprestava a correre verso Porsche.

«Hey!» Le mie mani si chiusero sulle braccia del ragazzo anche se continuava a scalciare.

«Voglio dare una mano!» 

«Il telefono di tuo fratello è in casa, giusto?…Chiama Pete e digli di venire qui immediatamente! Entra e scappa dal retro! Se vuoi che Porsche sopravviva, vai e chiama Pete, ora!» Diedi ordini a suo fratello che era ancora dubbioso.

Lo spinsi dentro casa e chiusi la porta da fuori, il ragazzo ruppe il vetro ed urlò per un po’, continuando ad essere ostinato e ad esitare finché non si precipitò a fare quello che gli avevo chiesto.

Non riuscivo a capire come mai quando stavo parlando con Chè nessuno era venuto ad attaccarmi, ma era dato dal fatto che Porsche stava cercando di trattenerli. Sembrava, però, che stesse iniziando ad essere così esausto che i suoi pugni mancavano i bersagli, così spesso che corsi in suo aiuto.

«Bene!» La voce di un uomo con il sangue alla bocca, urlò. 

Presi in velocità il coltello che avevano fatto cadere a terra, sperando di colpirlo nel lato opposto, cercai di infilare il coltello nel suo inguine, ma un incidente inaspettato fermò le mie azioni.

«Metti giù il pugnale!» Un uomo stava puntando la pistola alla testa di Porsche da dietro, Porsche poteva sentirlo, infatti bloccò le mani e rimase immobile. Anche io sentii la punta di una pistola che puntava alla mia testa da dietro.

«Metti giù il pugnale!» Lentamente seguii le istruzioni e appoggiai il pugnale a terra alzando entrambe le mani in segno di resa.

«Vedi, è facile!» improvvisamente, la pistola mi colpì la nuca fino a farmi cadere a terra, la stessa sorte era toccata a Porsche.

L’impatto era stato forte, il mio stomaco era dolorante dovuto ai pugni che arrivavano ripetutamente, facendomi contorcere e sentire stordito finché non ebbi più la forza di alzarmi o di combattere. Non molto tempo dopo, persi conoscenza.

«Devi prendere solo Porsche? O anche Kinn?»

«Ecco come prendere due piccioni con una fava! Catturando Porsche ho preso anche Kinn. Sarà soddisfatto di questo!»

«Huh! Stai disobbedendo agli ordini! Dovresti fare attenzione. Oggi ti è andata bene, ma in caso contrario vedresti la tua testa rotolare via dal tuo corpo.»

«Credimi, sarà soddisfatto! Chi poteva catturare questi due?»

«Non lo voglio sapere, dovevamo solo catturare Porsche, metti Kinn nella tua macchina.»

Mi svegliai dopo essere stato colpito alla nuca da un oggetto solido, ma finsi di essere svenuto per poter ascoltare quello che dicevano mentre eravamo in macchina.

Le mie mani erano legate con una lunga pezza, la mia bocca era ancora dolorante e intorpidita, mai movimenti e il modo in cui la macchina si inclinava, mi fecero capire che stavano risalendo una collina.

Il finestrino della macchina era completamente oscurato da del tessuto quindi non riuscii a vedere la strada. Sperai che il mio telefono fosse ancora con me, così Pete e le altre guardie del corpo avrebbero potuto seguire il GPS. Socchiusi gli occhi per guardare la persona accanto a me, Porsche era ancora incosciente con la bocca legata, proprio come me.

In macchina c’era silenzio. Cercai di muovere le mie mani lentamente verso Porsche per cercare di svegliarlo. Quelle persone avevano agito in modo incauto, lasciando me e Porsche distesi in fondo al furgone senza fare caso a noi.

Piano piano, colpii Porsche con un dito, sembrò fare dei piccoli movimenti, poi socchiuse gli occhi per guardarsi intorno. Velocemente gli presi il braccio, dato che non poteva muoversi troppo, mi guardò di rimando aggrottando le sopracciglia, gli feci segno di guardare le due persone sedute nei sedili anteriori. Appena ricominciarono a parlare, Porsche ed io fingemmo di dormire. 

«Perché non li uccidiamo?»

«Se Kinn muore, secondo me non gli interessa. Ma se Porsche muore, puoi prepararti a morire.»

«Hey, sono ancora spaventato dal fatto che hai voluto portare anche Kinn!»

«Oh fratello, smettila di pensare a questo. Dovresti essere contento! Ci meritiamo una paga extra.»

Socchiusi gli occhi per osservarli ed essere sicuro che stessero guardando avanti. Porsche alzò la testa e aggrottò la fronte più di prima. Quello di cui stavano parlando era davvero sospettoso ed ero anche curioso, perché Porsche era stato attaccato due volte.

Voglio sapere cosa vogliono! Chi c’è dietro tutto questo?

Registrai tutto nella mia mente prima di rivolgere il mio sguardo a Porsche, pensando fosse meglio trovare un modo per scappare.

Da quello che stavano dicendo, mi avrebbero ucciso e arrivati a destinazione ci sarebbero state più persone, il che avrebbe reso difficile un tentativo di fuga.

Spostai la mia mano per liberare Porsche, lui fece lo stesso con me, non ci volle molto per sciogliere il nodo, anche se era stretto. Porsche mi slegò in tutta fretta, cercammo di fare tutto senza fare alcun rumore, cercando di osservare i movimenti dei due e aspettando il giusto momento prima di provare a comunicare con gli sguardi.

Suggerii di aspettare un momento prima di attaccarli, volevo che si preparasse a combattere di nuovo. Porsche sembrò capire il mio piano perché annuii leggermente prima di muoversi con facilità per alzarsi in piedi. La macchina frenò di colpo.

«Merda! Come hanno fatto a liberarsi» Il guidatore imprecò, quando la macchina si fermò.

Feci immediatamente cenno a Porsche, il quale annuì in risposta. Le sue mani afferrarono la testa dell’uomo nel sedile anteriore per girargliela con forza. Io presi per i capelli l’altro uomo facendogli colpire lo specchietto, la macchina era nel caos e i due uomini stavano urlando.

«Che cosa fate!? Bastardi!» Porsche ed io non facevamo caso alle loro proteste, li colpimmo al collo fino a renderli quasi incoscienti. Nello spazio stretto, potevano ribellarsi con difficoltà, con il nostro attacco improvviso, non erano preparati a combattere.

Provarono a prendere le pistole, ma Porsche calciò i loro polsi spedendo le pistole in diverse direzioni. Riuscii a colpire il bastardo di fronte a me fino a fargli sanguinare la bocca, poi afferrai la pistola e gliela puntai contro, velocemente  presi la mano di Porsche e aprii lo sportello.

«Non muovetevi o sparo!» Li minacciai. 

Mi diressi fuori dalla macchina dopo che Porsche riuscì a prendere un’altra pistola, la alzò e la puntò verso di loro a sua volta, questo fece sì che i due uomini deglutirono e alzarono le mani in segno di resa.

Continuammo ad allontanarci dalla macchina e realizzammo di essere in una zona isolata molto lontana da quelle abitate.

«Che cosa stai aspettando? Seguili!» Ordinò l’uomo in macchina. Eravamo rimasti in tre ad avere in mano un’arma, quindi io e Porsche sparammo contro di loro.

Si udirono degli spari, ma loro riuscirono a prendere le pistole ed erano pronti a sparare contro di noi, quindi afferrai il polso di Porsche e corsi verso la foresta per cercare riparo.

Con quel buio, avremmo trovato un posto dove nasconderci con facilità. Il suono degli spari era ancora vicino, a turno, ci giravamo per sparare, finimmo per correre verso il centro della foresta mentre gli spari continuavano a seguirci.

«Kinn! È buio!» Porsche, che era dietro di me, parlò ad alta voce visto che stavo correndo senza sosta. Beh, continuavano a seguirci e non riuscivamo a trovare l’ombra di un nascondiglio, quindi tutto quello che potevamo fare era correre e allontanarci da loro il più possibile.

Potevo solo tentare di schivare i proiettili quando arrivavano, mentre Porsche si voltava per rispondere al fuoco. Se qualcuno mi avesse chiesto se riuscivo a vedere qualcosa, avrei detto di no, perché di notte e in una foresta fitta come quella, ero completamente cieco, non vedevo altro che oscurità.

Il suono di armi da fuoco si avvicinava sempre di più, continuammo a correre per trovare rifugio e scappare il più lontano possibile. I nostri corpi, continuavano ad urtare rami di alberi e arbusti, faceva male come se stessero prendendo fuoco e non avevo idea di quello che ci fosse di fronte a me. Corsi senza meta fino a cadere a terra scivolando con velocità.

«Merda!» Gridai, per poi ruotare la mano che stava tenendo Porsche per tirarlo verso di me, lo abbracciai istintivamente, con la sua mano che colpiva forte il suolo scivolando per il sentiero ripido. 

Con mente lucida, ordinai a me stesso di proteggere la persona che avevo tra le braccia dal farsi male, scivolavamo molto velocemente con i suoni dei proiettili che erano assordanti.

Sentii qualcosa nel mio corpo che mi costrinse a chiudere gli occhi e la bocca, la mia mente iniziò ad annebbiarsi, notai appena quando la mia testa colpì duramente il suolo, poi svenni improvvisamente.

«Che cazzo…! Maledizione!»

«Non è morto per i proiettili, ma cadendo da una rupe!»

«Sarà sicuramente morto!»

*******************

Della luce passo attraverso i miei occhi, sentii dolore su tutto il corpo, ma soprattutto mi faceva male la testa. Aprii gli occhi con difficoltà perché mi sentivo ancora stordito e vedevo sfuocato. Il mio corpo sembrava essere schiacciato da qualcosa. 

Immediatamente alzai la testa per osservare quello che c’era intorno a me e cercai di ricordare cosa fosse accaduto la sera precedente quando ero inseguito fino a scivolare giù da un pendio ripido.

Guardai in alto, sempre più su e non mi capacitai di come avevo fatto a resistere perché la rupe era molto alta. Quello che mi aveva fatto venire mal di testa, era probabilmente il fatto che avevo sbattuto sulla grande roccia vicino a me, mentre la mia mano stava ancora abbracciando qualcosa. Prima di realizzare che quello che avevo fra le braccia fosse il corpo di Porsche che era ancora svenuto.

«Porsche!» Scossi il suo braccio delicatamente, poi gli misi un dito sotto il naso.

Tirai un sospiro di sollievo quando sentii che stava ancora respirando, ma il suo respiro era molto caldo, quindi lo scossi nuovamente.

«Porsche!»

«Oh…Ohhh…» Aggrottò la fronte e cominciò a muoversi lentamente. «Fa male…» Disse con voce roca.

«Ti senti bene?» Chiesi.

«La notte scorsa…» Disse. I suoi occhi si spalancarono mentre voltava la testa per guardarsi intorno.

«Beh, io e te siamo stati rapiti.» Lo feci allontanare da me. « Stai bene?» Ripetei, aiutandolo a mettersi seduto.

La sua faccia si mosse piano piano, le sue braccia erano piene di graffi dato che indossava una maglia a maniche corte e niente aveva protetto la sua pelle nel cadere dal dirupo.

Il suono di passi mi fece fermare per un momento, mi affrettai ad afferrare la pistola che era di fianco a me, per poi trascinare il corpo di Porsche con molta difficoltà. Porsche non sembrava essere in grado di correre, ma cercai di tirarlo e tenerlo vicino a me.

«Vai giù a vedere se riesci a trovare i loro corpi!» Le voci degli uomini risuonavano per tutta la zona.

«Puoi camminare?» Sussurrai, appariva debole ed esausto, ma annuì leggermente. 

«Andiamo da quella parte!» Lo tirai per il polso con cautela e camminai guidandolo con delicatezza.

**************

«Non ho trovato nulla, capo!»

«Quindi non sono ancora morti. Vai da quella parte e tu dall’altra, veloci, scattare!» Appena si udì una voce urlare ai suoi subordinati, mi precipitai ad afferrare la mano di Porsche perché sarebbe sicuramente caduto ed ero preoccupato che se fossimo rimasti lì, ci avrebbero preso.

«U..hah…hah…non ce la faccio!» Il corpo di Porsche era sempre più debole, le mie mani lo incalzarono ad andare un po’ più veloce.

«Hey! Cerca di sopravvivere!» Dissi, prima di avvolgere il mio braccio intorno al busto di Porsche aiutandolo a rialzarsi.

Continuammo a correre, ma questa volta, ero in grado di avere una direzione evitando la fitta foresta. Non sapevo dove stavamo andando, ma dovevamo correre per allontanarci il più possibile da loro. Sostenni Porsche e cercai di non farlo cadere lungo il percorso, mi sentivo in colpa perché il suo viso era pallido e annaspava.

Anche il cielo, che inizialmente era soleggiato, iniziò ad annuvolarsi. Rallentai un po’ quando sentii che ci stavano allontanando da loro, mi voltai per vedere la persona accanto a me, gli misi una mano sulla guancia.

«Ti è tornata la febbre?»

«Io…faccio fatica a respirare…la febbre non è passata. Non ce la faccio!» Improvvisamente smise di camminare e collassò al suolo.

Ero un po’ sorpreso, non riuscivo ad immaginarmi un Porsche così debole. Camminai verso di lui e mi fermai davanti, i miei occhi che guardavano i dintorni, preoccupato che quei bastardi potessero raggiungerci.

«Porsche, ce la fai ancora un po’?» Scosse la testa e si mise a sedere, annaspando in cerca di aria. Ben presto, iniziò a piovere, come se ci fosse bisogno di peggiorare la situazione. Non credevo ci avessero già raggiunto, quindi mi concentrai nel cercare riparo dalla pioggia.

«Svegliati! Aspetta, tieni duro, siamo in una foresta, non posso fare molto!» Mi tremavano le gambe perchè la persona di fronte a me sembrava sul punto di morire.

Ah! Oh! Santo cielo! La pioggia diventa sempre più forte e la persona che è qui immobile, si rifiuta di spostarsi, cosa dovrei fare?

«Cosa stai facendo?» Mi chiese una voce roca. Mi voltai e picchiettai la mia spalla.

«Sali. Dobbiamo ripararci dalla pioggia.»

Era sbalordito mentre guardava la mia schiena. Non volevo aspettare ancora perchè la pioggia continuava ad aumentare, quindi ritirai la mano, afferrai il suo braccio e lo forzai a salire sulle mie spalle, poi mi alzai, sistemai la sua posizione per poi iniziare a muovermi.

Era abbastanza pesante, in più le ferite alle mie mani dovute agli urti con i rami mi facevano male, ma dovevo essere in grado di portarlo in un luogo più sicuro. Quando iniziai a camminare, sentii la testa di Porsche appoggiata sulla mia spalla, le sue braccia, che erano rimaste immobili, iniziarono a muoversi per circondare il mio collo.

Il calore del suo corpo riscaldava la mia schiena.

Facevo fatica a vedere la strada, perché le gocce di pioggia oscuravano la vista, continuai a camminare fino a che non trovai un grande foro nella roccia, che assomigliava ad una piccola caverna, mi precipitai verso di essa.

«Porsche…» Lo richiamai e lo feci scendere dalla mia schiena.

«Si?» Emise un debole gemito dalla gola prima di scivolare giù e appoggiarsi sulla parete rocciosa. I suoi occhi erano ancora chiusi, non aveva ancora realizzato dove lo stavo portando, era come se fosse in un altro mondo al momento. Mi tolsi la maglia perché era fradicia senza dimenticare di togliere anche la maglia di Porsche perché temevo l’ipotermia.

«Cosa dovrei fare adesso?» Chiesi a me stesso riflettendo sul farsi.

Strizzai la maglia dall’acqua, improvvisamente il vento e colpì la mia pelle, sentii freddo, subito mi voltai verso Porsche che si stava abbracciando per proteggersi dal freddo, i suoi vestiti erano bagnati e anche il suo corpo! 

Quando facevo lezioni di sopravvivenza, dato che non ero interessato, non avevo mai prestato attenzione e quando andavano in campeggio, non partecipavo. Potevo dire che la mia conoscenza in fatto di sopravvivenza fosse zero, ma… giocavo a dei giochi on line di sopravvivenza nella foresta… non era uguale?

Quindi cercai di ricordarmi il gioco.

Iniziamo facendo un fuoco, fortunatamente ci sono ancora dei rami secchi e foglie in questa cava, le raccolgo. Allora, come si fa un fuoco? Ho visto nei documentari che si deve strofinare il rametto con una roccia verso il sole ma… sta piovendo, come mai non c’è il sole?

Rimasi fermo a pensare, mordendomi le labbra con forza. Non potevo svegliare e chiedere al tremante Porsche, ero veramente preoccupato che potesse morire.

Improvvisamente, realizzai che Porsche doveva avere con sé dei fiammiferi, perché fumava parecchio. Quindi mi diressi verso di lui per cercare la scatola nella sua tasca e la trovai.

Ci volle molto tempo per accendere il fuoco da campo, visto che era tutto umido, ed ecco che avevo acceso il primo falò della mia vita. Mi faceva sentire veramente fiero di me stesso.

Se Kinn lo vuole davvero, ce la farà sicuramente.

«Freddo…» La voce era roca e tremolante, mi avvicinai a lui e appoggiai la mano sulla sua fronte, il suo corpo era ancora molto caldo. In circostanze normali, le persone malate dovrebbero avere dei panni freschi sulla pelle e venire coperti con una coperta pesante. Ma in quel momento, i miei vestiti erano fradici, li misi sulla roccia lì vicino.

«Ho acceso il fuoco.» Dissi mentre osservavo il suo viso, aveva gli occhi serrati e stretti, la fronte aggrottata.

«Fa freddo!» La sua bocca tremò, riusciva a malapena a parlare. Si abbracciava stretto.

«Ti prego! Non fare così. Non riesco a pensare con lucidità neanche io!» Dissi in tono frustrato.

Quando non riuscivo ad avere il controllo delle cose, la frustrazione mi assaliva. Vidi di fronte a me un corpo debole fatto di muscoli e tatuaggi, non era strano che la gente fosse attratta da lui…ma no, non doveva essere così, non gli apparteneva.

Il Porsche che conoscevo io era forte e non scendeva a compromessi. Ma in quel momento, disteso lì al freddo, malato e tremante, non riusciva neanche a insultarmi o urlarmi contro come al solito.

Il mio cuore soffrì nel vederlo in quelle condizioni e mi sentii segretamente in colpa per averlo fatto stendere in quel modo. Mi avvicinai a lui, sollevai la schiena dalla roccia dove era appoggiato, poi lo appoggiai sul mio petto e avvolsi il suo corpo caldo e umido nel mio abbraccio.

«È caldo?» Chiesi a voce bassa. Appoggiò la sua testa in una delle mie spalle, lo abbracciai più stretto perché sentivo che non l’avevo avvolto del tutto.

«Si.» Gemette, il suo viso si rivolse verso il mio, sorrisi appena, prima di appoggiare la mia guancia sulla sua testa.

Pensai a molte cose che erano accadute i giorni precedenti, non avrei mai pensato di poter ferire Porsche in quel modo, il cambio di espressione nei suoi occhi mi aveva colto di sorpresa, ma capivo che questo processo fosse difficile da accettare.

La sua dignità era stata calpestata ed ero stato io a farlo.

Come avevo già detto, non era stata mia intenzione all’inizio, quindi non poteva incolparmi di ogni cosa. Ammisi che fare sesso con lui quella notte era stata una sensazione davvero nuova, perché non l’avevo mai fatto con un uomo etero prima che avesse la mia stessa corporatura. Era stato stimolante e mi aveva sopraffatto più di quanto potessi immaginare.

Riguardo all’incidente in bagno, volevo solo provocarlo, ma il mio corpo e la mia mente avevano reagito in modo differente, era davvero stressante e allo stesso tempo divertito; l’avevo fatto molte volte, quindi non avevo realizzato che quello che stavo facendo potesse ferirlo a fondo in quanto ‘uomo etero’.

Non era una cosa abituale per me, ma ammisi di essere stato leggermente attratto da lui, perché ogni volta che eravamo insieme, sentivo di non poter controllare le mie emozioni; quella cosa mi dava molto fastidio e quindi cercavo sempre di averla vinta. 

E in quel momento… avevo vinto, ma non ero ne felice ne orgoglioso di quella vittoria.

«Papà… Mamma… Per favore aiutatemi!»

Voltai la testa per guardarlo, stava delirando nel sonno, chiamava i suoi genitori.

«Mamma, voglio abbracciarti.» La sua voce tremolante mi spinse ad abbracciarlo più stretto.

Si rannicchiò più vicino verso il mio petto.

Era davvero Porsche? Sembrava come se avesse costruito la sua forza e una barriera per proteggersi dai sentimenti nascosti nella sua mente, in realtà era una persona sensibile e debole.

«Huh…vederti dormire così è molto bello. Sei come un gattino.» Dissi con un leggero sorriso.

Più lo osservavo, più mi attraeva. Non potevo credere che il suo corpo fosse grande quanto il mio ed avesse tatuaggi che lo facessero sembrare feroce.

Ma perché non riesco a togliergli gli occhi di dosso?

Il suo fascino mi catturava. Premetti la sua fronte delicatamente e mi voltai per guardarlo di nuovo. Le sue labbra mostravano un leggero sorriso.

-Porsche-

Mi svegliai stordito. I miei occhi analizzarono i dintorni e mi ritrovai in una caverna non troppo grande. C’era un fuoco acceso lì vicino, il cielo fuori era buio striato da gocce di pioggia. Il calore che proveniva da dietro la mia schiena mi sorprese leggermente.

Quando ero sul punto di svegliarmi, rimasi sorpreso dal fatto che non potevo muovermi perché qualcuno mi stava abbracciando stretto da dietro.

Voltai la testa all’indietro e immediatamente mi allontanai dall’abbraccio.

«Kinn…?» Chiamai il suo nome e lo guardai con occhi terrorizzati perché né lui né io stavamo indossando una maglietta. Nel mio cuore, potevo pensare ad una cosa sola, dimenticando completamente dove mi trovassi.

Sono con lui! Ancora! 

«Sei sveglio… ugh… non ha ancora smesso di piovere?» Kinn si allontanò dalla parete e si strofinò gli occhi prima di voltarsi ad osservare le fiamme quasi spente.

Questo bastardo, quando ha preso i miei fiammiferi?

Si inginocchiò vicino al falò e impiegò molto tempo per farlo ripartire.

«Dov’è la mia maglia?» Chiesi.

Indicò la roccia dalla parte opposta, dove erano stesi i nostri vestiti.

«È bagnata, non usarla.» Disse Kinn, sbadigliando.

«Che cosa stai facendo?» Guardai verso di lui che rimase in silenzio.

«Cosa faresti?» Rispose inclinando la testa.

«Sono i miei vestiti, perché devi umiliarmi!» Dissi con voce scura.

«Erano bagnati dalla pioggia. Non ti ricordi? Poi ti sei lamentato e tremavi per il freddo. Non sapevo cosa fare per tenerti al caldo, quindi ti ho abbracciato!» Disse sorridendo.

Volevo allungare la gamba per dargli un calcio in faccia, ma il mio corpo non si era ancora ripreso del tutto e mi girava la testa.

«E chi ti ha detto di farlo?»

Merda! Non mi ricordavo nulla. Sapevo che eravamo stati inseguiti fino al centro della foresta, poi aveva iniziato a piovere e sentivo che il mio corpo era debole e non ce la faceva più.

Poi mi ricordai di quando Kinn… mi stava trasportando sulla sua schiena. Mi morsi forte le labbra, perché il mio cuore batteva forte.

«Porsche, credi che sia dell’umore di fare qualcosa? Non vedi in che situazione siamo?» Disse ridendo, ma io non risi.

«Chi può saperlo? Un pervertito come te, magari gli piace scopare come una bestia in queste situazioni!» 

«Vedo che la tua lingua pungente è tornata!» Kinn mi affrontò nuovamente.

«Merda! Dove siamo?» Dissi alzando le ginocchia e abbracciandole, l’atmosfera era umida e fredda a causa della pioggia.

«Ho perso il telefono. Non so se Pete riuscirà a trovarmi o meno.» Kinn camminò verso l’ingresso della grotta e allungò una mano come per controllare quanto stesse piovendo.

«Ho sete.» Dissi a me stesso e cercai di trovare un oggetto vicino a me che potesse raccogliere la pioggia, visto che non avevo una bottiglia d’acqua a portata di mano.

«Che cosa stai facendo? Non hai un bicchiere?» Mi voltai per guardarlo, aggrottai la fronte, aveva detto qualcosa di stupido, nella foresta, sicuramente non c’era un bicchiere da poter usare.

«Cerca una foglia grande per raccogliere l’acqua.» Dissi con tono frustrato.

«È difficile. Fuori, sta piovendo!» 

Non mi importava, quindi continuai a cercare qualcosa ma, a parte rami e foglie, non c’era altro.

«Ma sei hai davvero sete…puoi intanto bere la mia acqua.» Non parlava in modo serio, seguii i suoi occhi che puntavano al centro del suo corpo prima di insultarlo.

«Maledizione!»

«Hahahaha!» Rise con un suono gutturale prima di uscire nella pioggia.

Con mia sorpresa, capii quello che stava facendo, dopo un po’ tornò con quattro o cinque foglie abbastanza larghe e le arrotolò a forma di cono allungato per poter prendere l’acqua piovana.

«Ecco!» Me lo porse. Ci pensai su un attimo, ma poi lo presi e bevetti, anche Kinn bevve l’acqua che aveva raccolto.

«Non ci posso credere che tu abbia bevuto acqua piovana. Non sei preoccupato?»

«Non lo so, ho visto che non sei morto, quindi vuol dire che è bevibile!»

Maledizione! Mi ha fatto bere per primo. 

Vidi che mi stava ancora fissando, quindi mi avvicinai al fuoco e mi abbracciai le ginocchia.

Perché la mia vita è così piena di problemi come questi? Santo cielo! Non bastava essere inseguiti e colpiti da pistole, dovevo anche rimanere intrappolato in una caverna con Kinn!

«Hai ascoltato la conversazione in macchina?» Kinn chiese, sedendosi di fronte a me.

«Um.» Risposi senza guardarlo. I miei occhi erano fissi sul fuoco.

«Erano venuti per te, non per me.» Disse Kinn.

«Non ho nemici da nessuna parte, solo te!» Dissi con voce profonda.

«Huh. Continua a parlare, signore!» Lo guardai con occhi spalancati.

Perché gli piace pensare che quello che mi sta facendo sia normale e debba essere accettato?

«Due volte ti hanno attaccato e mi conoscono. Non capisco perché o quale sia il loro scopo!»

Ero curioso quanto lui, se l’obiettivo fosse stato Kinn, non ci sarebbe stato nulla di strano, ma ero io e non riuscivo a capire più nulla.

«Non importa, troviamo prima un modo di uscire da qui. Scoprirò chi c’è dietro. Questa volta volevano uccidermi!»

L’avevo sentito anche io, sembravo essere io l’obbiettivo senza sapere perché o cosa avessi fatto di sbagliato.

«Stai bene?» Chiese con tono neutro. «Grazie al mio abbraccio ti sei ripreso in fretta!» Aggiunse, alzando i lati della bocca a formare un sorriso.

Lanciai un ramo nel fuoco finchè non si accese, poi ne aggiunsi altri.

Mi stava osservando con occhi giocosi e seducenti, in un modo che non aveva mai mostrato prima, un comportamento rilassato che gli avevo mai visto.

Era molto strano, forse perché la situazione attuale era diversa da quella in cui ero abituato a vederlo, con quell’aspetto sempre in ordine e quell’atteggiamento serioso.

In quel momento era diverso, non avrei saputo dire quale Kinn fosse quello davanti a me, partendo dal suo aspetto fino ad arrivare alla sua personalità.

«Stavi delirando, parlavi dei tuoi genitori.» Alzai lo sguardo e gli lanciai un’occhiata prima di rivolgere nuovamente lo sguardo al fuoco.

Stavo davvero delirando nel sonno? Forse perché avevo sognato che fossero lì ad abbracciarmi. Avevo provato una sensazione nel mio cuore che non sperimentavo da molto tempo, insieme ad un senso di protezione così forte che non volevo svegliarmi dal sogno.

«Ugh.»

«Da quant’è che vivi da solo con tuo fratello?»

«Da quasi dieci anni.» Dissi a voce bassa.

«Sei stato fortunato e deve essere stato bello poter stare con tua madre per un po’ di tempo. Io non mi ricordo neanche il suo viso…» Kinn disse sorridendo.

«Perché?» Non sapevo il perchè, ma ero curioso.

«Mio padre ha divorziato da mia madre quando Kim aveva solo pochi mesi ed io ero molto piccolo. Non ho nessuna memoria della mia infanzia con mia madre.» Disse Kinn, il suo sguardo fissava il fuoco di fronte a me.

«Perché divorziare?» Non so se fosse per avvelenamento, febbre o qualcos’altro, ma in quel momento volevo saperne di più su Kinn.

«Non lo so, non ho mai chiesto a mio padre di chiederle o non me lo ricordo. O forse perché vivere con mio padre mi ha reso così felice che non ci ho pensato.» Sembrava tranquillo, ma i suoi occhi tremarono per un momento, dentro di lui, probabilmente stava riflettendo, ma non voleva esprimere troppi sentimenti.

«Sei davvero in gamba, sei riuscito a crescere tuo fratello in quel modo. Mi immagino a dover crescere Khun e Kim, sarei diventato matto!» Rise. Pensai anche io a questa possibilità e mi venne da ridere.

Ma, parlando del mio fratellino, ero preoccupato di quello che potesse essere successo a Chè dopo che mi avevano colpito al collo.

Chè, è stato portato via anche lui?

«Pensi che sopravviveremo?» Non sapevo  se fosse il silenzio della foresta con la pioggia che cadeva o la febbre che era ancora alta, che mi diede il coraggio di parlare in quel modo. Dimenticai la mia rabbia e il mio odio verso di lui per un momento anche se, dentro di me, ero ancora spaventato.

«Gli ho chiesto di andare sul retro.»

«Quindi sarà al sicuro?»

«Gli ho anche detto di prendere il tuo telefono e chiamare Pete. Avevi il numero, vero?» Annuii in risposta.

Ero terrorizzato e spaventato riguardo Chè. 

Se non stesse bene, cosa dovrei fare?

«Non preoccuparti, tuo fratello sarà al sicuro. Sono troppo stupidi, guarda che lavoro hanno fatto.» Disse Kinn, analizzando l’accaduto, io concordai visto che le abilità dei due tipi erano quelle di due passerotti.

«Anche se non ha chiamato Pete, avrà sicuramente chiamato Tem o Jom.» Kinn annuii.

Per caso, alzai la testa e lo fissai nello stesso momento in cui lui alzò la sua per guardarmi, non so come mai, ma mi sentivo un po’ più a mio agio con lui lì. Almeno non ero solo e disperso in una foresta.

Terrò l’odio sepolto nel mio cuore per il momento, se mai usciremo da questa situazione, ricomincerò ad odiarti!

«Vuoi dormire? Non sembra che la pioggia abbia intenzione di smettere almeno fino a domani. Faremmo meglio a riposarci così domani avremo l’energia per poter cercare una via d’uscita.» Annuii lentamente, inoltre mi sentivo spossato.

In questo momento sta ancora piovendo, starò meglio stavolta?

Mi appoggiai alla roccia fredda, il freddo mi fece tremare fino alle ossa, non potevo fare altro che abbracciarmi forte.

«Cosa fai?» Chiesi, poi mi voltai leggermente. 

Kinn annuii, mi afferrò e si sedette dietro di me.

«Vuoi dormire al freddo?» Il suo volto era imperturbabile e non si fermò. Mi fece distendere contro il suo petto per poi abbracciarmi stretto.

«Lasciami andare! Che cosa fai?» Cercai di liberarmi dal suo abbraccio, ma mi teneva così stretto che non riuscivo a scappare.

«Non farò qualsiasi cosa tu stia pensando! Quindi, taci e riposa!» Kinn disse con voce profonda.

Diminuii leggermente la mia forza e mi voltai verso di lui, guardandolo: «Vai via da me, maledizione!»

«Il tuo corpo è di nuovo molto caldo… cosa facciamo se muori di freddo? Non voglio dover raccogliere il tuo cadavere. Dormi bene.» Kinn appoggiò la sua testa alla roccia mentre le sue mani stavano saldamente abbracciando il mio corpo.

Ad essere onesti, essere steso su di lui, era molto meglio che dormire a diretto contatto con la roccia. Un tepore penetrò nuovamente la mia pelle, potevo sentire sicurezza e conforto, anche se non ne sapevo ancora il motivo.

Il respiro di Kinn fece battere il mio cuore.

Beh, magari è una sensazione di gratitudine dovuta al fatto di non essere solo in questo luogo terribile.

Grazie alla febbre e alla stanchezza, mi addormentai facilmente.

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