EN OF LOVE MECHANICS 2 – CAPITOLO 24

-Mark Masa-

Mi sentivo come se avessi ricevuto una forte martellata in pieno petto. 

Sentii il dolore diffondersi in tutto il mio corpo mentre percepii un intorpidimento su tutto il viso non appena risposi alla telefonata di mia madre. Poco prima che attaccasse mi disse di andare a cercare Vee e così scesi le scale come qualcuno che aveva perso completamente i sensi. Mi avvicinai e lo chiamai, ma non riuscii a vedere nemmeno dove fosse e mi resi conto della sua presenza solo quando mi abbracciò.

“Va tutto bene, non piangere.”

Vee riusciva sempre rimanere calmo anche se a volte si comportava in maniera impulsiva con le altre persone, era sempre la mia persona matura. Le sue braccia mi avvolsero forte, facendomi sentire caldo come sempre. La forza che usò per tenermi stretto contro le sue spalle larghe era un gesto di come mi avrebbe protetto. Mi strofinò dolcemente la schiena per consolarmi, nonostante non sapesse cosa dire poiché non sapeva nemmeno perchè ero in quello stato.

“È… Ehm…”

“Sì, andrà tutto bene.” 

Piansi sebbene non sapessi nemmeno come stava il bambino, tutto quello che sapevo era che Ploy era gravemente ferita. Il mio cuore continuava a pensare a quella piccola vita, a quel bambino… mio figlio. Il bambino che avevo avuto modo di sentire poche volte. Il bambino innocente che aveva preso a calci la mia mano pochissime volte, ma che aveva gonfiato d’amore il mio cuore.

“Il bambino…”

“Calmati. Chi ha chiamato?” chiese Vee.

“Mia mamma…”

“Ok. Aspetta ora la chiamo.” 

“Non è necessario. Posso chiamarla io, tu resta pure da solo con Mark.” disse la madre di Vee prima di alzarsi e lasciare la stanza. Vee annuì e continuò ad abbracciarmi. Non una  parola di conforto, solo questo caldo abbraccio da parte sua perché lui non sapeva nulla ed io non ero riuscito a dire nulla, tutto quello che feci era piangere e copiose lacrime si riversarono sul mio volto.

No. Non posso piangere come se fosse già morto.

Pensavo di non amare il bambino. No, la verità era che non pensavo che sarei stato capace di amarlo così tanto. Pensavo di fare semplicemente il mio dovere, ma ogni volta che chiedevo di lui o lo sentivo, tra noi cresceva un legame. Le notizie su quella piccola persona all’interno di Ploy che mi raccontavano gli altri avevano fatto sì che non vedessi l’ora di incontrarlo.

“Mark, smettila di pensare troppo e parla prima con me.”

“Vee…”

“Cosa ha detto tua madre?”

“Mamma…” Che cosa aveva detto? Non lo sapevo nemmeno io, sapevo solo che Ploy era stata investita da un’auto ed era gravemente ferita. Forse la stavano portando in ospedale, o era stato il medico del pronto soccorso a contattare i miei o qualcosa del genere. La mia mente si era annebbiata nel momento in cui avevo sentito le parole “Ploy è gravemente ferita.”, perché ero impegnato a pensare all’altra persona dentro di lei.

“Cosa sta succedendo? Mark cosa c’è che non va?” Suo padre si avvicinò a me e Vee, guardandomi e aspettando una risposta. Quando non ottenne nulla, si rivolse a Vee.

“Papà…”

“Cosa gli hai fatto questa volta Vee per ferirlo in questo modo?” 

“No…” dissi piano.

“Mark parla lentamente.” disse Vee e mi spinse gentilmente via, allungando la sua bella mano per asciugarmi le lacrime dagli occhi. Gli occhi che mi guardavano erano pieni solo di preoccupazione per nessun altro che me.

“Cosa c’è che non va figliolo?” Il padre di Vee si avvicinò e la sua mano spessa mi accarezzò la schiena. La parola che usó per chiamarmi mi fece pensare a mio figlio. Volevo anche la possibilità di poter chiamare un bambino così.

“Argh…”

“Oh, vieni da papà.” disse, tirando la mia spalla verso di lui e abbracciandomi mentre mi accarezzava delicatamente la schiena. Era come se fossi un bambino piccolo bisognoso di protezione e quello era il posto giusto, quasi un santuario per me perché avevo Vee, i suoi genitori e persino suo fratello Yoo.

“Tua mamma ha detto che al momento lei è in mano ai medici e la stanno operando, per quanto riguarda il bambino…” la mamma si fermò e mi guardò.

“Il bambino…”

“Cosa sta succedendo alla giovane mamma?” chiese Vee con voce sempre più cupa, facendola sospirare.

“Il medico sta facendo del suo meglio.”

“Che cosa significa?” chiese il papà di Vee ed io lentamente mi sciolsi dal suo abbraccio.

“Ploy ha avuto un incidente d’auto, è in condizioni critiche. La mamma di Mark ha chiamato chiedendogli di tornare a Bangkok…”

“Va bene, allora andremo tutti.” disse suo padre prima ancora che la mamma avesse finito di parlare.

“Papà…”

“Vee vai a chiamare Yoo per portarci all’aeroporto.” disse ancora il papà.

“Aspetta, prenoto prima dei biglietti.” aggiunse la mamma.

“Mamma…”

“Va tutto bene Mark. Io, papà e Vee verremo tutti con te.” disse la dolce voce prima di afferrarmi il braccio e stringermi dolcemente per darmi forza e ancora una volta le calde lacrime lasciarono i miei occhi. Quel gesto mi fece capire quanto mi amassero e che a quanto pare anche io amavo tanto quel bambino.

Quel giorno recarsi all’aeroporto non era una cosa gioiosa come lo era di solito. Quella volta non era per nulla entusiasmante. Temevo per come avrebbe reagito mio padre nel vedermi e non mi chiesi cosa sarebbe successo quando avessi visto i miei genitori. Quella volta l’unica cosa che sentivo era di non voler andare. Non volevo dover affrontare quello che  temevo sarebbe accaduto. Vee non disse nulla quando l’autista arrivò prendendo i nostri bagagli al suo posto nemmeno o quando aprí la portiera della macchina invitando tutti a salire.

Nessuno ci badó perché tutti avevamo in mente solo di arrivare in ospedale.

“Signorino sta andando direttamente in ospedale, giusto?”

“Sì.” risposi non appena mi venne chiesto. Non mi importava nemmeno di come mi avesse chiamato, anche se odiavo quell’appellativo di alto rango.

“Nostro figlio deve star bene.” Vee sussurrò.

“Il bambino…” Mi voltai a guardarlo e lui annuì.

Non l’avevo mai sentito chiamare così il bambino di Ploy. Non c’era stata una sola volta in cui si fosse riferito a lui in quel modo, ma in quel momento gli era uscito d’istinto, come per me erano venuti fuori i sentimenti che provavo per lui, perché erano davvero reali. Vee pensava davvero che questo bambino fosse suo. Non era solo il mio bambino il suo bambino o il bambino di Ploy, ma era nostro figlio, mio e suo.

“Non pensarci, ricomponiti prima.” disse il papà e così gli feci un cenno con la testa.

“Sì.”

“Papà, come hai potuto essere così duro con lui. Pensa ai nostri cuori.” Gli disse la mamma.

“Proprio perché ci sto pensando e capisco come si sentono in questo momento.”

Capii cosa voleva dire. Quando i genitori pensavano come i loro figli potessero sentirsi in quella situazione, sapevano perfettamente cosa provavano i propri figli per il proprio bambino.

Non ci volle molto per arrivare in ospedale. Guardavo di continuo l’orologio e se guardavo l’orologio e mi fermavo ad ascoltare il battito del mio cuore che non sembrava rallentare. I miei genitori erano in attesa di fronte la sala operatoria e non impiegai molto a capire che Ploy era lì dentro.

“Non sono ancora usciti?” chiese la mamma di Vee mentre si avvicinava alla mia.

“Non ancora, sono già passate tre ore.”

“Mamma…”

“Vieni qui da mamma, Masa.” Mia mamma mi chiamò ed allungò le sue bellissime braccia tese per ricevermi. Mi avvicinai e l’abbracciai. Era l’abbraccio più caldo di chiunque altro, più stretto di chiunque altro.

“Il dottore ha detto che dobbiamo essere pronti per il bambino.” Mio padre disse piano nel silenzio di fronte alla stanza.

“E lei lo ha accettato?” chiese Vee.

“Oh, beh, probabilmente sarà difficile.”

“Non parliamone adesso, Mark non sta ancora bene.” Il padre di Vee disse al mio, ed aveva ragione.

Devo fare i conti con la dura realtà, devo davvero accettarlo? Perché? Perché è così difficile per me? Forse ho legato con il bambino troppo in fretta. Ma no, è stato solo l’istinto a farmi dire che ne sarei stato il responsabile. Era un dovere che dovevo assumermi dopo aver pronunciato quelle parole quella notte. Poi ho cominciato a prestare attenzione a quella creatura e la mia preoccupazione per lui è aumentata ogni giorno fino a diventare un legame. L’attaccamento verso di lei ha continuato a crescere fino a quando alla fine mi sono davvero connesso con il bambino. Comunicare in qualche modo con lui mi ha fatto capire che volevo davvero che nascesse e vedesse il mondo entusiasmante. Ora, però, devo preparare il mio cuore all’eventualità che lui non abbia alcuna possibilità di venire al mondo.

Il bambino potrebbe non avere nemmeno l’opportunità di aprire gli occhi.

“Io…”

“Come è successo?” chiese Vee, con voce fredda mentre pronunciava quella frase. 

Quando mi voltai a guardarlo negli occhi, non vi vidi preoccupazione per  Ploy o qualsiasi altra cosa.  Vee era arrabbiato per l’incidente. L’incidente che mi aveva fatto piangere di nuovo davanti a lui.

“È…”

“Ploy è andata a trovare il suo ragazzo. È accaduto di fronte casa sua.” Mio padre parlò dopo che mia madre era rimasta in silenzio.

“Fidanzato?”

“Il ragazzo che si chiama Ton. Stavano avendo una grande litigata fino al punto che lui sembrava volesse colpirla tanta era la rabbia. Guardando la telecamera, abbiamo visto quell’uomo spingerla involontariamente. Ploy ha perso l’equilibrio ed entrambi sono finiti sulla strada di fronte ad una macchina.” Mio padre smise di parlare e guardò Vee.

“Ton… quel bastardo.”

“Vee.” Fui io a sciogliere l’abbraccio di mia madre e mi voltai verso di lui. Guardai negli occhi quella persona molto arrabbiata e mi avvicinai per afferrarlo.

“Dove si trova.”

“È in un’altra stanza. Le sue ferite non sono gravi come quelle di Ploy, ma sono comunque piuttosto gravi.”

“Vee adesso calmati. Ora devi vegliare su Mark.” disse il padre di  Vee.

“Ha fatto piangere Mark. È stata tutta colpa sua. Se lui non ci fosse stato, non sarebbe accaduto nulla…”

“È stato un incidente. Anche lui era molto scioccato.” disse mia madre a Vee.

“Scusatemi. I parenti di Khun Ploy Napas?”

“Siamo noi.” Lasciai andare il braccio di Vee e mi rivolsi immediatamente al dottore ed anche Vee si avvicinò insieme a me.

“La paziente è fuori pericolo, ma il bambino di cui era incinta…”

“Il mio bambino.”

“Mi dispiace molto, abbiamo fatto davvero del nostro meglio, ma purtroppo non siamo riusciti a salvare il bambino.”

Era come essere i protagonisti di un episodio di una serie drammatica che guardavo da bambino. A quel tempo trovai esagerata la reazione dei parenti scoppiati in lacrime alla notizia. Il dottore aveva detto che di aver fatto del suo meglio, e quindi, in ogni caso, il bambino non poteva più essere aiutato. Avrei semplicemente dovuto accettarlo perché comunque non c’era possibilità che tornasse. In quel momento, vivendo di persona quella situazione, seppi  quanto era devastante sentire quella frase e quanto difficile fosse dover ascoltare le parole di rammarico del dottore. Era dispiaciuto di non aver potuto aiutare mio figlio. Quanto a me, mi dispiaceva molto.

“Mark…”

“…” 

Così tanto che non riuscivo nemmeno a parlare e avevo finito anche le lacrime da versare.

La parola lutto significava proprio questo. Per venire a patti con esso, dovevi accettarlo. Non era mai esistito un modo semplice per stare meglio. E forse non c’era nemmeno la possibilità di accettarlo ed andare avanti. Divenni solo un’altra persona ricoverata in ospedale non per un incidente, ma perché troppo debole. Ero in uno stato di shock, oltre al mio corpo di cui riuscivo a malapena a prendermi cura, in quel momento avrei dovuto starmene  sdraiato lì, in quel letto d’ospedale con Vee seduto accanto a vegliare su di me.

“Mi vedi?” chiese Vee.

“Posso vedere.”

“Ti stai comportando come se non fossi qui.” disse prima che mi voltassi lentamente a guardarlo.

“No, sto solo pensando. Sto pensando a quel giorno, che se non avessi tenuto stretto il bambino, se non avessi detto che l’avrei accudito, allora probabilmente non avrebbe avuto alcuna speranza di crescere fino a quel punto. Non avrebbe dovuto sopportare di stare nella pancia di Ploy per così tanto tempo, che se ne sarebbe potuto andare comodamente. Perché ancora non era… ancora non era…”

“Mark.” Vee si avvicinò e mi abbracciò di nuovo. Sapevo che anche lui era sconvolto, ma in quel momento stava confortando me.

“L’ho fatto… l’ho fatto di nuovo.”

“Non hai sbagliato.” disse subito.

“Mi sbagliavo.”

“Avevi speranza per lui, volevi che potesse crescere. Hai fatto del tuo meglio e così abbiamo fatto anche io e Ploy.” disse accarezzandomi dolcemente.

“Ma io, l’ho trattenuto.” Stavo pensando che se l’avessi lasciato andare nei primi due mesi o nelle prime sei settimane di gravidanza, allora lui non l’avrebbe saputo e forse per lui sarebbe stato meglio così. 

Molto meglio di pensare a quanto grandi potevano essere le sue braccia e come fossero piegate le sue gambe. Che aspetto aveva, quanto sarebbero stati potenti i suoi respiri. 

Quando lo avrei sentito scalciare? Quanto forte e dove? Riuscivo ad immaginare tutto eppure non sapevo nemmeno se era maschio o femmina, perché nel caso gli avrei dato già un nome.

“Non incolpare te stesso, non hai fatto assolutamente niente di male.” disse Vee guardandomi.

Il viso che mi fissava era quello del mio ragazzo, la faccia dell’altra persona che amavo così tanto sembrava esausta. In pochi giorni sembrava diventato così pallido. Avevo dimenticato da quanto tempo ero sdraiato lì in quel modo. Forse era il secondo giorno perché il primo giorno dormii senza sapere nulla. Quel giorno ero ancora assente e per quel motivo  il dottore non mi aveva dimesso. Per la questione del bambino, i nostri genitori si stavano occupando di tutto.

“Vee.” Allungai la mano e gli toccai la guancia pallida.

“Hmm?” Mise la sua mano sopra la mia.

“Sei così forte.” dissi sorridendo lentamente.

Era  un dolore che non mi aspettavo di provare. Era qualcosa per cui non mi ero preparato. Non ero in grado di affrontare quella sensazione. Era sbagliato perché  Vee era più cosciente di me, era in grado di controllare le sue emozioni più di me, era più forte di me ed era la persona che aspettava al mio fianco.

“Non sono forte, è solo che in questo momento tu non stai bene, quindi devo provarci. Ok.” Non eravamo affatto diversi. Eravamo entrambi in lutto allo stesso modo.

“Mi dispiace.”

“Ti amo.” disse Vee e mi baciò sulla fronte. Era una confessione d’amore molto triste perché lo diceva per farmi sapere che era proprio qui. Anche se aveva avuto una giornata orribile,  non importava quali brutte cose avrebbe dovuto affrontare, lui era ancora lì con me ad affrontarlo come me. Per superarlo insieme a me.

Dovetti convivere con il dolore della perdita per tre giorni, senza riuscire a ricomporre i pezzi. Era la mattina del quarto giorno ed i miei amici e anche quelli di Vee erano a conoscenza di quello che era successo. Non potevano prendersi una pausa dal lavoro per venirmi a trovare, ma stavano arrivando i miei amici.

Vee aveva preso le ferie per poter stare con me. Per quanto riguardava i miei studi, non era un problema. Per quanto riguardava il mio stato d’animo poi, stava migliorando. Le ferite di Ploy non erano ancora guarite. Quanto al dolore nel mio cuore, come poteva scomparire quella ferita?

Una ferita del cuore guariva molto più lentamente rispetto ad una ferita del corpo.

“Il dottore ha detto che una volta finita la soluzione salina ti lascerà andare a casa.” disse  Vee ed io annuii.

“Voglio andarmene”, dissi.

“Sì, beh, solo un altro po’.” Disse dopo aver guardato il contenuto della sacca.

Si sedette nello stesso posto accanto al mio letto, come sempre, vegliando su di me, con quell’aspetto. Ero seduto e Vee mi guardava, uno sguardo carico di preoccupazione e senso di colpa, ma con così tanto amore che non riuscivo nemmeno a capire quanto. Gli sorrisi come sempre, un sorriso che gli faceva alzare la mano ogni volta.

” Vee…”

“Quando smetterai di sentirti in questo modo così terribile?” disse toccandomi leggermente la bocca.

“Presto il dolore se ne andrà.” dissi. Non era una questione fisica, era mentale. Mi sentivo stanco, per tutto quello accaduto in passato e  per quello che era successo qualche giorno prima.

“Si.” Rispose con voce bassa, prima di iniziare ad accarezzarmi la guancia.

“Il bambino… è andato tutto bene?” Sembrava fosse la prima volta che chiedevo di lui. Anche se l’avevo sempre riconosciuto, sapevo come le cose dovessero andare, ma avevo mai chiesto nulla a Vee. Lui mi guardò prima di sorridere dolcemente.

“Sarà un bravo bambino e rimarrà lassù”. Disse prima di guardare fuori dalla finestra, i suoi bei occhi guardavano dritti il ​​cielo azzurro e io seguii il suo sguardo.

“È molto lontano.” Lontano, troppo lontano per camminare e per caso incontrarsi.

“Sì, e ti aspetterà, ma in questo momento devi invece vivere prima.” disse accarezzandomi dolcemente la testa.

“Vivere?”

“Sì. Lo so Mark quanto sei triste, sono triste insieme a te. Ma voglio che tu pensi che il bambino sia una parte di te. In questo momento potrebbe non essere qui, ma tu lo sei. Volevi il bambino per vedere il mondo, beh tu sei in questo mondo. Hai capito bene? Lui non è qui, ma tu sì e lo ami.” Capii perfettamente quello che sta dicendo Vee. Non era difficile vivere nel modo giusto la mia vita. 

In passato lo avevo fatto anche  per la mia famiglia e per Vee e da allora in poi avrei potuto continuare a farlo ancora meglio. Significava che avrei avuto una vita ancora migliore della precedente.

“Non pensavo che avrei provato così tanto dolore come questo che sento. Non era nemmeno biologicamente mio figlio, quindi perché lo amo così tanto?” chiesi lentamente.

“Nemmeno io pensavo che lo avresti amato così tanto.”

“…”

“Ma sei tu, Mark. Sei così e sei davvero una brava persona.”

“Non sono così bravo”

Non ero affatto una brava persona. Avevo detto che mi sarei preso cura del bambino solo perché volevo che quella storia finisse e avevo paura che Vee parlasse e se ne assumesse la responsabilità. Sarebbe stato curato adeguatamente? Avrebbe ricevuto tutto l’amore necessario? Non lo sapevo. Sapevo solo di star male per non averlo mai visto e mi pentivo di non aver avuto il bambino.

“Sì, ma tu sei solo Mark, il mio Mark.”

Non pensavo di poter provare così tanto dolore per una cosa del genere. Non ero una madre. Non ero senza madre. Forse era perché lui voleva avere dei figli e io volevo avere una famiglia perfetta e completa. Queste aspettative non erano cattive, non erano impossibili, ma non mi facevano star bene. Allora capii a pieno il significato delle parole afflizione e dolore e non era a causa di un cuore spezzato. Sembrava molto peggio, ma non avrei saputo spiegarlo.

“Qualcuno ha… aiutato ad affrontare la questione del bambino?”

“I nostri genitori si stanno occupando di tutto perché Ploy è ancora in ospedale”.

“Ok.”

“Devi solo riprenderti, e una volta che lo avrai fatto, potrai gradualmente guadagnare i meriti.”

“Mi sono già ripreso.”

“Quando sarai a casa.”

“Devo solo aspettare che finisca  la soluzione salina.”

“Sì è vero, devi fare come ti senti.”

“E il tuo lavoro?” 

“Beh, gradualmente tornerò.”

“…”

“Sì, è vero, sono lontano dal lavoro a causa tua, ma i tuoi sentimenti sono ancora la cosa più importante per me.” disse Vee guardandomi negli occhi.

“Sono molto fortunato.”

“Come?” chiese accigliato.

“Beh, io ho te.”

“Al contrario, sono io che sono fortunato.”

“Come?”

“Perchè ho te.”

Il mio cuore batteva forte non per le dolci parole, ma per i suoi occhi fermi e seri. Era la verità e potevo sentirlo. Quello, insieme alle parole dette con tanta calma, mi fece star bene.

“Sei stanco di stare con me?” 

“Sei stanco di stare con me?” chiese Vee di rimando.

“Vee perché chiedi una cosa del genere? Sono io che ti sto stancando.” Nell’ultimo periodo ero io ad angosciarlo e a rendenderlo esausto. Ero io quello che si comportava male, ero stato io lo stupido e lui mi dava ancora tutto quello che volevo. Ecco perché sentivo di essere io la causa della sua stanchezza.

“Non mi stancherò mai di stare con te. E anche se mi sentissi stanco, non mi importa cosa fai.”

“Beh, allora questo significa che sei stanco.” 

“Non sai di cosa stai parlando.”

“Hai detto che anche se sei stanco, non ti interessa quello che faccio.”

“Sì, ma in questo momento non sono stanco.”

“Anche se sono testardo e ti ho incasinato così?”

“Puoi comportarti in modo infantile e a volte molto egocentrico, ma anche se ci dovessero essere problemi di grandi dimensioni come questo io rimarrò comunque con te.”

“Come fai a farlo? Rimanere al mio fianco.”

“Da quanti anni stiamo insieme? Se voglio restare al tuo fianco per il resto della mia vita, ti crea qualche problema?” Sorrisi nel sentire la sua risposta.

“Quest’anno è davvero il mio anno.” Lo pensavo perché lo era davvero. Avevo avuto Vee sempre accanto, mai lontano che mi aspettava e mi seguiva prendendosi cura di me per tutto il tempo, anche se alle volte aveva brontolato per le diverse cose che aveva visto, cose  che avevo fatto e che non andavano bene. Mi era stato dietro ed ancora cercava di compiacermi prendendosi sempre cura di me e facendo di tutto per me, senza aver mai detto di sentirsi stanco.

Era il mio anno.

Vee mi aveva insegnato a non arrendermi, ma ad imparare da ciò che mi accadeva. Ero grato perchè sia il tempo che la distanza non erano riusciti a portare Vee da nessuna parte lontana da me. Dio lo aveva trattenuto ancora al mio fianco, così come avevo cercato di fare anch’io; e quella era stata un’ottima cosa. Vee non aveva idea di quanto lo amassi. Se un giorno fosse scomparso, il dolore di quel tempo non sarebbe nulla rispetto a quello che avrei provato per la sua scomparsa;  sarebbe stato molto, molto peggio.

“A cos’altro stai pensando?” chiese.

“Sto pensando che se tu sparissi…”

“Chi dovrebbe scomparire? Cosa stai dicendo con tutta questa superficialità?” rispose Vee furente ed io rimasi in silenzio.

“Stavo solo pensando.”

“Beh, non puoi semplicemente pensare questo. Ok, fermati e basta.”

“Ma se si avverasse…”

“Sai cosa Mark? Sarebbe davvero difficile se dovessi lasciarti andare, se tu sparissi. Sarebbe la cosa più dolorosa di sempre. Non posso nemmeno dire quanto perché è così difficile solo immaginarlo. Anche se solo pensi che sarà doloroso, non succederà mai perché io non ho alcuna intenzione di sparire da tua vita.” Vee posò la sua bella mano sulla mia guancia prima di abbassarsi e posare un dolce bacio sulla mia fronte.

“Vee…”

“Non pensare così tanto, mio ​​bravo ragazzo, sicuramente non mi allontanerò mai da te.” 

“Se sparisci, piangerò ancora di più.”

“Non ci sarà alcuna occasione che ti costringerà a versare lacrime per causa mia.” disse accarezzandomi dolcemente la guancia.

“Se ciò non si rivelerà vero, sarò così sconvolto.”

“Non ti lascerò arrabbiare di nuovo.”

“Non lascerai che io mi arrabbi a causa tua?”

“Non  lascerò che ti arrabbi, indipendentemente da chi sia.” disse Vee prima di chinarsi per baciarmi dolcemente la bocca, attaccando le nostre labbra prima di allontanarsi lentamente. 

“Lascia andare il bambino e torna a essere il mio ragazzo, come lo eri prima.”

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