TRIAGE – CAPITOLO 9

Loop 9

«Aiuto…»

«Aiuto!!»

Il grido di una giovane ragazza mi svegliò e aprii gli occhi per lo shock. Gradualmente mi misi a sedere in silenzio e spinsi via la coperta di Rilakkuma. Nello stesso momento, Zebra, il mio gatto persiano bianco, mi saltò in grembo con un sonoro miagolio. Il suo musetto imbronciato mi stava dicendo: ‘Non dimenticare di nutrirmi, misero essere umano.’

Alzai la mano per accarezzare il morbido e soffice pelo di Zebra, cercando di capire di chi fosse la voce che avevo sentito poco prima e il perché mi sembrasse così familiare. Sembrava essere collegata a un evento importante di cui non riuscivo a ricordare. Respirai lentamente. Poteva non avere alcun significato, probabilmente era solo un sogno. Non dovevo pensarci troppo. Mi alzai dal letto e andai dritto alla busta di cibo per gatti posta in un angolo della stanza. Versai il cibo per gatti nella ciotola e per un momento rimasi lì, a  guardare Zebra che mangiava, pensando che avrei dovuto portarlo in negozio per una toelettatura per una volta.

C’era qualcosa che mi dava fastidio, mi faceva sentire a disagio.

Mi guardai allo specchio mentre mi lavavo i denti. I miei capelli erano lunghi e disordinati, senza una forma. Forse dovrei trovare del tempo per tagliarmi i capelli prima di trasformarmi in Tarzan. Ma non era questo che mi preoccupava. Cosa stavo dimenticando? Che quel giorno avrei avuto il turno del mattino? Certo che no, perché quel giorno avrei avuto un turno pomeridiano. Forse avrei fatto meglio a controllare di nuovo il mio programma per esserne sicuro.

Dopo aver fatto la doccia ed essermi preparato, scesi nell’atrio del mio condominio. Il mio obiettivo era il ristorante per la colazione in stile occidentale dall’altra parte della strada. Andavo spesso a mangiare lì se non avevo fretta la mattina. Entrai nel ristorante, feci un cenno alla responsabile che conoscevo bene prima di ordinare il mio solito menu.

«Un French toast, due uova fritte e pancetta, per favore.»

Im, la responsabile, annuì: «Come sempre, Dr. Tin. Anche un espresso doppio?»

«Sarebbe ottimo.» Mi sedetti al tavolo vicino alla porta e presi il telefono, poi Im mi servì dell’acqua.

«Oggi hai il turno pomeridiano?» chiese con un ampio sorriso.

«Sì, esatto.» Alzai lo sguardo e le sorrisi. «Per questo sono venuto prima al ristorante per accumulare più energia.»

«Ahahah, certo.» Im rise, soddisfatta dalle mie parole. «Bene. Sto imparando a fare la pizza. Presto verrà aggiunta al menu. Posso fartela provare? Offre la casa, senza alcun costo aggiuntivo.»

«Wow! Certo!» dissi con entusiasmo. «Posso mangiarne una intera in questo momento.»

«Andata. Mi aspetto una critica onesta per il gusto.» Im mi fece un ‘Ok’ con la mano prima di tornare nell’area sul retro del ristorante.

Guardai distrattamente la strada fuori. Non ero un grande buongustaio con un palato fino, ma più una persona con la lingua da coccodrillo. Tuttavia potevo distinguere quali ristoranti avevano il tipo di pizza che rendeva il posto degno di tornare di nuovo. Proprio come quel locale di un mio conoscente. Aveva aperto una pizzeria fatta in casa di fronte a casa sua. Quella pizzeria era eccezionale. Come la pizza a tre formaggi che Fakfang aveva ordinato quando eravamo andati a pranzo fuori con Tol, era davvero la migliore.

Un momento… Tol…?

«Merda!!» Mi alzai di scatto così velocemente che la sedia cadde all’indietro. Il mio cuore batteva così forte che quasi saltò fuori dal mio petto. I palmi delle mie mani erano sudati. Presi velocemente il telefono per guardare l’ora.

Era il 17 marzo, le 9.30 del mattino.

Come ho potuto dimenticare Tol?!

A quanto pare, più tornavo indietro nel tempo, più dimenticavo quello che sarebbe successo. Le mie mani tremavano per la paura. Avevo quasi dimenticato tutto. Era un bene aver ritrovato la memoria, un bene che non fosse passato molto tempo.

«Dottore, c’è qualcosa che non va?» Im apparve dalla cucina.

«P’Im, ti lascio qui i soldi.» Posai un centinaio di baht sul tavolo. «C’è qualcosa di urgente di cui devo occuparmi. Mi dispiace di averti fatto perdere tempo. Più tardi verrò a mangiare di nuovo.» Poi uscii in fretta dal ristorante.

************

Devo rivedere completamente i miei piani.  

Primo: avrei dovuto conoscere Tol senza che lo preoccupasse troppo. Se possibile, avrei dovuto anche impedirgli di chiedere a Mai di essere la sua ragazza, dato che sembrava portare con sé un sacco di problemi.

Secondo: Art, lui era prezioso. Avrei dovuto salvarlo.

Terzo: avrei dovuto fare in modo di essere con Tol al momento dell’incidente e per questo dovevo prima trovare qualcuno che mi sostituisse in ospedale. C’erano tre residenti del terzo anno, incluso me, Sing e Om-am che al momento stava lavorando in un’altra provincia. L’unica scelta che mi rimaneva era Sing, ma era impossibile chiedergli di sostituirmi in un turno che andava dalla mattina fino a mezzanotte. Pertanto, il piano di fingere di essere malato non poteva più essere utilizzato. Dovevo cambiare turno con Sing e lasciare a lui il turno della sera dopo, mentre io avrei lavorato la mattina dopo in buone condizioni. Ciò significava anche che dovevo preparare tutte le slides per la presentazione. Questa volta non ci sarebbe stata alcuna messa in scena durante la mia esposizione. 

Quarto: dovevo fare in modo che Tol eseguisse un ECG il prima possibile. Avrei dovuto convincerlo ad andare in ospedale in qualsiasi modo. Ero fiducioso che il risultato dell’ECG sarebbe stato così anormale che non avrebbe potuto rifiutare una visita con un cardiologo.

Andai direttamente all’edificio della Facoltà di Economia Aziendale che ora conoscevo bene. Sfortunatamente, avevo dimenticato la storia di Tol quella mattina e avevo sprecato molto tempo. Raggiunsi l’edificio alle 10 in punto, cioè il momento in cui Tol avrebbe chiesto a Mai di essere la sua ragazza. Dovevo impedirlo a ogni costo. Anche rischiando di passare per l’amante gelosa accorsa per impedire il matrimonio del protagonista maschile. Non avrei permesso a Tol di chiedere a Mai di essere la sua ragazza almeno fino al momento in cui Art per poco non si sarebbe soffocato a causa dei dolci.

Vidi Tol con in mano un bouquet di fiori entrare nel pianterreno dell’edificio. Mi precipitai fuori dalla macchina e corsi incontro al giovane studente che pochi secondi dopo avrebbe avuto una ragazza di nome Mai. 

No, non puoi diventare il ragazzo di Mai. Domani litigherai con il suo ex e ignorerai il mio avvertimento.  

Avevo intenzione di correre e bloccargli la strada facendo domande stupide come chiedere indicazioni.

Non sapevo se il Paradiso o l’Inferno fosse dalla mia parte, ma qualcosa mi fece venire il mal di testa. Tuttavia, quello che accadde mi permise di attirare l’attenzione di Tol. I miei piedi inciamparono sui gradini appena puliti e lucidati a nuovo. Il mio corpo enorme cadde a terra con un forte tonfo e la mia faccia atterrò quasi vicino ai piedi di Tol.

«Hoi!» Tol esclamò sorpreso. Si accovacciò rapidamente, posando il mazzo di fiori a terra, e allungò una mano per afferrarmi la spalla. «Stai bene?»

«Ahi…» Non sapevo cosa fosse peggio, se il dolore o l’imbarazzo. Mi rialzai velocemente.

«Tutto bene, vero Phi?» Anche Tol si alzò mentre mi guardava con una certa preoccupazione.

«Io… Non è niente… Grazie mille… Io… Andavo di fretta e non ho guardato attentamente.» Spazzai via lo sporco dal mio corpo e iniziai a sentire un po’ di dolore al gomito. Tol mi annuì, poi si chinò per raccogliere il bouquet di nuovo pronto ad andare via. Dovevo sbrigarmi e fare qualcosa.

«Aspetta!» Lo chiamai. Tol si fermò e si voltò per guardarmi. «Ehm, vorrei chiederti delle indicazioni?»

Tol si girò indeciso come se stesse esitando a rispondermi. Naturalmente, la sua futura ragazza lo stava aspettando. «Certo.»

«Dov’è la Facoltà di Ingegneria?» Riutilizzai il trucco di cercare un conoscente della Facoltà di Ingegneria.

«È lontana da qui. Devi guidare fino al cancello dell’università, la Facoltà di Ingegneria sarà sulla destra prima del bivio. A piedi sarà un po’ stancante.» Tol puntò la mano a destra. «Puoi passare per la scorciatoia attraverso la Facoltà di Lettere.»  

Provai a cercare con lo sguardo Art mentre Tol rispondeva alla mia domanda. Vidi da lontano Art seduto su una panchina. Stava mangiando uno snack mentre leggeva un libro. Non c’erano segni che gli snack gli stessero bloccando la trachea. Dovevo guadagnare ancora un po’ di tempo.

«Scusa, Nong. E se volessi andare alla Facoltà di Scienze?» Decisi di chiedere altre indicazioni. Tol si voltò di nuovo verso la direzione in cui Mai stava aspettando, ma si girò per rispondermi.

«È l’edificio successivo, quello dove c’è una caffetteria al piano terra.» Tol sembrava avere fretta. «Se mi vuoi scusare.»

Stavo per chiedere delle indicazioni per un’altra facoltà, ma Tol era di spalle e si era allontanato da me con i fiori in mano. Strinsi forte i pugni. Dovevo trovare ancora un altro modo. Stavo per chiamare di nuovo Tol, ma le urla di qualcuno catturarono la mia attenzione.

«Art, cosa c’è che non va?!» Quella domanda fece girare contemporaneamente sia me che Tol verso la fonte. «Art?»

Anche se ero contento che tutto stesse andando come previsto, non potevo esimermi dall’essere preoccupato per Art. Corsi velocemente da lui, che ora aveva le mani al collo e si chinava in avanti. Tol mi seguì in un istante. Depose i fiori sulla panchina e si precipitò a vedere il suo amico. Io andai dritto da Art e vidi che anche un’altro studente stava facendo lo stesso. Ciò mi fece capire che anche se non ci fossi stato io, qualcun’altro avrebbe aiutato Art a espellere lo snack fuori dalla sua trachea. Altrimenti, Art sarebbe diventato un altro caso del nostro Pronto soccorso. Corsi più velocemente che potevo prima che qualcun altro rubasse i riflettori da me. Dovevo essere io ad aiutarlo. Non solo perché volevo ottenere l’attenzione di Tol, ma Art aveva bisogno di un aiuto veloce ed eseguito nel modo corretto.

«Nong, riesci ancora a parlare?» chiesi. Art mi guardò dolorante. «Sono un medico. Fai come ti dico, d’accordo?»

Quando Tol sentì che ero un dottore, mi guardò in silenzio. 

Sì sì, la persona che è appena caduta vicino ai tuoi  piedi è un dottore.

«Bl… bloccato.» Art mi rispose con voce roca.

«Devi tossire forte per sputarlo fuori.» Iniziai a incoraggiare Art a tossire. La mia voce echeggiava nell’atrio facendo sì che le persone intorno a noi si girassero per guardare. Tol cercava di aiutare dando delle pacche sulla schiena di Art per farlo tossire più forte.

Finché Art non prese a tossire senza fare alcun rumore.

Dopodiché afferrai Art in modo da poter eseguire la manovra di Heimlich per espellere il corpo estraneo fuori dalle sue vie aeree. Gli eventi procedettero come ricordavo.

«Stupido Art, sei quasi morto.» Tol diede una pacca sulla schiena al suo amico per calmarlo. Alzò lo sguardo e incontrò i miei occhi. Doveva essere molto sorpreso che quell’uomo così goffo fosse riuscito a salvare la vita di qualcuno. «Grazie.»

«Un dottore è sbucato dal nulla… e mi ha aiutato mentre stavo soffocando… Che fortuna.» Art mi fece un wai. «Grazie, Phi.»

«Stai bene? Aspetta, ti porto in ospedale.» chiese Tol al suo amico.

«No no, ora sto bene.» Art inspirò profondamente, poi espirò lentamente. «Mi fanno un po’ male le costole. Il dottore è davvero forte.»

Questa era la mia occasione per convincere Tol ad andare in ospedale. «Potrei darti una controllata? Forse potrei averti rotto una costola.»

Gli occhi di Art si spalancarono e guardarono rapidamente il suo addome. «Veramente?»

Allungai una mano per premere sulle sue costole vicino alla regione epigastrica. Art sussultò un po’, ma comunque non pianse per il dolore. «Non ne sono sicuro. Meglio andare in ospedale per fare delle lastre.»

«Andiamo, ti ci porto io.» Tol si offrì volontario, rendendomi incapace di trattenermi dal sorridere. Quella volta la situazione si stava evolvendo al meglio per me, molto meglio che farmi offrire un caffè come ringraziamento. 

«Tol… che mi dici della sorpresa a Mai?» chiese Art.

«Posso rimandare. C’è tempo. Dovremmo andare prima in ospedale.» Tol si alzò e poi si diresse verso il bouquet che aveva lasciato sulla panchina. Si avvicinò a un ragazzo che probabilmente faceva parte dello stesso gruppo di amici e gli passò il bouquet. «Puoi darlo a Mai? Dille che la chiamerò il prima possibile.» In seguitò, tornò indietro per aiutare il suo amico ad alzarsi. 

Rimasi molto impressionato dal gesto di Tol. Sembrava preoccupato e si stava prendendo cura del suo povero amico con tutte le sue forze. «Dove dovrei portarlo?»

«Andiamo al pronto soccorso.» Feci un cenno alla direzione in cui avevo parcheggiato la macchina. «Potete venire con me. Sono un medico del pronto soccorso.»

Per un istante mi sembrò che Art si stesse inginocchiando davanti a me. Tol, al contrario, sembrava un po’ titubante. «Ho lezione nel pomeriggio. Posso venire con la mia macchina così dopo potrei andare via per tempo.»

«Ti posso riaccompagnare io. È qui vicino.» Non potevo lasciare alcuna scelta a Tol. Doveva venire con me. Non l’avrei perso d’occhio per nemmeno un attimo. «Vieni, andiamo.»

***********

Fermai l’auto per lasciare Art e Tol di fronte alla porta d’ingresso del pronto soccorso. Poi, sceso anche io dall’auto, corsi dall’infermiera del triage per spiegare cosa fosse successo. Toi, che era l’infermiere di turno quel giorno, annuì al mio resoconto, poi corse a preparare un letto per Art invitandolo a entrare nel pronto soccorso. Intanto andai velocemente a parcheggiare la macchina nell’area più vicina. Quando entrai al pronto soccorso, vidi una bella specializzanda esterna che controllava e valutava diligentemente le condizioni di Art, mentre lui condivideva con entusiasmo quanto accaduto. Art sembrava davvero felice ed energico, sicuramente perché stava parlando con una dottoressa molto bella. 

«Hai effettuato una radiografia?» chiesi alla specializzanda. Lei si girò e mi salutò con un wai. Quello dimostrava che anche se in quel momento non indossavo il camice, mi aveva riconosciuto come Capo residente o un residente dell’ultimo anno.

«Ho già ordinato una radiografia all’addome.»

«Va bene. Sono stato io a eseguire la manovra di Heimlich a questo paziente, ma non posso escludere di avergli rotto una costola.» 

Mi voltai per guardare Art che sembrava stare bene mentre se ne rimaneva lì impalato a fissare la specializzanda senza nemmeno battere ciglio. Non c’era nulla di rotto. Lo sapevo dalla prima volta che avevo aiutato Art.  Il motivo principale per cui li avevo portati all’ospedale non era il ragazzo che in quel momento stava sorridendo alla bella ragazza, ma per il ragazzo che gli stava accanto. 

Tol stava lì, a osservare in modo interessato il monitor dei segni vitali.

«Nong Tol.» chiamai il mio vero obiettivo. Avevo chiesto i loro nomi mentre guidavo verso l’ospedale, non avrei commesso lo stesso errore dell’ultima volta. Tol si girò a guardarmi. 

«Durante l’attesa, vuoi andare a bere un caffè insieme?»

Tol rimase in silenzio per un momento prima di annuire. «Va bene.»

Portai Tol al bar più vicino fuori, dietro il pronto soccorso. Nello stesso modo in cui un’auto non può funzionare senza carburante, il dottor Tin non poteva vivere senza caffè. La caffetteria situata al primo piano dell’ospedale era come una stazione di servizio necessaria a farmi sopravvivere alla giornata. Non era proprio gustoso, ma l’intensità della caffeina mi aveva davvero conquistato. Tol camminava con le mani in tasca, seguendomi in silenzio. Era il tipo di persona che non iniziava per primo una conversazione e iniziai ad abituarmi.

«In che anno di studi sei adesso, Nong Tol?» Feci finta di chiedere, anche se lo sapevo già.

«Sono al quarto anno, sto per laurearmi.»

«Oh, anche io ho quasi finito, intendo il mio percorso di medicina.» Stavo cercando di conoscerlo meglio, sorridendo il più amichevolmente possibile. «Sono davvero molto più vecchio di te, Nong. Presto avrò 30 anni.»

«Già.» Tol ammise brevemente.

«Dopo aver finito l’università cosa vuoi fare? Hai già deciso?»

«Beh… forse lavorò con i miei genitori. Abbiamo un’azienda di famiglia.»

Proprio in quel momento io e Tol raggiungemmo la caffetteria. Ordinai il mio caffè normale e mi girai per chiedere a Tol il suo ordine. Ricordavo della volta in cui Art mi aveva offerto un caffè e Tol aveva ordinato un Iced Mocha, così improgliai. «Ho la sensazione che tu sia un tipo da Mocha. Qui è delizioso, vuoi provarlo?»

Tol era un po’ stordito, guardò esitante il menù prima di annuire. «Prenderò un Mocha con extra zucchero, per favore.»

Quello era un semplice trucchetto. Non importava quanto avesse il cuore di pietra, avrebbe dovuto essere un po’ impressionato. Ci sedemmo ad un piccolo tavolo per due e vidi Tol prendere il telefono. In realtà, avevo appena avuto la possibilità di dare un’occhiata al viso di Tol da più vicino. Era davvero un bel ragazzo, come dicevano tutte le ragazze. Il suo viso era ovale che si adattava bene ai capelli corti e castani e la lunga frangia che gli copriva le sopracciglia. I suoi occhi sottili erano belli e ammalianti. Non era sbagliato dire che era sia bello che affascinante. Sarebbe stato bello avere qualcuno così come mio ragazzo. Era piacevole da guardare semplicemente.

A cosa stai pensando, idiota! Quasi alzai la mano per schiaffeggiarmi la faccia.

«Nong Tol…» Ritirai rapidamente i miei sensi che si erano dispersi. «Pratichi qualche sport?»

«Sì. Per lo più calcio e basket.» Tol rispose con gli occhi ancora fissi sul telefono.

«Anche io gioco a calcio. Mi piacerebbe fare una partita con i junior dell’università. Posso unirmi a voi quando ho del tempo libero?»

«Puoi venire. ​​Ci sono già altri medici che giocano a calcio con noi.» Tol mi guardò. «Ma non gioco da un po’, forse non mi vedrai.»

Feci una faccia sorpresa. «Perché? Ti stai preparando per qualche esame? O non ti senti bene?»

«Mi sono appena ripreso da un raffreddore. Mi sento ancora stanco. Non posso davvero correre molto.» Tol si portò una mano sul petto. «Ma ora va molto meglio. Domani andrò a correre al campo sportivo.»

Cercai di trattenermi dal saltare in piedi ed esultare ad alta voce. Forse quello era il motivo che aveva causato il battito cardiaco irregolare di Tol e al suo cedimento. Le cose stavano procedendo molto bene in questo loop. Non c’era stato alcun errore. Credevo che fosse giunto il momento di porre fine a quel ciclo di inferno. 

«Vuoi fare un controllo medico? Prima stavi bene facendo sport, ma all’improvviso non puoi più farlo perchè ti stanchi facilmente. Ritengo che sia meglio che tu faccia un ECG*

*(N/T: Eco o ECG è un test del cuore che utilizza lo stesso principio degli ultrasuoni. Mostra la struttura del cuore, della valvola cardiaca e può stimare la costrizione di un cuore.) 

In generale, se avessi incontrato un paziente con simili sintoni, ne avrei registrato semplicemente i dati, fatto un controllo fisico e un esame del sangue per vedere i risultati, ma sapevo già di cosa soffriva Tol. Avevo visto con i miei occhi che il suo cuore era molto più grande del normale. Per questo spinsi fin da subito per fargli fare un ECG.

«Ma ora sto meglio. Penso che non ce ne sia bisogno.» Tol rifiutò. Dovevo riuscire a persuaderlo.

«Sarà solo per un momento, Nong. Non ci vorrà molto. Se usi la carta studentesca non dovrai pagare le tasse. Dammi la tua tessera da studente e provvederò a fare il processo per te.»

Tol strinse le labbra con esitazione. «Va bene, ma non farà male, vero?»

Oh Cielo, ha solo paura del dolore. Proprio un ragazzino.

*************

«Merda, mandalo subito in ambulatorio!» Fakfang mi chiamò dopo che le avevo inviato il risultato dell’ECG di Tol per farle dare una controllata. «Prelevagli del sangue e fagli anche una radiografia. Hai eseguito anche un Eco?»

«L’ho fatto. Le contrazioni del cuore non erano così male, ma il muscolo cardiaco è molto grosso.» 

Guardai Tol seduto sul letto al posto di Art, che era passato da paziente a parente di un paziente, poiché non c’era anomalia riscontrata nella radiografia. 

Il pronto soccorso era dotato di una macchina portatile per l’ECG portatile che poteva essere posizionata sul torace del paziente in esame e mostrare il risultato immediatamente. Una volta stampato il risultato, quello che vidi fu un’anomala onda elettrica molto alta. Tol sembrava teso subito dopo aver sentito il risultato.

«Va bene, lo dirò al professore. Magari gli chiederò di fargli fare l’eco al più presto.»

«Sì, lo lascio a te. Grazie mille.»

«Dottore.» Art si rivolse a me. «Cos’ha Tol?»

«Sospetto che Tol abbia un cuore troppo grande, una cardiomegalia.» 

Art guardò sconsolato Tol disteso sul lettino. «Tol mi ha detto che anche suo zio è morto a causa del suo cuore. quindi è terrorizzato di morire.»

L’aver riscontrato la presenza della stessa patologia in un altro membro della famiglia non faceva altro che avvalorare ancora di più la mia diagnosi. Sapevo che il caso di Tol fosse così interessante che Fakfang lo avrebbe sicuramente usato come caso di studio. 

Mi avvicinai a Tol che aveva un’espressione molto ansiosa. Allungai una mano per toccargli il braccio e lui mi guardò.

«Andrà tutto bene. Ti manderò da un cardiologo.» dissi in tono dolce.

Tol guardò il pavimento: «Va bene.»

Il turno pomeridiano di quella volta fu quello in cui mi ero sentito più a mio agio. Anche se i casi erano gli stessi vecchi casi che avevo già affrontato, non mi sentivo stanco. Avevo saputo da Fakfang che Tol non aveva ancora raggiunto la fase del ricovero in ospedale, ma avrebbe dovuto vedere un cardiologo del nostro ospedale, che gli avrebbe dato dei consigli per evitare tutto ciò che avrebbe potuto rappresentare un rischio di infarto fatale. 

In tarda serata ritornai nella sala relax dei residenti per aspettare la mezzanotte. Mi sedetti davanti al computer, e sorrisi felice. Non mi restava che far passare il tempo e aspettare il domani. Avevo già scambiato il turno con Sing, sarei stato in servizio la mattina e avrei potuto incontrare Tol la sera. Lo avrei portato a mangiare fuori e sarei rimasto con lui fino al termine dell’ora cruciale. Allora tutto sarebbe finito magnificamente.

Accesi lo schermo del computer rassegnato a completare le slide per la presentazione del mattino seguente. La prima cosa che trovai fu la pagina Facebook di Sing che non si era disconnesso. Feci il logout ed entrai nel mio account. Volevo dare un’occhiata a Facebook per scacciare la sonnolenza prima di iniziare seriamente il mio lavoro.

Feci scorrere la pagina verso il basso e vidi una foto. Tol era stato taggato in una foto postata da una ragazza. Era un selfie della ragazza con in mano un bouquet di fiori dall’aspetto familiare. Alzai rapidamente gli occhi per leggere la didascalia.

[Ho appena scoperto che è malato. è venuto da me e mi ha chiesto di prendermi cura di lui. Ho accettato. Mi prenderò cura di te. Non dimenticare di prendere le medicine che ti ha dato il dottore!]

Mai l’aveva pubblicata alle dieci di sera. Alzai la mano per strofinarmi il viso. Ciò significava che dopo aver visto il cardiologo, era tornato dritto al campus per chiedere a Mai di essere la sua ragazza. Fissai il bel viso di Mai che sembrava raggiante e felice. Avrei dovuto essere felice per loro. Questi due si erano messi insieme senza che uno dei due se ne andasse prematuramente. Non c’era più nulla di cui avere paura per Mai. Tol di certo non sarebbe morto il giorno dopo.

Il mio sorriso scomparve lentamente. Non sapevo perché, ma sentivo il mio cuore stringersi dolorosamente, come se qualcuno lo stesse legando con una corda.

*********

«Cosa?! Come hai fatto? Hai schivato tutte le pallottole, come se sapessi già cosa ti avrebbe chiesto la Professoressa Maam.» Sing mi abbracciò per le spalle mentre uscivo dalla sala conferenze. «Nessuno è mai sopravvissuto alla professoressa prima d’ora. Sono morti tutti, ma il tuo cadavere è il più carino di tutti.»

«Il più bello.» Spostai il braccio di Sing dalle mie spalle. Normalmente sarei stato di più al gioco, ma mi sentivo sopraffatto dalla sera prima. «Va bene, come vuoi..» Sing si fermò in piedi con le braccia incrociate sul petto. «Non dimenticare la nostra promessa. Ho scambiato i turni con te, e tu compri due biglietti per la luna di miele per me e Nong Pin.»

Sospirai: «Non lo dimenticherò. Te li darò domani.»

Sing mi stava osservando, come se avesse capito che c’era qualcosa che non andava in me. «Perché la tua faccia è così sciupata? Qualcuno ti ha spezzato il cuore o cosa?»

«Perché hai dovuto indovinarlo in questo modo?» Mi voltai e presi il mio badge per metterlo al collo.«La scorsa notte il mio turno è finito alle 3 del mattino, e poi ho attaccato il turno del mattino. Non importa chi, chiunque avrebbe questa faccia come la ho io adesso.»

«No no, perché questa non è mica la prima volta che fai più turni consecutivi. Di solito sembri sempre pieno di energie, ma oggi sembri senza vita, amico.» Sing mi diede un colpetto sulla spalla. «Vuoi parlarne con me? Mi hai aiutato così tanto. Lascia che ti aiuti io adesso.»

«Non c’è niente da aiutare. Ovunque tu debba andare, vai. Più tardi dovrai attaccare con un nuovo turno.» Accompagnai Sing fino alla sala relax prima di aprire la porta e lasciare la saletta degli specializzandi per affrontare la frenesia del mondo esterno. Avevo intenzione di chiamare Tol durante la pausa pranzo per convincerlo a cenare con me, cosa molto improbabile visto che Tol avrebbe potuto essere impegnato con Mai. Avrei invitato anche lei se fosse stato necessario.

Non avrei dovuto rimanerci male dal fatto che Tol avesse chiesto a Mai di essere la sua ragazza e avesse avuto successo. Inizialmente volevo impedirlo solo per far sì che Tol non si preoccupasse di Mai così tanto da dimenticarsi il mio avvertimento, ma ora era nelle cure di un cardiologo. Non era più affar mio con chi uscisse Tol.

Perché il pensarci mi fa sentire di nuovo così giù?

«P’Tin, ho bisogno del tuo aiuto!» La voce di Gap mi riportò alla realtà. Lo specializzando del primo anno era venuto a cercarmi con in mano la cartella di un paziente. «Una paziente di 35 anni, è venuta improvvisamente con LES* e parla in maniera confusa. Il suo LES potrebbe peggiorare, ma non sono sicuro sul farle fare la TAC ora o dopo.»

*(N/T: Lupus Eritematoso Sistemico o malattia autoimmune o epilessia è una malattia del sistema immunitario in cui il sistema immunitario del corpo resiste o distrugge i tessuti e le cellule del proprio corpo invece di resistere o distruggere corpi estranei dall’esterno del corpo.)

«La paziente ha un ictus ischemico. Falle un controllo più approfondito.» dissi severamente. Gap sembrava sorpreso dal fatto che avessi agito in modo più aggressivo del solito.

«Va… va bene, capo.» Gap rispose mezzo spaventato, poi corse di nuovo a cercare la paziente. Mi resi conto di aver rovinato un po’ l’atmosfera. Mi schiaffeggiai il viso per far uscire il solito Tin e andai ad aiutare Gap a esaminare la paziente.

Arrivata l’ora della pausa pranzo mi feci sostituire da Kung, un residente del primo anno che era in servizio quel mattino e che avevo trovato nella sala relax. Presi il telefono per chiamare Tol. Avevo chiesto il suo numero con la scusa di poterlo chiamare di volta in volta per chiedere della sua malattia. A quell’ora Tol stava scendendo al piano terra dell’edificio con i suoi amici, discutendo di andare a mangiare alla Facoltà di Lettere.

«Pronto?» Tol rispose alla mia chiamata. In sottofondo sentivo il chiacchiericcio dei suoi amici. Nel sentire la sua voce, il mio corpo si rianimò come se avessi avuto una scarica di adrenalina.

«Ehm, Tol. Sono io, P’Tin.» Non sapevo perché stavo parlando ad alta voce.

«Sì.» Tol rispose secco, proprio nel suo stile.

«Sei libero stasera? Vorrei invitarti a mangiare qualcosa.» dichiarai subito le mie intenzioni. 

«Ehm…» Tol rimase in silenzio per un po’. «Non credo che sarò libero. Mi dispiace.»

Art una volta mi aveva detto che Tol era andato a mangiare fuori con la sua ragazza. Immaginavo che prima Tol avesse portato a cena fuori la sua ragazza e in tarda serata avesse scelto di fare jogging. Dopo doveva aver preso la moto per andare da qualche parte e improvvisamente aveva perso i sensi, causando l’incidente che lo aveva portato al pronto soccorso. Non ero preoccupato per l’esercizio fisico di Tol perché il cardiologo gli aveva già parlato dei rischi. Volevo solo stare con lui aspettando che tempo passasse solo per tranquillizzarmi.

«Se è così, allora…» dissi in tono molto triste. Sapendo quanto Tol si preoccupasse per gli altri, dovevo usare quella sua debolezza a mio vantaggio. «Posso solo questa sera, non so quando sarò di nuovo libero. Ci terrei molto ad incontrarti. Puoi portare un amico o anche la tua ragazza, nessun problema.»

«Proprio ora ho preso un appuntamento per cenare con la mia ragazza… Devo prima chiederlo a lei. Ti richiamerò.» Tol rispose, almeno non aveva rifiutato.

«Va bene, richiamami dopo.»

«Ok.»

Riagganciai e abbassai il telefono. Guardai la schermata di blocco che mostrava l’ora. Il mio cuore era così vuoto da sentire un nodulo nello stomaco. Essendo un uomo di quasi 30 anni, con una discreta esperienza in fatto d’amore, sapevo bene il significato di quella sensazione. Ma con tutto ciò che stava accadendo in quel momento sentivo che era tutto così sbagliato. Provavo dei sentimenti per un altro uomo. Non riuscivo a credere che fosse vero. Il mio cervello mi ordinava di negarlo. Stordito da quel tentativo, quel sentimento di euforia si trasformò in un senso di vertigini e nausea. 

Presto andrà via. Portai un boccone di riso fritto e gamberi alla bocca e masticai a fatica. Presto avrei dimenticato Tol. Dopo averlo salvato quella sera, non avrei avuto modo di non essere coinvolto nella sua vita.

Tol richiamò dopo meno di cinque minuti dall’ultima chiamata. «Posso venire, ma da solo.»

Sorrisi ampiamente: «Okay. A che ora finisce la lezione? Verrò a prenderti.»

«Finirà alle 14. Quando stacchi dal lavoro, per favore dimmelo. E posso chiederti un piccolo favore?»

«Riguardo a cosa?» Mi sentivo eccitato. Tol non mi aveva mai chiesto qualcosa prima.

«Vorrei chiederti più dettagli riguardo la mia malattia. Ho provato a chiedere al medico, ma ho desistito perchè c’erano molti pazienti. Ha detto che mi avrebbe detto di più al prossimo appuntamento. Per questo voglio incontrarti. Potresti aiutarmi e rispondere alle mie domande? Almeno fino a quando non mi sarò calmato un pò.»

«Certo che posso.» Non avevo mai risposto in maniera più sicura in vita mia. «Sarò di turno fino alle 16. Ti verrò a prendere alle 17.»

«Ti aspetterò in facoltà.» disse Tol. «Grazie mille.»

«Figurati, Nong. A dopo.» Sorrisi distrattamente. Riagganciai e saltai sulla sedia gridando per la gioia. Era così che doveva andare. Questo loop doveva essere sicuramente quello definitivo. Stavo per tornare alla mia vecchia vita. Inoltre quella sarebbe stata la prima volta che riuscivo ad avere un appuntamento da solo con Tol. Non c’era finale più bello di quello.

A parte la piccola sbavatura di Tol che aveva chiesto a Mai di essere la sua ragazza.

Emisi un basso ringhio al solo pensiero. Mi misi di nuovo a sedere per finire il mio pranzo che non era mai stato così gustoso prima. Mi odiavo davvero per essere in quel modo. Era solo una sensazione temporanea. Probabilmente ero single da così tanto tempo che avevo cominciato a sentirmi solo, quindi il mio cervello aveva deciso di girare in modo sbagliato. Forse era arrivato il momento di trovarmi una nuova ragazza. 

************

Portai Tol nello stesso ristorante del loop precedente, ma quella era la prima volta per Tol. Poteva suonare strano, ma era proprio così. Il mio punto di vista e quello di Tol erano molto diverse. Per lui, ero una persona che conosceva da soli due giorni. Ma per me era qualcosa di più. Quante volte ero rimasto bloccato in quel loop di due giorni? Era impossibile per Tol sapere quanto bene lo conoscessi. 

Condussi Tol al tavolo che avevo prenotato. Sorprendentemente, avevo ottenuto lo stesso tavolo della volta precedente. Invitai Tol a sedersi senza scostargli la sedia né gli versai l’acqua proprio come mi aveva suggerito la mia amica. Ordinammo piatti diverse dopodiché aspettammo. Non dimenticammo di ordinare la specialità del posto, la pizza a tre formaggi.

«Ehm, ti ho portato questo.» Mi girai per aprire la borsa a tracolla e prendere alcuni documenti che avevo fotocopiato da un libro di testo medico scritto in thailandese. «Utilizza un linguaggio medico. Potresti non capire molto. Se lo leggi e non comprendi qualcosa, puoi dirmelo. Questo è un articolo sull’approccio americano alla diagnosi e al trattamento. È in inglese. Queste sono il tipo di cose che leggo di solito. Tienile, anche solo da leggere nel tempo libero.»

Tol prese i documenti e li fissò: «Anche solo quello in tailandese è abbastanza complicato, Phi.»

«Beh, te lo spiego io.» Mi ci volle circa un quarto d’ora per spiegargli cos’era la cardiomegalia. La maggior parte delle sue domande riguardavano il trattamento e la possibilità di guarire e condurre di nuovo una vita normale. Tol mi chiese anche se avesse avuto bisogno di un trapianto di cuore, ma potei solo spiegargli che al momento doveva solo fare un trattamento di farmaci per controllare i sintomi e per evitare di sviluppare altre patologie come il diabete, il colesterolo alto, la pressione alta, ed evitare un eccessivo esercizio fisico. Gli ribadii che tutto sarebbe stato sufficiente a rendere la sua aspettativa di vita uguale a quella di una persona sana.

Dopo aver finito di mangiare accompagnai Tol al parcheggio. Erano le 19, ciò significava che mancavano circa tre ore all’incidente. Mi rivolsi a Tol. «Più tardi vuoi mangiare uno snack, un gelato o un bingsu*? Offro io.»

*(N/T: è un tipo di dolce.)

«Va tutto bene, Phi. è meglio se torno a casa.» rispose Tol.

Aggrottai le sopracciglia. In un momento pericoloso come quello non potevo perdere di vista Tol. «Puoi portare anche la tua ragazza a mangiarlo con noi.»

Sapevo che con la mia insistenza stavo facendo sentire Tol di nuovo a disagio, infatti stava ancora cercando di rifiutare educatamente anche se il suo volto era completamente sconcertato dal mio comportamento. «Grazie, ma hai già fatto tanto.»

Sospirai profondamente. Avrei voluto davvero lasciare andare Tol, ma dopo tutto quello che avevo passato non mi fidavo più di niente o nessuno. Mancavano solo tre ore e sarebbe potuto accadere di tutto. «Posso chiederti di rimanere con me solo per oggi? Dopo questo, non ti disturberò più inutilmente.»

Tol rimase in silenzio e mi guardò con sospetto e sconforto. Stava cercando di decidere se tornare al suo comodo e caldo letto nel suo dormitorio o andare in un posto sconosciuto con uno strano medico di cui era diffidente. Pensavo che Tol avrebbe scelto di sicuro la prima opzione, convinto che avrebbe insistito per tornarsene a casa, ma per primo disse: «Posso venire con te.»

Mi lasciai sfuggire un fugace e sottile sorriso tanto rimasi sollevato dalla sua risposta. Non sapevo dove lo avrei portato, ma doveva essere un posto in cui avremmo potuto passare tre ore senza che Tol si annoiasse. «Andiamo a vedere un film.»

*************

«Penso che se il protagonista non fosse stato così impaziente, il finale sarebbe stato migliore. Forse il pubblico preferisce un finale con un cliffhanger*, proprio come quei film americani che amano lasciare il finale aperto in modo da poter avere un sequel. Ma in generale mi è piaciuto. La grafica andava bene e le colonne sonore non erano male. Immagino che dovrò scaricare quelle canzoni sul mio cellulare per ascoltarle meglio più tardi.»

*(N/T: Il cliffhanger, traducibile con finale sospeso, è un espediente narrativo usato in letteratura, nel cinema, nelle serie televisive o nelle opere videoludiche, in cui la narrazione si conclude con una interruzione brusca in corrispondenza di un colpo di scena o di un altro momento culminante caratterizzato da una forte suspense

Ascoltavo Tol mentre uscivamo dal cinema. Quando si trattava di film, sembrava una persona diversa, il che mi sorprese parecchio. Reggevo ancora la scatola dei popcorn avanzati e Tol stava bevendo la bibita che aveva preso prima del film. Mi guardai intorno per controllare che fosse tutto a posto. Le persone che di solito si recavano al cinema a quell’ora erano per lo più adolescenti o coppie. Vidi una coppia che camminava davanti a noi, tenendosi per mano. In quel momento sentii la mia mano prudere.   

«Ti piace guardare film?» Mi voltai per chiedere al giovane studente che camminava accanto a me.

«Mi piace molto. Amo i film d’azione, di guerra, di fantascienza e quelli dei supereroi.» rispose Tol, i suoi occhi erano fissi sulla locandina di un film d’azione che stava per uscire.

«E i film romantici? Che mi dici di film del genere?» Pensavo che il gusto di Tol nei film fosse molto infantile. Non era come me, che amavo guardare i melodrammi. Molti film romantici thailandesi erano ben fatti. Avevo anche versato qualche lacrima nei cinema. Del resto bisogna saper apprezzare la storia di una vita dura, giusto?

«Li guardo solo se la mia ragazza mi costringe a farlo. Ma la maggior parte delle volte mi addormento e lei si arrabbia con me.» Tol si voltò a guardarmi. «Phi, la tua ragazza si è mai arrabbiato con te per una cosa del genere?»

Tol mi stava invitando a parlare! «Per lo più su questioni non legate ai film, ma su altro. La mia ex diceva che mi comportavo come una figura pubblica al punto da non prestarle attenzione. Beh, non potevo sopportare di vedere la gente soffrire senza dargli una mano. Ho sempre dovuto trovare un modo per aiutare.» sospirai: «Quando è diventato troppo, lei non è riuscita più a sopportarlo.»

Tol mi fissò in silenzio per alcuni istanti prima di parlare. «Non dovremmo essere noi quelli che si sacrificano tutto il tempo, non credi?»

Sorrisi leggermente: «Giusto.»

Prendemmo con l’ascensore per raggiungere il parcheggio posto al piano di sotto. Guardai l’orologio al polso, erano circa le 21. Era arrivato il momento di accompagnarlo al dormitorio. Aperta l’auto con il telecomando, salii al posto di guida mentre Tol si accomodava sul sedile del passeggero accanto. Le sue dita, però, stavano digitando sullo schermo del suo telefono da diversi minuti. Credevo che fosse un comportamento normale per i giovani della sua età. A dire il vero, era un tipo di comportamento che si era diffuso a persone di tutte le età, tanto da pensare che la nostra società sarebbe diventata una in cui le persone sapevano solo tenere la testa china sul proprio cellulare.

«Stiamo andando a casa, giusto?» chiese Tol.

«Sì. Dove devo lasciarti?»

«Per favore, riportami in facoltà.»

Inarcai le sopracciglia. «Non torni al dormitorio?»

«Ho parcheggiato la mia moto in facoltà.»

«Va bene.» Inserii la marcia e iniziai a guidare. Tol era tornato ad essere la persona taciturna a cui ero abituato. Tutta la sua attenzione era sullo schermo del telefono. Di tanto in tanto lanciavo uno sguardo a Tol. Il mio cuore svolazzava come se fosse pronte a saltare fuori dal petto. Immaginai che fosse dovuto all’eccitazione che il momento pericoloso stava per terminare. Ero entusiasta al pensiero di svegliarmi in un nuovo giorno. Mi resi conto allora di quanto fosse meraviglioso non sapere cosa ci avrebbe riservato il domani.

Lasciai Tol in facoltà alle 21 e mezza. Guardai l’edificio della facoltà con le luci del pianterreno ancora accese dato che dei ragazzi erano ancora seduti a studiare. Tol si voltò per ringraziarmi e poi aprì la portiera. Mentre stava per uscire dalla macchina, allungai velocemente la mano e gli afferrai il braccio. Lui si girò a guardarmi con un’espressione leggermente sorpresa.

«Abbi cura di te, per favore.» Quelle parole erano probabilmente il miglior addio possibile. Non avrei potuto sperare in nient’altro. Solo il pensiero di poterlo vedere in buona salute e vivere felicemente la sua vita, mi rendeva già molto felice. Tol strinse le labbra e annuì prima di uscire dall’auto. Lo guardai mentre entrava nell’edificio, portava il telefono all’orecchio e faceva un cenno di saluto a qualcuno che stava studiando lì. Rimasi lì a guardare fino a quando non scomparve dalla mia vista. Non c’era nulla di cui preoccuparsi. Il mio dovere era finito.

Ma, per favore, solo un altro po’. Sarei rimasto seduto lì fino alle 22. In seguito avrei chiamato per l’ultima volta Tol per la pace della mia mente. Abbassai il finestrino e spensi il motore, poi presi il telefono per controllare l’ora. Sing probabilmente era occupato con il caso del paziente asmatico e della sua intubazione. Tuttavia, non ci sarebbe stato alcun caso di un giovane che aveva avuto un incidente stradale che avrebbe reso più occupato Sing.

Sei fortunato, Sing.

Rimasi seduto lì solo per cinque minuti finché non udii l’urlo di una ragazza che mi colpì le orecchie.

Mi girai rapidamente a guardare l’edificio della scuola, i ragazzi che erano seduti a studiare solo un attimo prima si erano alzati. Corsi fuori dall’auto senza aspettare oltre andando verso gli studenti che guardavano nella stessa direzione con un’espressione agitata.

«Cosa è successo?» chiesi al ragazzo più vicino.

«Sembra che ci sia una rissa laggiù.» Mi rispose e non molto tempo dopo arrivò una giovane ragazza di corsa al piano terra dell’edificio.

«Ragazzi! Tol e  l’ex-ragazzo di Mai si sono appena incontrati!!» urlò lei con un’espressione ansiosa.

Sentirlo mi fece venire la pelle d’oca su tutto il corpo. Corsi velocemente da lei: «Dove Sono?!» chiesi in preda al panico.

«A… Al campo da basket.» rispose lei e indicò a destra.

Mi precipitai nella direzione indicatami senza ringraziarla. Maledizione. Quella parola continuava a ripetersi nella mia mente. Pensavo di aver risolto il problema, ma la questione con l’ex di Mai non lo avevo previsto perchè mi ero concentrato esclusivamente sulla malattia cardiaca di Tol. Quando arrivai lì, non vidi nessuno al campo da basket. Mi girai intorno e cercai qualcuno che potesse essere Tol o l’ex-ragazzo di Mai. L’urlo che avevo sentito prima era probabilmente la voce della ragazza. Sentii i passi di qualcuno che correva dietro di me. Mi voltai velocemente per dare un’occhiata. Anche se la luce era fioca, subito riconobbi di chi si trattasse già al primo sguardo.

Tol stava correndo!

«Tol!!» Urlai. Lui si fermò di colpo e si voltò a guardarmi, Stava ansimando pesantemente. 

«Non correre così!! Hai dimenticato della tua malattia al cuore o cosa?!!»

«L’ex-ragazzo di Mai…» Tol non riusciva nemmeno a formulare una frase completa mentre cercava di prendere fiato. La sua espressione sembrava arrabbiata. «Lui…è venuto…a portare… via… Mai.» Poi si girò e iniziò di nuovo a correre, ma ad una velocità drasticamente inferiore.

Avrei tanto voluto tagliarmi la testa e lanciargliela contro, ma potevo solo sbrigarmi il più velocemente possibile con le mie lunghe gambe. Continuavo a chiamare Tol, chiedendogli di smettere di correre, mentre si dirigeva verso il parcheggio delle moto sul lato dell’edificio. 

«Tol! Fermati!» Finalmente lo raggiunsi. Tol  era a soli pochi passi dalla sua moto parcheggiata. Lo abbracciai forte impedendogli così di correre ulteriormente. Ero riuscito a fermarlo facilmente, poi Tol cadde in ginocchio, respirando pesantemente e tossendo come se avesse corso per dieci chilometri.

«Calmati, respira lentamente.» Mi accovacciai accanto a lui e gli accarezzai la schiena. Tol scosse la testa, come se volesse dire qualcosa, ma era troppo stanco per parlare. Un brivido mi percorse la schiena. 

Quindi, la causa dell’insufficienza cardiaca di Tol che ha portato all’incidente stradale non è stata l’esercizio fisico, ma l’ex di Mai?

Alla fine, Tol non riuscì più a tirarsi su. Crollo a terra con un’espressione dolorosa. Urlai il suo nome e mi precipitai a compiere una valutazione medica. Gli diedi varie pacche sulla spalla e lo chiamai ripetutamente. Tol sembrava ancora vigile. Aprì gli occhi e mi guardò come se volesse qualcosa. Presi rapidamente il telefono per chiamare un’ambulanza, tenendo anche il polso di Tol per controllare il suo battito cardiaco.

Il cuore di Tol batteva era così veloce ma rischiare una crisi.

Non appena il personale medico rispose alla chiamata, parlai immediatamente. «Salve, sono il Dottor Tin. Sono il residente del pronto soccorso e richiedo un’ambulanza presso l’edificio della Facoltà di Economia aziendale. Il paziente è un maschio di 23 anni, caso noto HOCM. In questo momento è senza fiato, potrebbe perdere i sensi. Si stima che la frequenza cardiaca sia di circa 180 battiti al minuto. È urgente!» dissi disperato. Dopo aver terminato la chiamata, mi voltai per esaminare di nuovo le condizioni di Tol.

«Tol!» Gli diedi una pacca sulla spalla. Tol teneva gli occhi ben chiusi, facendomi venire voglia di urlare di rabbia. Alzai la mano per sentire le pulsazioni sul collo. Era ancora vivo, ma il suo battito era debole e veloce. Non potevo fare molto se non sistemarlo su un fianco per evitare che la sua lingua ostruisse le vie respiratorie. Pregai che l’ambulanza arrivasse presto. Se fosse arrivata, avrei avuto tutte le medicine e gli strumenti necessari per salvare Tol.

Improvvisamente la mia vista si offuscò. Alzai la mano per strofinarmi gli occhi. 

Non è ancora il momento, Tin. Tol non è morto. Non è ancora morto.

Alcuni studenti accorsero verso di noi dopo aver notato cosa stava succedendo. Mi voltai a guardare i ragazzi che sembravano estremamente presi dal panico. Allungai una mano per sentire ancora una volta il battito sul collo di Tol ed emisi un lungo sospiro quando sentii qualcosa pulsare sotto le mie dita. Guardai il corpo di Tol che giaceva a terra incosciente, ma ancora vivo. Il mio cuore si sentiva come se fosse stato schiacciato da un macigno alla sua vista.

Dopo dieci minuti, udii il suono familiare di una sirena di una sirena in lontananza e iniziai a sentirmi sollevato. Afferrai le mani di Tol, le strinsi e mi chinai per parlare al suo orecchio. «L’ambulanza sta arrivando. Resta con me per favore.»

Gap fu il primo ad arrivare con una borsa ingombrante, seguito da un’infermiera e un paramedico. Gap mi chiamò in tono scherzoso: «Cosa succede? Non sei di turno, ma hai comunque chiamato per un caso.»

Non è affatto divertente, accidenti! Quante volte ancora devo insegnargli l’etica professionale? Ti sei laureato in medicina da diversi anni e ancora ti comporti come un ragazzino? Non riuscivo a capire perché a Pin piacesse qualcuno così.

«Ti conviene tacere e smetterla di parlare in questo modo quando lavori. Non è professionale. La nostra professione richiede credibilità. Quando sei in campo, non comportarti come un bambino in un parco giochi.»

Le mie parole e la mia espressione lasciarono senza parole sia Gap che l’infermiera. L’amorevole e gentile Dottor Tin era scomparso. Comprendevo appieno i sentimenti dei parenti dei pazienti quando un medico o un’infermiera non si comportava come se non prendessero sul serio il trattamento, faceva davvero male…

«Io… Mi dispiace, Phi.» Anche il titolo onorifico con cui Gap mi chiamava era cambiato per rispetto. Gap si sedette immediatamente accanto a Tol, mentre l’infermiera tirò rapidamente fuori dalla borsa il saturimetro per controllare il livello di ossigeno del paziente. 

«Come sta il paziente?»

«Sbrigati a farlo salire sull’ambulanza. Ti fornirò maggiori dettagli più tardi.» Diedi un’occhiata al livello di ossigeno nel sangue di Tol e sembrava normale. Anche la sua pressione sanguigna non era poi così male, ma il suo battito cardiaco, che era pericolosamente veloce, doveva essere trattato con urgenza. Esaminai il posto in cui ci trovavamo e pensai che avremmo dovuto andare al pronto soccorso per le cure, poiché non era molto lontano da lì. 

Divenni automaticamente il caposquadra dell’equipe per il trasporto di quel caso. Gap si comportava in modo più diligente del solito poiché era stato appena rimproverato da me. Tenni la mano di Tol lungo tutto il tragitto mentre l’ambulanza sfrecciava lungo le strade ignorando i vari semafori rossi. Maledissi ogni macchina che si rifiutava di farci stada. 

I miei occhi erano fissi sullo schermo del monitor ECG.

Portammo Tol in ospedale alle 22:25 ed era ancora vivo.

***********

«Dottore, dottore…» Una dolce voce risuonò nelle mie orecchie mentre una mano mi scosse piano una spalla. Aprii lentamente gli occhi. La prima cosa che i miei sensi percepirono fu il debole odore di antisettico, seguito dal bip costante del monitor accanto al paziente. Mi sollevai a sedere composto sulla sedia e fissai in silenzio la figura che giaceva di fronte a me per un po’ prima di rivolgermi all’infermiera che mi aveva svegliato.

«Io… Ho dormito a lungo?»

«Non molto, solo una decina di minuti. Ci stavamo chiedendo da tempo se fosse il caso di svegliarla o meno.» 

L’infermiera sorrise dolcemente.Indossava un’uniforme da infermiera con un lungo camice blu, che era l’uniforme da lavoro dei senior che lavoravano nel reparto di terapia intensiva o nell’unità di terapia intensiva cardiaca. La donna guardò la mia mano che era posata sulla mano del paziente, rifiutandosi di lasciarla andare.

«Dottore, dormirà nella stanza dei medici? Potrebbe esserci ancora posto anche con i residenti che sono di turno.»

«Ah… Ehm, sto bene. Farei meglio ad andare ora.» Lasciai rapidamente andare la mano di Tol prima di massaggiarmi il naso e alzarmi. Guardai l’ECG e il livello di ossigeno nel sangue, poi controllai di nuovo il battito cardiaco e la pressione sanguigna per essere sicuro prima di uscire dalla stanza. Presi il telefono per guardare l’ora. Erano le 3:50 del 19 marzo. Era quasi la mattina del giorno dopo. Varcai la porta del reparto di terapia intensiva con un ronzio di voci che mi seguiva.

«Il paziente è il fidanzato del medico del pronto soccorso?»

«Probabile. Poverino. Ho sentito che è stato lui a soccorrerlo e a portarlo in ospedale.»

Se volete tanto spettegolare, aspettate almeno che la porta si chiuda. Andai verso l’area di fronte all’ascensore, premetti il pulsante e guardai distrattamente il numero di piano che cambiava. Quello che era accaduto nelle ultime quattro ore mi aveva reso oltremodo esausto.

Quando Tol era finalmente arrivato al pronto soccorso, era stato poi defibrillato da me per stabilizzare il suo cuore, che batteva così forte da raggiungere quasi i duecento battiti al minuto. Dopodiché, il battito cardiaco di Tol era tornato alla normalità, ma continuava comunque a non svegliarsi. Successivamente era stato intubato. Mentre aspettavamo che il cardiologo arrivasse e valutasse per prepararlo alla terapia intensiva, il cuore di Tol aveva smesso di battere. Fortunatamente, Sing era riuscito a ristabilire il battito cardiaco, mentre io ero stato trascinato fuori dall’area di trattamente dalle infermiere perché avevo iniziato a dare di matto e urlare. 

Tol era stato poi trasferito nel reparto di malattie gravi non appena i suoi sintomi si erano stabilizzati. I genitori di Tol, accorsi dopo la chiamata dall’ospedale, erano rimasti accanto a lui fino alle 2 del mattino, mentre io stavo seduto dietro il bancone delle infermiere e guardavo da lontano. Dopo che il padre e la madre di Tol erano andati via per riposare, avevo preso il loro posto, sedendomi sul bordo del suo letto. Gli avevo preso la mano e lo avevo guardato in viso. Non era più ricoperto di sangue come prima, ma lo stato di incoscienza e il tubo respiratorio non erano diversi da come erano prima. 

Dopo essermi svegliato, nella mia testa vi erano solo due scelte. Da un lato, volevo ripristinare gli eventi per correggere ciò che avevo tralasciato, iniziando dunque un nuovo loop, ma d’altra parte, volevo che il loop andasse avanti. Tol poteva essere ancora vivo per il momento, ma in futuro, che si sarebbe ripreso completamente o meno, avrebbe dovuto attendere un’altra valutazione da un neurologo.

Per prima cosa, dovevo tornare a dormire come negli altri loop e vedere se l’evento si sarebbe ripristinato se Tol non fosse morto quel giorno. Entrai nell’ascensore che si aprì davanti a me. Avevo programmato di fermarmi al pronto soccorso per chiedere delle medicine. Avrei dovuto usare forti sonniferi se volevo dormire un po’ quella notte. 

**********

«Aiuto…»

«Aiuto!»

La voce di una giovane donna venne udita in lontananza da un ragazzino di undici anni mentre stava costruendo un castello di sabbia con suo padre. Suo padre si alzò per cercare la fonte della voce con un’espressione sorpresa.

«Cosa è successo?!» chiese il padre, facendo alzare il ragazzo per la preoccupazione. Una donna gli corse incontro. Il ragazzino riconobbe la donna, era un’amica di sua madre.

«Mio… mio figlio sta annegando! Dottor Tul, Oat lo ha già aiutato ad arrivare a riva, ma non si è svegliato! Per favore, lo salvi!» La ‘zia’ afferrò il braccio di mio padre. I suoi occhi erano tutti rossi. Gli occhi del ragazzo si spalancarono per lo shock.

«Lui è annegato?!» gridò il ragazzo, prima di correre verso il mare senza ascoltare l’avvertimento di suo padre. Quello che vide fu una minuscola figura di un bambino di quasi cinque anni sdraiato immobile sulla sabbia con il padre seduto accanto a lui, fradicio.L’uomo stava cercando di scuotere il figlioletto per svegliarlo. Si voltò freneticamente, non sapendo cosa fare.

«Un attimo fa stavamo giocando insieme…» La voce del ragazzino tremava. Successivamente, vide suo padre, noto anche come Dottor Tul, che si precipitava verso il corpo del piccolo e togliersi la giacca.

Subito dopo provai una sensazione soffocante come se stessi annegando. Fui svegliato di soprassalto dal miagolio di Zebra, il mio gatto, che mi saltava sempre sul petto ogni mattina alla stessa ora. Era così puntuale che potevo usarlo come sveglia. Mi misi a sedere, sentendomi come se la mia testa fosse così pesante da farmi male. Poteva essere dovuto al sonnifero e all’aver dormito solo per poche ore. Avevo sognato un evento che sembrava essere accaduto in passato. Potevo vagamente ricordare che quando ero in quinta elementare, i miei genitori mi avevano portato nelle isole meridionali. Poi era accaduto qualcosa di cui non avevo memoria. 

Presi il telefono e guardai lo schermo. Erano ormai le 7 del mattino del 19 marzo. Il giorno dopo che Tol era finito al pronto soccorso. Sbattei le palpebre un paio di volte e guardai lo schermo. Subito mi ricordai di Tol perché quella mattina non era l’inizio di un nuovo loop. Il tempo era avanzato come di norma..

Era finito. Quell’infinito e infernale loop era finalmente terminato, eppure non provavo alcun briciolo di felicità.

*************

Devetti trascinare il mio corpo mezzo addormentato, a causa della privazione del sonno e ancora sotto l’effetto dei sonniferi, al lavoro alle 8 del mattino al posto di Sing, che mi aveva sostituito la sera prima. Quando aprii la porta del pronto soccorso, tutti i medici e gli infermieri si voltarono a guardarmi, interrompendo per un istante le loro attività. Andai silenziosamente verso lo spogliatoio, mi tolsi il cappotto e indossai un’uniforme blu scuro. Quando uscii, una giovane donna mi si avvicinò. I suoi capelli erano raccolti in una coda di cavallo mentre le sue labbra erano pallide poiché non indossava il rossetto. Era Kung, una residente del secondo anno. Era la persona che era rimasta nel turno di notte dopo Sing, quindi era a conoscenza di tutti gli eventi durante il turno. 

«Stai bene, P’Tin?» mi chiese Kung con un’espressione preoccupata. «Come sta quel ragazzo?»

«Stabile.» Inspirai. «Passami pure le cartelle con tutti i casi rimanenti del tuo turno.»

«Il mio turno non è stato molto impegnativo, quindi sono rimasti solo due casi. C’è un giovane proprio lì. Era ubriaco ed ha avuto un’incidente stradale. È finito fuori strada e ha colpito il suolo con la spalla, riportando una lussazione anteriore. L’abbiamo appena rimessa al suo posto. Devo chiederti di dare un’occhiata alla lastra dopo averla sistemata. L’altro caso riguarda un anziano di 80 anni. La malattia di base è il diabete. Arrivato con una parte del viso distorto dopo essersi svegliato. Il suo braccio sinistro è debole. Ho fatto una TAC. Ha mostrato che si trattava di un ictus. Ho appena chiamato e parlato con il dipartimento di medicina interna.»

Annuii. Per la prima volta dopo molti giorni che avevo modo di occuparmi di nuovi casi che non avevo mai visto prima. «Va bene, grazie mille. Puoi andare a riposare.»

Kung annuì. Sembrava più esausta del solito a causa del potere del turno di notte. «Allora me ne vado, Phi.» Si voltò per sbadigliare e andò dritta nella sala relax. Mi girai per capire chi fosse di turno insieme a me. C’erano due esterni e un residente del primo anno chiamato Pong. Quella mattina il Pronto Soccorso avrebbe avuto una squadra tutta maschile.

«Ogni esterno prenda un caso.» Cercai di tornare ad essere di nuovo il gentile Tin, anche se non lo ero al 100%. «Se avete qualche dubbio, potete rivolgervi a me o a Pong. Cominciamo.»

*************

«Ha già un’ipossia cerebrale*, avvenuta quando ha avuto quell’arresto cardiaco.» disse il professor Poj, indicando la TAC del cervello di Tol sullo schermo. 

*(N/T: l’ipossia cerebrale è una condizione in cui vi è una diminuzione dell’apporto di ossigeno al cervello anche se vi è un flusso sanguigno adeguato.)

Avevo incontrato il professore di neurologia mentre stavo visitando Tol, così avevo colto l’occasione di chiedergli delle sue condizioni. «Da quello che vedo non penso sia così grave, ma è difficile da dire tra quanto si riprenderà in futuro. Dovremo aspettare e vedere. Dobbiamo fare anche un altro elettrocardiogramma.» 

«Va bene, professore.» Guardai il monitor con un’espressione triste sul viso. Il professor Poj si allungò per darmi una pacca sulla spalla.

«Ho sentito la notizia. Sii forte, ragazzo. Ho visto casi peggiori di questo. Puoi andare a stare con lui. Quando la persona amata resta accanto al paziente ogni giorno in questo modo, il paziente in qualche modo lo avverte. Migliorerà di sicuro.»

Le mie sopracciglia si inarcarono nel sentire le parole di incoraggiamento del professore. Probabilmente si era diffusa la falsa notizia che ero il ragazzo di Tol. Soprattutto il fatto che lo avessi portato io lì, che aveva aggiunto più drammaticità alla storia. «Non sono…»

«Oh, P’Tu, salve.» Il professore non riuscì a sentire le mie parole perché si era invece rivolto a rendere omaggio alla caposala del CCU. Sospirai e lasciai la postazione delle infermiere diretto al letto di Tol che era vicino ad una finestra. Trascinai una sedia per sedermi nello spazio accanto al letto e guardai il viso di Tol che dormiva ancora profondamente. 

Starebbe meglio se ci fosse qualcuno che ama accanto a lui, giusto? Allora dove diavolo è finita Mai?

Rapidamente mi scrollai di dosso quel pensiero negativo. Forse Mai era già venuta a trovarlo mentre io ero in servizio. Sistemai la camicia di Tol che sembrava un po’ in disordine, misi in ordine il tubo della flebo che era stato lasciato in giro e mi voltai a guardare il respiratore per controllare che fosse posizionato correttamente. Essere in grado di fare quelle piccole cose mi fece sentire bene. Ero felice di potermi prendere cura di qualcuno, specialmente della persona per cui avevo un posto speciale nel cuore..

Il mio telefono cominciò a vibrare nella mia tasca. Lo presi e lessi il nome sullo schermo prima di rispondere. «Cosa c’è, dottor Tul?»

«Salve, dottor Tin.» La voce profonda dall’altra parte del telefono mi salutò. «Lavori?»

«No.» Mi lasciai sfuggire un sorriso. A me e mio padre era sempre piaciuto chiamarci così fin dal giorno della mia ammissione alla Facoltà di Medicina. Mio padre era un medico di famiglia tradizionale che poteva fare di tutto, dal taglio cesareo all’appendicectomia. Per vent’anni era stato il direttore di un ospedale comunale ed era stato l’idolo della gente del posto. Ora il famoso dottor Tul si era già ritirato per lavorare come marito a tempo pieno, ma di tanto in tanto, usciva ancora per controllare gli abitanti dei villaggi nelle zone rurali.

L’unica ferita nel cuore di mio padre era la perdita della sua prima figlia. Quello poteva essere il motivo per cui continuava ancora a lavorare come medico, ed era per questo che anche io avevo deciso di studiare medicina d’urgenza.

«Allora, puoi per favore inviami il file PDF del libro di testo che ti ho chiesto? Non me l’hai ancora inviato.» disse mio padre con voce severa.

«Oi, me ne sono dimenticato. Sono stato impegnato ultimamente.» 

Allungai la mano per posizionare correttamente il saturimetro che era scivolato dal dito di Tol. «Ma perché parli come se fossi un funzionario del governo?»

«Ti sto chiamando durante il controllo di un paziente. Se il paziente sapesse che sto parlando con mio figlio, potrebbe trovarlo inappropriato.»

«Ma se parli ad alta voce come stai facendo adesso, il paziente può sentire tutto.»

«Beh, hai ragione.» Mio padre rise. Scossi la testa. Era chiaro da chi avessi preso la mia ridicolaggine. «Non dimenticare di inviarmelo, dottor Tin. Se non tengo aggiornato le mie conoscenze il mio cervello potrebbe atrofizzarsi. Provo pietà per i pazienti che devono essere curati  con la conoscenza di dieci anni fa.»

«Va bene, te lo mando questa sera. Sono occupato adesso.»

«Ok. Aspetta, Tin…» Stavo per terminare la chiamata quando mio padre mi trattenne a telefono. «Tua madre mi ha detto che il figlio di zia Pang e zio Oat ha una malattia cardiaca. Sono nel tuo ospedale?»

Mi accigliai nel sentire quei nomi estranei. «Chi sono zia Pang e zio Oat?»

«Giusto, è passato molto tempo e forse non te li ricordi. Zia Pang è una cara amica di tua madre. Andavamo spesso insieme al mare. A quel tempo avevi circa 11 anni. Zia Pang ha un un figlio più piccolo di te che portava con sé, ma la loro famiglia si è poi trasferita a Bangkok, quindi non abbiamo più avuto la possibilità di incontrarci di nuovo.»

Spalancai gli occhi e mi voltai a guardare il viso di Tol. «È stato quando suo figlio è quasi annegato?»

«Sì, quello che ho salvato. È stato ricoverato per tre giorni.» Poi mio padre rise così forte  da farmi accigliare, chiedendomi cosa ci trovasse di così divertente. «A quel tempo, il Dottor Tin gli voleva molto bene perché era carino come una bambina. Durante il periodo in cui si trovava ricoverato, eri così depresso perché pensavi di non esserti preso cura di lui. Non appena si è ripreso, siamo andati a rendere omaggio ai monaci al tempio sul mare.»

Il mio cuore iniziò a battere più forte. «…Credo di ricordare qualcosa.»

«Hai preso la sua mano e vi siete avvicinati all’antica statua di Buddha che gli abitanti del villaggio ritenevano sacra e hai detto…» Mio padre disse ridendo: «’Ti proteggerò dalla morte finché non ci sposeremo!’ Tua madre ed io siamo riusciti a fatica a staccarti da lui al tempo.»

Per poco non mi strozzai nel sentire le parole di mio padre. 

«Oh, è da un po’ che ti sto raccontando la storia. Volevo dire che si tratta di quel bambino, beh, ora sarà diventato un bel giovanotto. Puoi andare a controllare se c’è un giovane che potrebbe essere il figlio di zia Pang ricoverato nel tuo ospedale? Ho sentito che è intubato, quindi dovrebbe essere in terapia intensiva o in cardiologia.»

Le mie mani iniziarono a tremare in modo incontrollabile. I miei occhi erano fissi sul viso di Tol. «Quel bambino… come si chiama…?»

«Ricordo solo il suo diminutivo. Aspetta, dopo chiamerò sua madre per chiedere il suo nome completo.»

«Il diminutivo va bene comunque…» Il mio cuore stava decisamente battendo più velocemente del normale.

«Tol.» rispose mio padre. «Il suo diminutivo è Tol.»

*********

«Sei davvero Tin?» Zia Pang si avvicinò a me con un’espressione sbalordita. Toccò il mio corpo qua e là incredula prima di stringermi in un forte abbraccio. Mi chinai per abbracciarla dolcemente, poi si staccò da me e mi guardò. Io e Zia Pang ci eravamo incontrati nel reparto di terapia intensiva quando ai parenti era permesso di visitare i pazienti. Andai immediatamente da lei per riferirle che ero il figlio del Dottor Tul e di Kan. Sembrava molto contenta. «Non ti vedo da quando eri solo un bambino. Ora sei un affascinante giovane dottore.»

Sorrisi imbarazzato al suo complimento. «In realtà, ti ho vista ieri sera. Mi dispiace davvero, non sapevo che fossi zia Pang.»

La donna di mezza età davanti a me scosse la testa. «Va tutto bene. Anche tu sei cresciuto così tanto. Nemmeno io ti ho riconosciuto.»

«Dov’è Zio Oat?» chiesi.

«Sta lavorando, arriverà tra circa un’ora.» Zia Pang si asciugò le lacrime. Mi precipitati per prendere un fazzoletto e glielo porsi. «Grazie.» Si asciugò silenziosamente le lacrime; per un momento sembrò cercare di calmarsi prima di continuare: «Grazie per aver portato Tol al pronto soccorso. Se non fosse stato per te, non so come starebbe in questo momento.»

Scossi la testa. «Sono molto felice di averlo potuto aiutare, ma devo scusarmi perché ho potuto fare così poco.» Guardai Tol con occhi tristi. «Penso che avrei potuto fare di meglio.»

Zia Pang mi prese la mano e la strinse per incoraggiare nonostante fosse lei la persona che probabilmente aveva bisogno di sostegno morale più di me. «Ho visto come ti sei preso cura di mio figlio fin dall’arrivo al pronto soccorso. Hai lo stesso talento del dottor Tul.» 

Ammiravo davvero la sua forza d’animo. Non era la prima volta che parlavo con lei. Le avevo parlato diverse volte nei precedenti loop, ma ogni volta che le parlavo era per dirle che mi dispiaceva e che avevo fatto quello che potevo, ma che il paziente era morto lo stesso. «Zia Pang non devi preoccuparti. Ci sono molte persone che si prendono cura di Tol. Verrò a trovarlo ogni volta che finirò il mio turno.»

Zia Pang annuì. «Mi sento più rilassata grazie alle tue parole, dottor Tin. Tol deve la sua vita sia a tuo padre che a te ora. Siamo stati così fortunati a conoscervi.»

Parlai ancora un po’ con la madre di Tol prima di salutarla e uscire dal reparto di terapia intensiva con una pesante sensazione nel cuore. Non mi ero ancora ripreso dallo shock per aver scoperto che quel bambino fosse proprio Tol. E il giuramento che lo avrei protetto fino a quando non ci fossimo sposati, ero così ingenuo da bambino? Sarei dovuto essere abbastanza grande per capire. Non avrei dovuto scambiare Tol per una bambina di quell’età.

Ma se quello che mi avevano raccontato era vero, ciò che mi bloccava in quel loop era la sopravvivenza di Tol. Dovevo aiutarlo, in modo che potesse sposarmi. 

 «Questa è follia.» Mi misi le mani tra i capelli. «Stupido Tin! Cosa hai combinato?!»

**********

«Quando hai cambiato gusto e perché non me l’hai detto?!» Fakfang strillò nel mezzo del negozio di noodle di fronte all’ospedale dove stavamo mangiando. Mi aveva chiamato mentre stavo andando via dal reparto di terapia intensiva, verso le 18, per dirmi  che voleva cenare con me. Avevo accettato di andare con lei senza alcuna obiezione perché era del tutto normale per me e Faklang pranzare insieme regolarmente per condividere l’uno con l’altro quello che accadeva nelle nostre vite.

«Non sono il suo ragazzo. Le infermiere stavano solamente spettegolando. Non dare troppa retta alle voci.» dissi con tono irritato.

Fakfang era la prima persona a cui potei rifilare subito una scusa. «È solo qualcuno che conosco. Sua madre e la mia sono molto amiche.»

«Ma il tuo atteggiamento verso di lui fin da quando siete arrivati è stato più di questo. L’infermiera ha detto che non riesci a stare fermo e a non fissarlo, rimanendo sempre accanto al suo letto. Hanno anche detto che ti sei addormentato tenendolo per mano.» Fakfang chiuse gli occhi sognanti. «Sei ancora meglio di una serie coreana! è così romantico. Sei proprio come l’eroe che veglia sulla principessa finché un giorno non si sveglia e alla fine si sposano!»

«Guardi troppe serie tv coreane.» Non era la prima volta che rimproveravo Fakfang con quella frase.

«Lasciami stare. Comunque, continua a lottare, ok? Anche io ero sorpresa perché l’ho incontrato in ambulatorio solo pochi giorni fa.» Fakfang mi diede una pacca sulla spalla e mi sorrise incoraggiante.

Sospirai per la centesima volta quel giorno prima di ingurgitare dell’altro Char kway teow*. Fakfang fece una smorfia, come se avesse ricordato qualcosa.

*(NT: è un tipico piatto cinese a base di noodles.)

«Ehm amico, forse questo è un presagio. Dopo aver visitato Nong Ekarin, l’ho sognato. Nel sogno tu portavi me e quel ragazzo a pranzo fuori, in più ti davo consigli su come provarci con lui. Ripensandoci, è stato divertente.» 

Mi sono fermato con la bocca piena di noodles e cercando di mandarlo giù alla svelta per chiedere con tono allarmato: «Cos’altro hai sognato?»

Fakfang rimase sorpresa dal mio inaspettato interessamento per il suo ridicolo sogno. «Ricordo solo questo. Ci credi? Non prenderlo così sul serio, era solo per dire.» 

«N… no..» Presi un tovagliolo e mi pulii la bocca. Nella mia mente riflettevo ancora su quello che Fakfang mi aveva appena detto. Ero sicuro che avesse sognato gli eventi del loop precedente; significava che doveva esserci qualche tipo di collegamento con il subconscio delle persone che nei passati loop erano venute in contatto con me. Magari era una qualche teoria su universi paralleli o un fenomeno a cui la mia limitata conoscenza non poteva spiegare. Quello che mi incuriosiva di più in quel momento, però, era se Tol avesse mai sognato gli eventi dei loop precedenti. Mi ha mai visto nei suoi sogni? Potrebbe sentirsi legato a me, come lo sono io con lui? 

«Oh, le e mie notifiche LINE stanno impazzendo. Deve essere il mio ragazzo.» Fakfang prese il telefono e guardò lo schermo. «Oh…» Di punto in bianco si immobilizzò.

Pensai che il contenuto dei messaggi non fosse qualcosa di importante, quindi non mostrai alcun interesse, fino a quando Fakfang non mi guardò con una strana espressione.

«Che succede?» chiesi.

«Tin…» disse con un tono più dolce del solito. «Il cuore di Ekarin ha smesso di battere. Lo hanno appena scritto nella chat di gruppo dei residenti.»

Mi alzai così all’improvviso che il tavolo quasi si ribaltò. Come può essere?! Poco fa le condizioni di Tol sembravano ancora buone! «Devo andare!» urlai così forte che le persone nel negozio si voltarono a guardarmi.

«Tin!!» Anche Fakfang si alzò e parlò ad alta voce, come se cercasse di farmi tornare in me. «Non andare a causare altri guai. Ci sono già le infermiere, gli specializzandi e i medici che stanno accorrendo.»

«Devo andare…» Presi alcune banconote e le appoggiai sul tavolo. poi corsi fuori dal ristorante. Mi girava la testa. Corsi in mezzo alla strada senza pensarci. Il mio cuore batteva forte al pensiero del volto di Tol. I ricordi al mare cominciarono a riaffiorare nella mia testa. Anche se non riuscivo a ricordare gran parte dei dettagli, avevo la sensazione che avessi davvero tenuto la mano di un bambino e di averlo condotto in un tempio. Non riuscivo a ricordare cosa avessi pensato all’epoca, ma una cosa era certa. Nel mio destino era scritto che era compito mio salvare quella persona, non importava quante volte avrei dovuto provarci. 

Corsi in terapia intensiva e vidi i genitori di Tol abbracciati davanti alla porta. Zia Pang piangeva tra le braccia del marito. Iniziai a farmi prendere dal panico quando vidi la scena. Mi avvicinai ai genitori di Tol e li chiamai. «Zio Oat, zia Pang.» Feci loro un wai. Zio Oat mi guardò e, sebbene non stesse singhiozzando, aveva gli occhi rossi. «Sono Tin.»

Zio Oat annuì in segno di riconoscimento. I suoi occhi cominciarono a sembrare assenti.

«Quanti minuti può durare, dottor Tin?»

Il cuore mi sprofondò fin sotto i piedi. «Co… cosa vuoi dire?»

«La rianimazione cardiopolmonare!» Zia Pang emise un forte grido. «Sono passati quindici minuti e gli stanno ancora pompando il cuore. Dopo quanto si ferma il dottore di solito?»

Generalmente noi medici ci fermavamo dopo trenta minuti, perché se ci fosse voluto più tempo, anche se fossimo riusciti a far battere di nuovo il cuore, il tempo per cui gli organi venivano privati del flusso sanguigno sarebbe stato troppo lungo, causando certamente danni irreparabili. 

«Aspettate, vado a vedere.» Non risposi alla domanda, ma spinsi in fretta la pesante porta della corsia. Ciò che vidi fu un’infermiera che pompava il cuore del paziente in un letto vicino alla finestra, mentre un medico dirigeva il processo da solo. Tutti avevano un’espressione seria sul proprio volto.

«Dottore!» Un’infermiera si girò verso di me con un’espressione scioccata, poi si precipitò verso di me. «Dottore, per favore, aspetti fuori. C’è già un dottore che se ne sta occupando.»

Alzai la mano con calma per fermare l’infermiera.

Sorprendentemente, mi sentivo molto calmo. «Lasciatemi stare a guardare da lontano. Proprio qui.»

«Starà bene, dottore?» chiese preoccupata l’infermiera.

«Sto bene.» Il motivo per cui l’infermiera era preoccupata per me era perché pensava che fossi il fidanzato di Tol. Dunque l’infermiera annuì prima di tornare indietro per unirsi di nuovo alla squadra.

Rimasi in silenzio a guardare la rianimazione. Mi sentivo in un modo diverso da com’ero la sera prima. Quando il cuore di Tol aveva smesso di battere al pronto soccorso mi ero messo a urlare perché avevo paura che Tol morisse. Ciò che stavo provando in quel momento, invece, non era paura, piuttosto il mio cervello che si stava già preparando a qualcos’altro.  

Erano passato trenta minuti, non c’era alcun segno che il cuore di Tol tornasse a battere. Il dottore decise di uscire dalla porta del reparto. Non avevo bisogno di seguirlo per sapere che avrebbe parlato con i genitori di Tol per porre fine al processo di rianimazione.Chiusi gli occhi e restai immobile, strinsi i pugni e li lasciai andare prima di riaprire gli occhi e fissare il corpo di Tol. Allungai la mano per afferrare un foglio dalla postazione dell’infermiera, poi uscii dalla stanza passi lunghi e costanti, senza guardare i genitori di Tol, ignorando le grida di zia Pang che suonavano come se stesse morendo anche lei. Mi precipitai alle scale e scesi di corsa al piano terra prima di dirigermi verso una delle panchine situate nel posto più tranquillo dell’ospedale- Mi sedetti per calmare un po’ i miei pensieri, poi tirai fuori la penna dalla tasca e iniziai a scrivere.

1) Devo svegliarmi prima che Tol chieda a Mai di essere la sua ragazza.

Presi il telefono per guardare il calendario. Se fossi andato a dormire nel mio appartamento, mi sarei svegliato il giorno in cui Tol avrebbe chiesto a Mai di essere la sua ragazza, ma dovevo considerare la condizioni della tempistica del loop. Mi ci sarebbe voluto più tempo per rendermi conto che ero bloccato in un loop più tornavo indietro. Se avessi scelto di svegliarmi il giorno in cui Tol avrebbe chiesto a Mai di essere la sua ragazza, avrei potuto non arrivare in tempo per impedirlo. Fortunatamente mi piaceva annotare tutte le mie attività sul calendario per evitare confusione, dato che il programma dei miei turni era piuttosto complicato. Controllai tutto quello che avevo fatto il 10 marzo, circa una settimana prima di conoscere Tol. Quel giorno ero andato a una festa nell’appartamento di Sing e avevo dormito da lui.

Aprii la chat di LINE con Sing, ricordando che aveva il giorno libero. Probabilmente aveva un appuntamento con Pin da qualche parte, così gli scrissi velocemente. 

Tin: Ehi, posso dormire nel tuo appartamento stanotte? Non voglio stare da solo.

2) Devo chiamare mia madre e chiederle dell’incidente in mare, così da usarlo per avvicinarti a Tol.

3) Devo trovare un modo per portare Tol in ospedale e convincerlo a fare il test dell’ECG, quindi convincerlo per un consulto cardiologico.

4) Impedire a Tol di fare qualsiasi tipo di esercizio fisico.

5) L’ex ragazzo di Mai è la causa di tutto.

Mi fermai per un attimo dopo aver scritto l’ultimo punto. L’unico modo per impedire che l’ex ragazzo di Mai entrasse a far parte della vita di Tol era fare in modo che Mai non diventasse la ragazza di Tol. Strinsi le labbra e pensai per un momento, prima di scrivere il sesto punto sul foglio. Rilessi tutto e lo impressi nella mia mente. Dopo essermi svegliato, forse avrei impiegato più tempo nel ricordare ogni punto del mio piano d’azione, ma non appena l’avessi fatto, sarei passato all’azione e avrei fatto di tutto per fare in modo che non ci fossero errori. Piegai il foglio e lo tenni stretto tra le mani mentre eseguivo il phanom*, portandomi le mani fino alla fronte.

*(N/T: Phanom è simile ad un saluto wai dove le mani vengono unite e alzate al cielo per mostrare rispetto o come in segno di preghiera.)

«Qualunque cosa sacra abbia causato tutto questo, per favore, ascoltami…» supplicai. «fa che questa sia l’ultima volta. Possa andare tutto come previsto.»

Mi alzai e lasciai cadere il foglio sulla panca prima di andarmene. Se qualcuno lo avesse raccolto, avrebbe visto uno scarabocchio, uno strano messaggio scritto con la calligrafia sciatta del dottor Tin. L’ultimo punto diceva…

6) Tol deve diventare il mio ragazzo.

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