TRIAGE – CAPITOLO 10

Conoscenza

L’alcol è dannoso per il nostro corpo. Era qualcosa che mi era stato insegnato un paio di volte da quando ero uno studente di medicina. Ma anche così, avevamo scelto di usare l’alcol per aumentare il divertimento durante una festa per poi svegliarci la mattina dopo con un mal di testa tale da farci quasi vomitare. Mi sedetti e strizzai gli occhi. Accanto a me c’erano Sing e Gap sdraiati insieme sul letto. Quanto alle ragazze, erano già andate via la sera prima. Non riuscivo a ricordare cosa fosse successo la notte prima, tranne per il fatto che ero stato io a portare la torta a Sing insieme a Gap, Pong e Kung, cantandogli buon compleanno, mangiando Chim Chum* e bevendo liquori. Poi tutto ciò che accadde dopo era confuso.

*(N/T: È un street food tradizionalmente preparato con pollo o maiale ed erbe fresche come galanga, basilico dolce, citronella e foglie di lime kaffir, cotte in una piccola pentola di terracotta su un fornello a carbone.)

Mi alzai, andai in bagno e aprii il rubinetto per versarmi un po’ d’acqua sul viso per liberarmi dalla sonnolenza. Non avrei dovuto bere così tanto perché dovevo alzarmi presto la mattina. Afferrai la parte dei miei capelli che aveva iniziato a crescere fino a coprirmi gli occhi e pensai a come avessi detto che mi sarei tagliato i capelli un centinaio di volte e non aver mai avuto la possibilità di farlo.

Uscii dal bagno e schiaffeggiai Gap, che dormiva comodamente nel letto con la testa appoggiata a Sing. «Svegliati. Hai il turno mattutino con me.»

«Huh.» gemette Gap invece di rispondere. Scosse la testa e continuò a dormire. Si erano fatte le sette e un quarto.

«Se non ti svegli…» presi misure drastiche: «Dirò all’insegnante che non svolgi bene il tuo lavoro. E ridurrò il tuo periodo di iscrizione al corso facoltativo a un solo mese!»

Gap balzò: «Ehi, non puoi interrompere il mio periodo di selezione del corso facoltativo!!»

«Eh.» sorrisi. Sapevo che Gap voleva lavorare nel pronto soccorso di un ospedale vicino al mare e poi andare all’estero. Se quel periodo fosse stato interrotto, il suo sogno sarebbe stato distrutto.

**********

Quel turno mattutino fu incredibilmente tranquillo. Avevo avuto il tempo di sedermi e parlare con il professor Sukrit, il medico di medicina d’urgenza che era in servizio quel giorno. Il mio professore mi aveva consigliato di lavorare in un ospedale di provincia perché era un ex membro del personale di uno degli ospedali più caotici della regione nord-orientale del paese. Avevo ricevuto una borsa di studio dall’ospedale della mia città natale, pertanto, dovevo andare a lavorare nello stesso modo del professor Sukrit.

«A un certo punto ti chiederai, perché dobbiamo salvare una persona che non ama la vita? Soprattutto quelli che bevono e guidano in stato d’ebbrezza o si drogano per uccidersi. Forse ti annoierai e non sarai soddisfatto del lavoro.» disse il professore con un’espressione seria. Avevo ascoltato l’insegnante mentre controllavo la cartella clinica del paziente che un medico esterno mi aveva mandato a controllare. «Ma devi sempre pensare che anche se alcune persone non amano la propria vita, potrebbero avere qualcuno che le ama o la persona che amano. Aiutare quella persona può influenzarne molte altre, aiutandole a essere felici.»

«È un buon modo di pensarla. Cercherò di usarlo nei giorni in cui mi sentirò male.» Restituii la cartella all’infermiera: «Questo paziente può andare a casa.»

«Va bene.» L’infermiera che prese la mia cartella era Aim. La giovane infermiera che era conosciuta come la più feroce del pronto soccorso, anche i professori la temevano. Ma di qualcuno come lei c’era un disperato bisogno quando dovevamo scontrarci con un paziente che non voleva ascoltare. «Oh, dottore. Proprio ora è arrivata una chiamata che diceva che un paziente era svenuto nel centro commerciale ma ora è cosciente. Preparati per un caso.»

«Va bene.» Salutai Aim e mi rivolsi al professore. «Professore, prima vado a vedere quel caso.»

Il professor Sukrit annuì: «Va bene. Puoi sempre consultarmi per qualsiasi cosa.»

Mi alzai e andai verso un’anziana signora, che era seduta sul letto a parlare con il dottore esterno con una faccia sorridente. Quando il medico esterno mi vide, si precipitò da me per riportarmi i dati del caso: «Donna di 72 anni. Caduta sulla caviglia tre ore fa. La caviglia non regge il peso. Sente dolore quando viene premuto l’osso della caviglia dall’esterno. Ho intenzione di farle fare dei raggi per vedere meglio le condizioni della caviglia.»

«È caduta prima o è svenuta e poi è caduta?» Mi voltai per chiedere al medico esterno che sembrò rimanere un po’ stordito dalla mia domanda. «Anche se il caso sembra essere solo un incidente, devi pensare anche alla malattia fisica che può esserne la causa. In questo modo non ti perderai nulla.» La frase detta un momento prima mi aveva fatto sentire come se qualcosa stesse affiorando nella mia mente, facendomi fermare per un momento. L’esterno mi guardò, confuso.

«Allora vado a farmi ridire come sono andate le cose.»

Mi sentivo come se avessi dimenticato qualcosa a cui non riuscivo a pensare. «Mh… Sì, prova a chiedere di nuovo. Se la signora è prima svenuta, misura la sua pressione sanguigna da seduta e fai anche un elettrocardiogramma.»

«Sì, P’Tin.» L’esterno si rivolse diligentemente per farsi raccontare la vicenda della donna. Mi alzai e lo guardai prendere la sua storia, con una sensazione di disagio che mi cresceva nel petto. Era come quando si esce di casa e si sembra di aver lasciato qualcosa dentro, anche se abbiamo già controllato tutto.

Dieci minuti dopo venne spinto dentro un paziente anziano, classificato come codice rosso, che rappresentava il massimo livello di emergenza. L’infermiere del triage gli corse dietro, parlando forte e chiaro: «Il paziente è privo di sensi!»

Quando arrivava un caso rosso, la priorità dei casi giallo, verde e bianco veniva immediatamente ridotta. Questo era ciò che chiamavamo ‘Triage’. Era una priorità del livello di emergenza utilizzando simboli colorati per il trattamento più efficace.  Se fosse stato usato il sistema del “primo arrivato, primo servito” allora non ci sarebbero mai state discussioni nel pronto soccorso. In questo caso però l’influenza poteva aspettare, se ci fosse stato qualcuno il cui cuore avesse smesso di battere per quel secondo, allora dovevo prima andare a vedere il caso di arresto cardiaco. Se il paziente si lamentava di aver atteso a lungo senza ricevere cure, sarebbe stata attivata immediatamente “l’unità di battaglia” del pronto soccorso. La persona che aveva ricevuto quella posizione era l’infermiera Aim.

«Hia! Lasciami essere a capo!» Gap si precipitò rapidamente davanti a me. Lasciai che fosse il primo a valutare i pazienti per la formazione. Gap aveva iniziato chiamando il paziente per valutare la sua coscienza e sentì rapidamente il polso quando il paziente non  rispondeva.

«Non riesco a sentirgli il polso, inizia la RCP!»

All’improvviso, mi sentii come se un fulmine avesse attraversato la mia testa. Portai la mano alle tempie e inciampai all’indietro. Diverse scene di eventi insoliti mi vennero in mente tutte in una volta, mi fecero venire le vertigini. Alzai lo sguardo su ciò che stava accadendo davanti a me. L’assistente dell’infermiera si stava arrampicando per pompare il petto del paziente e, allo stesso tempo, c’era un’altra scena in riproduzione. Era la scena di un’infermiera che pompava il cuore di un giovane paziente in un letto vicino alla finestra del reparto di terapia intensiva. Il paziente aveva avuto un infarto a causa del suo cuore ingrossato. Quel paziente era il ragazzo di Mai. Quel giovane era il figlio di zia Pang. Zia Pang era un’amica di mia madre. Il ragazzo era annegato ed era stato salvato da mio padre. Gli piaceva anche giocare a calcio e basket. A quel ragazzo piaceva mangiare il moka ghiacciato con zucchero in più e guardare film sui supereroi.

… E deve essere il mio ragazzo.

«Il sesto punto è diventato il primo.» mi dissi scuotendo la testa. Qualcosa in me era completamente cambiato. Guardai l’orologio ed erano passate quasi cinque ore da quando mi ero svegliato nel condominio di Sing. Ero contento di aver avuto ragione in quel senso. Se avessi scelto di svegliarmi il giorno in cui Tol avesse chiesto a Mai di essere la sua ragazza, non avrei mai fatto in tempo.

Ero nella settimana prima che Tol diventasse il fidanzato di Mai, questa volta dovevo decisamente vincere. Il mio cuore batteva forte mentre ci pensavo. Dovevo essere diligente, una settimana poteva bastare per conquistare il cuore di qualcuno. Ma se quel qualcuno era un uomo, allora avrei avuto bisogno di aiuto. C’erano molti miei amici dottori maschi a cui piacevano gli uomini, poteva essere necessario consultarli un po’.

«Dottor Tin, non verrebbe ad aiutarmi?» Era arrivata la guerriera del pronto soccorso che combatteva con tutti, dai pazienti ai professori di medicina. L’infermiera Aim mi spinse avanti per entrare e aiutare Gap. Mi voltai a guardarla e sorrisi dolcemente. Aim fece una faccia confusa.

«Aspetta e guardami, l’amante leggendario.» dissi di buon umore e mi avvicinai al gruppo.

«Il dottor Tin è pazzo…» Poi sentii la voce di Aim entrare nelle mie orecchie.

**********

Toi mi guardò sbattendo le palpebre. «Eh… stai scherzando?»

Alzai le mani per rendere omaggio all’infermiere di fronte a me. «Non sto scherzando. Per favore aiutami.»

Toi mi guardò scioccato prima di afferrarmi per il braccio e trascinarmi a nascondermi nell’area degli armadietti dell’infermeria. Avevo aspettato Toi al banco dell’infermiera durante il turno mattutino e gli avevo detto qualcosa che avrebbe scioccato chiunque. «Al dottor Tin non piacevano le donne?»

«Sì… ma quel ragazzo mi piace molto.» sussurrai. Toi si massaggiò le tempie. 

«Anche io l’ho appena capito. Ho sempre avuto delle ragazze, ma questa volta non è la stessa cosa. Mi sento come se dovessi ricominciare tutto da capo. Le mie esperienze probabilmente non serviranno.»

«La persona che ti piace è gay?» mi chiese Toi con uno sguardo serio.

«…A quella persona piacciono le donne.»

«Dottore…» Tol sembrava sconvolto. «Come posso aiutarti, allora?»

«Come vi siete conosciuti tu e il tuo ragazzo?» chiesi con impazienza.

Toi fece una smorfia leggermente imbarazzata prima di incrociare le braccia e sospirare. «A quei tempi non c’erano Facebook o LINE come oggi. Ho conosciuto il mio ragazzo quando andavo a fare la formazione accademica in altre province. Era il direttore dell’albergo. Dopo esserci guardati per un attimo, sono entrato nella sua stanza con lui quella notte.»

Stavo quasi per strozzarmi. «Così… così velocemente?»

Toi rise alla mia reazione. «Dopodiché, abbiamo continuato a parlare al telefono. Non ero molto serio con lui. Ho anche incontrato alcuni nuovi ragazzi. Ma un giorno è volato da me e ha detto che gli piacevo così tanto che mi ha chiesto di essere il suo ragazzo. All’inizio però non ero d’accordo.»

«Allora cosa ha fatto dopo?»

«Ha continuato a provarci. Mi ha comprato un sacco di cose e ho continuato a stare al gioco perché allora volevo ancora divertirmi. Non volevo affezionarmi a nessuno. Alla fine, sai quando finalmente ho ceduto a lui?» Toi sorrise. «A quel tempo, ero in servizio dalla mattina al pomeriggio. Entrambi i turni erano uno strazio. I pazienti si lamentavano e i parenti erano così difficili da accontentare. Sono tornato a casa e ho pianto. Pensavo di voler lasciare la mia carriera di infermiere in quel momento. Non sapevo cosa mi avesse fatto venire voglia di chiamarlo anche se era già notte fonda. E quella notte, mi ha sostenuto psicologicamente così bene che ho sentito di aver bisogno di qualcuno così al mio fianco. Quando mi ha chiesto di nuovo di essere il suo ragazzo, ho accettato subito.»

Sorrisi leggermente. «È una storia commovente.»

«Ma non dimenticare che io e il mio ragazzo eravamo gay fin dall’inizio.» Toi mi guardò e scosse la testa. «Nel tuo caso.. dovrai provarci tu stesso. Non so proprio cosa consigliarti. A meno che il ragazzo che ti piace non sia già bisessuale. Allora sei fortunato. Non è difficile conquistarlo, tu stesso sei abbastanza bello.»

Abbassai lo sguardo sul mio corpo. «Quindi posso vestirmi come faccio normalmente quando flirto con una donna, giusto?»

Toi rise. «Non vestirti in modo troppo strano. Sii normale, dottore. Ma personalmente, mi piacciono gli uomini che si vestono bene.» Toi guardò la mia acconciatura lunga e spettinata. «Avere un buon taglio di capelli aiuterà.»

Alzai la mano e presi le ciocche lunghe: «Va bene. Stavo pensando di tagliarli anch’io.»

«Comunque, dottore, è sicuro che le piacciano gli uomini?» Toi sembrava ancora non fidarsi di me. «Non credo che tu lo sia.»

Risi un po’. «Non importa perché mi piace già.»

«Allora provaci. È come se avessi scelto il livello più difficile all’inizio di una partita. Se hai il cuore spezzato, non venire a piangere da me.»

Dopo aver terminato la conversazione con Toi, uscì di corsa dall’ospedale e mi diressi da un barbiere non lontano da lì. Ero una persona che non si prendeva molta cura dei propri capelli e dell’abbigliamento, non tanto quanto quando avevo una ragazza. Dopo aver rotto con Mind, avevo quasi dato tutta la mia vita al pronto soccorso. Di conseguenza, ero diventato un uomo con una faccia trasandata e senza fascino fino ad allora.

L’acconciatura con la frangia lunga che mi copriva la fronte si trasformò in un undercut alla moda che non avevo scelto personalmente. Avevo affidato al barbiere l’incarico di decidere la mia acconciatura, l’unica condizione era che corrispondesse alla forma del mio viso. Il giovane barbiere mi aveva rasato un’ampia area sulla testa e sistemato la parte lunga in cima, spostandola da una parte.

«Sembri una persona diversa. Così sexy. Soprattutto se li tingessimo un po’. Tutte le donne si innamoreranno di te di sicuro.» Il barbiere sembrava così orgoglioso del suo lavoro. «Posso farti una foto da postare sulla pagina del negozio?»

Sbattei le palpebre e mi guardai allo specchio. Non volevo tante donne, mi bastava un solo giovane. «Ah ok.»

Uscii dal parrucchiere con una strana sensazione di freddo alla testa, ormai era quasi sera. Se fossi andato all’edificio dell’amministrazione aziendale, probabilmente non lo avrei incontrato, il che non era un problema. Non mi sarei mai più scontrato direttamente con la vita di Tol, avrei usato un approccio più fluido. Iniziai a camminare per trovare un angolo adatto per poi accendere la fotocamera frontale del mio cellulare che usavo raramente. Scattai un selfie e lo caricai come nuova immagine del profilo, sostituendo la foto che usavo da quando ero ancora uno specializzando. 

Osservai la mia foto appena caricata. Quell’aspetto era piuttosto carino. Avrei dovuto fare un’acconciatura del genere molto tempo prima. Passai circa dieci secondi ad adularmi prima di mettere il telefono in tasca.

Ero riuscito a svegliarmi con successo prima che Tol diventasse il ragazzo di Mai. Adesso era il momento del passo successivo. Chiamare mamma.

**********

Per descrivere in breve mia madre, era la direttrice di una scuola privata con la posizione di moglie di un medico. Qualcuno come mia madre era molto necessario in casa mia. Senza di lei, la casa sarebbe stata in disordine. Era un’insegnante severa ma si era trovata un marito medico che scherzava tutto il giorno e un figlio che era letteralmente la copia di suo padre. Credevo che mia madre avesse un terribile mal di testa per colpa nostra.

«Che succede, figliolo?» Era la voce di mia madre che aveva risposto alla chiamata. Sorrisi rilassato, la sua voce era uno dei suoni più piacevoli al mondo.

«Buongiorno.» dissi mentre posavo le chiavi della macchina sul tavolo da pranzo del mio condominio. «Mi manchi un sacco.»

«Smettere di mentire.» disse mia madre con un tono aspro, che conoscevo bene. Sapevo che le piaceva fingere di essere feroce: «Hai mangiato?»

«Sì.» Mi sedetti alla mia scrivania e aprii il mio laptop prima di entrare su Facebook. «Papà è a casa?»

«Sì. È appena tornato dal controllo sanitario e poi si è lamentato che era stanco e faceva caldo. È vecchio ma sopravvaluta sempre il suo corpo.» si lamentò la madre. Sentii mio padre borbottare qualcosa in sottofondo.

«Mamma, voglio chiederti una cosa.» andai subito al punto mentre digitavo il nome di Tol nella casella di ricerca di Facebook. «Tempo fa eri solita portarmi al mare con i tuoi amici, vero?»

Mia madre rimase in silenzio per un momento: «Sì. La mia amica, Pang. Perché improvvisamente chiedi di lei? È passato molto tempo. L’hai incontrata?»

«Oh, no. Mi è appena tornato in mente.»  Osservai l’immagine del profilo di Tol prima di scorrere il suo profilo. Non vidi alcuna foto di Tol e Mai e questo mi fece sentire sollevato. «Mamma, dimmi, dove andavamo ai tempi? Con chi eravamo?»

«All’epoca? Eravamo noi tre e zia Pang con suo marito e un figlio piccolo. Era così carino… oh!» Poi mia madre emise un suono come se si fosse appena resa conto di qualcosa. 

«Allora c’era stato un momento di caos. Tol, il figlio di zia Fang, stava per annegare. È stata una fortuna che tuo padre lo abbia aiutato in tempo, quindi si è ripreso bene. Parlare di zia Pang mi fa venir voglia di chiamarla un po’. Non parliamo da un po’ di tempo.»

«Come si chiama Tol?»

«Ekarin Wichitkul.» La memoria di mia madre era sempre ottima, non come me e mio padre, che eravamo medici ma avevano il cervello di un pesce rosso. «Ho aiutato zia Pang a gestire il processo di ammissione e uscita dall’ospedale del bambino, ecco perché lo ricordo. Ho sentito che si deve laureare ora. Zia Pang mi ha mostrato la sua foto. È piuttosto bello. Voglio che mio figlio sia bello come lui.»

Guardai il nome del profilo Facebook di Tol. Il suo nome e cognome erano gli stessi che aveva detto mia madre. «Questo è tutto quello che posso fare, mamma.»

«Dormi a sufficienza, fatti sempre un bel taglio di capelli e usa la crema che ti ho mandato e sarai bello in men che non si dica. Ma non lo hai mai fatto.»

«Una specie di crema all’aloe vera di coccodrillo?»

«Aloe Vera! Non hai ancora aperto la crema, vero?»

Risi. «Sì. Ci proverò.» Compresi il desiderio di mia madre per un bel figlio. Ma dato che suo figlio era un medico che aveva studiato per il suo programma di specializzazione in medicina d’urgenza, era un po’ difficile. «Okay. Ho solo chiamato per parlare un po’ con te. Questo è tutto. Abbi cura di te, mamma.» 

«Se non usi la crema, rispediscila. Non sprecarla.»

«La userò.» risposi per mettere a mio agio mia madre. «Sto terminando la chiamata ora, mamma.»

Dopo aver riattaccato, inviai subito la richiesta d’amicizia a Tol su Facebook. Sapevo che qualcuno che assomigliava a Tol avrebbe avuto una lunga fila di persone che chiedevano di essere suo amico su Facebook, avevo bisogno di distinguermi dagli altri inviando un messaggio.

Tin: Ciao, mi chiamo Tin.

Tin: Potresti non ricordarti di me, ma mia madre e zia Pang sono amiche.

Tin: Ho parlato con mia madre di quella volta che siamo andati al mare quando ero piccolo e lei mi ha parlato di te. Vorrei sapere come stai adesso.

Tin: Ho provato a cercare il tuo nome su Facebook e ti l’ho trovato.

Tin: Per favore, aggiungimi come amico.

Così elegante. Mi appoggiai allo schienale della sedia e ammirai il mio lavoro. Quella volta sarebbe stato il modo più ragionevole per conoscerci. Tol non sapeva come lo conoscessi. Se non mi credeva, poteva andare a chiedere a sua madre. Sapevo davvero il suo nome da mia madre.

Dieci minuti dopo, arrivò una notifica che diceva che ero già amico di Tol su Facebook.

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