TRIAGE – CAPITOLO 33

Loop 11/2 

Beep… Beep…

Il polso di un paziente suonava da solo dopo un lungo sforzo per pompare il cuore. Lo stagista si alzò immediatamente dal lettino, respirando pesantemente e guardando con orgoglio i segni vitali sul monitor. I suoi occhi brillavano di eccitazione. Quella doveva essere la prima volta che provava quella sensazione. Era un senso di grande gioia dato dal salvare un paziente con le proprie mani.

I medici non usano la magia per guarire, ma la conoscenza e la pazienza acquisita durante i sei anni di studio per fare quello che gli altri chiamano miracolo.

Camminai e mi fermai accanto allo stagista più giovane, un principiante. Gli misi la mano sulla spalla e la strinsi leggermente come congratulazione.

«Professor Tin, c’era un triage rosso in arrivo.» Una giovane infermiera si avvicinò rapidamente verso di me.

«Va bene.» Lasciai lo stagista e andai direttamente a un caso che era appena arrivato. Era un giovane sdraiato su una tavola arancione. Aveva macchie di sangue su tutto il corpo. Con uno sguardo, capii subito che quel caso era stato coinvolto in un incidente stradale. E ora era privo di sensi. La prima cosa che feci fu dare una pacca sulla spalla al paziente. Il ragazzo non rispondeva più, seguii quindi alla ricerca del polso nel collo.

«Non riesco a sentire il polso. Inizia la RCP*!»

*(N/T:Rianimazione cardiopolmonare per Adulti.)

***********

Agitai la mano per chiamare il mio ragazzo, che era appena uscito dalla porta dell’aeroporto. Tol si voltò per vedermi e trascinò la sua valigia dritto verso di me. Lo aiutai a portare la valigia pesante nel retro dell’auto e lo feci salire in macchina. Tol si allacciò la cintura di sicurezza e si voltò a guardarmi.

«Come stai?» Mi girai per sorridere ampiamente prima di cambiare marcia. «Hai fame? Andiamo a mangiare qualcosa prima di andare a casa mia. Ti porterò a mangiare l’insalata di papaya laotiana più deliziosa del mondo intero. È un nuovo negozio. Il pesce in salamoia è dannatamente buono.»

«P’Tin.» Tol mi guardò senza battere ciglio.

«Sì?» Attivai il segnale di svolta per lasciare l’aeroporto.

«Mi sei mancato…» disse piano Tol e si guardò la mano. Dal mio punto di vista, quasi urlai. Volevo parcheggiare sul ciglio della strada e gli saltargli addosso. Volevo baciarlo e fare molte cose dopo, ma dovevo trattenermi finché non saremmo arrivati a casa.

«Anche tu mi sei mancato.» allungai la mano per accarezzargli i capelli. Durante quel periodo, si era tagliato i capelli più corti del solito e si era tinto i capelli completamente al naturale, facendolo sembrare molto più maturo. «Come va il tuo lavoro?»

«Non è facile. Anche mio padre ha dovuto aiutarmi.» Tol appoggiò la testa sul sedile e chiuse gli occhi. «Sono contento di essere qui fuori e riposare.»

«Se l’impiegato figlio del presidente vuole riposarsi, può riposare quando vuole.» dissi ridendo. «Era scontento quando ha saputo che saresti venuto a trovarmi?»

«Sì, ha detto: ‘Vai di nuovo a trovare Tin. Quando gli dirai di trasferirsi a Bangkok per lavorare?’.» rispose Tol. «Ma a mio padre sta bene se mi trasferisco qui per stare con te.»

Sì, il posto di lavoro era diventato una delle principali preoccupazioni per entrambi in quel momento. Dopo la laurea, ero dovuto tornare per pagare il mio prestito studentesco per l’ospedale che mi aveva mandato a studiare. Quello era l’ospedale della città natale nella provincia nord-orientale. Dopo essermi laureato, mi avevano anche promosso alla posizione di primario del pronto soccorso e capo dell’infemeria. Il professor Tin era molto famoso, non sapevo però se fosse per il mio bel viso o per gli snack di Bangkok che avevo comprato da regalare il primo giorno che ero andato a lavorare lì. Ma una cosa era certa, sentivo l’amore e il calore che tutti mi davano come persona che veniva dallo stesso posto.

Per quanto riguardava Tol, aveva fatto ciò che intendeva fare, cioè aiutare a occuparsi della fabbrica di acqua potabile di zio Oat. Lavorare nel campo della gestione era esattamente quello che aveva studiato. Tol era esperto di gestione e finanza, era anche un ottimo consigliere per me che calcolavo in modo errato. Entrambi i nostri lavori andavano bene, l’unico problema era la distanza. Avevo intenzione di lavorare e ripagare tutti i prestiti studenteschi, per poi fare domanda per un lavoro vicino a Bangkok. Tol diceva che non aveva problemi a viaggiare, purché ci chiamassimo tutti i giorni era sufficiente.

«Voglio stare con te a Bangkok. Troverò un modo.» Gli avevo promesso prima che un giorno avremmo vissuto insieme come una coppia sposata. Anche se non ci eravamo sposati perché avevamo paura di perdere il potere dei nostri voti. «Mi sono preso un giorno libero per domani, svegliamoci presto così possiamo andare insieme a Laos.»

«Va bene.» Tol guardò in silenzio su entrambi i lati della strada, il che era normale per le persone che parlano meno come lui. Mi ero già abituata a ogni comportamento del mio ragazzo quando era arrabbiato, stressato, pensieroso, eccitato, preoccupato. Potevo vedere tutto senza che lui lo dicesse.

Dopo averlo portato a cena in un ristorante Isaan appena aperto, lo portai a casa mia. Dato che non era la prima volta che portavo Tol a casa, non dovevo preoccuparmi tanto quanto la prima volta. Tol era così stressato che era quasi esploso perché aveva paura di mia madre. 

Quando aprii la porta, il dottor Tul era sdraiato davanti alla TV.

«Sono tornato, dottor Tul.» salutai mio padre.

«Buonasera, dottor Tin.» Si voltò a guardarmi e fece una faccia scioccata quando vide l’ospite. Mio padre subito si sedette dritto. «Oh! Nong Tol, come stai? Sei venuto di nuovo qui per vedere il dottor Tin?»

Tol unì le mani per salutare con rispetto mio padre. «Salve, padre.»

«Ti avevo detto che il mio ragazzo sarebbe venuto a dormire da me. Che smemorato.» Trascinati la borsa di Tol in casa. «Dov’è la mamma?»

«È andata a mangiare con le altre sue colleghe. Tornerà a casa stasera.» Mio padre si alzò e mi aiutò a portare la borsa, ma potevo solo spostarla dall’altra parte per schivarlo.

«La porto io, papà. È pesante, quindi prima andrò di sopra. Quando la mamma sarà tornata, lo porterò giù per incontrarlo di nuovo.»

«Va bene.» Mio padre si voltò per sorridere ampiamente a Tol. «Puoi metterti comodo come se fossi a casa tua.»

Tol si inchinò un po’ in segno di ringraziamento. Poi mi seguii fino al secondo piano. La mia casa poteva non essere lussuosa come la sua, ma il calore era garantito. La mia camera da letto era piena di ricordi, dato che ero cresciuto in quella stanza. Una stanza per prepararmi all’esame di lettura, riposare, esercitarsi con la chitarra, cantare con i miei amici e una stanza dove potevo passare la notte con qualcuno che amavo.

Non avevo mai portato una donna in quella stanza. Tol era stata la prima persona ad avere accesso alla mia privacy.

Camminai per stare accanto a Tol che stava guardando il mio poster di un anime sul basket che avevo appeso al muro. Era lì da 10 anni. Il suo colore si era sbiadito nel tempo.

«Non l’hai ancora tolto? Non è più carino.» commentò Tol, indicando il poster. Risi un po’.

«Lascialo così. Mi ricorda la mia infanzia.» Guardai il personaggio dell’anime. «Volevo fare il giocatore di basket, ma la voce nel mio cuore mi chiedeva di studiare medicina per salvare vite da quando mia sorella è morta. Ho scelto di non partecipare alle società sportive per avere il tempo di tornare a studiare per gli esami. Ero oberato di lavoro.»

«Anche io volevo essere un atleta.» Tol alzò la mano e si accarezzò il petto. «Ma ho una malattia di cuore.»

Risi: «Quindi non siamo così diversi, non abbiamo seguito un sogno.»

«Ma tu… sei molto più figo di me. Non hai seguito il tuo sogno, ma hai continuato i sogni degli altri. Puoi prolungare la vita degli altri.» Tol si voltò a guardarmi. «Grazie per avermi salvato la vita.»

Feci un respiro profondo ed espirai lentamente per calmarmi. «Se non ti aiuto, non sarò in grado di andare avanti. Ma non è l’unico motivo per cui voglio aiutarti. Se non posso amarti, non sarò in grado di sopportarlo. Che tipo di persona accetterebbe di fare ripetutamente la stessa cosa per salvare una persona dalla morte? Ci hai provato, giusto?»

Le mie mani si mossero per tenere la mano di Tol e la strinsi forte. Tol strinse più forte in risposta a quello che avevo detto. Le labbra di Tol sorrisero leggermente. «Sei ancora stanco?»

«No, non più.» Mi chinai sul suo viso. Si voltò, alzò lo sguardo e mi diede un leggero bacio all’angolo della bocca. Tol indietreggiò e mi rivolse il sorriso più ampio che avessi mai visto. Era il sorriso che poteva aprire il mondo, il sorriso più luminoso che avessi mai visto.

«Resta con me per sempre.» dissi nel tono più dolce che avessi mai usato.

«Va bene.» rispose brevemente Tol. Ma la sua espressione mostrava molti sentimenti interiori, che potevo riconoscere senza che lui dicesse nulla.

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