A TALE OF THOUSAND STARS – CAPITOLO 14

Per Tian quello era il suo ultimo anno all’università. Mentre imparava ad aprire il suo cuore a cose nuove, quelli che prima erano i suoi compagni più piccoli erano diventati compagni di classe e amici con cui usciva dopo le lezioni per andare al minimarket o a fare sport, prima di tornare a casa. 

Dato che Tian era occupato con le lezioni e con le molte attività con gli amici, la sensazione di essere solo al mondo si era notevolmente ridotta. La sua vita era diventata più positiva, con un lungo cammino davanti a lui. Durante la pausa estiva, era persino volato negli Stati Uniti per visitare alcune università per continuare con il suo master. 

A volte gli tornava in mente la vita sulla collina… ma il ricordo non era così forte come prima, come se la ferita nel suo cuore fosse finalmente guarita. Per quanto riguardava la questione del ‘cuore’, non si era chiuso ed era uscito con alcune ragazze, ma non si era preoccupato di restare in contatto con nessuna. 

Poi era arrivato il giorno in cui aveva ricevuto “un biglietto” che gli aveva dato una sveglia … 

… che anche se il tempo aveva sbiadito un volto nella sua memoria, nessuno aveva mai preso il posto di quel qualcuno nel suo cuore. 

Tian guardò l’elegante busta beige nella sua mano che aveva ricevuto dopo essere tornato a casa dall’università. 

Il nome del mittente lo sorprese ancora di più: il capitano Wasant Sutthikul, M.D. 

E’ il dottor Nam! 

Strappò talmente in fretta la busta che per poco non strappò anche l’invito al suo interno, un foglio di carta rigida con grandi lettere d’oro: 

«Sei invitato a partecipare al nostro matrimonio …» 

«Un matrimonio …» 

Il giovane lesse il nome della sposa, una pediatra di Bangkok e rilesse la data e il luogo per memorizzarli. L’organo nel suo petto sinistro stava rimbombando mentre pensava che quella poteva essere l’occasione per vedere qualcuno che era stato nella sua mente per tutto quel tempo! 

Il venerdì sera successivo il figlio più giovane della famiglia Sophadissakul era tornato a casa ad alta velocità. Dopo essere sceso dall’auto, si era precipitato a dare un bacio sulla guancia di sua madre ed era corso su per le scale verso la sua stanza. La signora Lalita rimase sbalordita per un millisecondo e ricordò che stava andando al matrimonio di un amico. Tian aveva chiesto alle cameriere di portargli gli abiti che erano stati lavati per sceglierne uno. 

Tian si precipitò fuori dal bagno e vide sua madre posare sul letto un abito grigio-nero di Armani ed altri completi di lusso. 

«Penso che questo sia carino e giusto per l’occasione. Hai detto che è un ufficiale? Ci saranno molti ufficiali di alto rango al matrimonio.»

«Qualunque cosa va bene mamma …» Tian non fece commenti sugli abiti mentre si asciugava i capelli. 

«Non mi hai detto come hai conosciuto lo sposo.» 

La signora Lalita non ottenne una risposta chiara da lui la prima volta che lo chiese, come se suo figlio volesse nascondere qualcosa. 

Gli occhi a mandorla guardarono sua madre attraverso specchio, valutando le sue opzioni. Alla fine, Tian decise di fornirle maggiori dettagli: «È un medico da campo presso la base militare operativa vicino al villaggio in cui vivevo. È così che siamo diventati amici.» 

«Deve essere stato un buon amico per te. È passato un anno e si è ricordato di mandarti l’invito.» 

«Mi ha aiutato molto.» Tian non spiegò in cosa. «Non immaginavo che pensasse ancora a me dopo tutto questo tempo…» 

Il dottor Nam si era preso persino la briga di cercare il suo indirizzo di casa. 

La madre non domandò ulteriormente, ma si limitò a scegliere una camicia color crema per il completo e piegò un fazzoletto marrone a forma di triangolo per farlo scivolare sotto la tasca sul petto. Guardando il giovane magro e alto che sembrava impeccabile nel suo abbigliamento, l’orgoglio gonfiò il suo cuore di madre. 

«Adesso vado mamma. Non voglio restare bloccato nel traffico.» Tian avvolse sua madre in un ampio abbraccio per ringraziarla del suo aiuto. Poi si affrettò a raggiungere l’auto che era stata lucidata ed era senza macchia. 

Guidare di sera a Bangkok richiese più tempo di quanto avesse immaginato. Rimase bloccato agli incroci per quasi un’ora ed una volta guardato l’orologio, Tian si arrabbiò ancora di più pensando che il ricevimento doveva essere già iniziato. Non appena il semaforo divenne verde, schiacciò l’acceleratore con le sue scarpe di gran lusso in camoscio. 

Il ricevimento si teneva in un hotel nel distretto di Phra Nakorn vicino al Grand Palace nel centro della città vecchia; quindi l’arredamento era un po’ vintage e lui pensava che fosse fantastico. Parcheggiò l’auto davanti all’hotel e mentre attraversava l’atrio, vide signore in abiti di seta che chiacchieravano tra loro con le loro parure di diamanti che scintillavano tanto sotto le luci che potevano accecare. 

Una melodia classica poteva essere ascoltata dalla sala da ballo in fondo. L’arco nuziale all’ingresso era decorato con fiori bianchi e blu, creando una cupola sulla parte superiore.

La sposa e lo sposo, che erano entrambi medici, indossavano degli abiti semplici, ma eleganti, adatti al loro status. La figura snella in un abito grigio era immobile tra gli altri ospiti. I capelli del giovane erano pettinati per rivelare il suo bel viso e sembrava che fosse appena uscito da una rivista di moda, quindi le persone attraenti dovevano fermarsi a guardare. Il dottor Wasant alzò lo sguardo, rimase sorpreso, ma un gran sorriso comparve sul suo viso. Si scusò con gli ospiti anziani, senza preoccuparsi di offenderli. 

La scena in cui lo sposo si era avvicinato barcollando e aveva stretto il giovane in un grande abbraccio fece fermare tutti gli ospiti a guardare. Quel giovane era la terza ruota nella relazione degli sposi? Un fotografo che reagì prontamente facendo muovere ripetutamente l’otturatore della sua macchina nel caso in cui quello potesse trasformarsi in succoso pettegolezzo. 

«Fratello, non pensavo saresti venuto!» 

«Dottor Nam, lasciami andare. La gente ci sta guardando.» Tian fece una smorfia come se avesse ingerito una pillola amara mentre tutti gli occhi erano puntati su di loro. 

Il medico militare ridacchiò e liberò il giovane. Guardò Tian dalla testa ai piedi. «… Sei ancora più bello dell’ultima volta che ci siamo visti. Il mio amico ha un buon occhio.» Lo prese in giro. 

Anche se era una dichiarazione divertente Tian ne rimase sopraffatto. I suoi occhi castano chiaro tremarono e le sue labbra sottili si strinsero come se stesse trattenendo le sue emozioni. 

Wasant vide il cambiamento improvviso nel comportamento del giovane e si lasciò sfuggire un lungo sospiro. «Sei venuto qui oggi perché volevi vedere ‘lui’, non è vero?» Anche se il giovane non disse una parola, il dottore sapeva qual era la risposta. Scosse lentamente la testa. «È venuto alla mia cerimonia di fidanzamento quando abbiamo fatto la benedizione dell’acqua a mezzogiorno. È partito per Chiang Rai questo pomeriggio.» 

Tian chiuse gli occhi, sentendosi come se si fosse trasformato in una pietra, non sapendo cosa fare quando l’altro uomo si comportò come se si fosse dimenticato di tutto quello che era successo tra loro. «… Era perché sapeva che sarei arrivato stasera?» La sua voce era un bisbiglio roco. 

Wasant fu colto alla sprovvista. Afferrò le spalle dell’ex insegnante volontario e si scusò per il suo amico: «Se sapesse che stai ancora pensando a lui, sarebbe al settimo cielo.»

Il giovane fece un respiro profondo prima di mostrare un sorriso forzato al dottore che stava facendo del suo meglio per tirarlo su di morale. «Sarebbe felice, ma non abbastanza da volermi vedere. Non devi trovare una scusa per lui. Fa schifo.» 

Il dottore prese a grattarsi la nuca chiaramente a disagio quando sua moglie intervenne per salvarlo. «C’è qualcosa che non va?» 

«Niente. Stiamo solo parlando.» Tian rispose perché la sposa li stava osservando domandandosi come mai stessero facendo una lunga chiacchierata. 

«… Ora, scusatemi… vado dentro. Congratulazioni a tutti e due.» 

« Aspetta Tian. Posso avere il tuo numero di telefono?» Il dottor Wasant chiamò il più giovane e prese un foglio di carta e una penna dalla reception all’ingresso. 

Tian gli diede il suo numero senza pensarci due volte. Non c’era segnale sulla collina e  comunque non doveva preoccuparsi che qualcuno lo contattasse. Lo sposo poi venne trascinato via dalla sua sposa per accogliere gli ospiti in arrivo sotto l’arco fiorato mentre l’ex insegnante volontario sorrideva, guardando come l’astuto dottore veniva domato dalla moglie. 

Le otto di sera, quella era l’ora in cui gli sposi avrebbero celebrato la loro cerimonia nel salone. Eleganti cadetti in divisa bianca marciarono allineandosi al centro della sala ed estraendo le spade dalla vita all’unisono per creare un arco sacro. 

I riflettori si accesero sulla coppia che camminava fianco a fianco sotto l’arco con l’aria sognante. Tian tenne il bicchiere di succo d’arancia mentre gli si fermava il fiato. Non aveva mai visto il capitano Phupha nella sua uniforme formale. Aveva sempre visto l’uomo con le sue attrezzature da campo o la maglietta verde khaki, con uno sguardo accigliato come se avesse costantemente stitichezza. 

Immaginò l’uomo nella sua mente: come sarebbe stato con quell’uniforme immacolata. Era alto, con spalle larghe e gambe lunghe… doveva essere così bello, un vero adone per le ragazze. 

Purtroppo non gli piacevano le donne. 

Tian sorrise, ma un attimo dopo le sue labbra si allungarono in una linea sottile. Più pensava all’uomo, più i ricordi tornavano in fretta ed erano chiari come il cristallo, come se fossero appena accaduti. Si spostò, sentendosi a disagio, e alzò il bicchiere per salutare le coppie come annunciato dal portavoce, prima di bere il succo tutto d’un fiato. 

Posò il bicchiere vuoto sul bancone e si fece largo tra la folla per andarsene. Non andò a prendere la macchina, ma scelse di camminare senza meta lungo il marciapiede davanti all’hotel. Una grande fortezza che un tempo aveva protetto la capitale si poteva

trovare nel Parco Santi Chaiprakran. La formidabile rovina ancora metteva soggezione con le luci puntate su di essa e attirò l’attenzione dell’uomo distratto. 

Alcuni residenti e turisti stavano fissando l’uomo magro mentre si allentava la cravatta, portando la giacca di un completo costoso in una mano. Sembrava strano e svogliato,  mortificato mentre camminava verso il fiume Chao Phraya in fondo al parco. Speravano che non saltasse e non si uccidesse. 

Tian si accasciò su una lunga panchina di fronte al fiume principale nel cuore di Bangkok, esaurito mentalmente ed emotivamente. La fresca brezza dell’acqua gli sfiorò il viso, dandogli un po’ di ristoro. Inspirò, respirando aria fresca e lasciò che i suoi occhi vagassero verso il ponte Rama VIII sul lato destro, non troppo lontano. 

La sua mano cadde sul fianco toccando una carta dura. Doveva essere un volantino che promuoveva le attrazioni turistiche nei dintorni di Bangkok che qualcuno si era lasciato alle spalle. Poi lo raccolse e guardò distrattamente finché i suoi occhi non colsero una foto in un collage. 

Due demoni posseduti da Ramakien stavano di guardia all’ingresso del Wat Arun Vihara. Gli ricordava qualcuno che aveva spesso preso in giro dicendogli che assomigliava ad un demone del genere con una figura alta e imponente e un profondo cipiglio sul viso. Il muro che aveva costruito per ingannare gli altri, per fargli credere che era forte, iniziò a sgretolarsi. Stropicciò il foglio, lo lasciò cadere a terra e alzò le mani per coprirsi il viso. Le sue spalle tremarono per il dolore della ferita che pensava si fosse rimarginata…ma in realtà si stava aprendo di nuovo. 

«Sai…devo andare via…lontano…per molti anni.» Tian sussurrò al vento, sperando che potesse portare le sue parole all’uomo crudele e irraggiungibile che viveva così lontano. 

…Solo se mi dicessi che ancora ti ‘manco’… forse le nostre vite parallele potrebbero di nuovo incontrarsi… 

****************

Gli esami finali dell’ultimo anno erano finalmente terminati e tutti i suoi compagni di corso erano felicissimi di potersi laureare e di partecipare alla cerimonia della facoltà, ma Tian aveva qualcos’altro da fare: l’università americana a cui si era candidato con i suoi punteggi in inglese aveva inviato una lettera di accettazione a condizione che frequentasse un semestre del Corso di preparazione all’inglese prima di iniziare il suo master.

Il giovane stava raccogliendo i vestiti che avrebbe portato con sé durante il viaggio e sua madre lo stava aiutando a sistemarli. Li porse alla cameriera che iniziò a piegare i vestiti da mettere nella valigia. 

«Dovresti portare con te un maglione più spesso mio caro.» 

«È estate adesso, mamma. Renderà il bagaglio troppo pesante. Ne compro uno quando arrivo.» Tian era un uomo e preferiva viaggiare leggero. 

«Prendiamone uno o due. Presto sarà autunno e ne avrai uno a portata di mano quando ne avrai bisogno.» 

Tian si strinse nelle spalle, lasciando fare a sua madre. Il telefono squillò all’improvviso. Lo schermo mostrava il nome del dottor Nam che veniva a Bangkok di tanto in tanto e coglieva sempre l’occasione per chiamarlo. Una volta Tian gli aveva chiesto del formidabile capitano, ma il dottore aveva schivato la conversazione con risposte vaghe come… «sta bene, non preoccuparti». 

Il giovane guardò sua madre che era impegnata con la valigia e lasciò la stanza per parlare in privato. 

Così Lalita prese il suo posto nella scelta dei vestiti dall’armadio ed i suoi occhi si posarono su uno zaino che era stato spinto in fondo. Vide una camicia con un ricamo particolare sulla canapa che spuntava dalla borsa e si prese la libertà di aprirla. 

Quello che trovò erano delle magliette tessute a mano della tribù della collina e una ad una prese a tirarle fuori. Non poteva credere ai suoi occhi. Suo figlio, che indossava solo abiti costosi, aveva indossato quel tipo di abiti locali. Mentre li tirava fuori, mise su di un vaso un diario color pastello trovato sul fondo dello zaino. Aveva il sospetto che potesse aver incontrato delle ragazze dolci lassù, così prese il diario per placare la sua curiosità. La copertina era decorata con lettere di cartapesta, che dicevano Un racconto di 1000 stelle. Ovviamente apparteneva ad una ragazza. 

Sfogliando la prima pagina, il suo cuore quasi si fermò. Il nome “Miss Thorfun Charoenpol” sulla pagina era indimenticabile. Due anni fa, infatti, lei e suo marito avevano contattato la famiglia della ragazza per ripagarla con molto denaro in segno della loro gratitudine. 

Era lei la vera proprietaria di quel cuore… 

La signora Lalita apprese dal proprio investigatore che Thorfun era stata un’insegnante volontaria su una delle colline della remota regione settentrionale del paese e suo figlio era scappato da casa per diventarlo anche lui. 

Una volta pensava che quella era stata solo una coincidenza… un’incredibile casualità, ma la prova che aveva in mano le fece capire che si era sbagliata. 

Tutto accade per una ragione.

La madre voleva chiamare suo figlio per farsi spiegare tutto, ma il suo istinto di madre le disse che suo figlio si sarebbe di nuovo arrabbiato ed avrebbe potuto scappare ancora…sulla collina, in quella pericolosa terra di confine. 

Come avrebbe potuto sopportare, come madre, se un giorno avesse ricevuto una telefonata che la informava che suo figlio era stato ferito e ricoverato come quel giorno? 

La donna si lasciò cadere sul soffice materasso, rassegnata. Diventava più vecchia ogni giorno. Suo figlio maggiore era un ufficiale di alto rango con un brillante futuro in Inghilterra, sua moglie era incinta e stavano aspettando un bambino. La sua figlia di mezzo era stata in grado di prendersi cura di se stessa nonostante i divorzi. Quello che la preoccupava di più era il figlio più giovane. Aveva dieci anni di differenza con i primi due figli ed era per quello che lei lo aveva coccolato ed a causa della sua miocardite critica era sempre stata dieci volte più preoccupata per lui, nonostante la sua miracolosa sopravvivenza. 

Eppure il modo in cui il suo piccolo stava scappando da casa le fece prendere consapevolezza che… 

“I genitori erano quelli che davano la vita, ma era un diritto del bambino scrivere il proprio destino.” 

Tuttavia, voleva vedere suo figlio percorrere il sentiero che pensava fosse quello giusto e migliore per lui. La sua mano paffuta chiuse il diario, sapendo che non c’era bisogno di tirare in ballo il passato. Avrebbe lasciato che il passato fosse solo passato e non ne avrebbe più parlato. Mentre riponeva il diario nello zaino, però, cadde una foto…avrebbe detto che era la sagoma di un uomo. 

Era una foto scura, ma potè distinguere dalla sua uniforme che quell’uomo apparteneva a un’unità di pattuglia della frontiera. Le sopracciglia immacolate si aggrottarono sulla fronte. Forse lui era l’amante di Thorfun dato che lei portava la sua foto nel suo diario. Ma più ci pensava, più diventava curiosa. 

… Suo figlio aveva incontrato quell’uomo sulla collina? 

Tian stava parlando al telefono con il suo amico, che viveva lontano, sul balcone al secondo piano. Stava dicendo al dottore che stava lasciando la Thailandia per continuare i suoi studi in un altro paese, sperando che Wasant avrebbe trasmesso il messaggio a qualcuno. Ma quando chiese come stesse il capitano, ottenne solo una risatina e la stessa risposta. 

«Sta bene, non preoccuparti per lui. Ci sta provando a modo suo.» 

Cosa avrebbe dovuto significare? 

Mentre Tian riattaccava e tornava dentro, si imbatté in suo padre. 

«Dov’è la mamma?» chiese l’ex generale. Sua moglie aveva detto che avrebbe aiutato loro figlio, ma il ragazzo era là.

Tian si puntò il pollice sopra la spalla. «… Nella mia stanza. Sta facendo i bagagli per me. È più elettrizzata di me che sto partendo.» 

«È solo felice che il suo bambino sia entrato in una prestigiosa università. Se ne vanterà al prossimo ricevimento di beneficenza.» 

Il generale Theerayuth ridacchiò di buon umore, ma suo figlio si accigliò: «Voi due sembrate molto felici…come se non mi voleste qui.»  

Il padre rimase in silenzio per un breve momento, poi disse: «Hai un minuto? Parliamo nel mio ufficio.»

Tian inarcò un sopracciglio sorpreso. Una volta, dopo essere tornato dalle montagne, aveva avuto una conversazione sincera con suo padre, cosa che gli fece capire quanto lui l’amasse. Anche se quell’uomo apparentemente non amava. Il generale non aveva mai mostrato apertamente il suo affetto per lui, perché era un soldato ed era abituato a impartire comandi. Suo padre, però, si era rivelato essere quello che più lo aveva capito e che aveva rispettato la sua decisione. 

Il giovane annuì e alla fine seguì suo padre in ufficio dell’ala destra. Si sedette su una sedia dall’altra parte della scrivania di legno e guardò come l’ex generale si chinò per aprire un cassetto. Il generale Theerayuth venne di nuovo alla scrivania con una grande pila carte. 

«Che cos’è questo papà?» Tian prese alcune buste da aprire e rimase immobile. 

«Sono della Fondazione Saengthong. Tua madre non vuole che tu pensi mai più a quel posto, così ha detto alle cameriere di buttare via queste lettere. Quando ho visto la prima ho cominciato a conservarle, ma potrebbero non essere tutte.» 

Tian fissò le lettere in cui i suoi piccoli allievi gli avevano disegnato delle immagini con messaggi come “ci manchi, P’See Tian” e “quando torni da noi?” … Ciò che lo colpì di più fu la lettera di Ayi, il ragazzo Akha che disegnava ancora la stessa immagine con una famiglia felice che si teneva per mano. 

Ma quella volta, la figura nella foto non era Thorfun. Era lui

Vedendo come suo figlio più giovane guardava le lettere, come se fossero preziose, il viso del generale Theerayuth si addolcì. «Non arrabbiarti con la mamma. Sai che vuole solo il meglio per te.» 

«Non si sono dimenticati di me … fino ad ora.» Gli occhi che guardavano suo padre erano arrossati. «… Ma anche se lì non ci fossero altro che bei ricordi, non tornerò indietro solo per queste lettere.» 

Le parole piene di dolore fecero fermare il padre a riflettere. All’improvviso, si sporse in avanti, chiedendo con fermezza. «Sei felice figliolo?»

Era una domanda breve e semplice, ma a Tian scosse il cuore. Le labbra sottili si strinsero e tremarono, cercando di trattenere un tumulto che stava spingendo contro lo spesso muro che aveva costruito all’interno. 

«Non voglio rendere di nuovo tristi te e mamma.» 

«… Non è la risposta.» 

«Papà, non lo so.» Tian lasciò cadere la testa sul mucchio di lettere, tormentato dalla confusione. «Per favore, non chiedermi niente.» 

Udendo le sue parole, il generale Theerayuth si alzò e si sedette al fianco di suo figlio. Mise una mano sulla nuca del ragazzo. «Non so cosa ti stia succedendo, ma ricorda che qualunque cosa tu scelga di fare in futuro, sono sempre qui per te.» Poi uscì dalla stanza, lasciando suo figlio solo nel suo ufficio. 

Tian sapeva di essere febbricitante per il desiderio di diventare di nuovo un insegnante volontario al villaggio di Pha Pan Dao, ma era per la promessa che aveva fatto a qualcuno. Era stato uno sciocco a credere che un sentimento immutato avrebbe potuto fondere le loro strade un giorno. 

Eppure, quel “un giorno” gli sembrava così fuori portata. 

Il giovane raccolse lentamente e stancamente le lettere aperte. 

…Che tormento è questo

*****************

Il tempo era volato. Una settimana prima Tian si era arrampicato su una parete rocciosa in una palestra con i suoi compagni di classe durante il giorno, poi aveva passeggiato per un nuovo centro commerciale la sera e aveva cenato con Tul. Quel giorno sarebbe partito per studiare all’estero. 

Prese il diario di Thorfun, la donna che gli aveva dato una seconda vita, e mise il suo diario nello zaino per avere con sé il bel ricordo che aveva avuto una volta. 

La forma snella strinse una giacca rossa e tirò fuori dalla camera da letto un grande bagaglio con uno più piccolo da tenere in mano. I suoi genitori lo stavano aspettando in una grande auto per accompagnarlo all’aeroporto. I camerieri sistemarono le valigie nel bagagliaio e chiusero la portiera. Mentre l’auto si allontanava dalla villa, Tian abbassò la testa, senza dire nulla. Desiderio e tristezza lottavano nel suo petto tanto che sembrava poter esplodere da un momento all’altro. 

«Va tutto bene tesoro. Una volta lì ti divertirai e non ti mancherà nemmeno casa.» Lalita gli accarezzò il braccio, vedendo quanto Tian appariva abbattuto. 

Labbra sottili si sollevarono in un sorriso asciutto, ma lui rimase in silenzio finché non raggiunsero la destinazione. L’aeroporto era affollato in tarda mattinata da turisti e

viaggiatori provenienti da tutto il mondo. La macchina europea parcheggiò proprio al gate di partenza e l’autista si precipitò a portare i bagagli mentre i suoi datori di lavoro e il figlio scendevano dal veicolo. 

Tian spinse il carrello con i suoi bagagli verso la corsia speciale per il check-in per i passeggeri di prima classe e business. Dopo aver ottenuto il posto assegnato, tornò indietro con uno zaino e un piccolo bagaglio nel punto in cui i suoi genitori lo stavano aspettando. Tian vide anche altri due uomini che erano stati per lui come una famiglia. 

«Ciao zio Phithan.» Il figlio più giovane di Sophadissakul, l’ex braccio destro di suo padre, poi si voltò verso di lui. 

«Hey Taychin. Sono sorpreso di vederti qui.» 

«Sono qui per salutarti. Ho fatto a cambio turno solo per questo.» 

«Non dovevi preoccuparti …» disse persino a Tul e ai suoi compagni di classe che non sarebbero dovuti venire fino in aeroporto. 

«Dovevo. Starai via per anni. Le mie orecchie saranno sole ora che nessuno mi chiamerà per lamentarsi dello studio.» 

L’uomo che era da poco diventato medico sorrise, pensando a quanto piacesse al giovane uomo chiamarlo a tarda notte per lamentarsi degli esami.

«Le chiamate costano poco in America. Pensi davvero che ti libererai facilmente di tutto questo?» 

«Qualunque cosa tu voglia, ragazzino viziato. Sono disponibile 24 ore su 24, 7 giorni su 7, solo per te.» Finendo la frase, si ricordò di aver preparato un regalo speciale per suo fratellino da parte di un’altra madre e tirò fuori una cornice. 

«… Mi dispiace che ci siano voluti due anni. Il mio telefono era morto e ho perso tutte le foto. Poi mi sono ricordato di averle caricate su una chiavetta esterna.» 

Tian prese il regalo, sbalordito. Mentre guardava la foto, le lacrime iniziarono a cadere dai suoi occhi. Non era solo una cornice per foto, ma era una cornice digitale con le immagini caricate che scorrevano una dopo l’altra. L’immagine sullo schermo era di quando se ne era andato e gli abitanti del villaggio e i bambini erano andati a salutarlo. 

L’amore e l’amicizia racchiusi in quella piccola cornice rettangolare erano ancora palpabili dopo tutto quel tempo. Gli occhi a mandorla cercarono una figura tra le tante sullo schermo, ma non trovarono nulla. 

Taychin sorrise leggermente, picchiettando sulla spalla sottile: «Lascia che ti ricordi i giorni migliori quando ti sentirai giù.» 

Vedendo il modo in cui suo figlio stringeva la cornice al petto, la cornice con le foto dei suoi giorni al villaggio sulla collina, la signora Lalita gli diede un avvertimento: «Faresti meglio a sbrigarti … È quasi l’ora dell’imbarco, mio caro.»

Tian fece un respiro profondo e si asciugò il moccio dal naso. Camminò con la sua famiglia fino al primo punto di controllo. 

«Ci siamo… adesso vado. Vi chiamo appena atterro.» 

Tian abbracciò tutti, ringraziandoli per essere venuti a salutarlo. Prese i bagagli e si allontanò da loro prima di voltarsi per dare loro un’ultima occhiata. 

Sua madre, suo padre, zio Phithan e Taychin lo stavano salutando da quel punto. Ma i suoi occhi vagarono oltre verso qualcuno che era molto, molto lontano. 

Io parto adesso. Lo sai? … 

Mentre mostrava il passaporto e il biglietto aereo alla sicurezza, il suo telefono che non aveva spento squillò, fermando i suoi passi. Non avrebbe dovuto prestargli attenzione perché doveva salire sull’aereo, ma prese il telefono dalla tasca dei pantaloni. Lo schermo mostrava un numero che non era registrato, ma lui premette il pulsante verde. 

«Ciao.» 

Nessuna parola dopo quella dalla voce monotona dall’altra parte della linea, come se il segnale fosse disturbato. 

Tian aggrottò la fronte, pensando che la persona all’altra estremità dovesse aver sbagliato il numero, ma prima che mettesse giù il telefono, una voce parlò. 

«Tian.» 

Quella voce profonda e ferma sconvolse il suo mondo, il mondo che aveva preso a girare,  andando in frantumi. Il tempo si era fermato, le cose si erano fermate. Tian si bloccò stordito e gli ci volle un po’ prima di forzare le sue labbra pietrificate ad aprirsi. 

«Capitano…» 

Lalita fu la prima a notare l’improvviso cambiamento in suo figlio. Gli si avvicinò, seguita dagli altri. Quando raggiunsero il ragazzo, nessuno osò dire una parola. 

Il bel viso era privo di emozioni, ma le lacrime gli scorrevano sul viso. Si premette il telefono all’orecchio come se aspettasse le parole più critiche della sua vita. 

«Ti auguro buona fortuna.» 

Le parole erano blande, ma bastarono a frantumare lo scudo che stava cercando di mantenere. 

«Due anni…sono passati due anni ed è tutto quello che hai per me?» 

La voce di Tian si spezzò mentre il suo petto era pieno di emozioni travolgenti.

L’ufficiale rimase in silenzio per un lungo momento e finalmente diede voce a ciò che aveva respinto nell’angolo più lontano del suo cuore. 

«Mi manchi.» 

Era come se il capitano stesse sussurrando al suo orecchio. Quelle parole ebbero l’effetto di un fulmine che aveva abbattuto tutte le sue difese, facendo scoppiare il giovane in un forte singhiozzo mentre le lacrime gli scorrevano copiose dagli occhi e tutti i sentimenti repressi esplodevano: il desiderio, la tristezza e l’amore… Nient’altro importava in quel momento . 

Tutto quello che ti chiedo è che tu mi stia ancora aspettando… 

Il giovane singhiozzante stava facendo voltare la testa a molti per la curiosità, ma Tian non prestò loro attenzione. Cercò di parlare tra le lacrime anche quando la telefonata era stata interrotta.

«Ca…capitano. Aspettami… proprio lì.» 

La madre si avvicinò per abbracciare suo figlio, non sapendo cosa fare. Non aveva idea di chi fosse al telefono. Tutto quello che sapeva era che aveva colpito suo figlio in modo imperscrutabile. 

«Non piangere mio caro ragazzo. Dimmi cosa c’è che non va.» 

«Mamma … mi dispiace …»

Le scuse improvvise fecero tacere Lady Lalita. Il suo istinto materno la spinse a cambiare la domanda. 

«Chi è il capitano

Sembrava che Tian non avesse sentito le sue parole mentre la sua mente si focalizzava su quello che avrebbe dovuto fare dopo. Si voltò verso suo padre e balbettò con la voce di un uomo che aveva fatto i conti con la sua decisione. 

«Papà non posso andarmene.» 

Il generale Theerayuth fissò gli occhi gonfi di suo figlio che risplendevano di determinazione. Emise un lungo sospiro, non sapendo se fosse per il sollievo o per altre preoccupazioni: «Vai a occuparti di quello che ti sei lasciato alle spalle. Allora parleremo.» L’ex generale aveva emesso un ordine come se il giovane fosse un suo subordinato. «… Sei un uomo. Una volta presa la tua decisione, nessun rimpianto, capito?» 

L’ultima parola ricordò a Tian l’alto ufficiale sulla collina e quello lo fece ridere. Si asciugò le lacrime dalle guance e salutò suo padre come dovrebbe fare il figlio di un soldato: «Si signore!» Si voltò verso sua madre, che era ancora sotto shock, allungando le mani sulle sue e stringendole. «… Mi dispiace di averti deluso. Ti amo tanto mamma.» 

La bocca di Lalita si spalancò mentre voleva chiamare suo figlio che stava scappando con il suo bagaglio, ma era troppo tardi. Diede un colpo al marito per aver dato al ragazzo il permesso di andare. «Puoi dirmi cosa sta succedendo marito?» 

«Nostro figlio ha appena cambiato destinazione …» rispose lentamente il generale Theerayuth, ma la sua voce era ferma ed il viso di sua moglie si arrossò di rabbia. 

«Vuoi dire che andrà di nuovo su quella collina? No, non lo lascio andare! Ho fatto tutto il possibile per tirarlo via da quel posto, ma tu l’hai mandato di nuovo! Non mi interessa cosa, lo trascinerò qui!» 

Si voltò per inseguirlo, ma il colonnello Phithan, che aveva ricevuto un silenzioso comando dal suo sovrintendente, le sbarrò la strada. «Per favore, calmati, mia signora. Tutti ci stanno guardando. Penso che faremmo meglio a parlarne una volta arrivati a casa.» 

«Tian sarà a Chiang Rai a quell’ora!» Vedendo che nessuno si muoveva di un centimetro come aveva ordinato, Lalita strinse le mani mentre le lacrime le rigavano il viso: «Perché tutti si comportano come se io fossi la cattiva qui?!» 

Suo marito intervenne e le avvolse le braccia intorno alle spalle per confortarla: «…Nessuno ti sta incolpando di niente, amore mio.» 

«Lo amo … voglio solo il meglio per mio figlio.» La signora Lalita spinse il viso contro la spalla del marito, singhiozzando, ma si lasciò riportare alla macchina davanti l’edificio delle partenze. 

Il generale Theerayuth aprì la porta per sua moglie ed entrò dopo di lei. Lui sorrise e le disse qualcosa che cancellò la sua rabbia: «A tuo figlio è stata data una seconda possibilità … una seconda vita. Lascialo vivere come meglio crede. Un miracolo accade solo una volta nella vita, sai?»

Lalita strinse le labbra, ancora angosciata, ma in fondo era d’accordo con lui. Aveva cercato di mantenere le cose come avrebbero dovuto essere … e ovviamente suo figlio più giovane era proprio come lei. Forse era il momento di lasciarlo andare. «Va bene. Spero ancora che un giorno si renderà conto che voglio solo il meglio per lui.» Non poteva fare a meno del suo commento sarcastico anche se sapeva che doveva superarlo. 

Il colonnello Phithan e suo figlio cancellarono i biglietti aerei e ritirarono i bagagli in modo che fossero diretti a casa. 

Per strada Lady Lalita chiese all’improvviso qualcosa che l’aveva infastidita.

«Conosci l’uomo che nostro figlio chiamava capitano?» 

«Deve essere l’ufficiale incaricato di prendersi cura di Tian sulla collina.»

«Ma quando era al telefono, nostro figlio è scoppiato in lacrime e ha buttato via la sua istruzione.»

Alla fine delle sue parole, entrambi i genitori caddero in silenzio. La donna fu la prima a reagire per urlare a squarciagola. «Oh mio Dio! Voglio svenire.»

*********************

Anche se il viaggio in aereo per Chiang Rai era durato poco più di un’ora, il suo cuore era già saltato lì molto tempo prima. Mentre Tian guardava le nuvole bianche fuori dal finestrino, la sua mente era piena di preoccupazioni. Si sentiva in colpa per come aveva preso la decisione in quel modo, ma d’altra parte, era sollevato dal fatto che almeno avesse completato la sua laurea come i suoi genitori gli avevano chiesto. 

Quando sarebbe arrivato gli abitanti del villaggio lo avrebbero ancora accolto a braccia aperte come avevano fatto una volta? Erano passati più di due anni. 

Tian appoggiò la testa contro il finestrino finché la temperatura sotto lo zero esterna non si insinuò nella sua pelle. Chiuse gli occhi, gonfi per il pianto, per riposare la sua mente stanca, sperando che nessuno avesse filmato lui che piangeva come un bambino in pubblico. Sarebbe stata un’umiliazione totale se fosse stato caricato su Internet. 

E questo è stato tutto a causa tua, ufficiale gigante! 

Aveva immaginato varie punizioni che avrebbe potuto impartire al capitano, eppure sorrideva tra sé, soddisfatto. In poche ore, le loro strade si sarebbero nuovamente unite. 

L’aeroporto di Chiang Rai era ancora popolato nel tardo pomeriggio da molte persone in attesa dei propri cari. Il ragazzo di città che trasportava solo il suo zaino ed un piccolo bagaglio con le rotelle, camminò nel caldo per trovare un’auto a noleggio ed andare sulla collina. Gli ci volle un po’ per negoziare il prezzo e finalmente trovò un camion che lo avrebbe portato lì. 

«Perché vai lassù fratello? È abbastanza lontano e non c’è elettricità.» chiese l’autista mentre conduceva l’auto lungo la strada tortuosa sul pendio della montagna. 

«Sto andando a far visita ad un amico.» Tian rispose vivacemente, ma gli occhi curiosi stavano rastrellando la sua figura dalla testa ai piedi. Anche un contadino avrebbe potuto dire che quel giovane proveniva da una vita agiata. Come diavolo faceva ad avere un amico in un posto simile? 

«Ero un insegnante volontario lì.» Mentre Tian raccontava ulteriormente, l’autista fece una smorfia come se stesse guardando una caricatura vestita con costumi di marca che camminava in mezzo ad un campo. Così Tian rinunciò a cercare di spiegare e guardò fuori dal finestrino. 

Dopo due ore il vecchio camion finalmente raggiunse un piccolo incrocio. Un vecchia insegna del Dipartimento delle autostrade puntava in direzione di Pha Pan Dao. Tian sollevò la borsa e pagò l’autista. Il camion partì subito lasciando il ragazzo di città da solo in mezzo alla strada. 

Lo stretto sentiero sterrato era stato cancellato per far posto ad una stretto vicolo che portava al villaggio, ma era ancora accidentato come Tian ricordava. Eppure, non era fragile come due anni prima. Quella volta era stato in grado di trasportare il suo piccolo trolley e percorrere, con i suoi bagagli, la salita con facilità. 

La sera a Pha Pan Dao stava andando avanti come sempre. Khama Bieng Lae si tolse il cappello intrecciato e si spolverò i pantaloni, mandando lo sporco in aria. Era appena tornato dalla piantagione di tè. Un intermediario quel giorno era andato al villaggio, ma lui non doveva più essere lì per impedire che gli abitanti del villaggio venissero imbrogliati e sfruttati. Dal giorno in cui lo sconsiderato insegnante volontario era stato lì, gli abitanti del villaggio ed i bambini avevano imparato a contare e quello era stato un aiuto immenso. Il capo del villaggio emise un sospiro pesante, sentendosi nostalgico. Erano passati secoli. Si chiese come stesse Tian. Forse il giovane si era laureato e aveva trovato un buon lavoro. Un forte tonfo a terra proveniente da dietro la sua schiena lo fece voltare. 

I suoi occhi a mandorla si spalancarono per lo shock. Stava sognando?! «Kru Tian»

Il ragazzo di città davanti a lui sembrava buono come lo ricordava. No, aveva un aspetto più sano, non cinereo e magro come una volta. L’uomo alto alzò la mano per eseguire un wai, ma Bieng Lae abbandonando tutte le formalità gli corse vicino e lo strinse in un forte abbraccio. 

«Come mai?Perché … cosa stai facendo qui?» 

Tian sorrise imbarazzato, grattandosi la nuca. « Ho avuto l’impulso di venire qui, quindi non ho avuto il tempo di dirlo a tutti in anticipo. Stavo pensando forse … Potrei semplicemente chiedere di passare una notte a casa tua?» 

Khama Bieng Lae scoppiò a ridere e schiaffeggiò il braccio magro, sorridendo. «Puoi restare qui per sempre. Il villaggio ed io siamo qui per accoglierti sempre!» 

L’uomo della città lontana, molto lontana, sorrise dolcemente. Era così che era… il legame di amicizia che appagava il proprio cuore. 

«Ma la capanna dell’insegnante volontaria è ancora libera. L’insegnante precedente se n’è andata due mesi fa e al momento non ci abita nessuno.» 

«Non sono qui come insegnante … posso restare lì?» chiese Tian, non volendo causare alcun problema, ma stare a casa di qualcun altro renderebbe l’ospite meno a suo agio. «Tu resti lì. Dopodomani vado in centro per una riunione. Chiamo la fondazione per prendere un accordo per te.» 

Tian fece un altro wai per ringraziare l’uomo più anziano dal profondo del suo cuore. Dopodichè il capo del villaggio lo accompagnò alla capanna ai margini del villaggio che era deserto. 

Poiché nessuno sapeva che un nuovo insegnante volontario sarebbe arrivato, la piccola capanna era rimasta in uno stato desolato. Per fortuna la zanzariera e il materasso erano ancora intatti. 

Tian si guardò intorno nella stanza dove si era sdraiato e di notte ascoltava i grilli mentre le emozioni gli sgorgavano nel petto. Nonostante non avesse elettricità, TV, internet e tutte le comodità, qui aveva molti ricordi preziosi. 

«Sentiti libero di rilassarti, Kru. Porterò la roba di cui hai bisogno.» gridò Bieng Lae dalle scale di bambù accartocciate. 

Tian sporse la testa fuori dalla finestra, rispondendo al capo del villaggio. Iniziò a occuparsi della sistemazione per la notte spostando il materasso impolverato, mettendolo ad arieggiare sul balcone dove il sole lo sfiorava dolcemente. Frugò tra i vestiti che la cameriera aveva messo nel piccolo bagaglio. Al suo interno tutto quello che trovò erano  tre o quattro paia di pantaloni e di camicie e una nuova confezione di boxer non aperta. 

Molto bene. Poteva lavarli e riutilizzarli. Non voleva che l’uomo che gli aveva insegnato a lavare a mano i vestiti mettesse il broncio. 

Il ragazzo di città ridacchiò tra sé. Desiderava ardentemente correre alla base operativa in quel momento per incontrare quella persona speciale, ma per ora doveva trattenersi. Dopo tutto era proprio lì. Prima o poi si sarebbero rivisti. All’improvviso, un brivido gli corse lungo la schiena quando qualcosa gli venne incontro. 

Come poteva chiamarlo il capitano quando non c’era segnale telefonico su quella collina? Magari era andato in città a fare la chiamata? Non aveva alcun senso. 

… O forse ti hanno trasferito in un’altra base? 

Tian scosse la testa per liberarsi del pensiero negativo. Nel profondo del suo cuore era certo che anche l’altro uomo avesse mantenuto la sua parola … proprio come si erano promessi a vicenda. Tirò lo zaino per vedere se aveva ancora qualcos’altro lì dentro e i suoi occhi si posarono sul diario color pastello. 

Questa è una cosa che devo finire. 

Tian prese il diario che aveva sconvolto la sua vita e lasciò la capanna. Il sole della sera dal crinale della montagna proiettava la sua luce arancione attraverso l’orizzonte. La fresca

brezza della fitta e verdeggiante foresta sfiorava dolcemente lo straniero che stava camminando attraverso le piantagioni di tè e proseguiva in salita. 

I ricchi cespugli di alberi placarono il suo cuore ansioso, spazzando via le preoccupazioni che aveva immaginato un momento prima. Tian risalì l’alto pendio omonimo al villaggio, familiarizzando con il suo percorso finché non si fermò in un vasto spazio aperto. Era il punto in cui una volta era stato ingannato da una storia, da un trucco. 

Il giovane ridacchiò sommessamente tra sé. Almeno aveva contato fino a novecentonovantanove stelle. La figura magra cercò un ramo e si accovacciò per scavare il terreno vicino al bordo della scogliera. Tian lavorò sodo fino a quando non ottenne una fossa profonda e sfogliò il diario fino all’ultima pagina. 

… Le lettere mancanti per sempre svanite nell’oblio. 

Prese una penna dalla tasca della giacca e iniziò a scrivere le sue stesse parole. 

Grazie per avermi dato una nuova vita.

All’improvviso il cuore nel suo petto vibrò come per dargli una risposta silenziosa. Tian mise delicatamente il diario pastello nella buca. 

Dormi bene Thorfun

Tian raccolse il terreno per coprire il diario, senza preoccuparsi delle sue mani che si sarebbero sporcate. All’improvviso vide una grande ombra che schermava il sole all’orizzonte e un paio di scarpe lucide macchiate di terra apparvero davanti ai suoi occhi. Guardò i pantaloni che coprivano le gambe lunghe e solide e si fermò davanti al viso intenso. L’uomo aveva ancora uno sguardo cupo più feroce dei demoni guardiani di Wat Arun. 

«Sapevo che saresti venuto.» 

La voce bassa e profonda sembrava quasi un ringhio. Ma quando l’ufficiale vide l’espressione sbalordita dell’uomo che era inginocchiato, il suo cuore si addolcì. 

Tian, che stava trattenendo il fiato, sobbalzò, i suoi occhi marroni si spalancarono mentre fissava l’uomo alto nell’uniforme militare khaki verde con gli emblemi e le insegne dell’unità sui risvolti ed il nastro dell’esercito sul petto. L’unica cosa che mancava era il suo berretto militare. 

Da quando era un ragazzino, aveva visto molti dei subordinati di suo padre con quel tipo di uniforme entrare e uscire da casa tutto il tempo, ma non aveva mai visto nessuno così formidabile e aggraziato come quell’uomo. 

Il suo povero cuore batteva forte … rapido … sempre più veloce … 

Come se si stesse innamorando di nuovo.

Phupha, che aveva corso direttamente dal villaggio fino alla collina, sospirò pesantemente, sollevato e frustrato dal comportamento sconsiderato del giovane. Quando aveva chiamato Tian, era al King Mangrai the Great Camp nel centro di Chiang Rai per un’importante cerimonia. 

Sentendo i singhiozzi di Tian come se il mondo stesse cadendo a pezzi prima che la linea cadesse, non era riuscito a stare fermo. Si era scusato per la sua mancanza al ricevimento serale che avrebbe potuto turbare i suoi sovrintendenti, ma era partito subito per il villaggio. 

«Perché ti metti sempre nei guai?» La magia del momento svanì non appena il capitano lo rimproverò. 

Il giovane imbronciato lanciò un’occhiataccia a Phupha, sconvolto. «… pensavo saresti stato felice di vedermi!» 

«Sono felice, ma non dovresti rovinarti la vita in questo modo.» 

«Questo è il futuro che ho scelto per me stesso. Ho scelto di tornare da te!» 

Anche se era lui il bersaglio di quell’urlo arrabbiato, Phupha non reagì. Non sentì altro che le parole di Tian che gli attraversarono il cuore. I suoi occhi si addolcirono mentre guardava il giovane, sopraffatto. 

«Ti aspetterò sempre, non importa quanto tempo ci vorrà.» 

Le parole di Phupha furono come una brezza rinfrescante che lo calmò. Tian sorrise e scosse la testa. 

«… Ma non vedevo l’ora.» 

Non l’avrebbe fatto ancora una volta… quella lunga attesa senza alcuna speranza. 

L’ufficiale inspirò profondamente, poi guardò il cielo che si oscurava mentre il sole stava tramontando. 

«Immagino che tu abbia trovato l’ultima stella.» 

Era come se il suo passato tentativo fallito fosse ritornato per ricordargli quanto fosse debole, e la sua espressione divenne malinconica. Se solo avesse avuto successo, non avrebbe dovuto aspettare così a lungo. Mentre Tian era immerso nei suoi pensieri, l’uomo che stava guardando le stelle parlò con voce gentile.

«… Ma io l’ho trovata.» 

Phupha distolse lo sguardo dal cielo e si tolse uno stemma sulla spalla. Mise una stella a cinque punte sotto una scintillante corona d’oro sulla mano sporca di Tian e si avvicinò per sussurrare sulla punta dell’orecchio del ragazzo. 

«Ora … puoi esprimere un desiderio

Il peso della stella era così pesante che Tian tremava. Le lacrime gli sgorgarono dagli occhi e lentamente gli colarono sul viso. 

«Vorrei che … non ci separassimo mai più.» 

«Non ci separeremo mai … mai più.» 

L’ufficiale ripeté il desiderio, pronto a realizzarlo. Il sorriso sul bel viso abbronzato era così gentile da far male. 

Tian si lanciò contro l’ufficiale e lo tenne stretto. L’attesa era finita. Appoggiò la testa su una spessa spalla che non portava alcun grado poiché era già stata data via. 

«E se fossi andato negli Stati Uniti e non fossi tornato mai più, mi avresti davvero aspettato?» 

Phupha avvolse le braccia intorno al suo amato. «… Non importa quanto tempo ci sarebbe voluto.» 

«Hai mai pensato di inseguirmi?» 

Le parole petulanti lasciarono l’ufficiale senza parole. Gli occhi intensi si abbassarono per nascondere la sua tristezza. 

«Tian non possiamo sempre far accadere le cose così velocemente come vogliamo. Ma ho fatto del mio meglio.» 

Per accorciare la distanza tra di noi

«Hai fatto del tuo meglio …?» L’aveva sempre sentito dal dottor Nam quando lo chiamava. Si era sempre chiesto cosa significasse. 

O forse… 

La nitidezza della stella a cinque punte nella sua mano lo sbalordì. Ricordava, quando era al liceo, come suo fratello maggiore, promosso al grado di maggiore, si lamentava di come si fosse rotto la schiena per iscriversi al Command and General Staff College. Lì, avrebbe potuto approfondire la sua istruzione e costruire la sua carriera. Il college era a… 

Bangkok. 

Sapendo di essere “amato”, il cuore di Tian si gonfiò quando se ne rese conto. Spinse il viso contro il collo forte dell’ufficiale e pianse finché il risvolto khaki verdi non si bagnò delle lacrime felici del ragazzo. Amava il profumo del sole su quell’uomo e ogni volta che erano vicini si sentiva sempre al sicuro. 

«Non lasciarmi mai più andare, non importa cosa.»

Phupha piantò un bacio possessivo su una tempia liscia, stringendo le braccia intorno al suo amato come risposta. 

Quando la stella era caduta tra le braccia della terra sottostante … 

Come avrebbe potuto lasciarlo andare?

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