TRIAGE – CAPITOLO 27

Loop 11 – Risposte

«Non mi risponde!» disse Tol con rabbia. Quanto a me, stavo cercando Mai. Era da capogiro cercarla tra il mare di persone che ci passavano accanto. «Ho chiamato già dieci volte, cosa dovremmo fare?»

Emisi un sospiro di stress. Sapevo che Tol era preoccupato per Mai. Egoisticamente parlando, sarei stato soddisfatto anche della sola sopravvivenza di Tol, ma Mai era importante per Tol e nei loop avevo imparato parecchio sulla sua storia. Cominciavo a sentirmi come se fosse mia sorella. Non ero a mio agio nel lasciar andare anche Mai. Era scomparsa dopo la notte in cui Tol e Hart si erano incontrati. Non sapevo cosa le sarebbe successo. Non avevo mai seguito le notizie di Mai dai loop precedenti perché non pensavo fosse importante.

«Penso che Mai, dal modo in cui ha lasciato il ristorante, vedrà Hart. La cameriera ha detto che sembrava avere fretta, come se avesse qualcosa di urgente.» Accarezzai la schiena di Tol per calmarlo. «Con calma la troveremo. Nong Mai potrebbe essere ancora qui in giro.»

Il viso di Tol sembrava estremamente preoccupato. Tol si precipitò in avanti e si voltò verso di me, facendomi smettere immediatamente di camminare. «P’Tin, se succede qualcosa di inaspettato, non interferire, capito?»

«Se davvero succede qualcosa di inaspettato, non posso stare lì a guardare. Sei tu che non puoi interferire. Adesso potresti avere un infarto. Non puoi sforzarti troppo.»

«Sei tu. Non devi preoccuparti. Se ti immischi, morirai. Se morirai di nuovo, non ti perdonerò.» Tol mi puntò un dito contro.

Aggrottai le sopracciglia alle parole di Tol. Eravamo entrambi in uno stato di paura: la mia paura era che Tol potesse avere un infarto e la sua paura era vedere me essere pugnalato a morte da Hart, di nuovo.

«Tol, ascoltami.» Cercai di parlare con calma. «Non prometto che non interferirò, ma starò più attento, ok?»

«Non va bene!» ribatté Tol.

«Allora, cosa vuoi che faccia?» urlai di rimando, facendo sbalordire Tol. «Vuoi che stia fermo, senza fare nulla mentre Mai è in pericolo? Normalmente sei una persona intelligente, perché oggi non vuoi capire?»

Tol sembrava sbalordito e in quel momento mi resi conto di aver accidentalmente detto qualcosa di brutto. Tol strinse i pugni e li allentò come se cercasse di reprimere le sue emozioni.

«Allora lasciamo che a morire siano tutti, io e te, così non dovremo tornare indietro ad aiutarci a vicenda.» disse freddamente Tol, poi si voltò rapidamente e se ne andò lasciandomi lì stordito come una pietra.

Merda… cosa ho fatto?

«Tol…» Stavo per correre a scusarmi con Tol, quando sentii le urla di una giovane donna dal piano di sotto. Riconobbi immediatamente a chi apparteneva quella voce. Io e Tol voltammo contemporaneamente verso la fonte del suono ed iniziammo a correre verso la balconata. Completamente nel panico, osservammo il cortile al piano terra.

Mi aspettavo di vedere una scena in cui Hart afferrava con forza Mai, brandendo un coltello mentre minacciava tutti di non avvicinarsi, ma no, la scena che mi si parò di fronte raffigurava Mai in piedi con le mani alzate in volto a coprirsi la bocca. Davanti a lei c’era un giovane, Hart, inginocchiato con un mazzo di fiori e una scatolina di cartone a forma di chiave di una macchina. Sul retro, a fare da sfondo, lo showroom della Mini Cooper con varie macchine esposte e una di loro aveva un grande fiocco regalo sopra.

Poi i due si abbracciarono felici. Tol e io li guardavamo senza credere a quello che stavamo vedendo. Guardai Tol e lui guardò me. Il mio cuore batteva forte come se stesse per uscire dal mio petto. Una lampadina si accese in quel momento nella mia testa, era la risposta alla domanda: «Qual è la chiave per far sopravvivere Tol?» 

Non era stata colpa mia, o di Mai o di Hart, ma di Tol. Se solo Tol non si fosse ostinato a chiederle di essere il suo ragazzo, la spiacevole situazione tra Mai e il suo ex si sarebbe risolta da sola. L’intervento di Tol aveva fatto infuriare l’ex ragazzo di Mai e da quello erano seguiti i molti eventi terribili che Tol e io avevamo vissuto.

Quella era la chiave per risolvere il problema. Tol non doveva essere il ragazzo di Mai, tutto qui.

Tol si voltò a guardare Mai e Hart che si stavano ancora abbracciando prima di allontanarsi da dove si trovava. Lo seguii immediatamente e gli afferrai il polso. «Tol.»

Tol tolse la sua mano dalla mia. «Parliamo più tardi.»

Volevo gemere come un cane ignorato dal suo padrone: «Mi dispiace.»

Tol non disse nulla, ma emise un lungo sospiro e camminò davanti a me. Lo seguii in silenzio, aspettando che si calmasse e prima di provare a scusarmi ancora. Sapevo che Tol probabilmente provava i miei stessi sentimenti.

«Eh… è un po’ strano. Non so come facesse Hart a sapere che Mai era qui. Beh, non c’è niente di cui preoccuparsi ora che loro due sono tornati insieme. L’assalto potrebbe essere finito.» Cercai di avviare una conversazione con Tol per cambiare l’atmosfera.

«Non lo so.» rispose secco Tol.

Uffa, troppa tensione tra noi. Se Tol è arrabbiato con me, mi metterò a piangere

«Allora… hai ancora fame? Non sei riuscito a mangiare poi tanto.»

«Torniamo a casa.» disse Tol senza voltarsi a guardarmi.

«Sì… sì signore.» risposi al suo comando in tono triste.

**********

Riportai Tol al mio condominio. Erano le 21. Per tutto il viaggio Tol non aveva detto una parola. Aveva continuato a guardare fuori dal finestrino in silenzio. Avevo provato a spezzare quel silenzio con una delle mie pessime battute, ma nonostante ciò a Tol non importava di me. Quello che gli avevo detto doveva averlo fatto davvero arrabbiare. Ma io ero così, in situazioni stressanti, tendevo a prendermela con gli altri, una cosa su cui stavo cercando di migliorare.

Una volta in camera, Tol afferrò lo zaino e andò dritto all’armadio, tirando fuori la camicia e mettendola nella borsa. Vedendo questo, corsi in fretta a bloccare l’armadio in modo che non potesse prendere nient’altro. «Dove stai andando?!»

«Torno nel mio dormitorio.» Tol si voltò vedendo come gli bloccavo la strava. Assunse un’espressione un po’ contrariata. «Nessuno si farà più male.»

Guardai l’orologio: «Ma non è ancora il momento.»

«Penso che non succederà nulla. Tutti sono al sicuro.» Tol chiuse la sua borsa. Probabilmente non avrebbe preso più niente perché mi ero messo in mezzo.

Decisi di afferrarlo e abbracciarlo forte. «Per favore, non andare.»

Tol alzò la mano per allontanarsi da me. «Ci vediamo domani.»

«No. Tol, per favore, resta con me stanotte…» Il mio corpo tremò. Il dottor Tin era un ragazzo grosso ma a volte poteva essere timoroso. Stavo per piangere dalla paura. Ero terrorizzato di perdere la persona che avevo di fronte. «Per favore, non guidare stasera, è pericoloso. Non voglio più sedermi ad aspettare. Sono stanco. Lascia che tutto finisca stanotte. Per una volta svegliamoci insieme domani mattina.» Sentivo che la pressione della sua mano era diminuita. Feci un passo indietro per guardarlo in faccia. La mia faccia probabilmente era orrenda. I miei occhi dovevano essere rossi come dei pomodori. «Sediamoci e facciamo il conto alla rovescia insieme…»

Vidi lo scintillio nei suoi occhi. Probabilmente sapeva cosa stavo dicendo, il che ferì i miei sentimenti ma non pensavo affatto di arrabbiarmi con lui. Tol lasciò cadere a terra lo zaino. Cominciò lentamente a riprendersi. 

«È… È stato stressante.» Tol alzò la mano per massaggiarsi le tempie. «Quella volta…»

Annuii: «Sì, lo è stato.»

«Mi sono spaventato e non sapevo cosa fare, quindi io… Non lo so. Pensavo che forse saresti morto. Mai sarebbe stata bene? E cosa potevo fare io?» Tol sospirò pesantemente. «Mi dispiace così tanto.»

«Non c’è bisogno di scusarsi, piccolo mio. Sono stato io a dirlo.» Gli accarezzai la testa dolcemente. «Allora, stanotte resta con me, ok?»

Tol abbassò lo sguardo e annuì lentamente, il che mi fece tirare un sospiro di sollievo. Tol, il bravo ragazzo ragionevole, era tornato. Ero contento di non dover continuare a litigare con lui ancora a lungo. Aveva superato la sua rabbia più velocemente di quando Zebra aveva dimenticato di essere stato rinchiuso in bagno.

***********

Tol e io decidemmo di sederci alle sedie a bordo piscina situate nel soppalco accanto al centro fitness del mio condominio. Tol fissò l’acqua che brillava di blu grazie alla luce sul fondo della vasca. Mi sdraiai su una sedia a sdraio e iniziai ad ammirare il cielo di una metropoli che non offriva molte stelle da vedere.

«Che ore sono adesso?» chiese Tol.

«Sono le 22.» risposi guardando il cielo. «Avresti dovuto iniziare ad avere un infarto ora e cinque minuti dopo saresti arrivato al pronto soccorso. Io stavo intubando un paziente che presentava i sintomi di un attacco d’asma quando sei arrivato. Nel loop successivo, ho lasciato che qualcun altro si occupasse di quel paziente così sarei potuto accorrere da te. Ma sei comunque morto davanti ai miei occhi. Nel loop dopo ancora, ti ho aspettato davanti al pronto soccorso, sperando che tu credessi al mio avvertimento, eppure eri lì, privo di sensi, e sanguinante.»

«Allora ti piacevo?» chiese Tol onestamente senza sentirsi in imbarazzo. Mi voltai a guardarlo.

«All’inizio non pensavo a niente, ma dopo molto tempo ho sentito crescere un legame con la persona a cui dovevo costantemente salvare la vita. E poi l’ho sentito di nuovo quando hai chiesto a Mai di essere la tua fidanzata. Mi ha fatto male quando ho visto che appartenevi a qualcun altro.»

«Ah.» Tol si alzò dalla sua sedia e andò dritto a sedersi nell’angolo della mia sedia a sdraio. Mi spostai nell’altra direzione per farlo sedere comodamente. Tol alzò la mano e mi toccò la parte sinistra del petto.

«In quel momento, stavi morendo sul campo da basket, un coltello era conficcato nel tuo petto.» Tol mi spinse un dito nel mio petto. «Mai ha chiamato un’ambulanza, poi ci hanno detto di praticarti un massaggio cardiaco. Quando è arrivata l’ambulanza, c’era un giovane medico che ti ha soccorso portandoti sul veicolo. Ti hanno fatto un altro massaggio cardiaco, ti hanno intubato, hanno fatto di tutto per farti sopravvivere, ma alla fine sei morto…»

Afferrai la sua mano che era sul mio petto. «Ti sei sentito triste?»

Tol mi fissò: «Non sarei tornato altrimenti.»

Sorrisi felice. «Sentirlo mi rende felice. Perché sei così carino? Hai un ragazzo?»

Tol rise, poi si voltò a guardare la luce fuori. «Sì, ce l’ho.»

«Chi è il tuo ragazzo? Puoi dirmelo?»

«Un uomo anziano con la pelle avvizzita, a cui piace pensare a se stesso come un eroe, si diverte a fare battute noiose, che può parlare con un gatto, ma non con la gente.»

Risi. «Chi sarà mai? Deve essere bello.»

«Come ti pare.» rispose Tol, ma vidi segretamente che gli angoli della sua bocca si sollevarono leggermente come se stesse sorridendo.

Le 22 e 15 passarono senza che io e Tol ce ne rendessimo conto. Volevo solo fare il conto alla rovescia, ma alla fine a nessuno dei due importava più del tempo. Continuammo a parlare, condividendo le storie dei loop precedenti che avevamo affrontato. Ci prendemmo in giro finché non tornammo in camera. Quella doveva essere una lunga notte, ma era passata molto in fretta. Ci addormentammo abbracciati. Il calore del corpo di Tol mi fece sentire in pace. Quel calore mi parlava dei segni vitali di Tol e mi dicevano che lui era vivo tra le mie braccia e non più senza fiato al pronto soccorso o in terapia intensiva.

E quella era probabilmente la prima volta. Avrei visto la luce del sole di un nuovo giorno insieme a Tol.

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