TRIAGE – CAPITOLO 22

Loop 10/2

POV di Tol

Tutto si svolse velocemente.

Troppo veloce per poterlo fermare in tempo.

La lama del coltello nella mano dell’ex di Mai era già scomparsa nel petto di Tin.

Il mio cuore sembrò fermarsi in quel momento.

«P’Tin…» Un grido straziato proruppe dalla mia gola secca. L’immagine successiva che vidi era quella di una figura alta che, subito dopo essersi messa saldamente in piedi, cadde a terra davanti a me. Corsi per afferrare il corpo di Tin senza pensare: «P’Tin!!!»

Gli occhi che mi avevano guardato dolcemente per tutto il tempo ora sembravano fissare qualcos’altro. Scossi il corpo della persona tra le mie braccia, aspettandomi che mi rispondesse. 

«P’Tin!!!»

«Hart! Vai all’inferno! Preparati ad andare in prigione, bastardo!!» Mai corse a lato del campo e imprecò contro Hart, che con Bas stava correndo in macchina. Posai lentamente Tin a terra. Dalla ferita sul suo petto era fuoriuscita un’abbondante quantità di sangue. Tin respirava ancora in modo calmo e regolare.

«C… cosa devo fare… cosa devo fare?!» Guardai disperatamente il viso di Tin alternandolo al coltello nel suo petto.

«Chiamerò un’ambulanza per te.» Mai prese rapidamente il telefono e chiamò.

Chiamare un’ambulanza andava bene, ma doveva pur esserci qualcosa che potevo fare nel frattempo. Allungai la mia mano tremante per afferrare il manico del coltello. Dentro di me sapevo che non avrei dovuto tirarlo fuori, ma lasciarlo così fino all’arrivo dei medici, giusto? Mi chinai e accostai l’orecchio al petto di Tin sperando di sentire il battito del suo cuore, ma non sentii niente.

«P’Tin… svegliati.» Scossi di nuovo il corpo di Tin. Alzai la mano per accarezzargli delicatamente una guancia. Sentivo che anche il mio cuore soffriva come se io stesso avessi ricevuto quella coltellata. «P’Tin… Non fare così, svegliati e dimmi cosa devo fare… Se arriva un paziente in queste condizioni, cosa devo fare…»

«Ca… campo da basket, sì. Ora il luogo è sicuro, no, non credo che sia cosciente.» Mai si portò il telefono all’orecchio e corse a inginocchiarsi accanto a Tin. 

«Sì… La rianimazione?» Mai alzò la testa per guardarmi. 

«Sì… Va bene.» rispose poi Mai mentre posava il telefono a terra accanto a lei.

«…Non riattaccare, fai quello che ti dico.» Dall’altoparlante del telefono proveniva la voce di un uomo. «Fai le compressioni toraciche al centro del torace, tra i capezzoli. Spingi a circa due pollici di profondità, la velocità deve essere di circa cento volte al minuto. Ti darò io il ritmo, tu continua a premere e non riattaccare fino a quando arriva l’ambulanza.»

«Co… e il coltello?» chiese Mai.

«Lascialo lì, non tirarlo fuori.» La voce in linea era così calma che fece calmare anche me.

«Lo farò io.» misi velocemente entrambe le mani sul petto di Tin, ma Mai si affrettò a schiaffeggiarmi le mani.

«Non puoi farlo, lo farò io.» Poi Mai mise entrambe le mani al centro del petto di Tin e premette verso il basso.

«Una volta… ho seguito un corso… di primo soccorso, lo so fare.»

Guardai con ansia Mai e Tin. Ero furioso con me stesso per essere debole. Guardai il viso di Tin, che sembrava dormire tranquillo, e la mia vista si offuscò subito a causa delle lacrime.

«Il coltello è così piccolo, non morire! Non sei un dottore? Come puoi morire?!» Non potevo fare altro che urlare, cercando di farmi sentire da una persona priva di sensi.

Vidi che dopo tre minuti Ma Iniziò a stancarsi. Per fortuna, un ragazzo accorse in aiuto e diede il cambio a Mai. Era probabilmente uno studente seduto sotto l’edificio a leggere un libro.

Non sapevo quanto tempo fosse passato, non contai nemmeno quante volte imprecai contro  Tin perché aprisse gli occhi, ma il suono di una sirena in lontananza suscitò la speranza nel cuore.

I lavori di medici e infermieri richiedevano un sacrificio intenso. Qualunque cosa fosse accaduta, loro avrebbero dovuto continuare a lavorare per i loro pazienti. Quella sera Tin non era l’unico paziente arrivato al pronto soccorso. Sembrava di essere di fronte a un campo da battaglia, con molti altri pazienti ancora in attesa di cure. Le infermiere che accoglievano i pazienti al triage davanti al pronto soccorso continuavano a svolgere il loro lavoro imperterrite, sbirciando di volta in volta dentro al pronto soccorso. Tuttavia, i loro volti erano cupi, le lacrime continuavano a scorrere sui loro volti e ogni tanto dovevano voltarsi e asciugarsi il viso.

Desideravo tanto andare a controllare Tin, volevo sapere come stesse. Sapevo che non sarebbe morto così facilmente. Era vecchio, quindi la sua pelle doveva essere spessa. Il coltello pieghevole era lungo solo pochi centimetri, per cui non avrebbe dovuto nemmeno attraversargli la pelle. Non riuscivo a stare seduto tranquillo. Rimasi in attesa, sedendomi e alzandomi più volte, davanti all’ingresso del pronto soccorso, al punto che i parenti degli altri pazienti non si voltarono nemmeno per guardarmi.

Poi la porta del pronto soccorso si aprì e ne uscì un giovane uomo con gli occhi arrossati. Indossava lo stesso camice blu che avevo visto indosso a Tin al lavoro. Era il medico che era intervenuto sul campo per soccorrere Tin. Il dottore mi passò accanto, abbracciò l’infermiera davanti al pronto soccorso e iniziò a piangere.

«Hia è stato già portato in sala operatoria, P’Aim.» singhiozzò il dottore.

«Idiota di un dottor Tin…» L’infermiera alzò lo sguardo verso il soffitto. Calde lacrime presero a scorrere da entrambi i suoi occhi. «Quanto era profondo il coltello, Gap?»

«Ha raggiunto il ventricolo destro del cuore, il sangue è rimasto intrappolato nel pericardio.» disse il medico di nome Gap, cadendo sgomento e singhiozzando forte.

Il coltello è… arrivato fino al cuore?

«Dottore.» Mi precipitai dal dottor Gap. «Co… come sta P’Tin?»

Il dottor Gap si voltò a guardarmi e disse: «Per favore, prega per lui. Pregherò anch’io per lui.» Alzò una mano per asciugarsi le lacrime. «Dobbiamo sperare solo in un miracolo.»

A quelle parole, le mie gambe iniziarono a tremare tanto da non riuscire a stare in piedi. Barcollai all’indietro fino a sedermi su una panchina, alzai entrambe le mani per coprirmi il viso e urlai dal dolore. Mai si affrettò a cambiare posto per sedersi accanto a me. Mi mise le mani sulle spalle e mi abbracciò forte. Anche lei stava piangendo.

************

‘Il dottor Tin è deceduto in sala operatoria alle due e mezza del mattino’. Quella era la notizia che ricevetti dopo ore di attesa davanti alla sala operatoria che mi fece capire che i miracoli non esistevano davvero.

Il tempo quel giorno era così bello, il cielo luminoso era l’opposto del sentimento cupo nel mio cuore. Era così spento che potremmo quasi dire che era completamente oscuro. Fissai il cielo davanti all’edificio dell’ospedale. Nel mio cuore, continuavano a susseguirsi i ricordi di Tin. Pur ammettendo che il mio incontro con lui non era stato affatto comune, sapevo dalla prima volta che avevo visto il suo viso che era lui la persona dei miei incubi. Era il tipo che si presentava sempre nei momenti più strani, quello che mi faceva capire che io e lui non ci eravamo incontrati per caso. Aveva usato con me le peggiori battute che avessi mai sentito, ma era anche colui che mi aveva  guardato con gli occhi più dolci che avessi mai visto.

I tuoi sforzi hanno avuto successo. Sei riuscito a farmi vedere il sole del giorno dopo, ma ti è costato la vita. No, è così. Non è giusto. C’è un modo per aiutarti proprio come hai fatto tu con me?

Mi hai detto che ogni volta, dopo la mia morte, sei riuscito a tornare indietro nel tempo. Ti sei svegliato nel momento e nel posto in cui ti eri addormentato. La domanda è: posso farlo anch’io?

La speranza divampò lentamente in me. Sarei tornato a casa e avrei cercato di dormire fiducioso di svegliarmi nel giorno in cui Tin era rimasto a dormire nella mia stanza o un altro giorno.

Dopo aver finito di parlare con la polizia dell’accaduto e aver consegnato il filmato, tornai a casa con un obiettivo ben preciso. Passai davanti ai miei genitori, seduti in salotto. Mia madre mi guardò mentre camminavo oltre di loro, verso le scale.

«Tol.» mi chiamò mia madre con voce tremante. «Hai sentito di Tin?»

Annuii lentamente senza voltarmi indietro. Udii mia madre singhiozzare sommessa.

«Povero dottor Tin, era ancora giovane e forte e aveva ancora molta strada da fare.» disse mio padre in tono addolorato. «Ci siamo rivisti solo di recente.»

Non volevo più trovarmi in un’atmosfera così triste, così salii in fretta le scale. Aprii la porta della camera da letto passando davanti all’area dove Tin aveva dormito quella notte.

Che tipo di idiota non vuole dormire in un letto? Ecco cosa ti dirò quando ti sveglierai.

Decisi di non fare la doccia né di lavarmi la faccia. Saltai sul letto, aspettando di addormentarmi il prima possibile. La stanchezza accumulata per non aver dormito la scorsa notte doveva essere sufficiente a farmi chiudere gli occhi, ma ogni volta che li chiudevo, l’immagine di Tin che veniva accoltellato tornava vivida, facendo sì che la mia mente non fosse abbastanza calma per addormentarsi. Chiudere gli occhi sembrava richiedere uno sforzo maggiore del solito. Aprii gli occhi dopo più di venti minuti. Mi alzai e mi misi seduto con le gambe lungo un lato del letto, la mia vista si annebbiò di nuovo.

Chi può addormentarsi ora? Alzai il dorso della mano e mi asciugai entrambi gli occhi. Inspirai e guardai il soffitto.

Quando sono morto, come sei riuscito ad addormentarti?

Lasciai la stanza e scesi al piano di sotto. I miei genitori erano usciti per andare in banca. Raggiunsi quello che era l’armadietto dei medicinali di casa, cercando di trovare la pillola che mia madre prendeva quando aveva l’insonnia. Trovai un pacchetto di piccole pillole, la parte anteriore diceva che erano dei sonniferi. Ne presi un paio e poi andai in cucina, mi versai dell’acqua e presi i sonniferi. Quelle pillole avrebbero fatto il loro dovere, sperando che non fossero scadute.

Ci vediamo presto, P’Tin.

********

Mi svegliai sentendomi parecchio stordito. Due sonniferi presi in una volta potevano essere stati troppi per me. Mi misi a sedere e chiusi gli occhi ancora per alcuni istanti, poi mi voltai rapidamente a guardare il pavimento accanto al letto, aspettandomi di vedere Tin accovacciato laggiù.

Quello che vidi fu il pavimento di una camera da letto vuota. Abbassai rapidamente lo sguardo su di me. Indossavo ancora gli stessi vestiti della notte in cui Tin era stato accoltellato. Cercai di capire cosa fosse successo e mi resi conto del fatto che non potevo tornare indietro nel tempo come aveva fatto Tin.

Controllai l’orologio, lessi l’ora, erano le cinque del pomeriggio. Vidi quattro chiamate perse dai miei amici, probabilmente perché avevo saltato le mie due lezioni, ma non ero dell’umore giusto per imparare qualcosa. Mi alzai dal letto, sentendomi perso.

«Perché tu puoi e io no?» Alzai lo sguardo e chiesi alla persona in cielo. Poi sentii qualcosa che mi diceva di guardare le foto sulla mensola della parete. Una di queste era una foto della mia infanzia. Non mi piaceva molto perché da piccolo avevo un bel faccino da ragazza, ma mia mamma mi aveva detto di metterla sullo scaffale come bel ricordo. Decisi  di prendere quella foto e scesi al piano di sotto. I miei genitori erano tornati e stavano guardando un documento di lavoro sul divano.

«Figliolo, ti sei alzato. Hai fame? Ho chiesto a zia Ae di andare a comprare del brodo di noodles al pollo. Dovrebbe essere qui presto.» Mia madre era ancora in grado di parlarmi normalmente, ma potevo dire che sembrava chiaramente triste.

«Sai in quale tempio sarà il dottor Tin?» Mio padre si voltò per chiedere a mia madre. Lei scosse la testa e si voltò a guardare il lavoro, come se non volesse più ascoltarlo. Quando sentii parlare di Tin, sentii che il mio cuore mi veniva strappato di nuovo dal petto. Andai dritto dai miei genitori e porsi loro la foto.

«Quando è stata scattata questa foto, conoscevo già P’Tin?» chiesi.

«Hmm, probabilmente sì. Ho scattato questa foto quando hai lasciato l’ospedale.» Mia madre mi guardò prima di chiedere: «Perché l’hai chiesto?»

Mi sedetti accanto a lei: «Puoi raccontarmi la storia di come ho incontrato P’Tin per la prima volta?»

«A quei tempi, io e zia Kan eravamo molto amiche e avevamo deciso di portare le due famiglie in spiaggia insieme. Eravamo seduti sulla spiaggia in quell’occasione. Tuo padre  era distratto e non si era accorto che eri entrato in acqua da solo. In quel momento, il padre del dottor Tin è venuto in aiuto e ti ha portato all’ospedale.» Mio padre distolse gli occhi dal suo lavoro e guardò lontano. «Il dottor Tin ti voleva bene. Si è preso cura di te, ti ha preso per mano ovunque tu andassi. Condivideva sempre anche il cibo con te.»

Il mio cuore sussultò sentendo tutto ciò. «P’Tin mi ha mai portato in un tempio?»

I miei genitori si guardarono l’un l’altro: «Dopo l’incidente dell’annegamento, Nong Tin ti ha portato al tempio.» rispose mia madre: «È ancora divertente a pensarci. Nong Tin forse credeva che tu fossi una bambina, così ti ha chiesto di sposarlo.» Mia madre rise un po’, ma era intrisa di dolore. «Ho pensato che fosse da spezzare il cuore. Nong Tin era una persona molto dolce fin dall’infanzia, che pensava sempre agli altri più che a se stesso. Non c’è da stupirsi che abbia scelto di diventare un medico per aiutare gli altri.»

Era come se qualcosa si fosse acceso nella mia testa. «Il tempio dove mi ha portato P’Tin… Dov’è?»

«Dov’è, papà?» Mia madre si voltò per chiedere e mio padre chiuse gli occhi mentre cercava di pensare.

«Non ricordo il nome del tempio, ma dovremmo averne una foto nell’album.» Mio padre si rivolse a mia madre. «Dovremmo portare le foto anche a Kan e al dottor Tul.»

«Sì, buona idea. Chiamerò Kan e chiederò in quale tempio si terrà il funerale.» Poi mia madre rispose al telefono.

«Papà, posso vedere quella foto?» chiesi subito a mio padre.

«Aspetta un secondo. Vado a cercarla.» Poi mio padre si alzò e andò dritto alle scale. Lo seguii velocemente.

P’Tin, non puoi morire così, non posso accettarlo. Troverò un modo per riportarti in vita, qualunque cosa accada. Dato che hai ottenuto questo potere soprannaturale, perché non posso averlo anch’io? Dopo aver saputo in quale tempio mi hai portato da bambino, P’Tin, prenoterò un biglietto aereo e  andrò lì per pregare che tu ritorni. Se tu non torni, come potrò vivere sapendo che la mia vita è stata scambiata con la tua? Non deve accadere di nuovo.

*******

Una calda brezza marina soffiava lieve, portando l’odore dell’acqua di mare al mio naso. Il sole splendeva luminoso sulla spiaggia di sabbia bianca, rendendola ancora più bella. Dopo aver camminato lungo la spiaggia e poi su un sentiero terroso per circa duecento mentro, avrei trovato il tempio. Si trovava vicino al mare. Continuai a camminare tenendo in mano la fotografia, finché non mi ritrovai davanti all’insegna del tempio. Sollevai la fotografia per confrontarla con quella davanti a me. L’immagine mostrava due ragazzini in piedi insieme davanti al cartello davanti al tempio. Tin nella foto era solo un ragazzo alto e magro con un sorriso sincero. Quanto a me, sembravo cupo, come se odiassi fare delle foto.

È qui. Questo è il posto dove mi ha portato P’Tin.

Molte cose potevano essere cambiate, ma altre sarebbero rimaste immutate anche dopo vent’anni. Ad esempio, un grande albero Bodhi situato sul lato sinistro del tempio e la sala ordinaria Ubosot, che aveva ancora la stessa forma sebbene fosse fissa, e un padiglione dove si trovava il vecchio Buddha all’estremità del tempio. Mentre entravo nel tempio, il mio cuore continuava a battere forte per tutto il tempo, vedendo il luogo che era l’origine di tutta quella strana storia che stava accadendo. Continuai a camminare e mi fermai una volta arrivato davanti al padiglione dove c’era il vecchio Buddha, che sembrava non essere stato curato come avrebbero dovuto. Guardai a destra e a sinistra per vedere se qualcuno fosse nei paraggi, poi incontrai gli occhi di un uomo che teneva in mano una scopa e spazzava le foglie secche nel cortile del tempio.

«Ehi giovanotto.» Quell’uomo mi salutò. «Se vieni a chiedere i numeri per la lotteria, ti consiglio di non farlo.» 

Mi voltai a guardare il Buddha e poi il signore. «Non sono venuto per i numeri.»

«Allora cosa ci fai qui?» L’uomo di mezza età si era avvicinato a me. «Molte persone vengono perché alcune hanno già visto esauditi i loro desideri, ma la maggior parte delle persone no. Alcuni addirittura hanno ottenuto il contrario di ciò che hanno chiesto e ora le persone raramente vengono qui a esprimere i loro desideri.»

«Allora…» Abbassai lo sguardo sulla fotografia. «Le persone, che hanno chiesto e hanno ottenuto, cosa hanno fatto?»

«Da quello che vedo, di solito sono i bambini a chiedere.» rispose l’uomo. «Quindi immagino che il Buddha conceda la benedizione alle persone che hanno un cuore puro. Una volta ho sentito di una bambina che ha chiesto che un nodulo allo stomaco di sua madre non fosse canceroso. Alla fine, il nodulo non lo era. Così, la gente del villaggio ha cominciato a venire per chiedere soldi, numeri della lotteria o dell’oro, ma nessuno di loro ha mai ottenuto nulla.»

A quel tempo, anche Tin era ancora un bambino, quindi non era strano che avesse chiesto e ottenuto la benedizione. Ma se lo facessi io ora, funzionerebbe?

«Se ci provo, funzionerà?»

«Puoi provarci, ragazzo. Non perderai nulla. Cerca di rimanere concentrato, di rendere la tua mente pacifica e potresti ottenerlo.» sorrise il signore e poi si allontanò per pulire il cortile del tempio. Guardai di nuovo il Buddha e feci un respiro profondo. Iniziai con l’inginocchiarmi, mi inchinai tre volte e poi tirai fuori la foto di me e Tin, ponendola alla base del Buddha, e infine feci un passo indietro.

P’Tin, voglio che tu torni da me. Non c’è niente che desideri di più al mondo.

Alzai entrambe le mani prima di parlare forte e chiaro.

«Ti proteggerò dalla morte finché non ci sposeremo.»

Subscribe
Notificami
guest

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

0 Commenti
Inline Feedbacks
View all comments
Facebook
Twitter
Pinterest



Copy Protected by Chetan's WP-Copyprotect.