YOUR EYES TELL – CAPITOLO 8

Il prezzo del successo

Il giorno dopo mi ero svegliato con un gusto dolce amaro in bocca. Se parte di me era contento per quello che era successo con Seng, l’altra parte ne aveva paura. Non solo per la natura del sentimento in sé, ma per il fatto che lui era un personaggio famoso e proprio in quel periodo stava cavalcando l’onda più alta. Il fatto che i suoi fan stessero già speculando su tutto questo mi faceva agitare.

Era mattina presto ed ero seduto sulla tavola abbassata del gabinetto con i capelli arruffati, il piede rotto e lo spazzolino in bocca. Mentre pensavo a tutto ciò, Seng stava preparando la colazione per entrambi e proprio in quel momento entrò nel bagno per aiutarmi. Mi alzò in silenzio e mi accompagnò al lavandino per finire di lavarmi i denti.

“Lo sai che posso farlo da solo, vero?” Dissi sarcastico mentre mi asciugai il viso con l’asciugamano. 

“Ieri sera ti ho promesso che ti avrei aiutato per sdebitarmi.”

“Secondo me stai solo facendo il furbo, ho chiesto di avere i pasti preparati, non di portarmi in bagno.”

Sorrise e basta, aiutandomi a tornare in camera senza usare le stampelle. 

Gli avevo raccomandato di andare all’università da solo e senza preoccuparsi di me, per questo dopo mezz’ora frecciavo sul sedile posteriore della moto di Bank con le stampelle sotto braccio e nessuna traccia del casco. 

“Ho visto sui social. Stai uscendo con lui? Sei nella merda amico.” Chiese Bank fermo ad un semaforo.

“Non hai pensato neanche un secondo che fosse fake?” 

“Non sono un genio ma neanche scemo, vedo come vi guardate.” Sorrise sornione prima di partire di nuovo una volta scattato il semaforo verde.

“Fai delle domande del cazzo. Stai zitto e guida!” Gli urlai nelle orecchie prima di zittire del tutto guardando il panorama. 

Bangkok era in confusione quasi quanto la mia testa, stranamente però non lo era il mio cuore. Volevo sapere cosa ne pensava Seng e cosa sarebbe successo. Pensare troppo era uno dei motivi per cui spesso avevo l’ansia e le fissazioni, cercare di non rimuginare faceva solo l’effetto contrario. Per questo mi ero buttato a capofitto in una serie di situazioni ipotetiche che avrei potuto vivere da lì a breve, nessuna finiva bene. 

Arrivati in università scesi dalla moto, indossai un cappellino per cercare di mimetizzarmi e dissi a Bank di proseguire senza di me. Pensavo che farmi vedere senza di lui mi avrebbe fatto passare inosservato più a lungo possibile. 

Mi diressi verso gli ascensori e semplicemente puntai lo sguardo a terra, non incontrai gli occhi di nessuno, convinto che così sarei diventato invisibile. 

Dentro l’ascensore eravamo in otto, ero finito in un angolo e nonostante tutto un ragazzo e una ragazza  si erano già girati tre volte per guardarmi. Il ragazzo stava evidentemente facendo un controllo con alcune foto sul suo cellulare. 

“Vuoi una foto?” Gli chiesi con un tono decisamente infastidito. 

Il ragazzo non disse niente, mise velocemente il cellulare in tasca dandomi di nuovo le spalle ma la sua amica non fu dello stesso avviso. Le porte dell’ascensore si aprirono, gli altri studenti uscirono e quando provai a farlo io, chiuse frettolosamente le porte cliccando un altro numero. 

“Ma che cazzo fai?” Esclamai seccato verso di lei e mi mossi in modo da cliccare di nuovo il numero che mi interessava. 

“Sei tu quello nella foto con P’Seng?”

“Non so di cosa stai parlando.”

Sentii un formicolio alla nuca e la sensazione di alzare la stampella e colpirla. Nella mia vita avevo a che fare con un disturbo psicologo piuttosto invasivo in quel genere di problemi. Mentre lei parlava il mio cervello aveva già elaborato almeno tre modi di ucciderla usando una sola stampella. Quel pensiero mi innervosiva perché a volte mi sembrava un bisogno o un’istinto impellente. Per questo strinsi forte le mani intorno ai manici delle stampelle e continuai a guardarla dritta negli occhi. 

“Noi siamo sue fan e tu rischi di rovinargli la carriera. Vieni dall’estero e cerchi di imporre qui i tuoi modi di fare.” 

“Senti, a parte che anche se fosse non sono affari tuoi, ma poi sei suonata. Spostati e fammi passare.”

“Non mi sposto invece. Tu non devi parlare con lui, hai capito? Noi siamo il suo fanclub e sappiamo cosa diciamo!”

Il ragazzo gonfiò improvvisamente il petto e fece una faccia irritata. Osservandolo meglio aveva l’ombretto sugli occhi in tinta con lo smalto. Fece schioccare la lingua sul palato e mosse due passi verso di me.

“Chi ti credi di essere? Non si trattano in questo modo due ragazze!” 

Ero disposto a scendere al piano sbagliato pur concludere la conversazione velocemente, peccato che mi venne istintivamente da ridere all’affermazione del ragazzo. 

“E dove sarebbe la seconda ragazza? Io qui ne vedo solo una!”

Non ero così ristretto mentalmente ma ero arrabbiato e ferito, così volevo che si sentissero come me. 

Il ragazzo alzò istintivamente la mano e mi tirò uno schiaffo in piena faccia. Uno degli anelli mi fece un piccolo taglio sulla guancia e una piccola goccia di sangue scese poco dopo lungo il mio volto.

Fu in quel momento che alzai una stampella, come un gesto meccanico e non totalmente mio, come se fosse il mio subconscio a comandanti di farlo e quando ero ormai deciso a prenderlo a stampelle sulla faccia, quando si era già messo le mani davanti alla faccia per ripararsi, le porte dell’ascensore si aprirono. Davanti a me c’erano Seng e Kao, e come se fossi stato catapultato in un film mi sembrò di vedere tutto a rallentatore. 

Cosi guardai me stesso immobile con la stampella per aria, entrambi i ragazzi urlare in preda al panico dandomi del pazzo violento e i due attori che ignorando completamente il loro fanclub, semplicemente si fecero strada mettendosi al mio fianco. Seng mi sfilò con delicatezza la stampella e Kao mi sorresse dal fianco mentre la ragazza iniziò a urlare contro di me, cercando di spiegarsi ai loro idoli.

“Hai visto P’Seng? Non è il ragazzo che fa per te! Hai già Kao e questo pazzo voleva picchiare la mia amica! Ha anche detto che non è una ragazza per lui. È omofobo!”

Vidi rosso. Cercai di saltarle addosso urlando furioso: “Mollatemi, gliela faccio mangiare la stampella! Pazzo lo dici a tuo padre, hai capito?”

Seng mi tenne stretto impedendomi di muovermi di un centimetro e Kao allungò la mano per cliccare sul piano terra, non prima di chiudere la conversazione a qualsiasi interpretazione.

“Io vedo solo un ragazzo con le stampelle che ha una ferita sul volto. Mark è nostro amico, se veramente siete nostre fan lo lascerete stare.” Poi sorrise loro mentre le porte si chiusero. 

Rimasi immobile a fissare il pavimento e ansimare. Avevo sempre avuto paura di essere pazzo, finché non mi era stata data una diagnosi, avevo sempre temuto di essere rinchiuso in un reparto psichiatrico. Sapevo consciamente che non era possibile ma la paura non mi aveva mai davvero lasciato. Per questo quando quella ragazza mi aveva dato del pazzo, mi ero quasi comportato come tale. 

“Stai bene? Dimmi cos’è successo.” Seng mi parlò a bassa voce, sorreggendomi e facendo sì che il suo corpo fosse il mio sostegno. Allungò la mano e mi fece voltare verso di lui, osservando il piccolo taglio sul mio viso con un’espressione estremamente dispiaciuta e preoccupata. 

“Hanno detto che ti rovinerò la carriera e che non devo più avvicinarmi a te.” Sentii un tremore dentro le ossa e non era paura ma rabbia. Proprio come una bomba a orologeria, la sentivo ticchettare e ribollire nel profondo delle viscere. 

“Mark, non ti devi preoccupare. Certi fan sono esagerati. Ma stai tranquillo perché risolveremo tutto noi.” Disse Kao, allargando un sorriso. 

“E come? Facendo finta che non esistono? Che erano foto fake? Che mi sono preso a schiaffi da solo?” Lo chiesi con una punta di irritazione e sarcasmo. Sentii Seng aumentare la presa su di me e stringermi maggiormente a lui. 

“No, spesso queste cose si spengono da sole. Nessuno vuole tagliarti fuori. Che esisti lo vedo benissimo, credimi.” Kao mantenne la calma e mi rispose con un sorriso. 

Lo invidiavo, sembrava sempre così spensierato e leggero, come se non dovesse preoccuparsi mai di niente. 

“A tal proposito, per dimostrarti la mia buona fede vorrei confessarti che la persona che mi interessa non è Seng ma il biondino, il tuo amico.”

Non feci in tempo a dire una parola che le porte dell’ascensore si aprirono e Kao uscì velocemente. Uscimmo anche Seng e io ma non prendemmo la sua stessa direzione. Quel ragazzo alto decise di accompagnarmi in classe, prima però estrasse un fazzoletto dalla tasca e mi pulì il viso dal sangue. Provai a ribellarmi e protestare ma non volle sentire ragione.

“Non ho intenzione di perderti di vista finché non sono sicuro che stai bene.” 

In effetti stavo ancora tremando leggermente e la tachicardia non si era calmata del tutto. 

“E se ci fermano? Cosa facciamo?”

“Tu non fai niente perché sei ancora giovane per finire in galera. Lascia parlare me. Non permetterò più a nessuno di toccarti.” Lo disse sorridendo prima di sfilarmi la cartella dalle spalle e darmi nuovamente la stampella mancante. 

“Mi fai sentire come una principessa…”

“Perché per me lo sei.” 

Sorrise di nuovo e io alzai la stampella per la seconda volta, minacciando di tirargliela in testa. 

“Seng non mi sfidare, se provi ancora a dirlo ti lego la stampella intorno al collo!”

Ero irritato, arrabbiato, ferito e spaventato ma nonostante tutto mi ero ritrovato a ridere con lui di cose banali. Era per questo che mi sentivo bene nonostante tutto. 

Procedemmo verso la mia classe e ci sedemmo cercando di non dare troppo nell’occhio. La lezione iniziò neanche cinque minuti dopo e non ci fu modo di sentire o ricevere commenti. Avevamo gli occhi addosso di quasi tutta la classe ma non c’era nessuno scoop da immortalare. Seng era semplicemente seduto accanto a me con gli auricolari indossati e l’attenzione al cellulare, io nel mentre stavo cercando di seguire la lezione senza distrarmi.

Quando la lezione terminò, improvvisamente il mio cellulare vibrò, provai a guardare la notifica ma Seng me lo sottrasse improvvisamente dalle mani. Aggrottai la fronte e ci fu un breve scontro da cui ne uscii vincitore. Aprendo instagram e cliccando la notifica c’era un video. 

Il video mostrava solo me, ripreso dal basso e, lateralmente, c’era una seconda voce che sapevo essere quella del ragazzo di prima. La sua amica doveva aver ripreso tutto e non me ne ero minimamente accorto.

“Chi ti credi di essere? Non si trattano in questo modo due ragazze!” 

“E dove sarebbe la seconda ragazza? Io qui ne vedo solo una!”

Poco dopo, la situazione era cambiata. Anche Seng era nel video, mi stringeva mentre cercavo di divincolarmi dalla sua presa urlando come un disperato: “Mollatemi, gliela faccio mangiare la stampella! Pazzo lo dici a tuo padre, hai capito?” 

Poi il filmato si interrompeva e sotto c’era una didascalia molto esplicativa. 

[Seng vuole davvero scegliere una persona del genere? È violento, ha dei problemi con la gestione della rabbia e soprattutto è omofobo! I suoi fan non possono accettare una cosa del genere! #sengprendiunaposizione]

Chiusi d’istinto il telefono e mi alzai, Seng fece lo stesso. 

“No, torna nella tua facoltà. Vado a casa da solo.”

Questo era il prezzo del successo di Seng? 

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