TRIAGE – CAPITOLO 17

Loop 10 – Insopportabile

Arrivammo a casa di Tol verso le otto di sera. Parcheggiata la mia auto vicino alla porta d’ingresso, Tol spense il motore e aprì la portiera, così mi affrettai ad aprire la mia. Una volta sceso dall’auto, Tol mi lanciò la mia chiave. Lo fece così velocemente che la afferrai a malapena con una mano. Guardai ancora quella bella casa che avevo visitato di recente. Tol mi condusse davanti alla porta d’ingresso ed io divenni più nervoso alla vista di sua madre che mi vide non appena la aprì.

«Oh, Nong Tin!» Zia Pang aveva un’espressione sorpresa sul viso. «Come sei arrivato qui?»

Salutai educatamente la madre di Tol o, per dirla tutta, quella che sarebbe divenuta anche mia madre.

«Ciao, zia Pang.»

Il sorriso della donna si allargò e si rivolse a Tol. «Siete venuti insieme?»

Stavo per aprire bocca e rispondere, ma Tol mi anticipò. «P’Tin non si sente molto bene. Mamma, possiamo utilizzare la camera degli ospiti?»

«La ca… camera degli ospiti? Il tubo dell’acqua nel bagno si è rotto e il condizionatore è stato appena tolto. Domani verrà il tecnico a ripararlo.» Zia Pang mi guardò con occhi preoccupati. «Ma prima entra pure in casa Tin. Quando hai lasciato l’ospedale?»

«Questa mattina.» risposi.

«Non sono proprio riuscita a venire a trovarti. Ieri abbiamo preso un volo per la provincia e siamo appena tornati. Mi dispiace.» Zia Pang si avvicinò a me e dopo avermi accarezzato affettuosamente la schiena, mi condusse in casa. «Hai ricevuto un regalo in visita da Tol, vero? Che cosa ha comprato per te?»

«Sì.» Sorrisi ampiamente: «Mi ha portato un grosso cesto pieno di nidi d’uova.»

Zia Pang rise: «Gli avevo detto di comprare della frutta, immagino che avrebbe richiesto un‘enorme sforzo farlo, giusto figliolo?» si voltò per rimbeccare il figlio, che stava mettendo le scarpe nell’apposito scaffale.

Tol ignorò le parole sarcastiche sul contenuto del cesto regalo. Il suo viso sembrava preoccupato per qualcosa: «La stanza degli ospiti è inutilizzabile?»

«Sì. In questo caso, Tin può dormire con te? Non mi hai avvisato in anticipo, quindi non ho affrettato il tecnico per la riparazione. Porterò in camera tua altri cuscini e coperte.» Zia Pang si voltò rapidamente e salì al secondo piano, lasciando me e Tol lì attoniti per un momento, prima di girarci piano a guardarci lentamente.

«Tol.»

«P’Tin.»

Tol e io parlammo contemporaneamente, ma decisi di rimanere in silenzio e lo lasciai parlare per primo. Dopo avermi puntato un dito contro Tol disse. «Se succede qualcosa… lo dirò alla mamma.»

Sorrisi segretamente. «Portarmi a dormire a casa tua in realtà è stata una tua idea. Ma non pensavi che dovessimo dormire insieme, vero?»

«Chi l’avrebbe mai detto?» Tol sbatté forte il cassetto delle scarpe. «Tu dormi nel letto, io sul divano al piano di sotto.»

«Se dormi di sotto, non potrò rispondere alle tue domande.» Pensai che le redini del gioco erano passate nelle mie mani. «Non vuoi sapere cosa so?» Tol mi guardò spalancando di nuovo gli occhi. Era combattuto, stava soppesando se il desiderio di conoscere la verità valesse il rischio di molestie sessuali. Pensai di dover dire qualcosa in modo che Tol si fidasse un pochino di me. «Sarò io quello a dormire per terra. Tu dormirai sul letto come al solito. Grazie per avermi concesso un pò di riposo. Se mi avessi lasciato tornare a casa, probabilmente sarei finito di nuovo al pronto soccorso come paziente.»

Tol mi rivolse uno strano sguardo che non riuscii a capire prima di guidarmi verso le scale. 

«Seguimi.»

La camera da letto di Tol poteva essere classificata come una stanza abbastanza spaziosa. Era piena di svariate cose, ma tutte conservate in modo ordinato. Sospettavo che l’ordine venisse mantenuto dalla zia Pang visto che il figlio tornava di rado a casa. Tol posò la borsa su una sedia e poi si voltò a guardare i nuovi cuscini e le coperte che erano stati sistemati sul letto. Osservai le cornici allineate sulla mensola a muro. C’erano foto di Tol in divisa da calcio, foto con la sua squadra e un suo ritratto d’infanzia, probabilmente di quando aveva quattro o cinque anni. I suoi bellissimi occhi erano grandi con uno sguardo innocente, per non parlare del tipico taglio di capelli a caschetto. Il viso da bambino di Tol mi ricordava quello di una bambina piuttosto che un bambino.

«P’Tin.» mi chiamò Tol costringendomi a distogliere gli occhi dalla sua foto d’infanzia per guardare la stessa persona nella versione di vent’anni dopo. Tol ora era un bell’uomo, ma aveva ancora il suo lato dolce proprio come quando era bambino, il che lo rendeva ancor più carino per me. «C’è qualcosa che vuoi dirmi?»

«Oh… Sei tu?» Indicai una foto di Tol da bambino. «Eri carino, ma guardandoti adesso… « Lo guardai dalla testa ai piedi. «Molto più carino.»

La mano di Tol, sul bordo della sedia, strinse ancor più forte il legno. Immaginai che ad una mia altra battuta, quella sedia avrebbe sicuramente incontrato la mia faccia. «Perché non mi dici esattamente di cosa si tratta?»

Spostai lo sguardo per guardare Tol nella foto con la sua squadra di calcio. Il suo volto era pieno di felicità. Allora mi chiesi: quanto sarà triste per lui sapere che non può più praticare lo sport che tanto ama?

«Hai mai dovuto guardare qualcuno morire proprio davanti ai tuoi occhi?»

Gli occhi di Tol mi fissarono: «Mai, perché non sono un medico come te.»

«Sì, hai ragione. Poiché sono un medico in un pronto soccorso, ho visto molte persone morire davanti ai miei occhi.» Mi girai per sorridere triste a Tol. «Ma c’è stata una volta in cui la morte di un paziente ha cambiato la mia vita. Mi ha costretto a guardare quella persona morire davanti a me, ripetutamente. Ogni volta ripeto sempre a me stesso che tutto questo deve finire, che quella persona non deve morire, che solo allora potrò uscire da questo loop infinito.»

Ricordi dei giorni in cui avevo visto Tol con il viso coperto di sangue, o della vista di Tol che cadeva a terra anche se gli avevo impedito di guidare; l’immagine di me con in mano il defibrillatore mentre lo usavo per far battere di nuovo il cuore di Tol  e quella di lui, steso in letto di terapia intensiva, con un monitor a segnalare che il suo cuore si era spento, paragonata a quella di Tol che era proprio di fronte a me, perfettamente in salute, senza alcun segno di una sua morte imminente nei prossimi giorni, portarono i miei occhi ad inondarsi di lacrime. «Non sopporto più di vederti morire davanti ai miei occhi.»

Tol era sbalordito. Aveva la bocca aperta come se volesse dire qualcosa, ma non lo fece. Chiuse gli occhi e guardò il pavimento prima di alzare lo sguardo su di me. La sua espressione era estremamente stordita e confusa: «Ma non sono ancora morto.»

Alzai il dorso della mano, mi strofinai il naso e feci un respiro profondo. «So che pensi che io sia pazzo. Anche se ti dicessi la verità, non mi crederesti. Inoltre, c’è solo una cosa che devi sapere. Tutto quello che ho fatto, che sto facendo e che farò, è per il tuo bene. Non voglio che ti capiti nulla.» Alzai una mano e mi colpii il petto. La mia voce iniziò a tremare. «Perché mi piaci, mi piaci molto. Se ti succedesse qualcosa… il mio cuore… non lo sopporterebbe.»

Tol mi stava guardando con espressione attonita, incapace di proferire parola. Feci due passi indietro, cercando di ritrovare la mia sanità mentale. Cos’hai che non va, Tin?! Avresti dovuto continuare a fare battute e flirtare. Hai ancora tutta una notte per stare con lui, giusto? Allora perché mi sentivo come se il mio petto fosse in fiamme per la stanchezza e la delusione che si erano accumulate dal primo loop? Perché i miei sentimenti dovevano traboccare proprio adesso? Avrei dovuto essere più paziente. Perché, perché?

«Penso… che dovrei andare adesso.» feci cenno verso la porta della stanza. «Ora sto bene. Per favore, saluta tua madre da parte mia.» Mi girai e mi diressi in fretta alla porta.

Poi sentii la mano della persona dietro di me afferrarmi il polso e ciò mi fece fermare. Mi voltai lentamente, Tol mi stava trattenendo. La sua espressione sembrava sorpresa.

«Non guidare.» mi disse Tol. Quello che stava accadendo era molto simile a quello del loop in cui avevo cercato di impedire a Tol di guidare, solo che i nostri ruoli ora erano invertiti. «Anche tu mi hai chiesto di non guidare. Non ti ho ascoltato e sono morto. Questa volta… tu devi ascoltarmi.»

Subscribe
Notificami
guest

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

0 Commenti
Inline Feedbacks
View all comments
Facebook
Twitter
Pinterest



Copy Protected by Chetan's WP-Copyprotect.