TRIAGE – CAPITOLO 15

Loop 10 – Domande

‘Non… non entrare.’

Avrei voluto urlare quelle parole mentre Tol si avvicinava al mio letto. Poggiò il cesto pieno di nidi di uova e altre cose ben confezionate che non avevano molti nutrienti, sul tavolino accanto al letto.

«Lo lascio qui,» disse in tono fermo. «Mia madre vuole che ti dica che le dispiace molto di non essere venuta di persona a trovarti, ma è fuori città.»

Avrei tanto voluto rotolare giù dal letto e nascondermi per l’imbarazzo. Tol, perché mi parli come se nulla fosse? Stavo cercando di flirtare con te e contemporaneamente stavo  cercando di rubarti la ragazza. Tutto ciò è terribile. «Grazie… Grazie mille.»

Tol mi guardò come per scrutare i miei stati d’animo e la mia salute senza mostrare alcuna espressione. «Phi…»

Mi misi a sedere, guardandolo ansioso. «SÌ?…»

«…» Tol sembrava voler dire qualcosa, ma decise di non dirlo. «Niente. Ora me ne vado.» Tol si voltò. Rimasi seduto immobile, Tol si fermò per un attimo, prima di uscire dalla porta. Avrei fatto il mio ultimo sforzo.

«Tol,» lo chiamai. Tol smise di camminare e si voltò a guardarmi. «Andiamo a fare un elettrocardiogramma.»

Tol sbatté le palpebre, confuso. «Che cosa?»

«Puoi odiarmi o essere arrabbiato con me dopo questo, ma per favore, andiamo a fare un ECG,» dissi con un’espressione e un tono supplichevoli. «Quando ero un bambino, ti ho visto quasi annegare. Non voglio vederti morire di nuovo per una malattia cardiaca. So che hai una profonda paura delle malattie cardiache perché tuo zio è morto a causa di un ingrossamento del cuore. Può essere ereditario. Vai a farti dare un’occhiata.»

Tol poteva anche pensare a me come un folle a piede libero, ma si voltò a guardarmi con un’espressione interrogativa in viso. Rientrò nella stanza e chiuse la porta: «Faccio ancora brutti sogni. Ho sognato di avere un infarto.»

Mi misi  a sedere dritto, con il mio cuore che batteva così forte che per poco non mi usciva dal petto. «Allora, hai… visto qualcos’altro?»

«Nel sogno, sei tu a dirmi di andare a farmi dare un’occhiata.» Gli occhi acuti di Tol mi fissarono in attesa. Poi mi puntò contro un dito. «Ti vedo in tutti i miei incubi.»

Molte persone si sarebbero sentite male se gli fosse stato detto che erano l’incubo di qualcun altro. Ma tutto quello che provavo in quel momento era un’eccitazione che mi fece quasi svenire di nuovo. «Tol… mi ha visto davvero, sul serio.»

Tol corrugò le sopracciglia: «Di cosa si tratta? Hai messo segretamente qualche sostanza nel mio riso?»

Quindi Tol, non solo sei carino, ma anche paranoico. 

«Che tipo di persona pensi che io sia? Quando ti avrei messo della droga nel riso?»

«Quando sei venuto a cena a casa mia?» Tol cominciava a sembrare un po’ arrabbiato. Tol era una persona piuttosto irascibile, lo sapevo visto che una volta avevo assaggiato un suo pugno pesante. «E cosa… Cosa hai davvero intenzione di fare? Provarci con Mai? Oppure lo farai…» sembrava che Tol non volesse finire la frase a cui stava pensando.

«Mai?» La mia occasione era arrivata. L’opportunità di schiacciare il rapporto tra quei due. «Beh, mi ha aggiunto lei. È piuttosto carina, non credi? È la tua ragazza?» chiesi, alzando un sopracciglio.

Tol strinse i pugni. «NO.»

Guardai con cautela i pugni chiusi, temendo che mi tornassero in faccia. «Oh, ora ho capito. Ecco perché si è comportata come se fosse single. Aggiunge molti ragazzi su Facebook. All’inizio, ho pensato di flirtare con lei, ma quando l’ho vista, ero terrorizzato al pensiero dei molti concorrenti che ci sarebbero stati.»

Cominciai a vedere il fuoco esplodere negli occhi di Tol. Pensai che le cose si stavano mettendo male per me così decisi di cambiare in fretta argomento. «Ma Mai non è importante quanto la tua malattia cardiaca. Se hai avuto un sogno al riguardo, significa che sei preoccupato. Probabilmente mi hai visto nel tuo sogno perché sono un medico. Quindi, quando sei preoccupato per la tua salute, pensi a me. Lo dico perché so da zia Pang che tuo zio aveva la cardiomegalia. Sembri stanco, quindi mi sono preoccupato. Vai a farti fare un elettrocardiogramma.»

«E se dovessi avere per davvero un problema al cuore?» chiese Tol.

«Verrai indirizzato a un cardiologo per ulteriori esami e cure. Non preoccuparti.»

«Voglio dire, se davvero sarà così, significa che il mio sogno è vero.» Tol mi guardò. «Tu non mi hai conosciuto per caso, vero?»

La domanda di Tol mi lasciò di stucco per alcuni istanti. Decisi di alzarmi dal letto, afferrai la flebo di soluzione salina e andai verso di lui. Tol aveva un’espressione scioccata sul viso e cercò di allontanarsi da me. 

«Vieni con me.»

«Dove stiamo andando?» chiese freneticamente Tol.

«Al Pronto soccorso,» risposi in tono piatto, tenendo la flebo di soluzione salina in alto, come la Statua della Libertà, per impedire al sangue di rifluire nel tubo. «Sarò io a farti l’ECG.»

**********

Per tutti gli altri la scena a cui stavano assistendo al pronto soccorso in quel preciso momento doveva sembrare molto strana. Io, con indosso un camice da paziente che reggevo in una mano una flebo di soluzione salina, stavo entrando in reparto con un giovane e bellissimo studente. L’infermiera al Triage seduta davanti al pronto soccorso mi corse incontro allarmata. Sing, che stava insegnando agli specializzandi più giovani, interruppe persino quello che stava facendo e si voltò a guardarmi con occhi sgranati.

«Un ECG*, per favore!» ordinai, ignorando il camice verde che indossavo.

*(N/T: ECG: un elettrocardiogramma. Usato per esaminare eventuali  anomalie nella conduzione del cuore e indicare un possibile battito cardiaco irregolare, un’ischemia miocardica e un cuore ingrossato. Di solito c’è una macchina per l’ECG in un pronto soccorso.)

Sing si precipitò verso di me.

«Cosa pensi di fare, maledetto Tin!» Sing guardò la flebo nella mia mano: «Cosa stai facendo!?»

«Farò un ECG per il paziente.» Indicai Tol, disposto a seguirmi nonostante avesse avuto un’espressione imbarazzata per tutto il tragitto.

Sing si voltò a guardare Tol e poi si voltò di nuovo verso di me. «Ora dimmi, cosa intendi fare prima che ti trascini di nuovo in reparto?»

«Non fare troppe domande. Portami la macchina. Se non c’è nessuno disponibile, posso farlo da solo.»

«Oh… posso farlo io. Sono libera.» L’infermiera lì vicino si era frettolosamente offerta come volontaria per impedire a me e Sing di litigare. Mi voltai e feci un cenno di ringraziamento all’infermiera.

«Va bene, per favore fallo per il mio Nong. Nella sua famiglia ci sono casi di malattie cardiache.» Indicai Tol.

«Io non voglio. Ma lui ha costretto anche me.» Tol decise di screditarmi, facendo esitare l’infermiera. Quanto a Sing, mi prese a guardarmi come se non potesse credere a quello che stavo facendo.

«Tin, torna a letto.» disse freddamente Sing.

Sospirai. Se nessuno voleva farlo, lo avrei fatto io stesso. Afferrai Tol per un braccio e mi diressi verso il letto vuoto nell’angolo della stanza. «Sali sul letto.»

Tol mi guardò. «Sei serio?»

«SÌ.» Mi voltai rapidamente per tirare la macchina ECG, collegata al caricabatterie, e trascinai la sedia a rotelle accanto al letto dove avevo ordinato a Tol di salire.

Sing non riuscì a sopportare oltre la vista di me, con indosso il camice da paziente che me ne andavo in giro reggendo la flebo di soluzione salina, quindi mi afferrò per la spalla e mi trascinò verso un lato della stanza. 

«Siediti. Lo farò fare all’infermiera.» Sing mi costrinse a sedermi sulla sedia. Mi prese di mano la flebo e l’adagiò ad un’asta, come se volesse legarmi lì, e andò a dire all’infermiera di eseguire un ECG per Tol. Rimasi seduto nel guardare l’infermiera sbottonare la camicia di Tol fino a quando il suo petto liscio e bianco sottostante non venne rivelato. Solo allora rivolsi il mio sguardo da un’altra parte per sopprimere la mia mente malata.

Pochi minuti dopo, un pezzo di carta veniva sventolato dritto in faccia. Alzai lo sguardo e vidi Sing in piedi con un pezzo di carta che torreggiava sopra la mia testa. «Sei soddisfatto adesso?»

Presi il foglio dell’ECG e lo esaminai. Sorrisi di sfuggita. Sing guardò la mia reazione con sospetto.

«Vuoi che lo mandi a medicina interna?» mi chiese Sing.

«Per favore, fallo.» Mi alzai, ma strinsi gli occhi a causa delle vertigini erano ancora presenti per il mio repentino cambio di posizione. 

Sing sospirò. «Adesso è fatta. Ora devi tornare a riposare. Chiedo la sedia a rotelle per te. Se torni da solo, ti do un pugno.»

«Va bene.» Ero ben disposto a sedermi su una sedia a rotelle. Mentre aspettavo che il personale mi riportasse in reparto, trascinai con me l’asta con la soluzione fisiologica e mi avvicinai a Tol, seduto sul lettino. Sembrava ansioso. Tol mi guardò e mostrò un’espressione spaventata.

«Non preoccuparti. Il dottor Sing ti manderà da un cardiologo.» Allungai una mano e toccai il braccio di Tol, con l’intenzione di confortarlo. Ma Tol si allontanò dalla mia mano.

«È tutto vero.» Tol sembrava scioccato, spaventato e confuso allo stesso tempo. «Il mio sogno, è vero…»

SÌ. Era tutto vero. Tutte le storie nei sogni di Tol erano vere. Io avevo preso parte a tutto quello. Eppure non potevo dire niente. «Come ho detto, deve essere a causa delle tue preoccupazioni. Non è sbagliato sognare cose che ci preoccupano molto.»

Tol mi fissava come se volesse mangiare la mia carne e il mio sangue. «Hai cercato di avvicinarti a me. Non è stata una coincidenza, non è vero?»

Di nuovo quella domanda. Anche se non era la prima volta, il sentirla mi aveva comunque lasciato sbalordito come prima. Stavo per rispondere cercando di cambiare argomento, ma Tol disse qualcosa prima.

«Che cosa sei?» Tol allungò una mano e mi afferrò per la manica. «Perché vieni nei miei sogni ogni notte? Perché sapevi che avevo una malattia cardiaca? Perché… perché hai flirtato con me? Che cosa vuoi?»

Sorprendentemente, per me fu così facile rispondere all’ultima domanda. Alzai la mia mano tremante e sfiorai le guance di Tol. «Quello che voglio… è vederti vivere.»

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