TONHONCHONLATEE – CAPITOLO 16

Chonlatee venne gettato sul divano di una camera a lui familiare, molto più spaziosa della sua. L’odore di tabacco la permeava, questo gli fece capire che Tonhon lo aveva portato in camera sua. Sembrava che, negli ultimi due giorni, Tonhon avesse fumato davvero tanto. 

Le braccia snelle si aggrapparono allo schienale del divano, Chonlatee stava cercando di alzarsi ma di nuovo venne spinto verso il basso. L’uomo alto si abbassò, incombendo su di lui, con una strana espressione in volto. Era troppo vicino e la cosa scioccò Chon, che dovette usare una gamba contro il petto di Ton per fermarlo, lasciando un’impronta sulla sua camicia dato che non si era tolto le scarpe.

«Cosa stai per fare… ?» chiese Chon. 

La voce roca uscì con difficoltà, il suo respiro odorava ancora di alcool e in più sentiva molto caldo. Aveva completamente riacquistato lucidità, ma in ogni caso, le sue condizioni non sembravano quelle di una persona normale.

«Io e te abbiamo una cosa da chiarire… così non è giusto, non è giusto!» disse Ton.

«Cosa non è giusto?» rispose Chon.

Ton gli afferrò la caviglia che premeva sul suo petto. Il più grande sembrava leggermente irritato dal segno lasciato sulla sua camicia, quindi la sbottonò e una volta tolta la lanciò via, rivelando la sua pelle sudata, calda e da mordere proprio vicino al tatuaggio dell’ancora che era chiaramente visibile. Disegnato sulla pelle appena sfiorata da una leggera abbronzatura, sembrava ancora più bello e affascinante. Chon, tolta la gamba, dovette usare entrambe le braccia per spingere via la persona che si trovava sopra di lui e mantenere la distanza tra loro.

«Cosa non è giusto? Non capisco.»

«Quel giorno qualcuno ha detto che gli piacevo, giusto? Qualcuno mi ha confessato il suo amore, vero?» I suoi occhi brillavano di una luce rovente e che metteva a disagio, Chon non riusciva a capire il comportamento di Ton, ma tentò di mantenere un briciolo di sanità mentale in modo da rimanere calmo. 

 «Sì, l’ho detto. L’ho confessato e l’ho anche ribadito prima che te ne andassi dalla mia camera.» rispose Chon.

«Avrei dovuto continuare la mia vita normalmente, giusto?! Ma perché, quando te ne sei andato via per vivere lontano da me, mi sono sentito come se stessi perdendo qualcosa di molto importante? Ero tormentato. Per la prima volta dopo molto tempo non sono riuscito a dormire di nuovo… quella notte ti ho inviato un messaggio dicendoti che non riuscivo a dormire da solo in un letto vuoto. Sono uscito a notte fonda a comprare alcolici per calmare i miei nervi!  Ma questo non è bastato… non era abbastanza. Ho iniziato a seguire i tuoi orari, quando finivi le lezioni ti seguivo in mensa, anche se di solito mi facevo vedere raramente lì… quando qualcuno ti si avvicina… mi fa incazzare. Ti ho seguito fino al tuo dormitorio per vedere se andavi da qualche parte la sera, ti seguivo e aspettavo fino quando non salivi nella tua stanza, fino a che fossi sicuro che tu stessi già dormendo… e solo allora tornavo in me. Sono fuori di testa?» parlò Ton.

«Ton…» Chon gemette pronunciando il nome dell’altro. 

La mano che spingeva il petto di Ton strinse più forte. Sentiva sempre più caldo. Sudò a tal punto da avere la schiena bagnata.

«E… guardati adesso conduci una vita normale, ti sei tinto i capelli, non porti più gli occhiali, parli con altri uomini e sembri completamente felice! E i tuoi pantaloncini… non potresti indossare qualcosa di più lungo? Dannazione!» esplose Ton.

«Io…» provò a parlare Chon.

Tu-Tum… Tu-Tum… Tu-Tum!

Il cuore di Chonlatee iniziò a battere forte, quel ritmo non era assolutamente normale. Lasciò andare le sue mani quando sentì lo stesso calore provenire dal corpo dell’altro.

«Non so perché mi sento così male Chon.» continuò Ton, si voltò e sospirò mentre si lasciava cadere ai piedi del divano. 

«È così grave?» chiese Chon.

«Credo che tu mi piaccia…» ammise Ton.

La bocca di Chon si aprì in un muto stupore, sussultò alla frase di Ton “che tu mi piaccia”.

Il piccoletto aveva voglia schiaffeggiarsi per svegliarsi da quel sogno, ma prima di poter permettere a se stesso di essere felice, doveva assicurarsi di aver capito bene.

«Ti piaccio… non come un fratello, vero?» chiese Chon.

«No, mi piaci come uomo, sei soddisfatto?!» ammise Ton.

Fuochi d’artificio scoppiarono nella testa di Chon. Era molto agitato, anche se la confessione di Ton era stata piuttosto cruda e non proprio come se l’era immaginata.

Per tutto quel tempo, Chon pensava che avrebbe ricevuto una confessione molto più dolce, che lo avrebbe eccitato e inebriato di felicità, ma a dirla tutta, non ne aveva bisogno. 

Perché anche se la realtà era diversa dalla sua immaginazione, la sola cosa che contava per lui era che la persona che lo aveva detto era la persona che lui amava.  

Chon aveva desiderato tanto sentire quelle parole uscire dalla sua bocca e in quel momento riusciva a trattenere a malapena il cuore danzante nel petto.

«Ma… io sono un uomo…» disse Chon.

«Dannazione! Che differenza fa?» chiese Ton.

«Io non sono come te. Sei sicuro che io ti possa piacere davvero?» domandò il piccoletto.

«Smettila di dire stupidaggini. Mi piaci! E non mi interessa se non avrò mai figli!» affermò Ton, poi incrociò le braccia sul petto e si voltò verso il divano dove era seduto Chon.

Il cuore di Chonlatee cominciò a battere nel calore frenetico dei sensi del suo padrone di fronte a lui.

«Non posso credere che tu possa amarmi…» Ton sollevò un sopracciglio quando vide Chonlatee prendersi a schiaffi e poi pizzicare le sue guance. «Se questo è un sogno, allora non voglio svegliarmi…»

«Ok, allora te le tiro io, così scoprirai che non stai sognando.» disse Ton, poi salì sul divano accanto a Chon e allungò le mani per tirare le guance del piccoletto finché non sentì dolore.

«Ahia! fa male!» disse Chon.

«Non ubriacarti mai più, non mi piace! Ti fa ancora male la testa?» domandò Ton.

«Normale, però ho ancora un po’ caldo. Alla fine non erano così forti i cocktail.» rispose, mentre teneva il polso di Ton per evitare che gli tirasse ancora la guancia.

Lui e Ton erano di nuovo vicini, ad una distanza pericolosa per Chonlatee.

I loro sguardi si incontrarono, la punta del naso di Ton era a meno di dieci centimetri dalla punta di quello di Chon.

«Esci con me. Sii il mio ragazzo e non lasciare che qualcuno ti si avvicini di nuovo… se ti rifiuti, ti spezzo le ossa.» minacciò Ton.

«Si. E dico di sì e non perché mi faccia paura la tua minaccia.» disse Chon.

«Non hai paura di me? Quanto tempo sei stato con qualcuno prima di baciarlo?»

«Uhm… non saprei.»

«Quindi tre giorni dovrebbero bastare. E quanto tempo dovrebbe passare dai baci agli… ehm… abbracci stretti? …»

«Ton… tu lo domandi a me? La risposta dovrebbe essere… almeno un paio d’anni.»

Chonlatee trattenne il respiro, parlando dolcemente e piano senza che Ton potesse sentire.

«Perché me lo chiedi? Chi fa domande del genere?» Chon spinse via l’uomo più grande, sporgendosi in avanti e scosse la testa sentendosi ancora frastornato. 

«Che ne dici di una settimana? Comportiamoci come due che stanno insieme per molto tempo.»

«Non lo so, ma ho anche io qualcosa da dirti.» Chon si alzò prima di parlare con Ton. «Ho molta fame. Come prima cosa, dopo essere diventato il tuo ragazzo, devi portarmi a mangiare qualcosa di delizioso.»

**********

Non ci si poteva aspettare che la prima cena di Chon come fidanzato di Ton potesse essere in un ristorante elegante. Il posto dove venne portato Chon era un chiosco di porridge lungo la strada. Ton spiegò che il cibo era semplice ma delizioso; sorrise dolcemente mentre prendeva le bacchette pronto per mangiare. Chon osservò la ciotola di zuppa fumante, anche i contorni apparivano deliziosi. Non era sicuro di cosa fosse quindi prese posto e mangiò.

«Perché stai ridendo?» chiese Chon.

«Stavo pensando a quanto hai ordinato. Come lo finiamo?» disse Ton.

«Posso ordinare tutto quello che voglio, giusto?» domandò Chon.

Ton prese le capesante fritte e le mise in una ciotola, la sua faccia appariva ancora infastidita con le sopracciglia aggrottate. Poteva essere colpa del troppo caldo.

«Mangia, hai detto che avevi fame, mangia quanto vuoi.» esclamò Ton.

«Ok.» rispose Chon.

Ton tirò fuori il telefono e lo mise davanti al viso di Chon.

«Che stai facendo?»

«Ti sto facendo una foto mentre mangi con del cibo all’angolo della bocca.» 

Un lungo e affusolato dito di Ton toccò l’angolo della bocca di Chon rimuovendo ogni resto di cibo, poi ripulì il suo stesso pollice mettendolo in bocca.

Il piccoletto arrossì vedendo questo, Ton sorrise e poi si mise a ridere.

Chon non si era nemmeno accorto del fatto che Ton gli avesse scattato molte foto e di quante fossero già finite sui social. 

«Hai postato una mia foto?» chiese Chon.

«L’ho fatto… lo faccio tutti i giorni. Ma non due giorni fa. Perché non c’eri.»

«La colpa è mia? Mi ricordo che una volta mi hai detto che custodivi un segreto nel tuo profilo Instagram, per questo era bloccato. Il segreto era che postavi continuamente le mie foto mentre testardamente ripetevi che non ti piacevo?» Chon scosse la testa e prese un pezzo di cotoletta di maiale. Ton appariva come un uomo grande e agitato. 

«Odio le persone che ti fanno le foto e le mettono in giro. Quindi le ho fatte e le ho caricate nel mio profilo privato.» rispose.

«Dunque, in conclusione, ti piaccio?» domandò Chon.

«… Mi… Mi piaci, te l’ho detto che mi piaci.» ammise Ton.

«Quindi lascia che ti segua su Instagram, hai il profilo bloccato.» continuò Chon.

«Sai qual’è il mio nome su Instagram?» chiese Ton.

«Pensi che ci sia qualcosa su di te che non conosco?» esclamò Chon, quindi andò nelle app meno usate, la aprì e mando una richiesta di amicizia che Ton accettò poco dopo.

Al tavolo calò il silenzio, Chon continuò lentamente a mangiare il riso e a scorrere le sue foto che Ton aveva caricato.

La maggior parte delle foto scattate da Ton erano state scattate senza che lui se ne accorgesse. In alcune dormiva, in altre era assonnato, stava sbadigliando o si era appena alzato dal letto. Non erano tante le persone che avevano lasciato dei commenti, per la maggior parte amici stretti di Ton che lo prendevano in giro.

«Sai, quando ero alle superiori, avevo anche io uno spasimante. Mi seguiva come uno psicopatico. In quel periodo ero preoccupato per la mia privacy quindi socializzavo raramente. Postava le mie foto proprio come fai tu.» raccontò Chon.

«Non mi sorprende allora che non posti nulla sulla tua pagina Facebook o nel profilo Instagram. Ma… aspetta un attimo! Quando sarei diventato come quello psicopatico?» sbottò Ton.

«Io non volevo dire questo. Ti sei offeso?» Chon rise. 

Ton mise il broncio, poi posò le bacchette sentendosi pieno.

«Io non sono un tuo spasimante. Io sono il tuo uomo. Posso caricare le tue foto, ma agli altri è proibito.» affermò Ton.

«Si, si certo non un fan, ma il mio ragazzo. Ton fino ad ora hai postato solo mie foto… perché farle solo a me? Facciamone una di noi due.»

«Una foto insieme? Uhm… la metterò come sfondo. Vedo che i miei amici lo fanno con le loro ragazze.» 

Chonlatee sollevò una mano e si strofinò il collo, fingendo di guardare da un’altra parte. Pensò che fosse arrivato il momento di abituarsi al fatto che l’uomo che aveva sempre desiderato fosse il suo ragazzo. Gli aveva chiesto di andare fuori a mangiare perché era troppo imbarazzato per restare nella stessa camera con Ton come se niente fosse. Quindi uscire per un’ora o due per raffreddare l’atmosfera sarebbe stato opportuno.

«Con quale telefono vuoi farla?» chiese Ton.

«Il mio va bene.» disse Chon e inclinò un po’ il telefono. Attivò la fotocamera frontale e mentre la sua faccia si vedeva chiaramente nello schermo, quella di Ton si vedeva a malapena.

«Meglio se mi sposto dove sei tu.» parlò Ton, poi si spostò e prese posto sulla sedia del piccoletto, appoggiò la testa su Chon e prese il telefono dalle sue mani per scattare la foto.

«Come vuoi farla? Guancia a guancia? Una guancia così carina, proprio carina, carina, carina…»

«È venuta bene. Io non mi piaccio però.» disse Chon.

«Perché?» domandò Ton.

«Queste pose, ho visto che le avevate fatte tu e Amp.» mormorò Chon con voce leggera mentre prendeva il suo telefono dalle mani di Ton. 

Per quel giorno c’erano solo due sue fotografie: nella prima Chon sbadigliava, nella seconda diceva qualcosa con la bocca spalancata. Non andava bene.

Quella sera scattarono solo due foto, la prima era mossa e nella seconda Chon aveva aperto troppo la bocca. Non potevano essere usate.

«… Quanto siamo stupidi.»

«Stupidi?» chiese Ton.

«No, stavo solo pensando che è meglio farle da un’altra parte. Andiamo in un posto dove non sei mai stato con Amp.» replicò Chon.

Chonlatee pensò che essendo lui la persona arrivata dopo di lei, le loro foto sarebbero risultate un po’ stupide e noiose.

«C’è una cosa che mi piace davvero tanto quando sono con te, sai cos’è?» Ton gli afferrò il polso aiutandolo ad alzarsi. Interruppe la conversazione e mise i soldi sul tavolo prima di dirigersi verso il parcheggio.

«Non lo so.» ammise Chon.

«Mi piaci perché sei razionale, non stupido e capisci al volo molte cose. Mi fai stare bene.» spiegò Ton.

«E se un giorno mi comportassi da stupido senza una ragione, cosa faresti?» chiese Chon.

«Non succederà. So che non sei quel tipo di persona.» disse Ton.

I capelli di Chon furono accarezzati delicatamente. Ton aprì la porta del guidatore, ma prima di sedersi, una voce acuta lo fece sorridere. 

«Se un giorno farò qualcosa di davvero stupido, rimedierò. Ma se sarai tu a comportarti da stupido cercherò di passarci sopra. Non ti abituare perché non accadrà spesso.» disse Chon.

«Non ti farò arrabbiare, potrebbe finire male.» Chon cercò e quando la trovò strinse la mano di Ton per un momento per scaldarla.

«Non sono stupido. Farò del mio meglio. Perché sei la persona con cui voglio stare. Ora che usciamo insieme mi prenderò cura di te, con tutto quello che ho. Dovrai davvero essere paziente con me. Posso chiederti solo una cosa? Devi essere onesto con me. Se un giorno incontrerai qualcuno con cui vorrai stare, dimmelo, non ti tratterrò.» disse Chon.

«Non ci sarà nessun altro. Mi piaci tu Chon, solo tu…»

**********

Le persone che si frequentano, cosa fanno prima di andare a letto… 

Le persone che si frequentano, cosa fanno prima di andare a letto… 

Le persone che si frequentano, cosa fanno prima di andare a letto… 

Non lo so…

Chonlatee non lo sapeva, come non sapeva avrebbe passato tutto il tempo a rimuginare più e più volte su cosa sarebbe potuto accadere. Il perché Chon aveva finito per pensare solo a quello era dovuto all’incidente successo prima. 

Ton aveva parcheggiato la macchina, era andato in un chiosco ed era tornato con una scatola di preservativi e del gel lubrificante.

Cosa farà Ton?

La persona che avrebbe aspettato una settimana prima di baciarlo, che gli aveva chiesto di quanto tempo avevano bisogno per abbracciarsi e quanto avrebbero dovuto aspettare prima di stare insieme.

Chon davvero non osò chiedere e Ton non spiegò nulla.

Chonlatee alzò l’asciugamano e si strofinò i capelli un’ultima volta prima di uscire dal bagno. Quella notte Chon era tornato a dormire nella stanza di Ton.

Il ragazzo più grande si era rifiutato di lasciarlo tornare nella sua stanza, quindi si cambiò e si mise il pigiama di Ton, una grande maglia con scollo rotondo che gli cadeva sulle spalle e che doveva tirare su più e più volte, anche i pantaloni erano molto grandi per lui. Erano comodi e ben stretti, ma in ogni caso molto larghi.

«Se hai finito, mi faccio una doccia.» disse Ton.

«Si, ho fatto. Sto uscendo ora.» Chon annuii dietro alla porta del bagno. Anche se Ton l’aveva chiamato, sarebbe stato impossibile per lui sentire il suono impazzito del cuore di Chon.

Questa notte, accada quel che accada.

«È l’una di notte. Va a farti la doccia e dormiamo!» esclamò Chon.

«Perché sei così nervoso? Vieni qui.» Ton parlò con tono tranquillo, per nulla diverso da quello che usava prima di essere il suo ragazzo. Forse Chon era stato l’unico a pensare a questo genere di cose.

Tipo pensare che Ton lo avrebbe stuzzicato un po’ per celebrare il loro primo giorno o pensare che addirittura sarebbe stato attaccato. Ma non c’era nessun segnale… in quel caso, avrebbe dovuto comportarsi anche lui normalmente.

La doccia di Ton durò non più di dieci minuti. Uscì dal bagno e salì sul letto. Chon voltò la testa per guardare la porta del bagno, dopo che la sentì aprirsi. Ton indossava ancora i pantaloni come pigiama, ma era a petto nudo e la vista del tatuaggio con l’ancora e dei suoi addominali scosse i sentimenti di Chon.

Smettila di guardare… stenditi, gira la testa come fai di solito.

Anche se la sua faccia era accaldata, i suoi occhi erano aperti e la testa era piena di cose indecenti, la sua bocca disse: «Ton, non dimenticare di spegnere le luci.» 

Le luci vennero spente. Tutto era buio, ma dopo un po’ gli occhi di Chon si adattarono all’oscurità e dopo poco ancora anche gli altri sensi lo fecero; l’udito divenne più sensibile e Chon sentì Ton avvicinarsi, prima di realizzare che il materasso si stava abbassando.

Nessuno parlò per molto tempo, era come se Chon fosse pietrificato al pensiero della scatola di preservativi e del gel lubrificante…

Cosa sarebbe accaduto quella notte? Forse nulla se… Ton non si fosse girato e finalmente spostato verso Chon, sdraiandosi dietro di lui.

«Chon…» chiamò Ton.

«Si?» 

Chon chiuse gli occhi con forza mentre un respiro caldo gli scorreva lungo il collo. La loro vicinanza a letto faceva battere il suo cuore all’impazzata e gli faceva venire in mente varie fantasie. 

Cosa devo fare per superare i miei limiti e non sembrare troppo stupido?

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