TONHON CHONLATEE – CAPITOLO 4

Chonlatee dubitava fortemente del fatto che dormire nello stesso letto con Ton fosse una buona idea. Quando avevano dormito insieme per la prima volta, durante la notte andò tutto bene, dato che si erano addormentati schiena contro schiena.

Tuttavia quel mattino si ritrovò ancora avvolto da un braccio, attorno alla sua vita, premuto stretto contro quel corpo grande e pesante che emanava una intensa fragranza mista a un sensuale odore di maschio. Il calore sprigionato dal quel corpo prese a fargli ribollire il sangue. Quello doveva essere il prezzo da pagare per una tale intimità. Sembrava che quella insolita fluttuazione sanguigna avesse reso il suo cervello, appena risvegliato, molto confuso e impreparato alla sensazione di formicolio accompagnata dai tremori che seguirono in tutto il suo corpo.

Chon non alzò lo sguardo dalle braccia che si protendevano sul suo stomaco. I suoi occhi assonnati si focalizzarono per un momento su quelle braccia prima di godere di quella calda stretta. Ton aveva delle prominenti vene verdi che si estendevano dal dorso delle mani agli avambracci, cosa che accentuava il suo fascino maschile. 

Il respiro regolare della persona sdraiata lì accanto a lui venne interrotto da un piccolo lamento mentre spostò la testa sul cuscino e con una mano iniziò a strofinarsi  delicatamente gli occhi prima di svegliarsi e di salutare la persona accanto a lui.

 «Buongiorno Amp…»

 «Buongiorno… ma non sono Amp.»

Chonlatee si fece coraggio e spinse via il braccio di Ton, che ancora gli avvolgeva la vita e si alzò mettendosi a sedere sul letto, prese a tremare quando l’omone accanto a lui si spostò ancora per guardarlo.

«Chon, ho fatto un sogno la scorsa notte.»

«Cosa hai sognato? Era un incubo? Perché dalla tua faccia non sembra esser stato un bel sogno.»

«Ho sognato che prima mi hai abbracciato e poi baciato.» Sul volto di Ton comparve un’espressione molto spaventata seguita dalla pelle d’oca sui suoi avambracci.

«Sembra che tu abbia mangiato troppo ieri sera, ecco perché hai fatto un sogno tanto strano.»

«Può darsi. Se ti azzardi davvero a fare una cosa del genere, ti farò dormire fuori, vicino alle radici dell’albero di mango davanti casa.»

«Questa tua terribile minaccia si adatta bene al tuo sguardo terrorizzante.» Chonlatee rise. Avrebbe voluto davvero provare a baciare Ton per vedere se realmente avrebbe finito col dormire fuori in compagnia delle fantomatiche radici del mango.

«Mi stai facendo un complimento o prendendo in giro?»

«Qualunque cosa tu voglia credere.» rispose Chon mentre si spostava; stava quasi per alzarsi dal letto quando… 

«Non devi alzarti e allontanarti da me, vieni qui!»

I tentativi di Chonlatee di scappare dall’enorme letto furono infruttuosi. Proprio quando le dita dei piedi stavano per toccare terra, tutto il suo corpo venne trascinato indietro e spinto sul letto. Ton, ancora seduto sul letto, con una mano lo inchiodò al materasso e con l’altra bloccò le due mani di Chon dietro la schiena.

«Fa male. Ton, fa male!»

«Ricorda, non discutere con me. Dì che sono il migliore.»

«Aaaaai! Sei proprio arrogante.»

«Sbrigati, non lasciarmelo dire di nuovo.»

«Va bene… Ton, sei il migliore… il migliore del mondo.» Chon capitoló rassegnato.

«Te l’ho detto fin dall’inizio, non discutere mai con me. Se farai come dico, non ti farai male.» Ton lasciò andare le sue mani, liberandolo dalle catene. Il prigioniero allora si alzò a sedere sul letto.

«Mi hai fatto molto male.» si lamentò Chonlatee, massaggiandosi il polso. Sentiva ancora la mano calda di Ton tenerlo stretto, come se volesse davvero imprigionarlo.

«Non esagerare, non sto giocando così duro.»

«Me l’hai chiesto? “Chon per te va bene se gioco così con te?”» Chonlatee guardò il suo bel viso senza alcun timore nel vedere il suo sguardo arrabbiato.

«Perché non vuoi giocare così? Cosa c’è di male? Vai a casa e mangia molto, poi torna qui a fare la lotta con me. Se resti così mingherlino, non farai nulla in questa vita.»

«Giusto! Se tu fossi veramente così forte, non avresti bisogno di qualcuno che dorma con te, come amico.» Chonlatee si alzò dall’ampio letto. Quella volta le sue parole non vennero seguite da nessun suono di protesta o da una qualche lamentela. Seguì solo una domanda da parte di Ton dopo che l’uomo forte e muscoloso, lo lasciò andare facilmente. Chon aveva già aperto la porta della camera quando udì la voce profonda.

«Chi ti credi di essere. Dovrei supplicarti?»

Chon ignorò la sua domanda uscendo e chiudendo rumorosamente la porta dietro di sé.

Anche se l’atmosfera era diventata un po’ tesa, quasi imbarazzante, a causa di quello successo di primo mattino; Chon e Ton uscirono lo stesso per pranzare fuori e per guardare un film, esattamente come avevano programmato la sera prima. Sia lui che Ton comunicarono solo attraverso gli occhi rimanendo per tutto il tempo in silenzio. Sorprendentemente, anche non comunicando ad alta voce, i due riuscirono a capirsi l’uno dell’altro solo attraverso i loro gesti. Ad esempio, quando Ton prese le chiavi della macchina, Chon lo seguì e salì direttamente in macchina; oppure dopo aver mangiato, Ton comprò per entrambi il gelato… perché quel giorno Chon aveva mangiato molti cibi piccanti.

In effetti, all’inizio non pensavano che qualcuno dei due fosse davvero arrabbiato. Era come il gioco del silenzio: il perdente sarebbe stato il primo a parlare. Per fortuna durante la visione di un film al cinema non si poteva parlare in sala, cosa che non fece diventare la situazione imbarazzante; ma alla fine del film, Chon era talmente esausto mentalmente che si arrese a parlare per primo quando si accorse che l’autista non era diretto a casa.

«Non andiamo a casa?»

«Hai parlato per primo. Hai perso, Chon.» Ton sorrise, mostrando i suoi denti bianchi non appena sentì la sua voce. Il suo senso di trionfo fece sciogliere e scomparire quella strana e tesa atmosfera calata tra i due.

«A che gioco stai giocando? Continuiamo a comportarci come dei bambini. Sbrigati, rispondi prima alla mia domanda. Dove stiamo andando?»

«All’avventura. Voglio fare una passeggiata. L’antico mercato cinese sembra divertente; non ci vado da un po’.» 

Chonlatee annuì prima di riprendere a parlare. «Ci saranno molte persone.»

[N/T: L’antico mercato cinese di cui parla Ton si chiama Ban Chak Ngaeo. È un villaggio situato a più di 10 km da Chon Buri.]

«Non ti piacciono i posti affollati?»

«No, non è questo. Vado spesso ai concerti, solo che il mercato è un po’… scomodo.» rispose Chonlatee prima di voltarsi a osservare la persona che glielo aveva appena chiesto, nello stesso momento in cui anche Ton lo guardò.

«Anche a me piace andare ai concerti, ma ad Amp non piace. Quindi esco solo con i miei amici, ma comunque ogni volta che torno c’è sempre una discussione.»

«In questo momento nessuno si metterà più a discutere con te. Puoi andare dove vuoi.»

«Ti porterò ad un concerto con me. Quale band ti piace?» Ton si voltò per chiedere alla persona che inclinò la testa e guardava imbarazzato fuori dal finestrino.

«Qualunque band, ma dipende da chi mi ha chiesto di andare al concerto.»

«Oh, prenderò appunti così poi ci andremo insieme.»

«Ummm.»  Chonlatee chiuse gli occhi per terminare la conversazione, li riaprì solo quando sentì la voce accanto a lui chiedere ancora qualcosa.

«Ti piace chiudere gli occhi quando parli con me?»

«Ton stai andando troppo veloce, ho le vertigini. In più devo solo sentire la tua voce per parlare con te.» rispose. 

La verità però, andava in una direzione completamente diversa.

Chon chiuse gli occhi perché voleva celare il suo sguardo e nascondere la sua espressione ogni volta che sentiva il nome “Amp”. Il viso di Chonlatee nell’udire quel nome si adombrava risultando spesso scoraggiato e infastidito. Nonostante ogni volta tentasse di non farlo, alla fine il risultato era sempre lo stesso.

La zona pedonale di un antico mercato cinese di notte era molto frequentata dai passanti. Da quando varcó il cancello principale del mercato, Chonlatee, divenne una piccola goccia in mezzo al mare. Trascinato qua e là in mezzo a quella marea di gente non poté far altro che sentirsi estremamente frustrato. Tutto il contrario di Ton, che grazie alla sua altezza e alla sua stazza, non ebbe problemi nel prendere il telefono per scattare delle foto al negozio intriso di una bellezza unica e che evocava molti ricordi. Ton con il suo comportamento disinvolto riusciva davvero a fare sentire le persone molto gelose di quell’altezza. Chon poteva dare la colpa ai suoi geni, che lo avevano fatto essere piccino sin da bambino facendogli raggiungere un’altezza di soli 167 cm.

«Ton, quanto sei alto?» Chonlatee allungò una piccola mano e tirò l’orlo della maglietta dell’uomo in mezzo a quel baccano, per parlare con Ton doveva vederlo in faccia.

«185 cm, perché lo chiedi?»

«No, niente. Volevo solo saperlo. Ton, li conosci gli involtini di tofu fritti? Se vieni qui e non li mangi, allora nessuno crederà che tu ci sia mai venuto.»

«Che cos’è? Dove si trova la bancarella? Portamici subito.»

«Andiamo, tra poco saremo là.» Chon rise vedendo il fervore di Ton che era molto aggressivo e pieno di entusiasmo.

«Sbrigati, non vedo l’ora.»

«Si, lo so.»

Chonlatee si fece strada tra la folla proprio come qualcuno che conosceva bene il luogo. Dopo pochi minuti raggiunsero la bancarella che vendeva i famosi involtini di tofu fritti. Ne comprarono abbastanza per due persone prima di riprendere a camminare.

«Com’è caldo…» Ton aprì la bocca quando assaggiò il rotolo di tofu fritto. «Mmmm… sa di maiale, ma non lo so, non sono sicuro… le mie papille gustative sono andate.»

«È perché mangi velocemente e il caldo rende insensibile la tua lingua. È meglio che vada a comprare dell’acqua.» Dopo aver detto questo, Chonlatee si voltò per andare dall’altra parte lasciando da solo Ton mentre stava agitando la mano per dissipare il calore nella sua bocca.

Quegli occhi acuti osservarono il ragazzo camminare tra la folla. All’inizio vide la sua schiena, ma dato che Chon camminava molto velocemente, ben presto la sua figura scomparve, facendogli provare una strana sensazione. Provò la spiacevole sensazione di essere stato abbandonato a vagare da solo in un luogo affollato e sconosciuto.

Aspettò tranquillo per un po’, ma dopo quella che gli sembrò un’eternità, si alzò sulla punta dei piedi e allungò il collo in mezzo alla folla per cercarlo, senza però riuscire a scorgere il corpo di Chon. Sembrava che fosse sparito, nessun segno del suo ritorno.

Le sue lunghe gambe presero a camminare lentamente mentre si guardava intorno; i negozi, su entrambi i lati della strada, non lo interessavano più. In quel momento l’unica cosa che gli importava era il suo amico, il suo piccolo vicino di casa a cui sembrava essersi legato in quegli ultimi giorni.

Chonlatee era qualcuno capace di farlo sentire completamente a suo agio.

In quel momento però, non si sentiva affatto a proprio agio e aveva le sue braccia tese nel tentativo di farsi spazio tra la gente. Le stesse braccia che improvvisamente vennero afferrate da mani morbide.

Era come se mentre lo stava cercando, anche l’altro stesse facendo la stessa cosa fin quando non lo aveva trovato. E questo lo fece iniziare a sentirsi molto più a suo agio.

«Ton dove stai andando? Hai preso a camminare così velocemente che riuscivo a malapena a tenere il tuo passo.»

«Ti stavo cercando. Sei andato a comprare l’acqua e non tornavi più.»

«Mi sono fermato a prendere un succo di frutta.»

«Compriamo dello Zongzi, è perfetto da mangiare in compagnia.»

[N/T: Zongzi è un cibo tradizionale cinese servito durante il festival Dual Wu, o Dragon Boat Festival, che si tiene il quinto giorno del quinto mese lunare.] 

«Dammi la mano! Devo tenerti stretto. Un ragazzino minuto come te, è molto difficile da trovare se si perde tra la folla.» Ton afferrò la mano di Chon e la strinse forte.

Era divertente, molto divertente, ma Chonlatee non disse nulla e rise a modo suo.

«Perché dovrei aver paura? Tu potrai non essere in grado di trovarmi, ma io riuscirei a trovarti in qualsiasi momento perché tu sei molto alto. Tu proprio non ti rendi conto di quanto sei sorprendente.»

«Non lo so, so solo che prenderò il controllo del tuo corpo.» Le sue parole fecero sorridere Chonlatee, incapace di pensare.

«Ok. In conclusione, Ton chi vuoi che venga ad abbracciarmi? Fa attenzione tu a non perderti.»

«Vuoi dormire sul letto con me o vuoi parlare con le radici del mango, Chon? Mmm… più prove di così!» mormorò Ton, con un sospiro turbolento. Quando la sua mano però, venne tenuta stretta a quel modo, la sensazione di solitudine provata prima scomparve del tutto.

Era molto strano perché quando Chon era piccolo dipendeva da lui per tutto, ma una volta cresciuti, per lui era diventato una droga.

«Chon dove dormirai stanotte?»

«Hai detto che posso dormire a casa mia perché ora riesci a dormire da solo.»

«Quando l’avrei detto?»

«Hai testualmente detto “chi ti credi di essere? Dovrei supplicarti?” me lo ricordo chiaramente.»

 «Io…»

«Che cosa?»

«Quindi se ti supplico, resterai con me giusto? Non voglio stare da solo.»

Dopo aver detto questo, sentì una risata provenire dalla persona che, in piedi accanto a lui, gli teneva la mano. Udendo ciò diventò irritabile, lasciò andare la mano che teneva il braccio di Chonlatee e poi la allungò per scompigliargli i capelli, quindi mise il braccio attorno al suo collo che si prestava perfettamente come bracciolo.

«Me l’hai chiesto tu per primo! Non significa che ti sei arreso?»

«Sì, ho perso!» … Chiedere l’elemosina era sempre meglio che dormire da soli.

Chonlatee fece fatica a entrare in casa. Quella sera lui e Ton si rifiutarono di partecipare alla cena al Ban Maenam, perché Ton lo aveva costretto ad assaggiare tutti i piatti dei chioschi alimentari nelle strade del mercato di Chinatown.

«Sono così pieno da non riuscire nemmeno a bere un sorso d’acqua.»

«Anche a io.» Chonlatee si lasciò andare sul divano, guardando l’uomo alto togliersi la giacca e adagiarla su quest’ultimo. A Ton non piaceva indossare vestiti quando era in casa e osservandolo, Chon pensò che se avesse avuto un corpo così perfetto se ne sarebbe stato nudo anche lui tutto il giorno.

«Vado a farmi una doccia, tu cosa hai intenzione di fare?»

«Ehm, non credo di voler fare la doccia.»

«Quindi questa notte dormirai sul pavimento? Non voglio dormire con la puzza del tuo sudore.»

«Sto scherzando! Aspetto di digerire tutto quello che ho mangiato, poi andrò a farmi una doccia.»

«Va bene, come preferisci. Hai visto il mio cellulare?»

«Forse sul tavolo, chi devi chiamare?» Improvvisamente Chon saltò giù dal divano e guardò per primo Ton quando si rese conto di essere stato molto invadente nel chiedere chi avrebbe chiamato.

«Devo chiamare mia madre, non Amp. Non preoccuparti, l’ho bloccata ovunque.»

«Credi che sia preoccupato?» Chon inarcò le sopracciglia sentendo quelle parole. Il suo sguardo cadde immediatamente sull’ancora del petto di Ton, chiaramente visibile.

«Non lo so. È meglio che mi faccia una doccia, il mio corpo è così appiccicoso.»

«Puoi fare tutto ciò che vuoi.» Chonlatee lo osservò finché Ton non si avvicinò tanto da farlo ricadere sul divano.

Dopo un tempo breve ma impreciso, il suo cellulare vibrò. Una volta aperte le notifiche, notò che Ton aveva appena caricato qualcosa su Facebook, taggandolo. Aprì l’app e vide una sua foto scattata da dietro e come sfondo il mercato tradizionale cinese.

«Non ci sono colline o montagne qui, solo il mare. Chonlatee significa mare. Questo è il tuo nome…» 

Cercò e scelse l’emoticon della risata e la postò come commento.

«Le foto sono venute molto scure,Ton. Vuoi di nuovo che scenda a parlare con le radici dell’albero di mango?» Chonlatee sorrise leggermente poi mise il telefono sullo stomaco pensando che Ton si stesse facendo la doccia. Un attimo dopo averlo messo via, il telefono prese a vibrare continuamente a causa dei ripetuti messaggi di qualcuno.

[Nong Chonlatee, giusto? Sono la ragazza di Ton]

[Il mio amico ha visto che lui è con te.]

[Sei ancora con Ton? Abbiamo appena litigato e lui mi ha bloccata ovunque. Voglio parlare con Ton.]

Chonlatee sospirò profondamente chiedendosi se dovesse andare di sopra per avvisare Ton o meno. Alla fine pensò che non avrebbe dovuto interferire tra loro, ma non poteva ignorare quei messaggi, quindi aprì la chat per rispondere.

[No, ci siamo separati.]

[Se incontro di nuovo Ton, glielo dico.]

Prima di alzarsi e andare al secondo piano cancellò l’intera conversazione e una volta al piano superiore, andò dritto nel bagno presente nella stanza di Ton, bussò alla porta per chiamarlo.

«Ton, il gel doccia nel bagno al piano di sotto è finito. Vengo a farmi una doccia qui, sbrigati.»

 «Aspetta un minuto.»

Chonlatee decise di aprire la porta del balcone per prendere un po’ aria fresca mentre aspettava che Ton finisse di fare la doccia. Il leggero profumo di fiori lo fece rilassare e la sua mente iniziò a vagare senza alcuna direzione.

Tonhon era un marinaio. Il marinaio e il mare venivano collegati e legati insieme da ancore pesanti e affilate che puntavano dritte verso il fondale marino per l’ancoraggio. Cosa significava realmente il tatuaggio dell’ancora?

Chon non riuscì a capacitarsi del fatto che i due sarebbero ritornati presto insieme.

Non era sbagliato intrattenersi, giusto? Perché i marinai non sarebbero mai stati separati dal mare.

E Chonlatee voleva avere Tonhon solo per lui.

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