NEVER LET ME GO – CAPITOLO 13

«Mi stai mordendo o baciando?» Nuengdiao fece una smorfia. I suoi occhi diventarono gentili, mentre Palm gli sorrideva dolcemente. Era la prima volta che si incontravano da quando aveva lasciato Ranong. I due erano legati da una corda invisibile, erano incapaci di separarsi.

«Forse perchè mi sei mancato.»

«Adulatore!»

«Dove vivi? È un posto sicuro?»

«Ho affittato una piccola casa non lontano dalla tua. Ci alloggiavo quando andavo a Bangkok per le cure. È abbastanza sicuro.»

Nuengdiao annuì, ma sospirò stanco. Palm prese in mano il suo nuovo cellulare e gli chiese di salvare il suo numero.

«Qualcuno sa che sei tornato?»

«No, nessuno.»

«Zio Supakit?»

«Non credo che lo sappia, altrimenti mi avrebbe ucciso molto tempo fa.» Palm parlava come se essere braccato fosse una cosa normale, ma a Nuengdiao faceva tremare il cuore.

«Palm?»

«Mh?»

«Quello che ti dirò adesso è una cosa seria. Dobbiamo parlare da adulti, altrimenti è pericoloso.»

La persona di fronte a lui annuì.

«Nel testamento di mia madre, non c’è sicuramente il nome di mio zio. Quindi, se vuole prendere la proprietà, deve aspettare che mia madre muoia. Dopo aver ottenuto la proprietà, mi ucciderà. Nel frattempo, devo preparare un nuovo testamento e aspettare, così che lui non avrà niente.»

Palm alzò la mano come per impedirgli di parlare di morte, ma Nuengdiao scosse la testa. La situazione era molto grave, quindi non poteva più mentire.

«Quello che sta facendo è costringermi a dargli tutti i miei beni. O vuole farmi morire prima che venga fatto il testamento. Ma questo non è possibile, perché mia madre non è ancora morta, quindi non può fare niente.»

«Il fatto che ci amiamo…» Nuengdiao parlò con calma, come se accettasse il tutto. Accettava l’eredità della sua famiglia e accettava di amare molto la persona che aveva di fronte: «Se Supakit scopre della nostra relazione… ti prenderà in ostaggio e poi ti costringerà a…»

Palm rimase in silenzio, senza dire una parola. Ma i suoi occhi mostravano che aveva già ceduto per altri ovvi motivi, agli occhi che aveva davanti.

Nuengdiao baciò la persona che aveva di fronte e poi gli disse che per una volta entrambi si sarebbero dovuti sacrificare l’uno per l’altro.

«Ti seguirò in silenzio, non farò rumore.» Nuengdiao si morse le labbra per dire qualcosa, ma Palm gli coprì la bocca con una mano.

«Lasciami fare quello che dice il mio cuore.» Guardò la persona di fronte a lui con occhi d’amore, che non potevano essere più nascosti. Da un lato odiava quel momento, nessuno era libero di fare quello che voleva davvero. Dall’altro, odiava anche il destino che li aveva legati così saldamente.

Il cellulare di Nuengdiao vibrò.

«È Chopper.»

Palm si accigliò e lo guardò, così Nuengdiao gli raccontò velocemente la storia di Ben e Chopper e Palm annuì comprensivo.

Nuengdiao rispose alla chiamata: «Che succede?»

Di solito i due si scambiavano solo messaggi o si incontravano a scuola, quindi quella chiamata era piuttosto insolita.

«Sei libero domani pomeriggio? Ho qualcosa di cui discutere con te, ma…» Chopper balbettò: «…non voglio che Ben lo sappia.»

«C’è qualcosa che non può sentire?»

«Ho qualcosa da mostrarti.» Nuengdiao rimase in silenzio e guardò Palm. Entrambi erano confusi.

«Va bene. Vieni pure a casa mia.»

*******

Ovunque Nuengdiao andasse, le quattro guardie del corpo lo seguivano. 

Il giorno seguente aveva incontrato Chopper a scuola, ma non avevano parlato del loro incontro per paura che Ben li seguisse. L’istinto gli diceva che c’era qualcosa di grosso sotto. Non voleva complicare le cose poiché poche ore dopo avrebbe scoperto tutto.

Anche Palm aveva mantenuto la sua promessa: lo osservava da lontano, seduto su una moto. A volte era abbastanza vicino da poter essere visto, altre volte era troppo lontano. Palm noleggiava una moto diversa ogni giorno, in modo da non farsi scoprire.

Nuengdiao tornò a casa verso le 16:00. Dopo la scuola si era precipitato a casa perché aveva un appuntamento con Chopper. Suo cugino sarebbe arrivato verso le 18, quindi prima finì i compiti e poi lo aspettò seduto in salotto.

All’improvviso però, due colpi di pistola risuonarono nella stanza. Poi ci fu un suono fastidioso. Nuengdiao si alzò dalla sedia per cercare un posto dove nascondersi, ma quando aprì la porta, tre pistole erano puntate contro di lui. I suoi occhi vennero attratti dall’immagine di due poliziotti che giacevano a terra in una pozza di sangue.

«Siediti!» L’uomo parlava a voce bassa. Anche se non si aspettava che sarebbe accaduto quel giorno, era preparato mentalmente. Supakit si avvicinò con una pistola, lo fissò, strinse i denti e non disse nulla.

«Ho preso dei documenti che dovrai firmare.» La punta della pistola era premuta contro la sua fronte, a ricordargli che la sua vita era appesa a un capello. Nuengdiao deglutì a fatica, raccogliendo tutte le sue forze, pensando a una via di fuga.

«Tanya morirà presto.» 

«I miei uomini sono all’ospedale, moriranno di sicuro.» La persona di fronte a lui sorrideva in modo così sdegnoso che quasi si lasciò sfuggire un’imprecazione, ma la pistola sulla fronte lo mise a tacere. Sorrise appena, non di gioia, non di tristezza, ma di risentimento. Giurò che se fosse riuscito a fuggire quella volta, lo avrebbe ucciso a mani nude. In realtà lo avrebbe fatto anche in quel momento, quando le possibilità di sopravvivenza erano estremamente ridotte.

«Nel momento in cui Tanya morirà, secondo la legge, tutte le proprietà passeranno nelle tue mani, Nuengdiao. Quindi, se morirai anche tu… Ma poiché non è chiaro se hai fatto testamento o meno, è meglio scriverlo e fare in modo che tu lo firmi.»

«Avrai sicuramente una fortuna.»

Supakit si sedette accanto a lui e spostò la canna della pistola dalla fronte alla tempia e fece un cenno ai suoi scagnozzi, indicando loro i documenti e una penna.

Altri due colpi di pistola risuonarono nella casa.

«Correte!»

Ma proprio mentre gli altri due andavano a prendere i documenti, un altro suono arrivò dall’angolo buio alle loro spalle e trafisse i loro corpi. Supakit si voltò per la sorpresa. Nuengdiao colse l’occasione per muovere immediatamente la mano destra contro la canna della pistola, facendola volare in aria. Nuengdiao si alzò dalla sedia e corse il più velocemente possibile verso la persona nascosta: Palm.

Nuengdiao sapeva che era lui, anche senza vederlo in faccia. Era a pochi passi da lui, eppure lo sentiva lontano. Palm aveva mantenuto la promessa di non farsi vedere, ma prese il controllo della situazione con una pistola. Non si era accorto dell’arrivo di Palm, quindi neanche Supakit poteva saperlo.

«Attenti!»

Le grida risuonarono di nuovo. Nuengdiao non riusciva a vedere chiaramente a cosa si riferisse chi stava parlando. Palm, davanti a lui, era chiaramente nervoso, ma cominciò a correre verso la linea di tiro. Nuengdiao non poté fare altro che girarsi a guardarlo. Allo stesso tempo vide Supakit puntare una pistola contro di lui, da un suo scagnozzo che giaceva a terra dolorante.

L’esplosione che risuonò alle spalle sfiorò Nuengdiao. Allungò la mano e toccò il ragazzo che lo aspettava. Palm lo tirò indietro e lui cadde a terra.

Un nuovo colpo di pistola risuonò. A causa del tempo limitato, Palm non ebbe la possibilità di mirare, ma si limitò ad alzare la mano per fermare l’avversario. Il proiettile mancò il bersaglio aprendosi a grande distanza, provocando una forte esplosione. L’altro uomo non schivò, ma rispose direttamente.

Un altro colpo. Nuengdiao lo vide perfettamente, il proiettile entrò nel corpo di Palm, ma non era ancora chiaro quali organi avesse colpito. Ma l’immagine di Palm che cadeva a terra con una grande pozza di sangue lo fece correre verso di lui, mille emozioni, il suo cuore venne spazzato via.

«Se osi prendere una pistola, il tuo amico morirà.»

Un urlo risuonò alle sue spalle. Non aveva bisogno di guardare per capire che aveva una pistola diretta alla sua testa. A quella distanza non avrebbe potuto scappare. La mano che stava per impugnare la pistola per resistere smise improvvisamente di muoversi. Nuengdiao poté solo guardare l’immagine di Palm immerso in una pozza di sangue. Alla fine, tutti lo stavano abbandonando. 

«Firma il testamento, o morirai anche tu.» Disse una voce minacciosa e piena di ferocia. Nuengdiao si alzò con le gambe tremanti, alzò le mani come se avesse ammesso la sconfitta e poi si voltò. Le lacrime gli rigarono le guance. Con la perdita di Palm, la sua vita era nuovamente vuota. La sua mente era tormentata da un solo pensiero: Palm era morto.

*******

Nuengdiao aveva firmato il trasferimento dei beni a Supakit. Il denaro era un crimine. Più soldi si avevano e più le persone amate sarebbero sparite.

Presto sarebbe stato anche il suo turno. Le mani di Nuengdiao tremavano per la rabbia, la paura e la disperazione.

«Se tuo padre avesse accettato di firmare fin dall’inizio, non sarebbe morto così all’improvviso.»

La voce accanto a lui fece eco, accompagnata da un ghigno. Supakit guardò pensieroso il testamento. Gli occhi di Nuengdiao diventarono rossi dalla rabbia. Aveva sospettato che dietro la morte di suo padre ci fosse suo zio, ma non era mai stato sicuro finché non aveva ricevuto conferma.

«L’ultima volta che l’ho fatto, tuo padre ha falsificato la sua firma. Questa volta dovrò controllare meglio.» Poi prese un altro documento per confrontarlo con la firma sul testamento. 

«Beh, almeno non stai mentendo come tuo padre.» 

Nuengdiao strinse i denti. Lo zio era l’unico fratello biologico di suo padre con cui condivideva la stessa linea di sangue, perciò lo aveva ucciso senza pietà. Supakit aveva ordinato di uccidere suo padre e sua madre, ma presto sarebbe toccato a lui.

Nel momento in cui Supakit spostò la pistola dalla tempia, risuonarono una serie di spari. Quella volta non provenivano dalle scale, ma dalla porta d’ingresso. Il primo proiettile si conficcò nella coscia dello zio. Poi un altro proiettile arrivò dritto al centro della sua fronte. Se ne andò senza dire una parola.

Il primo era quello di Chopper. Che fu il primo ad uscire dalla porta e a sparare un colpo alla coscia per fermare il padre. Ma di fronte alla resistenza di Supakit, due poliziotti in uniforme gli spararono contro un colpo, come se stessero eseguendo una sentenza. Le lacrime scesero lentamente dagli occhi del cugino, la pistola nella sua mano tremante cadde lentamente. Nuengdiao rimase per un attimo sconvolto, ma poi si ricompose.

«Portate Palm in ospedale!» Nuengdiao urlò con spavento. Contemporaneamente, un altro gruppo di poliziotti accorse per controllare la situazione. In quel momento sentì l’odore del sangue sul suo corpo. Le squadre di soccorso si precipitarono sul posto e portarono via Palm.

«Palm, non devi morire.» Urlò Nuengdiao impotente mentre i soccorritori mettevano Palm su una barella e dicevano che Palm aveva ancora polso. Nuengdiao uscì debolmente dalla casa, la paura saliva nel suo cuore, non sapendo cosa sarebbe successo dopo.

Quando si voltò verso Chopper, che era seduto sul pavimento, si alzò a sedere, abbracciò il cugino e lo confortò. Entrambi piangevano come matti. Quell’incidente aveva sconvolto anche suo cugino, soprattutto poiché fu proprio il figlio a decidere di sparare il primo colpo. Chopper aveva dato a suo padre l’ultima possibilità per mettere giù la pistola, ma gli aveva anche tolto la vita.

«Mi dispiace. Sono stato costretto a prendere appuntamento con te. Così ho chiamato la polizia per occuparsene, ma non mi aspettavo che accadesse in questo modo.» Nuengdiao quasi lo aveva dimenticato, ormai non gli importava più.

«Come sta mia madre?»

Chopper gli afferrò la spalla: «Non preoccuparti, sta bene. Il sistema di sicurezza dell’ospedale è ottimo. I suoi uomini sono stati presi, hanno fatto false confessioni, ma non è servito a niente perché la polizia ha assistito a tutto.» La voce di Chopper era piena di pietà. Per quanto Nuengdiao odiasse lo zio, non poteva odiare suo cugino. Non tutto quello che aveva fatto era stata una sua scelta e, almeno nel momento più cruciale, aveva fatto la scelta giusta al posto di suo padre.

«Vai in ospedale.» Un’altra voce parlò come se stesse aspettando che i due finissero di parlare. Nuengdiao si girò e vide Ben, che guardava Chopper confuso.

«Ah, Ben ha contattato suo padre per chiamare la polizia. Il padre di Ben è un ufficiale militare d’alto rango e ha molte conoscenze. Se fossi stato da solo, non ci sarebbero stati così tanti poliziotti.» Nuengdiao si voltò a guardare Ben.

«Grazie.» Nuengdiao afferrò la mano di Ben e poi si alzò in piedi.

«Non c’è di che.» Rispose Ben sorridendo. Poi si chinò e gli mise un braccio intorno alla spalla, abbracciandolo per confortarlo. Molte persone che lavoravano nella casa, dopo l’uscita dei poliziotti lasciarono la casa. Guardando la scena d’amore davanti a lui, la paura lo assalì di nuovo.

«Palm…»

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