KINNPORSCHE – CAPITOLO 44 (1/2)

L’ultima storia

-Porsche-

«Vegas?» chiesi fissandolo dritto negli occhi. «Come facevo a saperlo se non mi hai mai detto niente?» Sottolineai chiaramente ogni parola mentre esprimevo il mio dispiacere nei suoi confronti. Provai ad alzare la testa per guardare Kinn, ma le lacrime offuscavano la mia vista.

«Vuoi saperlo? Vuoi davvero saperlo, vero?» Kinn si avvicinò come un predatore e si fermò di fronte a me, i suoi occhi brillavano di furia.

«Dimmelo!» Urlai altrettanto forte. Cercai di reprimere la mia crescente ansia, quella versione di Kinn era ciò che temevo di più. La versione ribollente di follia.

Volevo che parlasse, che me lo dicesse in faccia, non importava quanto la verità mi avesse potuto ferire. Ma mi ero arreso, mi ero arreso a Kinn.

«Non te l’ho detto perché ero preoccupato per i tuoi sentimenti, Porsche. Non sapevo se avresti potuto sopportarlo o meno. Non sapevo se quello ti avrebbe fatto sentire di nuovo quel dolore. Ma tu non hai voluto ascoltarmi quando ti ho avvertito e ora ti dirò la verità. Vegas è il ragazzo che ti ha drogato in hotel. È lui che ti ha dato la droga. È uno stronzo!! Cazzo!!»

Ero senza parole. Se quello che aveva affermato era vero, significa che il giorno in cui ero andato a letto con Kinn per la prima volta, era stato per colpa di Vegas. Allora, perché non me l’aveva detto in passato? Perché mi aveva lasciato all’oscuro?

«Perché non me l’hai detto prima?» Chiesi con difficoltà. I ricordi dei brutti giorni mi tornarono in testa. Lo amavo davvero adesso, ma la storia della mia prima volta con lui era stata diversa. Allora, era stato così doloroso che non solo aveva ferito il mio cuore, ma aveva messo in discussione la mia esistenza, la mia sanità mentale e ci sarebbe voluto molto tempo per dimenticarmene.

«Soffrivo così tanto allora, Porsche. Ti amo così tanto. Sono così ferito dal fatto che Vegas ti abbia fatto questo. Mi prenderò cura di lui da solo. Ma come hai potuto fidarti di lui proprio così? La stessa fiducia che ti chiedo sempre di darmi. Quante volte ti ho chiesto di fidarti di me, Porsche? Non hai ancora visto cosa è capace di fare?» Kinn rimase immobile e ringhiò ad alta voce verso di me. Rabbia e dolore si confondevano nei suoi occhi e io ero parte colpevole di quello che diceva.

«Non mi sono mai fidato di lui, ma non ho avuto scelta!» Feci un passo indietro per allontanarmi da Kinn e tenermi al tavolo. Sentii le mie ginocchia indebolirsi e il dolore opprimente sembrava insopportabile da gestire. La parte più dolorosa non era la verità che avevo appena sentito, ma lo stato in cui versava Kinn. Era così arrabbiato con me, lo sapevo. Disprezzavo vederlo comportarsi in quel modo.

«Allora, dimmi, cosa hai fatto?! Dove sei andato con lui?!» Kinn si avvicinò di nuovo a me, ma spazzai via tutte le cose che erano state messe sul tavolo, incluso il Rang Nok (zuppa di nidi di uccelli) che suo padre mi aveva incoraggiato a mangiare. Tutto si frantumò sul pavimento.

«A cosa diavolo stai giocando?!» Urlai forte finché Kinn non si fermò e guardò la ciotola rotta per terra. Gli occhi che brillavano come quelli del diavolo un momento prima iniziarono a spegnersi. Guardandomi, si rese conto di quanto stavo cercando di controllarmi per non crollare in quel momento.

«Di cosa stai parlando, Porsche? E non muoverti. I frammenti potrebbero tagliarti.» Kinn abbassò la voce e alzò la mano per fermarmi. Sospirò pesantemente come se stesse carcando di reprimere la sua angoscia e iniziò a rendersi conto che era preoccupato anche per i miei sentimenti.

«Che diavolo di gioco sta facendo la famiglia principale con me? Tuo padre… tuo padre è coinvolto nella morte dei miei genitori, giusto?» Tirai fuori il portafoglio dalla tasca dei pantaloni e poi la foto che mi aveva dato Athi. Una foto di Khun Korn che mi teneva in braccio da bambino e la lanciai violentemente in faccia a Kinn.

Kinn la raccolse e si accigliò confuso: «Cos’è questa?»

«Dovrei chiedertelo io. La famiglia principale voleva che io fossi la tua guardia del corpo?! Dannazione! Perché? Non perché io fossi bravo o potessi proteggerti ma a causa dei miei genitori, giusto?» Sprofondai lentamente a terra. «C’è qualcos’altro che devo sapere? C’è qualcos’altro, Kinn?!»

«Porsche, questo ragazzo sei tu?»

«Che cazzo sta facendo la tua famiglia con la mia? Eh, quante volte avete preso in giro i miei genitori, mio ​​fratello e me?… Non toccarmi!» Mi allontanai di scatto quando vidi Kinn allungare la mano e cercare di tenermi il braccio.

«Porsche, non capisco. Non ne so niente.» Il tono più dolce di Kinn non mi calmò leggermente.

«A che gioco state giocando con me e mio fratello?»

«Porsche, non lo so. Cosa intendi?» 

Non riuscivo più a sentire niente. Non riuscivo a capire. Mi voltai e aprii violentemente la porta precipitandomi fuori dalla stanza, e andai direttamente da Kim, asciugandomi le lacrime e bussando violentemente contro la porta della stanza del fratello più piccolo.

«Porsche, cosa hai intenzione di fare?» Kinn mi seguì fuori, ma non mi importava.

«Non sai come bussare, che cazzo?!» Kim aprì la porta frustrato ma si fermò quando vide la mia faccia e i suoi occhi guardarono oltre Kinn dietro di me.

«Dov’è mio fratello?»

«Hey, cosa è successo?» Ché si inserì tra la porta e Kim, mi fissò ansioso dalla testa ai piedi mentre esaminava il mio corpo indebolito.

«Vieni con me.» Afferrai il polso di Ché, preparandomi ad uscire da quella casa.

«Ehi…» La voce di Kinn chiamò mio fratello minore come se chiedesse aiuto.

«Ehi, il tuo piede sta sanguinando. Lascia che prima ti curi la ferita.» Ché mi tenne la mano.

«Sto bene. Devi venire con me.» Non avevo ancora rinunciato a cercare di tirare mio fratello.

«Cosa sta succedendo qui, Kinn?» Chiese Kim, rivolgendosi a suo fratello.

«Porsche, non so proprio niente. Non scappare quando sei arrabbiato. Non uscire come abbiamo concordato.» Kinn stava era dietro la mia schiena, fece per alzare la mano per abbracciarmi, ma lo evitai.

«Non toccarmi. Ché, devi venire con me.» La faccia di mio fratello sembrava estremamente turbata, guardò me e Kinn alternativamente.

«Verrò sicuramente con te. Verrò con te ovunque. Ma posso prima medicare la tua ferita?» Porsché mi strinse forte la mano.

«Prima vieni in stanza. Kim, puoi per favore andare nella stanza di Kinn per ora? Voglio stare con mio fratello.» Ché tirò la mia mano nella stanza e spinse fuori Kim. Mi morsi il labbro quando vidi il viso di mio fratello pieno di preoccupazione e di trepidazione repressa.

«Perché vuoi allontanarti da Kinn? Vieni qui prima.» E poiché l’intera stanza era avvolta dal silenzio, mio fratello mi tirò verso i piedi del letto.

«Ehi, fa molto male?» Si sedette per terra e mi accarezzò dolcemente i piedi. I frammenti della tazza rotta probabilmente mi avevano tagliato il piede senza che me ne accorgessi. Non avevo sentito il dolore.

«Mi dispiace Porsché.» Guardai mio fratello minore con le lacrime che mi scorrevano di nuovo dagli occhi. Avrei giurato a me stesso che sarei stato forte, che sarei stato un buon modello per mio fratello minore, su cui fare affidamento. Che sarei tutto ciò di cui avrebbe avuto bisogno in questo mondo, che sarei stato al suo fianco qualunque cosa fosse accaduta, che non avrei mostrato debolezza e non lo avrei mai fatto sentire solo.

Ma oggi non potevo. Non potevo davvero. Avevo mostrato il mio lato debole e incontrollabile di fronte alla persona a cui avevo promesso di essere il più forte. Porsché doveva aver avuto paura. Doveva essersi sentito insicuro poiché io, la persona che aveva promesso di essere la sua fortezza, stavo piangendo davanti a lui.

Ma questo era tutta colpa mia. Da quando avevo iniziato la relazione con Kinn, la mia forza si era ridotta al cinquanta percento. Lo sapevo perché lo amavo molto più di quanto amassi me stesso a volte. Ero una merda debole perché lo amavo.

Mi dispiace Porsché, tuo fratello è stupido.

«Ti pulirò la ferita.» Ché usò un batuffolo di cotone inumidito con iodio-povidone per pulire delicatamente la ferita.

«Sei deluso da me?» Cercai di ingoiare il groppo in gola per evitare che la voce si spezzasse.

«Cosa c’è di cui rimanere delusi?» Mi guardò e continuò a curare la mia ferita.

«Vedermi così.»

«È tutto?» Sussultò come se fosse stato ferito dalla mia domanda. «Sei il fratello che amo di più. Sei stato il miglior fratello che potessi avere, e sei sempre il mio idolo.» Alzò lo sguardo e mi sorrise. «Scegli un cerotto che ti piace.» Mi mostrò dei cerotti gialli e blu e io gli strofinai affettuosamente i capelli.

«Andiamo con il blu.» Potei solo guardarlo dopo tutte quelle battute adorabili che mi avevano toccato il cuore. Stavo ancora pensando a cosa avrei dovuto fare dopo questo.

«Ami così tanto Kim?»

«Hmm.» Porsché finì di mettermi il cerotto e poi si sedette accanto a me.

«Ehi, ami così tanto Kim?» Ripetei la domanda perché non aveva risposto chiaramente.

«Se dico troppo, mi colpisci?» Ché rispose con un sorriso. La sua risposta era normale, era stato al fianco di Kim da quando era arrivato lì, non doveva essere diverso da me, non  c’era una via d’uscita facile da quella situazione.

«Se mai… voglio dire, diciamo la famiglia principale…» Strinsi le labbra, sapendo che avrei avuto bisogno di parlare con mio fratello di quella faccenda anche se la verità lo avrebbe potuto ferire. «Se la famiglia principale fosse coinvolta nella morte dei nostri genitori, cosa faresti?» Inalai bruscamente dopo averlo detto.

«Ehi, cosa intendi?» Porsché mi fissò con aria assente.

«Beh, non ne sono ancora sicuro, ma è una possibilità.»

«Se è così, come sono stati coinvolti? Hanno ucciso i nostri genitori o hanno assistito alla loro uccisione?» Ché suonò sorprendentemente calmo, era più razionale di me. 

«Io non lo so.» Non sapevo davvero niente in quel momento.

«Gli chiederò come sono stati coinvolti. Per quale motivo e chi è coinvolto della famiglia principale. Solo allora saprò cosa fare dopo.»

«Non ti arrabbierai per niente con Kim?»

«Perché dovrei? Se tornassimo al momento della morte dei nostri genitori, Kim probabilmente era solo un bambino che dormiva, si succhiava le dita dei piedi e giocava. Sono i problemi degli adulti, perché dovremmo includere i giovani?»

«Lo ami davvero, vero?»

«Non perdonerò mai coloro che hanno fatto questo ai nostri genitori. Ma prima mi assicurerò di vedere l’intero quadro della storia.»

«Sei sicuro che Kim non sappia niente?»

«Credo che non lo sappia e nemmeno Kinn. Ma se scopro che lui lo sa da sempre e tuttavia me lo ha tenuto nascosto, non saprei più di chi fidarmi in questa casa. Ma se l’intera famiglia avesse davvero ucciso i nostri genitori, non sarei in grado di restare qui.»

«E dopo, potresti tagliare il legame con Kim?»

«Mamma e papà sono le persone migliori della nostra vita e se un giorno dovrò scegliere, non sceglierò nessun altro.» Ché mi fece un leggero sorriso mentre mi teneva forte la mano.

«Anche a me. Non importa quanto amo qualcuno, se viene a fare del male a mio fratello o se è qualcosa che riguarda i nostri genitori che ci ha impedito di stare insieme più a lungo, non sarei in grado di perdonarli.»

«Sono sempre al suo fianco, anche in questo momento. Non ho idea di quanto sia difficile questa situazione, ma ricorda, sono pronto a voltare le spalle al mondo per essere al tuo fianco.» Porsché appoggiò dolcemente la testa sulla mia spalla e io singhiozzai dolcemente. 

Sapevo che mio fratello mi amava, ma solo in quel momento avevo capito la profondità di quell’amore. Gli tenni forte la mano mentre pesanti lacrime scesero dai nostri occhi.

«Allora, scopriamo la verità sulla morte dei nostri genitori, ok?»

«Ehi, sai qualcosa?» Ché mi guardò così decisi di dirgli tutto quello che avevo scoperto. Poiché anche lui ora faceva parte della famiglia principale, doveva sapere quanto peso avrebbe assunto contro la sua relazione con il figlio più giovane della mafia.

[La mattina dopo]

«Mi prometti di ascoltare le ragioni di Kinn e Kim dopo questo?» Ché mi prese la mano prima che noi due lasciassimo la stanza. Fortunatamente, le chiavi della moto erano ancora con me. Avevo fatto un bagno veloce e mi ero preparato a partire con mio fratello.

«Sì…» Annuii, poi gli tenni stretta la mano e mi diressi verso il piano terra della casa.

«Porsche, Ché dove andate?» Rimasi sorpreso e diedi un’occhiata all’orologio che segnava le cinque e mezza. Avevo passato la notte nella stanza di Kim con mio fratello e noi due avevamo deciso di fare qualcosa, quindi avevamo programmato di partire presto in modo che nessuno ci vedesse.

«Ti sei svegliato presto?» Chiesi a Pete che  stava camminando verso di noi. Indossava una tenuta sportiva, sembrava che stesse andando a correre, cosa che faceva sempre ogni mattina.

«Questa è l’ora normale in cui mi sveglio ogni giorno. Dove vai?» Pete mi guardò con sospetto.

«Oh, questo bastardo ha fame, quindi vado a prendere qualcosa da mangiare.» Mentii indicando mio fratello.

«Allora lasciami venire con te. Il ristorante di tofu nel vicolo è super delizioso.»

«Lascia che te lo compri. Vai in palestra? Vai avanti.» Cercai di cacciarlo via.

«Ma io…»

«Puoi uscire adesso? Non hai più paura?» Usai la sua debolezza per negoziare. Avevo bisogno che si togliesse di mezzo prima che Kinn o Kim si fossero svegliati.

«Oh mi sono dimenticato.» borbottò Pete. «Ma ho fame, quindi sbrigati a comprarlo. Prendi due buste di tofu.»

«Uffa.» Accettai e stavo per voltarmi e uscire dalla porta quando lui mi chiamò di nuovo.

«Porsche, per chi è il curry del sud in sala da pranzo?»

Dannazione! Ieri Vegas mi aveva chiesto di darlo a Pete ma poi ero andato da Khun Korn quindi me ne ero completamente dimenticato.

«Oh, l’avevo comprato io.» Mi grattai un lato della faccia.

«Allora perché non l’hai messo in frigorifero? Vedo che il curry è già bollito.» Pete mormorò e si accigliò.

«Mi sono dimenticato. Beh, riscaldalo che è tuo.»

«Cosa? È già andato a male. Se l’avessi visto prima, avrei potuto mangiarlo. Che spreco.» disse Pete tristemente, ma per ora non era tra le mie priorità. Salutai Pete con la mano e poi afferrai il braccio di Ché. Mi sentivo in colpa per lo sforzo di Vegas, ma non me ne fregava niente.

«Non dimenticare la mia salsa extra.» Pete ci urlò dietro.

Andammo in garage e spingemmo la moto fuori di casa. Le altre guardie ci guardarono per un po’ prima di aprire il cancello.

«Ehi, perché non prendiamo la macchina? È una lunga strada.» Ché salì dietro di me mentre gli mettevo il casco in testa.

«Di solito andavamo così, ricordi? È sempre stato così prima, quindi perché cambiare ora?» Misi una giacca antivento a Porsché ed accesi subito il motore.

Allungai una mano e afferrai il braccio di mio fratello intorno alla mia vita per assicurarmi che fosse al sicuro. Il freddo della brezza mattutina gli fece rannicchiare il viso contro schiena. Quello sarebbe potuto essere uno dei periodi più dolorosi che mio fratello avesse mai vissuto e volevo che finisse il più velocemente possibile.

Mi fermai prima al mercato mattutino quando il cielo iniziò a schiarirsi. Ordinai a Ché di andare a comprare delle cose mentre prelevavo dei soldi.

«Ehi, prima mangiamo i panini.» Ché mi mise un panino in bocca e mi diede da bere dell’acqua in bottiglia.

«Hai comprato tutto?»

«Ehm.» Lui annuì e mi sollevò la borsa in faccia.

«Allora affrettiamoci. Non siamo ancora nemmeno a metà.»

Ché si diresse verso la spazzatura vicina, poi saltò su dietro di me. Continuammo a viaggiare lungo la strada mentre uscivamo dalla città ed entravamo in una zona boscosa. L’aria era fresca e la tranquillità del verde lussureggiante non mi fece sorridere minimamente.

Guidai su per la collina con cautela. Non era nemmeno ripido, ma ero preoccupato che il bastardo dietro di me potesse cadere. La scorsa notte mi ero sentito un po’ stordito dalla mancanza di sonno, quindi sapevo che quando la brezza fresca toccava la mia pelle, avrei potuto sentirmi assonnato. Così, parcheggiai di nuovo la moto sul ciglio della strada e mi spruzzai dell’acqua in faccia.

«Ehi, Kim sta chiamando.» Ché mi passò il suo telefono per farmi vedere dieci chiamate perse del suo ragazzo.

«Ho spento il telefono prima di uscire di casa. Se vuoi rispondere al telefono e parlare con Kim, fallo.» Rimasi sul ciglio della strada mentre tirai fuori una sigaretta e cominciai a fumare.

«Non risponderò. Sono passate solo cinque ore da quando ce ne siamo andati. Le cose non stanno andando così male, giusto?» Si sedette sul ciglio della strada mentre mangiava un panino freddo e insapore.

«E se le cose vanno al ribasso, questa non sarebbe la prima volta. Alla fine, la vita è piena di difficoltà, e ne siamo ben consapevoli. La mente umana è la più terrificante. Noi due potremmo sembrare deboli in questo mondo.» Dissi guardando in lontananza fin dove i miei occhi potevano vedere.

Quello che stavamo vivendo sembrava un’illusione. Era bellissimo, altri avrebbero potuto diventare invidiosi perché sembrava troppo bello per essere vero. Ma quello che pensavamo fosse un posto sicuro in realtà probabilmente era il più pericoloso.

«Ehi, sai, Kim mi dice sempre che sono una persona molto ottimista. Qualcuno come me verrebbe facilmente ingannato negli affari. Kim ha detto che sono molto facile da leggere. Non potrei mantenere un segreto. Sono troppo sicuro che i concorrenti non mi prenderebbero sul serio.» Ché rise seccamente.

«Ha osato guardarti dall’alto in basso, vediamo se lo dirà di nuovo quando gli farò sputare sangue.»

«Ma quello che ha detto in realtà è vero. Noi due siamo deboli in questo mondo, come hai detto tu. Lo sai, Kim si comporta in modo svogliato ogni giorno, come se non gli importasse affatto di niente, ma la verità è che sa tutto del business. Conosce i punti di forza e di debolezza della concorrenza. È completamente fuori dai giochi, ma le persone come lui sono intelligenti e sanno come giocare. Potrebbe essere troppo intelligente per morire facilmente. In effetti  anche se la questione dei nostri genitori fosse vera, non credo di essere degno di Kim.»

Guardai mio fratello minore con simpatia. Doveva essere molto stressato per questo problema e dire tutte quelle cose mostrava solo che stava preparando il suo cuore per le conseguenze.

«Ehi, non volevo rovinare la tua relazione.»

«Lo so. Alla fine è la verità che dobbiamo accettare. A proposito di Kim, mi sto preparando da un po’ ormai, credo anche di non meritarlo. Per quanto riguarda i nostri genitori, è troppo presto per dire che ho preso una decisione, ma anche così, non voglio rimpiangere nulla. Potrei anche voltare le spalle a Kim senza lasciare alcun sentimento.» Sospirò e infilò il panino nel sacco della spazzatura.

«Hm, sei maturato molto.»

«Ti sto dicendo la verità. Già dall’inizio, sapevo che non ero degno di Kim. Quindi, non devi sentirti in colpa anche se scopriamo la verità.» Non potevo rispondere a quello. Provavo pietà per mio fratello. Ultimamente, non gli avevo prestato molta attenzione perché ero sempre impegnato con gli affari di Kinn. Non ero sicuro se fosse  felice o sofferente.

«Sono un Kittisawat, devo essere forte come te!» Ché si alzò e sollevò il pugno sopra la testa. Mi sorrise finché i suoi occhi scomparvero e divennero mezze lune.

«Idiota, mi prenderò cura di te ovviamente.» Lasciai cadere il mozzicone di sigaretta e mi avvicinai per strofinare affettuosamente la testa di Porsché. Eravamo fratelli e ci saremmo tenuti per mano, qualunque cosa fosse successa.

Ci volle un po’ per raggiungere la restante parte del viaggio verso la cima della collina. Il luogo in cui noi due venivamo ogni anno. Lì era tranquillo e pacifico, deserto e lontano dal caos cittadino. Era il luogo perfetto per riposarsi ogni volta.

«Quest’anno è generoso, quindi il cibo è un po’ lussuoso.» Ché disse con un sorriso e mise su un piatto l’anatra che aveva comprato al mercato insieme a tanti altri cibi.

«Dov’è il telo?» Me lo porse e lo stesi per coprire la facciata della pagoda con due vasi di cenere.

«Mamma, quest’anno ti abbiamo comprato una bellissima ghirlanda.» Ché mise la ghirlanda vicino alla foto di mamma e papà. Pulì l’immagine con un panno mentre io accesi l’incenso.

«Stiamo bene. Come state mamma e papà? Sembro un po’ più grande quest’anno? Questo bastardo qui ha detto che sembro più vecchio, e ora sembro più un adulto. Non dovete preoccuparvi anche se sembro più vecchio della mia età, mi prenderò cura di lui e di me stesso. Ci prenderemo cura l’uno dell’altro, giusto?» Scossi leggermente la testa prima di guardare la foto di mio padre e mia madre. Anche se il colore era leggermente sbiadito, la loro bellezza era ancora evidente nel mio cuore.

Papà, sono stanco adesso. Voglio vedervi entrambi anche per l’ultima volta. Non so cosa dovrei fare dopo. Sono molto debole, vero? Sono debole e vedi che non sono un buon fratello. So che dovrei essere più forte, dovrei essere in grado di proteggerlo. Riuscirò a far superare tutto questo a mio fratello minore, giusto? Mamma, papà, incoraggiate anche me.

Aprii gli occhi per mettere l’incenso nel turibolo mentre guardavo la foto dei miei genitori. Le dita toccarono leggermente entrambe le targhette.

Pongpat Kittisawat e Sai Nam Phueng Kittisawat. Mi sarebbe piaciuto vederli entrambi un’altra volta. Anche solo una volta, ma era impossibile. Ché ed io andavamo lì una volta all’anno. Nei primi anni arrivammo alla data esatta dell’anniversario della morte dei nostri genitori. Ma dopo un po’ ero occupato dallo studio e da lavori part-time, quindi andavamo da loro qui solo nell’orario più comodo dato che il posto era un po’ lontano dalla città. Avevamo tenuto qui le ceneri dei nostri genitori, ma una parte era stata lasciata a casa per tenerli vicino a noi.

Il posto era in una zona collinare che i miei genitori avevano comprato. Avevo intenzione di costruire una casa per le vacanze lì, ma dopo che Athi aveva venduto tutto, non avevo avuto altra scelta che pregare il nuovo proprietario, che era stato così gentile da rivendermi una parte del terreno perché fornissi un riparo alle ceneri dei miei genitori. Aveva anche accettato di essere pagato a rate.

«Ehi, te lo ricordi?» Ché mi fece cenno sul retro della pagoda.

«Hmm.» Annuii.

«L’anno scorso si è prosciugato, quest’anno c’è dell’acqua dentro. Hai detto prima che quando eri bambino, mi portavi qui per lanciare una moneta?»

«Ebbene sì, lo stesso pozzo sacro con cui ti ho ingannato con il lancio di una moneta. Sarebbe venuto un satiro e ti avrebbe chiesto, quale moneta è la tua?» dissi con un sorrisetto. Quando ripensavo ai giorni in cui seguivo i miei genitori in quel posto, Ché era ancora un bambino, riusciva a malapena a camminare ed era troppo ingenuo, quindi l’avevo ingannato facendogli lanciare molte monete nell’acqua. Aveva chiesto dei soldi a papà, ma nostro padre non glieli aveva dati, quindi Ché aveva tirato fuori il portafogli e lo aveva gettato lui stesso nel pozzo. Era stato picchiato da nostro padre mentre io sorridevo perfidamente e quando non ce l’avevo fatta più ed avevo cominciato a ridere, papà aveva picchiato anche me.

«Ti ho creduto. Del satiro e del taglialegna, vero?»

«Beh, quando eri piccolo credevi a tutto quello che dicevo.»

«Davvero? Il giovane me era così stupido. Ahi!» Gli diedi uno schiaffo dietro la testa.

«È come se stessimo camminando contro il tempo ora. Ogni volta che ti ricordo da bambino, ti immagino sempre come qualcuno eccessivamente attaccato a me. Non riuscivi lasciare la mia mano prima.» Feci un respiro profondo e mi voltai a guardarlo.

«E adesso?»

«Sei più legato a Kim.» Dissi velocemente. Rise e scosse leggermente la testa prima di prendere qualcosa dalla borsa.

«Ah..» Ché mi porse una moneta.

«Cos’è questa?» chiesi, prendendo la moneta.

«Stavo per dirti: ehi, questo è un pozzo sacro. Se esprimi un desiderio e lanci una moneta, otterrai ciò che desideri.» Porsché raccolse un’altra moneta e la tenne stretta.

«A cosa diavolo stai giocando? Non sono un ragazzino.»

«Credimi. Perché fin da quando ero bambino, fino ad ora, ti credo ancora.» Ché mi diede una piccola spallata.

«Cosa desideri, quindi?»

«Vorrei che tu fossi il più felice.» Ché disse ad alta voce e gettò la moneta nell’acqua poi si voltò verso di me. Guardai la moneta che avevo in mano.

«Ricordo che l’anno scorso mi avevi detto che da bambino volevo sempre essere figo come te, giusto?»

«Uhm.»

«Pensavo di voler essere bravo la metà di te. E ora, pensi che io sia figo come te?» Mi fece un ampio sorriso.

«Sei più forte di quanto pensassi, Ché.»

«Se la pensi in questo modo, significa che quando l’ho desiderato da bambino, si è avverato.»

«Sembra sia così.» Guardai in silenzio la moneta che avevo in mano prima di decidere di esprimere un desiderio. «Vorrei che tutto fosse solo un malinteso. Ti auguro di crescere così per sempre, Ché. E auguro a Kinn di essere il più felice.» Lanciai la moneta nel pozzo prima di prendere un respiro profondo.

«Lo hai detto con il cuore? Allora il tuo desiderio si avvererà.» Ché schioccò il dito e fissò il muro.

«Pensi che le monete che abbiamo gettato nello stagno ogni anno siano ancora lì?» chiesi ancora guardando l’acqua con aria assente.

«Devono essere lì. Non tutto ciò che non possiamo vedere significa che non esiste. Come le nostre convinzioni, i nostri desideri e il passato.» Mi voltai a guardare mio fratello con stupore, era cresciuto davvero bene. «Questo pozzo è come se stesse custodendo la nostra memoria e le nostre speranze. Ma la moneta lanciata rappresenta il passato. La lasciamo qui e andiamo avanti. Non abbiamo bisogno di estrarre quelle monete. Non dobbiamo nemmeno sapere di che colore si sono trasformate quelle monete ora. Lasciamo andare tutto e confidiamo che avremo un futuro felice.»

Mi morsi forte le labbra pensando a come Porsché avesse superato le mie aspettative. Eravamo cresciuti senza i nostri genitori, ovviamente, ci avevano modellato in persone diverse che potevano stare in piedi da sole e avevo visto quanto era bravo mio fratello.

«Hai mangiato un libro di filosofia?» Chiesi con un sorriso.

«Vado bene, non è vero?» 

Gli arruffai i capelli affettuosamente.

«Credi che il portafoglio di papà sia ancora lì?» 

Risi e guardai nel pozzo.

«Ugh, dimenticalo.»

«Che scena felice qui. Come state, nipoti?» Una voce familiare risuonò dietro di noi. Porsché e io ci fermammo un attimo prima di rivolgerci al nuovo arrivato come se conoscesse il posto fin troppo bene.

«Wow, il cibo di quest’anno è davvero buono. Voglio dire, se sei la guardia del corpo del secondo figlio della famiglia principale, è tutto prevedibile.»

«Stai zitto!» Lo guardai male. La rabbia che provavo per mio zio era così radicata perché non potevo fidarmi di nessuno intorno a me a causa di tutte le sue parole.

«Ehi, se questo incenso si esaurisce, posso riprendermi tutto questo e mangiare?» Disse con calma.

«Vivi al casinò? Hai un odore disgustoso.» Ché disse tappandosi il naso.

«Cosa posso fare? Non posso mangiare regolarmente. Ti va di accogliermi?» Mi sorrise.

«Andiamo a parlare laggiù.» Annuii nell’altra direzione, ma Porsché mi tenne il braccio.

«Perché non parlare qui. A che è servito raccontarmi tutto ieri sera?» Mise il broncio mentre sospiravo stancamente. Ieri sera avevo promesso che non gli avrei nascosto più nulla. Ché aveva anche detto che ormai era un adulto, voleva condividere tutte le mie difficoltà e la mia felicità insieme. Mi aveva chiesto di non guardarlo come un bambino che aveva solo bisogno di essere protetto. Voleva mostrarmi che anche lui era forte.

Ieri sera avevo chiamato Athi e avevo fissato un appuntamento per incontrarlo lì, un posto che lui conosceva molto bene. Quando non era ancora posseduto dal gioco d’azzardo, aveva aiutato i miei genitori in molti aspetti. Ma ora era lontano dall’Athi che conoscevo.

Sinceramente, visto che sorgeva il problema della nostra casa, avevo dimenticato che era mio parente. Volevo solo sapere cosa era successo ai miei genitori perché non avevo altra scelta anche se non mi fidavo di lui o di Vegas.

«La foto che mi hai dato…»

«Quanto hai?» chiese in fretta.

«Cinquantamila.» dissi a bassa voce.

«Oh, non credo che nella tua posizione, questo è tutto ciò che hai.» Fece una faccia annoiata e incrociò le braccia sul petto. Girò intorno a me e a Ché prima di fermarsi a lato del pozzo seduto a metà sul bordo a fissarci sornione.

«Qualunque cosa tu voglia dire, dillo.» Strinsi i denti quando vidi la sua espressione egoistica. Ero molto curioso se mi avesse mai visto come suo nipote.

«Duecentomila.» disse Athi.

«Ne ho solo cento.» Negoziai e pensai di non accettare facilmente la richiesta di mio zio perché se fosse riuscito a farla franca, era molto probabile che sarebbe tornato per chiederne di più. «Questo è tutto ciò che ho. Lo vuoi o no?» Lo fissai intensamente, come per ricordargli che non avevo mai mentito.

Ci pensò per un po’ guardandomi prima di emettere un sospiro di rassegnazione.

«Beh, visto che siete miei nipoti.» Lo disse come se non gli importasse dei soldi.

«Allora dillo adesso.» Sventolai la busta con il denaro in faccia ad Athi. Chiusi gli occhi e mi calmai prima di consegnargli i soldi che avevo appena prelevato dalla banca.

«Vediamo.» Aprì la busta e controllò i soldi.

«Sono giusti! Non ti ingannerò come hai fatto con noi.» Stavo diventando impaziente di minuto in minuto.

«Oh, qual è il problema?» Athi si infilò velocemente in tasca la busta bianca.

«Se sai qualcosa, dillo e basta.»

«Hmm, beh. Korn mi sta giocando brutti scherzi. I soldi che ha promesso non mi sono arrivati. Ora, gli lascerò un assaggio della sua stessa medicina.» Athi disse sorridendo ed io aggrottai le sopracciglia e cercai di mettere insieme tutte le informazioni.

«Cosa intendi?»

«Ascoltatemi ora, miei ​​nipoti, vi voglio bene entrambi. Il debito di cinque milioni è vero. In realtà, è a causa della compagnia della concorrenza che mi ha spinto a provare il nuovo casinò. Cosa potevo fare? Aveva detto che avrebbe finanziato anche me.» Continuava a blaterare sciocchezze.

«Allora, cosa è successo dopo?»

«Mi prestò molto, pensavo fosse per amore dei vecchi tempi e per essere loro un parente.»

Ché ed io ci guardammo confusi. Athi sorrise e continuò a parlare come se stesse semplicemente parlando del tempo.

«Parenti? Dillo tutto in una volta.» Cominciai a sentirmi relativamente confuso e nervoso.

«Umm, più giocavo, più perdevo i soldi. Ero andato a negoziare con lui, ma mi aveva promesso di darmi più tempo se avessi dato la casa come mutuo. Ma fortunatamente, avevo promesso di ripagare il mio debito se lo avessi aiutato ad ingannarvi e lasciarvi alle sue cure.»

[FLASHBACK]

«Stai bene?» Chiese all’uomo di mezza età che era in uno stato distorto. Le guardie del corpo furono invitate in una stanza segreta del casinò.

«Voi.» disse una voce roca spaventata, gli occhi brillarono di terrore alla vista dell’uomo potente seduto dall’altra parte del divano al centro della stanza.

«Pensavo che non ci saremmo più visti.» Disse casualmente prima di prendere il sigaro e aspirarlo senza nemmeno guardare l’altra persona.

«Hai detto che non avresti fatto casino con me.»

«Ma sei venuto ed hai fatto un enorme debito.» Intervenne prontamente con tono fermo. Fino a quando Athi iniziò a farsi prendere dal panico per l’ansia. «Per tutto questo tempo hai cercato di evitarmi. Sei scappato via da me e perché sei qui, per morire?»

«Lo ripagherò!»

«Come posso essere sicuro che tu possa pagare nel tuo stato?» Le sue labbra sorridevano.

«Allora, cosa vuoi che faccia?»

«Eh… Ho un’offerta per te.»

Athi aveva un’espressione seria sul viso.

«Dammi Porsche e Porché.»

Athi rimase sbalordito e rispose: «Ma hai promesso di non avere a che fare con i ragazzi. Ti ricordi che era una promessa che avevi fatto a qualcuno?» Athi si morse le labbra per la paura.

«Ho sempre mantenuto le mie promesse. L’ho sempre fatto per le persone che amo.» Si raddrizzò con un altro sigaro come se ricordasse qualcuno del passato.

«Quindi non stai scherzando con Porsche e suo fratello, giusto?»

«Vedo che non puoi prenderti cura di loro. Ti ho seguito prima. Restituiscili a me e li alleverò Come era mio diritto.»

«Ma quella era l’ultima richiesta di… Honey.» Athi abbassò la testa pensando al viso di sua cognata negli ultimi giorni.

«Ma non puoi prenderti cura dei miei nipoti!»

[FINE FLASHBACK]

RIMASI sbalordito. Come se uno sciamano mi avesse maledetto dalla testa ai piedi.

*******************

Proprio ora, cosa ha detto Athi?

«Mia madre…»

«Uhm, tua madre è sua sorella.»

Le gambe si indebolirono e caddi quasi a terra. Il mio petto batteva forte e il mio cervello si svuotò come se non potessi elaborare le informazioni che aveva detto.

«Non è vero.» Mi morsi forte le labbra. La mia mano si raffreddò mentre il mio corpo iniziò a tremare per la tensione. Ché lentamente crollò a terra.

«Non ricordi ancora niente, vero, Porsche?» La voce di Athi cambiò in un tono più morbido.

«Zia Dao. Zia Dao è parente di mia madre, vero?» Cercai di trovare una ragione per confutare quello che stava succedendo.

«Zia Dao è solo l’amica di tua madre, non è una sua parente.»

«Non è vero… Che faccio adesso?»

Mi faceva male la testa come se ci fosse stato conficcato un coltello affilato. Con mani ferme, mi strinsi forte i capelli finché non cominciai a perdere l’equilibrio e caddi a terra.

«Ahhhh!! Mamma! Papà!»

Improvvisamente, le immagini cominciarono a passarmi per la mente. Visioni di scene, sfocate che poi lentamente diventavano vivide. Un’immagine dell’occhio di mia madre. Mio padre in piedi a discutere con qualcuno. Improvvisamente fui trasportato in un luogo molto angusto e buio.

«Ehi, ehi.» Ché si avvicinò a me e mi abbracciò forte mentre crollavo a terra. Vedevo cose e pensavo di impazzire.

«Porche’!! È tornato… Sta tornando!»

«Cosa c’è? Cosa c’è che non va in te?»

Sia Athi che Ché presero dell’acqua e mi bagnarono la faccia.

«I tuoi genitori non hanno avuto un incidente.»

Le voci di Athi e Ché suonarono come una lingua lontana che riuscivo a malapena a decifrare. Immagini inconsistenti attraversarono i miei occhi come un film rotto che non conoscevo.

«Ahh. Papà! No, papà.»

«I tuoi genitori sono stati uccisi. Hai assistito a tutto. ma sei rimasto scioccato e ti abbiamo portato in terapia per un anno fino a farti guarire. I tuoi ricordi di quel momento però sono stati spazzati via, e hai sempre creduto che il tuo i genitori fossero morti in un incidente stradale.»

«Allora perché non me l’hai detto?»

«Sei ancora un ragazzo! Sei così giovane, Porsche… Ah proprio qui.» Improvvisamente, la voce di Athi cambiò. Un lontano ricordo risuonava nelle mie orecchie e i pensieri del passato continuavano a rimbombare nella mia testa.

«Mi dispiace di averti mandato di nuovo in quell’inferno. È colpa mia. Non ho scelta. Mi minaccia di ottenere l’atto di proprietà. Ho promesso… Honey… Mi dispiace.»

«Papà!! Ahh!!»

«Eh, cosa sta succedendo? Ehi, cosa stai dicendo?» Ché mi sussurrò dolcemente all’orecchio.

«La persona che ha ucciso i tuoi genitori è…»

Il suono degli spari mi fece sobbalzare di paura come non avevo mai provato prima. Il mio corpo tremava automaticamente. I ricordi che avevano invaso la mia testa si erano fermati bruscamente. Rimasi paralizzato alla vista del corpo di Athi crollato in una pozza di sangue davanti a me.

«Ah!!» Urlai di dolore. La sensazione di angoscia era troppo opprimente per essere descritta. Sembrava che il mio cuore fosse stato fatto a pezzi. Un déjà vu! Ma all’improvviso vidi la faccia sconvolta di mio fratello e il mio istinto fraterno prese il sopravvento. Lo tirai in fretta a me e lo abbracciai forte. Non avrei mai più perso uno dei miei familiari.

«Ché! Porsché sono qui! Guardami. Sono tuo fratello!»

Il rumore di spari intorno mi fece tremare tanto, ma cercai di indurre Porsché a nascondersi dietro la pagoda e lo abbracciai forte.

«Sono qui, non lascerò che ti succeda niente.» Misi le mie mani sopra le sue orecchie in modo che i forti spari delle pistole fossero un po’ attutiti.

«ARGH!» Ché seppellì forte la sua faccia nel mio petto. Fu in quel momento che le immagini ripetute tornarono a lampeggiare nella mia mente. L’immagine di me che piangevo in uno spazio chiuso con la faccia nascosta nel petto di qualcuno.

«Ahia!» Abbracciai Porsché troppo forte, al punto da aver iniziato a fargli male.

«Porsche!!» 

Dato che riuscivo a malapena a concentrarmi su ciò che mi circondava, non sentivo la voce che mi chiamava. Era terrificante in quella casa buia… isolata.

«Porsche!! Sono io!! Sono io.»

Fu allora che sentii la voce che mi chiamava fuori dalla mia mente. Quella voce quel profumo familiare. Era la luce nella mia oscurità…

«Kinn…» gridai all’uomo che mi scosse le spalle e poi mi strinse in un abbraccio insieme a Ché.

«Sono qui. Porsche, non aver paura.»

Non sapevo perché quelle parole mi calmarono un po’ e mi resi conto di quanto avessi bisogno di quell’abbraccio.

«Ché!» La voce di Kim chiamò mio fratello mentre Ché veniva rapidamente abbracciato.

«Cos’è successo, Kim?» Kinn chiese a suo fratello.

«Sono fuggiti.» Kim rispose mentre controllava Ché.

«Ragazzi, prendetevi cura del corpo dello zio.» Kinn si rivolse ad Anon e Ai Pha che tenevano in mano una pistola.

«Perché hai ucciso lo zio Athi?»

Con la voce più debole, cercai di chiedere a Kinn. Uscii improvvisamente dalle immagini nella mia testa ed abbracciai forte Kinn.

«Non l’ho fatto io Porshe. Non abbiamo… credimi. Siamo appena arrivati. Kim e io ti abbiamo seguito qui con lo scopo di portarti a casa con noi.» Kinn mi abbracciò più forte di prima.

«Ma chi?»

«Non lo so. Ho chiamato Khun Chan. A breve saranno qui e li prenderemo. Sono davvero preoccupato per te Porsche.» Kinn mi baciò sulla sommità della testa, alternativamente mi abbracciò e mi fece piovere piccoli baci lungo il viso.

«Ti amo, Kinn.»

Non sapevo perché avevo detto quelle parole. Lo amavo così tanto che non volevo perderlo di nuovo. Ma i fatti che avevo scoperto oggi… perché il mondo ci trattava così male? Era stato così crudele che non sapevo più cosa fare.

Non avevo idea di come e quando Kinn mi avesse fatto salire in macchina. Lui guidava l’auto mentre io ero seduto dal lato del passeggero. Kim e Ché sui sedili posteriori. Quanto ad Anon e Ai Pha, sarebbero tornati con la mia moto. Avevo notato che avevano portato con loro solo due guardie del corpo.

Che decisione avventata! Ma dovevano aver davvero pianificato di seguire me e Ché.

«Kinn, puoi portarmi da qualche parte prima?»

Anche se le immagini nella mia mente erano ancora poco chiare, sentivo che andare in quel posto avrebbe chiarito le cose. Sia Porsché che io eravamo nel mezzo della confusione in quel momento. Compreso il nostro rapporto con Kinn e Kim.

«Va bene.» disse Kinn, accarezzandomi delicatamente la testa e tenendomi stretta la mano.

All’interno dell’auto c’era silenzio perché nessuno voleva parlare. Da Porsché provenivano singhiozzi intermittenti e, quanto a me, mi sentivo vuoto. Ero vuoto come una stanza buia senza uscita. Più ci avvicinavamo alla nostra destinazione, più i volti di Kinn e Kim diventavano seri.

«P…Porsche, come conosci questo posto?»

Mi voltai a guardare Kinn.

«Aspetta, ehi Kinn. Il piano è fallito? Incontreremo la seconda famiglia qui, giusto?» Kim chiamò in fretta Kinn.

«Conoscevi anche tu questo posto?» Chiesi a Kinn con tutta la calma che potevo.

«Questa è la vecchia casa di Agong. Nostro nonno. Sul retro ci sono i magazzini.» Kinn disse e mi fece venire le lacrime agli occhi. Le sue parole rafforzarono solo l’affermazione di Athi di prima. Allora, era vero? Khun Korn era il fratello di mia madre? E… Kinn era mio… era mio..?

Non riuscivo a finire la frase nemmeno nella mia testa mentre distoglievo lo sguardo e trovavo la volontà di calmarmi.

«Porsche, oggi è il giorno in cui prenderemo la seconda famiglia. Stanno progettando di contrabbandare merci da qui.» Kim aggiunse ma non potevo più trattenerlo.

«Questa casa… Questa casa è la vecchia casa dei miei genitori.» Mi morsi le labbra mentre le lacrime caddero dai miei occhi. Non riuscivo più a trattenerle, quindi scorrevano pesantemente sul mio viso. Chiusi gli occhi per i sentimenti travolgenti.

«Cosa vuoi dire?» Kinn e Kim chiesero. Kim era sotto shock e Kinn come lui.

«Lascio Ché con te. Voglio entrare da solo.» Scesi velocemente dalla macchina. Kinn non mi ascoltò e mi seguì finché non raggiunsi la porta d’ingresso. Mi avvicinai lentamente alla tastiera malmessa, premetti il codice che all’improvviso mi passò per la mente, la data di nascita di mia madre come ricordavo.

«Porsche, qual è il significato di questo? Cosa sta succedendo?» Kinn mi guardò confuso quando il cancello si mosse lentamente.

«Kinn, voglio stare da solo per un po’. Puoi darmi un momento per favore?» Mi girai verso di lui e glielo chiesi con uno sguardo fermo. Non importava quanto sembrassi debole e imbarazzante, volevo farlo.

«Ma promettimi, mi racconterai tutto dopo?»

Annuii prima di voltarmi ed entrare in casa. I miei passi si fermarono quando Kinn improvvisamente urlò.

«Porsche! Qualunque cosa sia successo, io starò qui ad aspettare. Chiamami ed entrerò subito.»

Il mio cuore si sciolse come se fosse stato stretto forte.

Kinn… cosa devo fare?

Raddrizzai le spalle e continuai a camminare senza guardarmi indietro né rispondere.

Solo l’odore all’interno della casa sembrava familiare. I ricordi che conservavo nell’angolo più profondo della mia mente, così profondi che non avevo nemmeno idea di averli, uscivano poco a poco. Per tutto quel tempo, non ero stato consapevole di tenere il segreto della morte dei miei genitori.

Era perché il mio cervello ricordava solo ciò che voleva ricordare. I ricordi che avevo qui erano tutti spariti, coperti da nuovi ricordi e da una notizia che era stata creata nel mio cervello per coprire il dolore che avevo provato durante la morte dei miei genitori.

Perché non riuscivo a ricordare nulla? Era come se avessi sempre creduto nelle persone intorno a me… che tutto fosse stato un incidente. Frammenti di memoria cominciarono a tornarmi in mente. In giardino, dove mio padre mi aveva insegnato ad andare in bicicletta mentre mia madre amava le sue rose bianche piantate lì.

C’era anche la pittura irregolare sul muro dove disegnavo per Porsché. Fino a quando mio padre non aveva dovuto coprirli con una nuova vernice bianca.

Aprii la porta di casa. Il posto era ben tenuto. Tutto era uguale ai miei ricordi, non vecchio, non squallido. Era come se fosse stato ripulito regolarmente.

Vidi una cornice di medie dimensioni con rose appassite e la scritta: “LAST FOREVER FOR THE HEART, IN ETERNAL LOVE FOREVER”. Strinsi il telaio al petto perché non riuscivo a smettere di piangere.

«Mamma, mi manchi.» Guardai mentre piangevo i petali nero-marrone delle rose secche nella cornice. Presi un altro respiro prima di guardarmi intorno per casa e il mio cuore ebbe subito un sussulto. Il formicolio alla testa cominciò a insinuarsi di nuovo. Il mio corpo tremò di paura e camminai lentamente verso l’armadio di legno.

«Eh…» emisi un debole singhiozzo mentre aprii debolmente l’armadio. Le mie vene pulsavano follemente nella tempia, poi il mio corpo si abbassò automaticamente e mi sedetti al suo interno con le ginocchia al petto.

«Papà! Papà! No!» gridai inconsciamente. Tutto intorno a me era pieno di immagini del passato.

Improvvisamente, Athi era accanto a me. La mia faccia era sepolta nel suo petto mentre mi metteva una mano sulla bocca.

«Shh, non piangere, Porsche.»

«Ugh..» Lottai ma lui mi abbracciò ancora più forte.

«Vieni a parlare con papà.»

Qualcuno parlò e il mio sguardo saettò verso l’esterno dell’armadio. Attraverso la piccola apertura, vidi mio padre negoziare con un paio di persone.

«Gli ho già detto che non mi impegnerò mai più con i Teerapanyakun. Nemmeno come partner in questo momento. Sto solo chiedendo di essere libero e di gestire la mia attività.»

Mio padre sembrava agitato e rifiutò l’offerta dell’altra compagnia. Non sembrava avere minimamente paura della persona con cui stava parlando.

«Ma Honey è la nostra famiglia per noi. Devi restare per aiutare con l’azienda. E cosa hai intenzione di fare? Aprire la tua azienda, e poi? Alla fine essere il concorrente della famiglia?»

Quella voce familiare mi fece male la testa. Quella voce era la voce di cui mi fidavo, perché pensavo si prendesse cura di me e di mio fratello. Khun Korn.

«Ehi, ascoltami. Honey ed io siamo contrari al sistema familiare. Sono totalmente contrario al modo in cui papà ha gestito gli affari. Te lo dico direttamente perché questa è la verità. Non voglio essere costretto a fare qualcosa che non voglio. Non voglio farlo. Voglio solo avere una famiglia serena e un’attività che i miei figli possano continuare in modo pacifico.»

«Ho detto di no! Voi due tornerete in azienda!»

«Non torneremo!»

«Phat! Ti avevo detto di tornare a lavorare in azienda e chiedere perdono a nostro padre. Questo è per la tua sicurezza e quella della tua famiglia.»

«Teerapanyakun è stato buono con me, con noi. Ma se hai intenzione di costringermi in questo modo, devi davvero chiederlo? Non sei stanco di seguire le istruzioni di tuo padre? E il fatto che lui voglia che io e Honey facciamo cambiare i nostri cognomi in Teerapanyakun? Non lo faremo!»

«Phat!»

«Pensandoci, chi mi vuole davvero indietro? È tuo padre o sei tu?» disse mio padre con aria di sfida finché non fu spinto e inciampò, ma fu tirato su dalle grosse mani di qualcuno.

«Cosa intendi?!»

«Conosci molto bene la risposta.»

«Ehi, smettila! Che cazzo stai facendo?» Una terza voce venne e si unì alla lotta.

«Cosa vuoi dire?! Dillo!» chiese la prima voce.

«Hai paura che sarò il tuo rivale. Perché sono migliore di te! Ugh!» Un pesante pugno arrivò sul viso di mio padre, così forte che chiusi gli occhi e urlai nella mia mente.

«Phat! Smettila di parlare, ok?» La terza persona intervenne e mio padre fu immediatamente separato dalle guardie del corpo del primo uomo. Dopo un po’, tornò e afferrò il bavero di mio padre.

«Oh, e non pensi mai che io sia ingenuo a non sapere che sei geloso di me!»

«Accidenti a te Phat!»

Sembrava che il nemico avesse perso il controllo e avesse picchiato mio padre senza sosta. Ma nessuno aveva protetto mio padre, nessuno lo aveva fermato quella volta.

«Perché?»

«Ti sto dicendo Phat, non puoi avere successo in questo settore se lasci la famiglia!»

«Chi è esattamente la famiglia? Il secondo clan di Teerapanyakun che vuole diventare la famiglia principale? Allora, prestami la mano di tuo padre per aiutarmi a sbarazzarmi della famiglia principale!»

«Di cosa stai parlando? Che sciocchezza stai dicendo eh?» Un pugno pesante atterrò di nuovo sulla faccia di mio padre.

«La tua patetica famiglia sta crescendo i bambini per uccidersi a vicenda! Non crescerò i miei figli in quel modo! Non credi? Quello sarà il tuo futuro! Tuo fratello ti ucciderà!»

«Mio padre non ha mai insegnato ai suoi figli ad uccidersi a vicenda!»

«Ah, sono proprio qui figliolo. Non piangere. Non piangere.» Altrettanto tremante Athi mi sussurrò all’orecchio, cercando di coprirmi bene gli occhi.

«Aspettiamo e vediamo!! E non pensare mai che io non sappia che segretamente ami mia moglie!»

«Sai già troppo bastardo!»

Un sparo nei miei ricordi mi spaventò mortalmente, così spinsi in fretta l’anta dell’armadio con angoscia. Stavo riprendendo fiato mentre mi chinavo e sbattevo i pugni sulle piastrelle per la frustrazione.

Perché non riesco a ricordare completamente? Perché non me lo ricordo affatto?? Chi era? Chi ha premuto il grilletto?

****************

Continua nel prossimo post >>

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3 Commenti
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taty

Che bomba!!! Non ho altro da dire su questa prima parte!! caspita!!

BlackCat13Vraska

Ché é la voce della ragione, perché prendersela con i figli quando la colpa é dei genitori?
Lo scherzo del Satiro 🤣🤣
Un momento bellissimo, rovinato dallo zio 😡
Non riesco a immaginare Porsche e Ché cresciuti da Korn. 
Che finale!

Fanny R.Iddle

Grazie per questo capitolo 😍😍

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