EN OF LOVE MECHANICS 2 – CAPITOLO 21

-Vee Vivis-

Mark e io dopo quella volta non parlammo più. Per quanto riguardava la nostra relazione, sembrava diventare ogni giorno sempre più difficile, al punto che sentivo che la situazione era ancora più difficile dell’altra volta. La prima volta ero stato io ad essere stupido, ma questa volta lo spudido non ero io. Non ero io ad essere cambiato, non ero io ad essere titubante come in passato e non ero io ad essere stupido come una volta mi aveva detto YiWa.

Non volevo pensare che la persona che era cambiata fosse Mark.

Era davvero difficile perché se fosse stato vero io probabilmente non sarei stato in grado di fare nulla per sistemare le cose. Non c’era più niente che potessi fare e sicuramente non avrei voluto più esistere. Anche se dovevo crescere e la mia bocca diceva che potevo lavorare per mantenermi da solo, che potevo essere responsabile della mia vita, ma quando si trattava del cuore, se mancava lui, allora davvero non avrei potuto più esistere.

“Mark non viene?” Ploy si voltò per chiedermelo.

“Si sta preparando per l’inizio del semestre forse potrebbe essere libero.”

“C’è qualcosa che non va tra voi?” Ploy inclinò la testa nel chiederlo.

“No.” risposi e svoltai per entrare nel parcheggio dell’ospedale.

La pancia di Ploy era molto più grande di prima. La madre di Mark aveva detto che mangiava molto, al punto che aveva dovuto chiederle di ridurre la quantità di cibo per la salute del bambino e del proprio corpo. La mamma mi aveva chiesto se potevo accompagnare Ploy alla visita di controllo dato che lei era impegnata quella settimana ed io ovviamente avrei dovuto farlo.

Stavo ancora lavorando nello stesso posto, facendo lo stesso lavoro, lavorando più duramente che mai. Lavoravo lì da sei mesi, ma più ci restavo più il lavoro aumentava. Fortunatamente, ero riuscito a gestirlo abbastanza bene da avere il tempo di occuparmi di tutto al posto di Mark. Non stavo facendo tutte quelle cose per prendermi la responsabilità delle parole di Mark, in fondo non potevo biasimarlo per la sua scelta. Ma quello che aveva scelto di fare era stato qualcosa di diverso dal mio immaginario. 

“Hai litigato con Mark?”

“Non abbiamo litigato.” Risposi a Ploy mentre parcheggiavo la macchina.

“Vee …”

“Ploy esci lentamente.” dissi e aprii la portiera per sostenerla mentre scendeva dall’auto ed anche se non era necessario, mi prendevo sempre buona cura di lei. Cercavo di pensare a me stesso come se fossi Mark e di fare quello che avrebbe fatto lui in quel momento.

“Signorina Ploy Napas.” L’infermiera chiamò poco dopo che ci eravamo seduti per aspettare il nostro turno. 

Ploy fece un cenno alla persona che stava guardando, poi si rivolse a me. “Vuoi venire anche tu?”.

“Certo, anche il padre può entrare.”

“Ehm…”

“Sono io il padre, quello è il mio senior.” Quella voce inconfondibile provenne da dietro Ploy, ci fece voltare tutti a guardare Mark che si stava avvicinando camminando normalmente. Si voltò a guardare l’infermiera prima di dirigersi verso Ploy.

“Sei venuto?” Ploy chiese a Mark e il suo sorriso le riempì il viso.

“Andiamo insieme?” chiese Mark.

“Allora… io aspetterò fuori?” chiesi e lui si voltò ed annuì.

Li lasciai entrare per controllare lo sviluppo del bambino e ascoltare i risultati degli esami. Lasciai la stanza e presi posto nella sala d’attesa ed in silenzio aspettai che uscissero, senza mai distogliere i miei occhi dalla porta. Mark non era venuto a trovarmi per quasi due mesi e nemmeno io ero potuto andare da lui perché avevo dovuto usare tutto il mio tempo libero per prendermi cura del suo bambino non ancora nato.

Tewpai Prompong
3 giorni fa

Una brava persona è riuscita ad organizzarsi per incontrarmi presto nel primo giorno del nuovo semestre, proprio così con Masa Mark

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Vespa: Hey!

A A: Ora vieni qui a studiare Thew.

Daruwan Yu: Quello è Mark.

Mat rinrada: Maaaarkk!

Il primo post apparso sul mio newsfeed di Facebook era una foto di Mark con quel fotografo,  una loro foto insieme supponendo che la persona che aveva scattato quella foto doveva essere l’amico di quel ragazzo. Le foto erano state pubblicate tre giorni prima, nel primo giorno del nuovo semestre. Non era strano che gli studenti universitari si incontrassero all’inizio dei corsi, quello che era bizzarro era la presenza alla facoltà di ingegneria di quel ragazzo, Thew, dato che lui studiava arte.

Uscii dall’immagine per poter scorrere la pagina e leggere alcuni dei commenti che si rivolgevano a Mark. Molti commenti erano messaggi di sorpresa per il loro incontro, infine vi era un commento di quell’amico che parlava della loro strana intimità. Premetti sul display non mostrando alcuna emozione, semplicemente chiusi l’app, come se non avessi mai visto quel post, ma la verità era che quell’immagine era impressa nella mia mente.

A Mark non piaceva fare delle foto, ma non aveva rifiutato di farla con quel ragazzo.

Pur sapendo quanto fossi possessivo, non si era fermato.

Mark non stava giocando. Se l’avesse fatto solo per irritarmi e farmi ingelosire, se avesse voluto solo prendermi in giro, allora ne sarei stato anche felice, ma non sembrava essere così. Gli occhi di quel ragazzo che guardavano l’obiettivo davanti a lui e lo sguardo con cui Mark guardava l’obiettivo, non erano gli stessi che aveva quando guardava me. Speravo davvero che quel presentimento non fosse vero, pregai che non fosse davvero così. 

“Purtroppo non conosciamo il sesso.” La voce chiara di Ploy che stava camminando verso di me mi destò, facendomi bloccare lo schermo del telefono e alzare in piedi per aspettarli.

“E come va?” Chiesi.

“Sano e forte, anche grande.” Rispose Ploy.

“La mamma ti ha già detto di ridurre il cibo.” le ricordai.

“Lo so, sono già al limite. Anche il dottore mi ha detto che non posso prendere altro preso.” Disse lei ed io annuii prima di incontrare gli occhi di Mark che era lì a guardarci.

“Sono davvero stanca. Mark e Vee, potete andare a prendere le mie medicine, vorrei andare ed aspettare in macchina.” 

“Ti accompagno.”

“No, vai a prendere la medicina con Vee. Posso avere la chiave Vee?” Disse Ploy allungando la mano per prendere la chiave della macchina.

“Sicura di voler andare da sola?” 

“Sto bene, ce la faccio da sola.” Ploy disse sorridendo di nuovo.

Ploy si allontanò ed io e Mark rimanemmo da soli, lì in piedi a incrociando i nostri sguardi. Non sapevo cosa dire perché le ultime parole che ci eravamo detti erano ancora bloccate nella mia testa. Le parole che avevo detto sul fatto che lui non fosse più lo stesso di prima e lui che non lo aveva negato.

“Signorina Ploy Napas, i tuoi farmaci.” Distogliemmo entrambi lo sguardo e ci avvicinammo al banco dei medicinali.

Un’infermiera, una farmacista o qualunque cosa lei fosse, ci diede i medicinali spiegandoci l’azione di ogni farmaco, quando prenderlo e cosa fare in caso di alcuni sintomi controindicati. Non c’era niente di strano, a parte il mio cuore, che aveva preso a battere potentemente per un momento, ma che in un attimo si era indebolito come prima.

“In questo momento dovete prendervi molta cura di lei.” ci disse sorridendo.

“Si.”

“Grazie.” disse Mark, prima di allungare la mano per prendere le medicine. Quanto a me, lo seguii silenziosamente fino alla macchina.

Lungo la strada non accadde nulla, nessuna parola pronunciata, solo il suono dei nostri passi che aveva lo stesso ritmo del mio cuore. Mark camminava davanti e non aveva affatto rallentato. Volevo dire qualcosa, ma semplicemente non sapevo da dove cominciare. Avrei dovuto iniziare da quello di cui avevamo parlato o avrei dovuto chiedere dei suoi studi o forse avrei dovuto iniziare con la questione di quel bambino?

Erano molte le cose di cui avrei potuto iniziare a parlare, ma alla fine rimasi in silenzio come poco prima. Continuammo a camminare insieme al nostro assordante silenzio, una vera tortura. 

“Mark puoi sederti davanti.” Disse la voce chiara di Ploy quando lui aprì la portiera della macchina e la vide seduta sul sedile posteriore. Si limitò ad annuire, prima di spostarsi in avanti e sedersi accanto a me.

“Ci sono dei farmaci extra?” Chiese Ploy quando il silenzio circondò l’interno dell’auto.

“No, non ci sono.” dissi prima di prendere la borsa che era accanto a Mark e porgergliela.

Mark rimase in silenzio e quando Ploy se ne accorse, anche lei si zittì nonostante stesse per dire qualcosa. Dentro la macchina calò silenzio, solo Ploy che mi guardava negli occhi nello specchietto retrovisore sembrava voler provare ad alleviare la situazione, ma la tensione che si irradiava da Mark la fece esitare e non osare. Quando il suo sguardo catturò i miei occhi, cercai di irradiare calma attraverso la mia espressione per tranquillizzarla.

“State litigano o no?” Disse infine Ploy dolcemente.

Rimanemmo entrambi in silenzio.

“È per causa mia?”

“No, non è colpa tua.” disse Mark e chiuse la bocca,si appoggiò al sedile e mise la mano sul suo stomaco, prima di sorridere quando incrociò di nuovo i miei occhi.

“Se non ha a che fare con me, allora con chi?” Chiese dopo che eravamo rimasti in silenzio per un po’.

“Non c’è nessuno.” disse Mark.

“Giusto, non c’è. Bene, è fantastico.”

Nell’auto cadde di nuovo il silenzio quando Mark si voltò a guardare fuori dal finestrino. Ploy si era semplicemente seduta senza aggiungere altro.

Tornammo a casa presto quella sera. Seppi subito dalla madre che Mark era arrivato nel pomeriggio, prima di andare in clinica. Era tutto quello che disse, prima di guardarci entrambi con preoccupazione. Non eravamo stati insieme in quel modo da molto tempo. La prima volta era stata nel primo mese di gravidanza quando tutti eravamo andati là insieme, ma in seguito ci eravamo allontanati e solo io ero andato là per parecchio tempo. Incontrarsi lì in quel modo, potevo contare sulle dita della mano quante volte era accaduto.

“State litigando?” La mamma era venuta a chiedermelo mentre Mark era nel suo orto di pomodori.

“Non lo so.” risposi.

“Come fai a non saperlo?”

“Non so perché è così.” dissi e lei guardò fuori suo figlio che era lì con la donna incinta.

“È per via di Ploy? Altrimenti perché?” Lei chiese.

“Forse sono un sacco di cose. Viviamo separati l’uno dall’altro e anche le nostre attività quotidiane sono diverse. Il nostro tempo semplicemente non combacia e poi c’è il problema con Ploy. È un po’ difficile.” Mi giustificai.

“Perché non vi parlate?” Un’altra persona aveva sceso le scale con il suo taccuino in mano, guardandomi.

“Ho provato a parlare…”

“Ah! Allora devi sforzarti di più. O pensi che la persona che dovrebbe provare di più debba essere mio figlio?”

“Ma Mark, lui …”

“Lui cosa?” chiese subito di rimando.

“Parlerò con lui.” dissi dopo aver visto il suo sguardo che diceva che suo figlio non aveva torto, che era io ad aver sbagliato, quello era quello che riuscii ad intuire dai suoi occhi.

Capivo che tutti amavano i propri figli, che sentivano il bisogno di assecondarli e di essere coerenti con i loro cuori in modo che niente e nessuno potesse fargli del male. Lui era solo un normale genitore, allo stesso modo in cui speravo di essere io con i miei figli. Avrei desiderato proteggerli, prendermi cura di loro ed apprezzarli nello stesso modo in cui stava facendo il padre di Mark con lui; ma sembrava difficile.

“Parlatevi per bene.” Ripeté prima di andarsene.

Guardai fuori. Mark era con Ploy ed era come se lui stesse familiarizzando con il bambino. Non sembrava a disagio, sembrava felice e sembrava essere contento di essere seduto a chiacchierare con il bambino di cui Ploy era incinta.

“Quando sapremo il sesso penserò a un nome.” Sentii Mark dire a Ploy.

“Si.”

Mark non disse altro e mise l’orecchio vicino alla sua pancia come se cercasse di ascoltare il bambino.

“Mark.”

“Si?” Lui alzò le sopracciglia, guardò Ploy e lei ricambiò lo sguardo.

“Grazie.” disse ed io mi fermai.

“Io … Sì.”

“Sai non eri affatto tenuto ad aiutarmi.”

“… Ero disposto a farlo.” disse Mark, anche se ci volle un po’ prima che le parole venissero fuori. 

Aveva detto che era disposto a farlo e che non era stato affatto costretto da nessuno. Non  l’avevo costretto, quindi perché lui era così?

“Vee.” Ploy gridò ad alta voce quando si voltò e mi vide, così dovetti muovere i piedi. Mi fermai accanto a Mark e sorrisi a Ploy, prima di guardare di nuovo Mark che era seduto accanto a lei.

“Di cosa parlate?” Chiesi sorridendo.

Non mi stavo comportando bene in quella situazione, ma in quel momento ero ancora teso con Mark e sicuramente non ero più vicino a Ploy. Ero un amico, ma non ero ansioso di sapere molto dei miei amici.

“Stavo solo raccontando la storia del bambino a Mark. Ma ho detto che non sappiamo ancora il sesso.” Ploy disse.

“Si.”

“Se il sesso è noto, potrà avere un nome.” Ploy continuò.

“Oh.” risposi guardando Mark.

“Vee hai un nome che ti piace? Ho chiesto a Mark, ma lui ha detto che ancora non lo sa.” Lei mi chiese.

“Io?… Vivis …”

“Dobbiamo prima conoscere il sesso.”disse Mark.

“Beh, lo saprai una volta che partorirò.” Disse Ploy e si sedette lentamente sulla sedia di lato.

“Bene, possiamo sceglierlo allora, perché in questo momento ancora non sappiamo cosa sia.” proseguì Mark.

“Beh, potresti scegliere i due nomi che preferisci, basterebbero anche solo dei soprannomi.” dissi guardando Mark.

“Non riesco a pensare a niente.” Rispose.

“Beh, ci penserò con calma.” dissi guardando il pancione di Ploy.

Dentro di lei cresceva una bellissima creatura, un piccolo soffio di vita, in attesa del giorno in cui sarebbe venuto fuori. Se fosse stata una femmina sarebbe stato bello e se fosse un maschietto lo sarebbe stato altrettanto. Avrebbe avuto un buon cuore che avrebbe ricevuto dalla mamma di Mark perché era sempre con Ploy. Avrebbe preso il carattere deciso dal papà di Mark perché anche lui lo avrebbe aiutato vegliando su di lui. Sarebbe stato una persona adorabile, proprio come mia madre, perché anche lei chiamava sempre per parlare con lui e romantico come mio padre.

“Grazie. Grazie ad entrambi per essere stati così gentili con questo bambino.” Ploy disse e la sua espressione grata mi fece capire che l’amica stava per piangere di nuovo.

“Grazie Ploy anche per aver sopportato questa gravidanza in questo modo.” disse Mark e la mano del mio ragazzo che si spostò per toccare la pancia della mia ex, prima di tirarlo indietro rapidamente.

“Cosa c’è che non va?” Domandai.

“Il bambino si è mosso.” Mark si voltò verso di me con un’espressione eccitata.

“Eh. Si muove sempre.” Disse Ploy e Mark tornò a toccare di nuovo il pancione.

“Mi ha preso a calci.” Mark si era rivolto a me con uno sguardo molto più felice del normale, così ricambiai il sorriso alla persona che era appena stata così tesa.

“Sta scalciando?” Chiesi avvicinandomi.

“Sì, sta scalciando.” Ploy confermò.

“Davvero.” dissi dopo aver messo la mano vicino a quella di Mark. Alcune delle nostre dita si  toccarono ed io mi scaldai.

Era passato molto tempo dall’ultima volta che ci eravamo toccati così, soprattutto per che adoravo il contatto tra noi, mi piacque quel contatto e incontrarci mi mancava molto. Toccarlo accidentalmente in quel modo, era più eccitante.

Non era previsto, ma fanculo era così bello.

“Così carino.” Ploy esclamò.

“Hmm?”

“Vee e Mark, quando siete così è molto carino.” Ploy disse catturando i miei occhi. 

Era davvero felice per noi due e si congratulava con noi per il nostro amore, ci voleva così bene e voleva che ci amassimo per molto tempo. 

È così ed è così bello non essere mai in nessun altro modo.

“Davvero?” Mark alzò le sopracciglia ed io mi raddrizzai.

“Sì. Penso che quando sono con Vee per lui è davvero bello, ma tu e Mark insieme siete molto meglio.” Lei disse.

“…”

“Ehm …”

“Mark, non devi essere così preoccupato. Vee e io siamo davvero solo amici. Ammetto che è davvero bello avere qualcuno che si prende cura di me in questo modo, ma si sta prendendo cura di me solo a causa del bambino. Posso garantirti che non è eccessivo quando si tratta di me, sia con i suoi sentimenti che con le sue azioni.” Ploy spiegò a Mark.

“…Si.” Mark annuì prima di guardarmi.

I nostri occhi si incontrarono per un momento, in silenzio. Ploy non disse nient’altro, ma sembrò anticipare quello che avremmo detto dopo. Il suo sguardo era come a volerci lasciare da soli lì, solo noi due, invece la mia persona rimase in silenzio, ancora assente. Poi si avvicinò a Ploy e le mise di nuovo la mano sulla pancia.

“Sta scalciando.” disse Ploy.

“Lo fa spesso?”

“Di solito no, oggi è decisamente più del normale.” Ploy rispose.

“Sospetto che sia felice che tu sia venuto.” dissi, ma non era il bambino a cui stavo pensando nel mio cuore, ero io che ero felice di vederlo.

“Sì, decisamente.” Ploy disse per rafforzare l’idea e Mark mi guardò.

“Sono venuto a vedere il bambino.”

“Bene, questo è tutto, il bambino è molto felice.” risposi.

“E anche il padre è felice?” Chiese suo padre costringendo Mark e me a voltarci per guardarlo.

“Papà…”

“Sono venuto a dirvi che è ora di cena. Ploy ha bisogno di mangiare e poi deve sbrigarsi e andare a riposare.” continuò suo padre.

“Sì zio, grazie per avermelo fatto sapere.”

“Umm.” Ploy mi sorrise, prima di abbandonare silenziosamente la conversazione. Ma Mark, suo padre ed io rimanemmo ancora lì. Il padre guardò me e Mark ed io guardai il mio ragazzo che non osservava nessuno.

“Andrai anche tu papà? Mangeremo tutti insieme?” chiesi dato che di solito se Ploy era in giro, allora lui non era presente. Normalmente ci sarebbe stato qualcuno che avrebbe portato il pasto nel suo ufficio, oppure se ne sarebbe andato e avrebbe fatto qualcos’altro durante quel tempo. Non mangiava giù, ma si prendeva cura del bambino di Ploy.

“Non ancora.”

“Allora tu …”

“Continuo a non avere una risposta alla domanda se il padre sia felice o no.” Disse voltandosi a guardarmi.

“…” 

Mark rimase in silenzio mentre continuai a mantenere il contatto visivo con il padre per scoprire esattamente che volesse in quel momento.

Capivo che stava cercando di essere tenero verso suo figlio, sapevo che era preoccupato per lui e che lo amava molto, perché anche io amavo molto Mark. Ma non riuscivo a capire cosa pensasse Mark. Non poteva pensare che ero stato io quello eccessivo quando si trattava di Ploy. Anche se il corpo apparteneva a qualcun altro e lui voleva schierarsi dalla parte di suo figlio, ma non sapeva nemmeno la verità. Perché non poteva essere giusto con me, non avrei dovuto anch’io essere come uno dei suoi figli? Suo genero?

“Che ne dici Vivis?” Chiese di nuovo, anche se non era nemmeno per nulla il suo comportamento abituale.

“Molto felice.” risposi e lui mi guardò prima di rivolgersi a suo figlio.

“Ah!” La risata gutturale indicava quanto fosse soddisfatto della risposta.

“Papà, non mangi?” chiese Mark.

“Non ancora, prima aspetterò.” rispose.

“Si.”

“Sì, presto. Nel caso della tua senior, in questo momento tua madre probabilmente starà parlando di questioni femminili.” Disse suo padre e Mark annuì. Suo padre lo guardò negli occhi per un momento, prima di voltarsi lentamente e allontanarsi. Quella volta se ne andò senza nemmeno guardarmi in faccia.

 Padre e figlio non erano poi così diversi.

“Hai… ancora fame.” Parlai per primo anche se faceva male. Ero ancora ansioso e turbato da molte cose.

“Non proprio.” disse Mark prima di voltarsi verso i pomodori che una volta avevamo piantato insieme.

“Sì, anche a Ploy piacciono i pomodori. La mamma ha detto che mangia molto da quando è rimasta incinta.”

“Sì, me l’ha detto.” disse Mark mentre si diresse verso in giardino, guardando i gambi dei pomodori che una volta avevamo coltivato insieme. In quel momento non c’erano molti pomodorini perché erano ancora giovani, ma sembravano crescere bene.

“Tu…”

“Questo non è morto.” Disse Mark fermandosi davanti a una delle piante. Seguii i suoi occhi verso la pianta che avevamo fissato. Potevamo ancora vedere gli scarti di ciò che avevamo usato per salvarla.

“Ha ancora dei pomodorini a sinistra.” dissi indicandogli la pianta, prima di spostarmi per stare dietro la persona che non vedevo da molto tempo e guardare la pianta con Mark.

“Davvero bravo.” disse Mark.

“Lo sei anche tu.” dissi, prima di appoggiargli esitante una mano sulla spalla. 

Ero spaventato, così spaventato dal fatto che non voleva che lo toccassi, ma anche spaventato dal fatto che non avrei mai avuto la possibilità di farlo di nuovo. Avevo già detto che se dovevo confrontarmi con qualcuno il momento era quello. Tutto quello che avevo era me stesso ed il mio cuore che apparteneva solo a Mark. Non volevo litigare con nessuno, non del passato, e qualcuno di nuovo che era sul punto di venire avanti. Non ero abbastanza bravo da essere in grado di sostenere la nostra relazione da solo. Molto semplicemente non sapevo se Mark voleva andare via ed io non avevo la capacità di fermarlo.

Se Mark avesse voluto andare via e trovare qualcosa di meglio, allora come poteva uno come me, che non era una brava persona, provare a proibirglielo?

“Vee …” mi chiamò Mark, con la schiena contro il mio petto.

“Cosa c’è?” Chiesi.

“Mi dispiace.”

“Mark.”

“Hai già visto il post di Thew, non è vero?”

“Mmm.”

“So di essere stato sbadato, ma io …”

“Tu …” Mi fermai e lo feci voltare in modo da poterlo guardare negli occhi. Nei bellissimi occhi che stavo guardando però non c’era la solita scintilla che vedevo quando  incontravano i miei.

“Mi dispiace. Lui non mi piace.” Disse Mark.

“Lo dici, ma scatti comunque le foto con lui.”

“Si tratta solo di scattare delle foto.” Mi disse, ma i suoi occhi tremarono incontrando i miei.

“Veramente?” Chiesi di nuovo perché non era quello che sentivo.

“Ecco…”

“Vi siete già abbracciati?” 

Il suo silenzio fu una risposta.

“Vi siete baciati?”

“Vee …” 

I suoi occhi mi guardarono come se fosse titubante e non sapesse come rispondere perché non era sicuro di quanto mi sarei arrabbiato alla sua risposta.

“Lo hai abbracciato come fai con me?” Chiesi ancora e lui scosse la testa.

“No.” Disse e allungò la sua piccola mano, che era sempre bella ai miei occhi, per afferrare precariamente il bordo della mia camicia.

“È migliore di me?”

“No.”

“Allora in questo momento che cos’è?” Chiesi mettendo la mia mano deliberatamente sopra la sua.

“Mi dispiace.” La risposta che venne fuori non era quella alla mia domanda ed io ero ancora lì in piedi in attesa della risposta di cui avevo bisogno.

“…” 

Non mostrai rabbia, non ero consapevole di alcun dolore perché tutto quello che sentivo in quel momento era sofferenza.

“Non mi piace Thew,” disse Mark.

“E io?”

“…”

“Non m’importa che ti piaccia o no, voglio solo sapere se mi ami ancora.” gli chiesi stringendogli delicatamente la mano.

“…Amore.” Ci volle un po’ prima che Mark pronunciasse finalmente quella parola.

“Non ti ho detto una volta che se mi amavi, allora mi sarebbe bastato e non mi sarebbe importato di nient’altro?” Dissi guardando i suoi occhi rossi che esprimevano chiaramente tutto il suo rimorso. 

Certo che ero arrabbiato, ma guardando quegli occhi che chiaramente mi stavano chiedendo perdono il mio cuore si strinse in quel momento in una maniera tanto dolorosa, che se lo aveste misurato non sarebbe pesato più di qualche grammo.

“Vee mi dispiace. Mi dispiace tanto.” 

“Non sono arrabbiato, sono solo molto irritato.” dissi ed era vero, ero così arrabbiato sapendo che era vero. Era stato a causa mia? O qualcosa avvenuto all’interno della nostra relazione? In quel momento stavo abbracciando Mark ed il ritmo del mio cuore stava ascoltando il battito del suo.

Anche se il suo ritmo stava cambiando, lo avrei fatto tornare a battere come prima.

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