EN OF LOVE MECHANICS 2 – CAPITOLO 19

-Vee Vivis-

“Fanculo! Allora lo prendo io.” Guardai Mark che aveva appena gridato quella frase. Tremava così tanto che temevo avrebbe dato di nuovo un pugno a Ton. Lo abbracciai, poi lo guardai stupito. Rimanemmo tutti in silenzio, la stanza era silenziosa, si sentivano solo il respiro pesante di Mark e il pianto di Ploy.

“Mark.” lo chiamai gentilmente. Si voltò a guardarmi solo per un breve momento, prima di guardare Ploy.

“Tieni il bambino, firmerò il certificato di paternità.”

Ploy pianse di nuovo, ma quel pianto era diverso dal precedente. Quella volta piangeva per il sollievo come se avesse visto una via d’uscita da quella situazione. Sapevo che Ploy non era una persona crudele, non voleva fare del male a suo bambino. Era arrivata a prendere quella decisione, perché si era convinta di non avere più nessuno. Non aveva nessuno che la mettesse in guardia o che le desse dei consigli. Per quanto riguardava la persona con cui stava, era un codardo.

“Vuoi comportarti come un gentiluomo? Desideri così tanto essere un marito?” Disse Ton e quella volta non ero stato io a trattenere Mark, ma fu Mark a trattenermi afferrandomi il braccio.

“Sono così fottutamente arrabbiato, bastardo. Stai zitto e sparisci.” Ringhiai.

“Poi cosa? Resterai qui per altri otto o nove mesi e poi lei dove andrà? È mia moglie stronzo.”

“Allora vattene. Se per te è così difficile allora lasciamoci.” Gridò Ploy.

“Ploy! Hai detto che non lo volevi, quindi se è vero, sbarazzartene. Perché dovresti dare ascolto a delle persone che non sono coinvolte in tutto questo?”

“Quello che stai pensando è…” Mark non completò nemmeno la frase, probabilmente perché non riuscì a trovare le parole per quel bastardo. Per me non era diverso dato che mi limitavo a guardarlo, senza nemmeno sapere quali insulti usare.

“Ragazzi, voi due non dovreste nemmeno farvi coinvolgere.”

“Ton… non lo voglio, ma interrompere la gravidanza, non posso.” Disse Ploy coprendosi il viso e piangendo.

“Bene, allora come farà Ploy a dire alla sua famiglia che l’ex marito, o dovrei dire la moglie del suo ex marito, è il padre del bambino?”

“Può dire che sei tu il padre, ma che sei troppo impegnato a lamentarti e non sai prenderti le responsabilità.” Rispose Mark.

“Non intrometterti.”

“Ton non biasimarlo.”

“Perché? Allora com’è andata, parla.” Ton si avvicinò a Ploy, il suo forte braccio afferrò quelo della ragazza tirandolo per avvicinarsi verso di me gridando forte.

“Mi fai male.”

“Mark, lasciami andare.” Gli diedi un pugno in faccia, di nuovo. Ton spinse via Ploy, ma fortunatamente Mark riuscì ad afferrarla in tempo. Quanto a quell’idiota, io e lui ci stavamo afferrando per i rispettivi colletti fissandoci l’un l’altro. Avevo capito che era solo una persona egoista. Non voleva lasciare andare Ploy, ma non voleva il bambino di cui era incinta.

“Ploy andiamo.” disse Mark e l’aiutò a uscire dalla stanza.

Lo spinsi via prima di guardarlo di nuovo. Ton mi lanciò un’occhiataccia, prima di voltarsi a guardare Ploy e Mark, come se fosse in lutto, ma quella sensazione non era predominante come la rabbia che mostrava. Non sapevo per cosa fosse arrabbiato, o perché sentiva bisogno di essere così arrabbiato. Sapevo soltanto che non voleva prendersi cura di un’altra vita, ma non voleva che Ploy lo lasciasse? Era così egoista.

“Ploy non mi lascerà mai, lei mi ama.” Disse proprio mentre stavo per lasciare la stanza.

“A questo proposito, non mi interessa nemmeno. Mi interessa solo il fatto che Mark vuole aiutarla.” Risposi.

“Tua moglie?” Chiese spalancando gli occhi ed io ancora una volta avrei voluto solo avvicinarmi e prenderlo a pugni.

“Sì, esattamente, lui è mia moglie.” dissi fissandolo, prima di lasciarlo solo nella stanza, visto che ero più interessato alle due persone che mi aspettavano davanti alla stanza.

“Andiamo.” disse Mark, io annuii prima di accompagnarli fuori e loro semplicemente mi seguirono in silenzio.

Tutto taceva. Ploy aveva smesso di piangere ed il respiro di Mark era diventato regolare. Tutto quello che potevo fare era portarli via. Ero completamente disorientato, non sapevo cosa avrei dovuto fare. Non avevo niente da dire a Ploy e a Mark che si era seduto accanto a me e stava guardando fuori dal finestrino.

Le cose si faranno più complicate ora o miglioreranno? So che è quello che stai pensando adesso Mark. Alle parole che hai detto, ora stai pensando alle conseguenze?

“Dove dovrei andare?” Mi voltai a chiedere a Mark in tono normale, come se nell’auto ci fossimo solo noi due. Era tardi e in un sabato sera come quello avremmo dovuto essere nella stanza ad abbracciarci e ad ascoltare i battiti dei nostri cuori. L’indomani lui sarebbe dovuto rientrare ed io mi sarei dovuto perdere nel mio continuo pensare a lui, aspettando il prossimo fine settimana quando forse sarebbe di nuovo tornato da me o io, libero dal lavoro, sarei potuto andare da lui.

Ma quel sabato niente era come avrebbe dovuto essere.

La prima volta che Mark era venuto a trovarmi, non avevamo mangiato insieme, né ci eravamo sdraiati sul letto, abbracciandoci stretti come entrambi ci aspettavamo di fare. Non sapevo cosa fare, cosa avrei dovuto fare? Anche colui che si era lasciato coinvolgere  sembrava non saperlo. Mark non mi rispose subito, ma si voltò a guardare Ploy prima di rivolgersi a me.

“Io … posso tornare indietro.” Ploy disse dolcemente.

“E se torna a cercarti, farà qualcosa?” Mark si voltò per chiedere.

“Beh, è casa sua.” Disse dolcemente.

“Se è così, allora per ora ci occuperemo prima della questione della gravidanza, e poi tornerò all’Università …”

“Non lo voglio.” Mark non riuscì a finire quello che stava dicendo prima che Ploy lo interrompesse visto che era lui che cercava di trovare un modo per aiutarla anche se era solo uno studente del terzo anno di università.

“Se non lo vuoi Ploy, te ne sbarazzerai proprio come ha detto Ton?” Chiesi.

“Io…io solo…”

“Sei tu quella che è rimasta incinta, quindi devi anche assumerti le tue responsabilità. Lui non lo vuole, tu non lo vuoi, ma lo avete fatto insieme quindi devi esserne responsabile; è una vita umana. Davvero vuoi gettarla via?” Mark aveva parlato molto e di solito per lui era  abbastanza difficile parlare.

“Quello che dice Mark è giusto Ploy.”

“Ma non posso provvedere al bambino. Non voglio essere incinta.”

“Ma lo sei.” Mark si voltò parlando cupamente verso di lei.

“Mark, non capisci quanto sia difficile essere incinta.” Rispose Ploy impietrendo la mia persona.

Una cosa del genere, c’era forse un maschio da qualche parte sul pianeta che capiva davvero cosa provava una donna? Non potendo concepire o rimanere incinta anche se sapevo che sarebbero stati nove mesi difficili, ma avrei mai compreso quanto fosse difficile? Era qualcosa che io e Mark chiaramente capivamo, ma eravamo troppo ansiosi e sopraffatti dalla situazione per lasciarle fare ciò che aveva pianificato.

“Sì, non posso capirlo. Quello che so, però, è che mettere fine alla vita di un’altra persona è un peccato.” Mark rispose.

“Non sono pronta per averlo o prendermene cura. Perché lo vuoi?” Ploy chiese di rimando.

Stavano parlando senza onorifici, entrambe le parti fiduciose della validità della loro convinzione. Ero d’accordo con entrambi. Pensavo che se non si sentisse pronta, non avrebbe dovute tenerlo, ma se voleva liberarsi del problema, sbarazzarsene in quel modo era un peccato.

Il silenzio ci avvolse di nuovo quando Mark non rispose. Si voltò a guardarmi per un momento, prima di voltarsi a guardare ancora una volta fuori dal finestrino. Era buio fuori,  data la tarda ora, ma lì a Bangkok c’erano le luci che tutti descrivevano come bellissime. Belle sì, ma caotiche.

“Per questa sera, andiamo a casa mia.”

“Mark.” Mi voltai a guardarlo, ma lui si limitò ad annuire.

“Vorrei andare prima a casa mia, è la più vicina ed è già tardi,” disse Mark ed io lo guardai per essere sicuro, ma lui ancora una volta si voltò verso il sedile posteriore.

Era sicuro, voleva assolutamente andarci.

Così dicevano i suoi occhi, come se sapesse che tutti noi eravamo stanchi in quel momento, ma anche se era stremato, non pensavo che avrebbe davvero  proposto di andare a casa sua. Era vero, la casa di Mark era la più vicina. Calcolando mentalmente la distanza, se avessi dovuto tornare indietro per andare prima al mio ufficio, saremmo arrivati tardissimo e avremmo fatto ancora più tardi nel riaccompagnare Ploy al suo appartamento​.

Guidai fino all’ultima casa alla fine di quel villaggio. Quella volta non chiesi a Mark dove girare. Prima quello non era mai stato un posto sicuro per Mark, ma le cose erano cambiate. Sentivo che avesse scelto di andare là perché voleva riposarsi e pensare. Non eravamo poi così diversi, nessuno di noi sapeva come sarebbero andate le cose. Se Ploy non fosse rimasta incinta e non avrebbe dovuto prendersi cura di un bambino, di certo non avremmo dovuto farlo nemmeno noi. Era complicato una gravidanza, prendersi cura di sé mangiando bene, facendo esercizio fisico, dormendo e molto altro ancora. Mark probabilmente voleva anche chiedere a sua madre se avrebbe dovuto farlo o meno per poi  pensare anche se lui come o se lo avrebbe fatto di nuovo.

“Chi viene qui così tardi la sera?” L’unica padrona di casa si avvicinò per salutarci ed  il suo sguardo sorpreso non scomparve, ma potei vedere la sua gioia. Guardò Mark e poi me prima di guardare verso Ploy.

“Ciao, mamma.” salutai alzando le mani per renderle il rispetto come sempre, facendola sorridere.

“Salve.” Salutò anche Poy, che la mamma accettò con una certa riserva. La voce di Ploy tremava, ma la mamma continuò a non dire niente.

“Mamma, mi piacerebbe restare qui stasera. Sono venuto qui per fare qualcosa con Vee e ora è davvero tardi.” Le disse Mark.

“Oh, vuoi restare qui? Quando ti fermi mi diverto davvero un sacco.” La mamma gli rispose.

“Scusa se sono venuto qui senza avvisarti prima.” le dissi e lei mi sorrise gentilmente come aveva sempre fatto.

“Va bene. Ma chi è questa bella donna?” Chiese guardando Ploy.

“Questa… è P’Ploy,” disse Mark. I bellissimi occhi del mio ragazzo guardarono sua madre, prima di abbassarsi quando lei lo guardò con sospetto. Il suo viso, che pensavo fosse gentile, guardava Ploy in modo strano.

“Ploy?” Chiese di rimando. Non sapevo quanto lei sapesse di me e Mark. Quanto Mark le avesse raccontato, ma anche se non lui non le avesse detto nulla, ero convinto che sarebbe stata in grado di scoprire la storia, dato che molte persone che la conoscevano, come James o Win, o anche l’ex fidanzato di Mark, Pack.

“Sì, Ploy, hai capito bene.”

“Masa, cos’è questo?” La sua calma era qualcosa che rispettavo. Aveva chiesto di nuovo e aveva aspettato con calma una risposta da suo figlio, ma i suoi occhi continuavano a scrutare Ploy.

“Io… vorrei riposare prima e poi parlare con te.” disse Mark. Sua madre non rispose immediatamente, ma si limitò a fissare Ploy nello stesso modo in cui io avevo guardato  Mark quando aveva dichiarato che sarebbe stato  lui responsabile del bambino di cui Ploy era incinta. Era uno sguardo preoccupato per quello che poteva provare Mark, per quello che poteva passargli per la mente; ma non appena Mark la guardò, mostrandole i suoi occhi fiduciosi riguardo ai suoi sentimenti e alle sue parole, lei si limitò ad annuire.

“Per ora Ploy può restare nella dependance. Quanto a Vee, starai ancora nella stanza con Mark proprio come prima, giusto?” Lei chiese.

“Sì.”

“Se è così allora puoi salire, Masa vieni a parlare con me.”

“Accompagna Ploy.” Mark si voltò a guardarmi velocemente, prima di seguire sua madre.

Portai Ploy nella dependance in cui ci aveva condotto la cameriera della mamma di Mark. Ci aveva accompagnato e aveva controllato che tutto fosse in ordine prima di congedarsi. Così io e Ploy rimanemmo da soli, ma non dicemmo nulla. Probabilmente saremmo annegati nel silenzio, ma era come se fossimo ancora presi dai nostri pensieri.

Riguardo a quanto era successo e alla decisione di Mark. Se lui avrebbe confermato di volerlo, non glielo avrei proibito anche se mi sembrava davvero surrenale il fatto di dover crescere il figlio della mia ex con il mio nuovo ragazzo senza contare che in passato entrambi non avevano mai avuto un buon rapporto. Sapevo che molti non avrebbero capito, o avrebbero pensato male, ma il fatto era che non provavo più nulla nei confronti di Ploy.

Anche il solo fatto di chiamarla  ex ragazza era sparito, per me era diventata solo una conoscente. Era come se quella persona avesse incrociato i miei passi in quell’istante, mentre si trovava nei guai ed io non potevo essere completamente indifferente alla voce della mia conoscenza. La mia intenzione era solo di andare da lei e calmarla, cercare di farle ritrovare il buon senso e parlarle per scoprire cosa stava succedendo. Lei, però, non aveva capito, troppo scossa per ascoltare qualsiasi cosa ed io non avevo di certo la pazienza di provare a spiegarle tutto. Era stato Mark a dirlo e non sapevo nemmeno se stesse pensando lucidamente o se avesse pronunciato quelle parole solo per rabbia. Non mi importava comunque, qualunque cosa lui avesse deciso, io sarei rimasto al suo fianco a prescindere.

“Vee.”

“Uhm?” Mi voltai quando Ploy mi chiamò, anche se stavo per lasciare la stanza. Guardai di nuovo la persona che era in piedi in fondo al letto.

“Mi dispiace. Mi dispiace di aver causato dei problemi a te e Mark.” Disse Ploy, i suoi occhi si riempirono di colpa, ma io le sorrisi.

“Va bene Ploy, anche se si fosse trattato di qualcun altro, sarei andato in suo aiuto.” Non importava chi fosse, non l’avrei lasciato da solo. Se qualcuno fosse venuto a chiedermi aiuto in una situazione come quella, non avrei mai esitato ad aiutarlo.

“Io…Vee, vuoi davvero tenere questo bambino?” Chiese  Ploy.

“Tocca a Mark decidere.” Risposi esponendo i miei pensieri.

“Tocca a Mark?” Ploy ripetè le mie parole come se fosse una domanda, ma la persona da cui voleva una risposta non era in quella stanza.

“Sì.”

“Ma cosa c’è nel tuo cuore, Vee?” Chiese allora.

“Se dico che non lo voglio, puoi liberartene?” Domandai.

“Io…”

“Mark ti ha detto che può e credo che possa prendersi cura del bambino se dirà di volerlo fare.” 

Lo credevo davvero. Perché non avrebbe potuto? Se avesse deciso di farlo, lo avrebbe fatto bene. Quando aveva detto di voler stare con me, era sempre rimasto al mio fianco. Quando aveva detto che mi avrebbe fatto smettere di amare Ploy, lo aveva fatto. Quando aveva detto che mi avrebbe fatto innamorare di nuovo, mi aveva fatto innamorare così tanto che non avrei mai potuto smettere di amarlo, nemmeno un po’.

“Io…”

“È anche tuo figlio Ploy, quindi qualunque cosa Mark dica, la accetterò. Se non avrà pietà, allora non faremo nulla.” Le dissi e lei si fermò di colpo, dopo un po’ anche i suoi occhi ripresero a piangere.

“Chi è questo Vee? Perché è così bravo con questo ragazzo?” Disse Ploy ed io pensai la stessa cosa. 

Chi era Mark? Perché il suo cuore era così buono, al contrario della sua fredda personalità? Perché era così bravo da parlare e dire che sarebbe stato il responsabile di quel bambino?

“Io non sono affatto una brava persona, ma Mark è davvero una persona fantastica.” Dissi a Ploy e lei mi guardò negli occhi.

“Mark si prende molto cura di te, vero?”

“Tanto.” Così tanto, fino al punto in cui mi sentivo così in colpa di non aver fatto abbastanza bene con lui.

“…”

“Posso chiederti una cosa?”

“Cosa?”

“Se Mark vuole questo bambino, lascia che lo prenda.” dissi guardandole la pancia.

“Ma se non voglio …”

“Se Mark lo vuole, puoi prenderti cura di te per nove mesi, dopodiché lo aiuterò io stesso a prendersi cura del bambino.” Dissi prima che lei potesse finire di parlare.

“Vee…”

“Puoi prometterlo?” ripetei di nuovo, e la persona a cui era stato chiesto ricominciò a piangere, le lacrime le rigavano le guance. Non c’era il suono di pianto, ma solo delle lacrime che scendevano lentamente.

“Mi… mi sento così in colpa perché so che non posso occuparmene, ma se è davvero come hai detto, farò quello che chiedi.”

“Sì.” Risposi avvicinandomi e asciugandole le lacrime, prima di appoggiarle la mano sulla testa per confortarla.

“Vee.” Ploy si avvicinò per abbracciarmi, il suo pianto risuonò di nuovo nella stanza mentre il suo piccolo corpo tremante era contro il mio petto. Non la abbracciai né cercai di calmarla, ma non la respinsi, la lasciai piangere per un po’.

“Vee …” il mio nome chiamato dalla parte anteriore della stanza mi fece allontanare.

“Mark, ascolta e basta …”

“Sì, andiamo insieme in camera, Ploy deve riposare.” Disse Mark ed io annuii.

“Riposa Ploy.” dissi alla piccola persona i cui occhi erano rossi. Lei annuì e guardò Mark.

“Mark, io …”

“Riposa. Possiamo parlare domani.” Le disse Mark prima di avvicinarsi a me per condurmi fuori.

La stanza di Mark era come la nostra, ma era diversa dal solito perché era più tranquilla. Mark mi guardò ed io feci lo stesso. Potevo vedere così tanta stanchezza nei suoi occhi che mi sentivo in colpa per averlo trascinato in quella situazione.

“Abbraccio?” Chiesi e lui annuì.

“Vee …” si avvicinò per abbracciarmi, nello stesso momento aprii le braccia.

“Solo questo. Perché fa così tanto bene?” Dissi.

“Vee dannazione!”

“C’è qualcos’altro?” Mi spostai leggermente per sorridere quando lo vidi irritarsi.

“Beh, ho bisogno di conoscerla.”

“Già.” risposi.

“Non volevo dire quello.”

“Tu lo hai detto, come può essere colpa mia?” Lo presi in giro, ma sapevo perfettamente che era tutta colpa mia.

“Ma io ti appartengo, tu la conosci già.”

“Sì, ma io appartengo a te e tu a me.” dissi accarezzandogli la testa.

“La mamma ha detto che dipende da me.”  Mark parlò dopo che gli avevo accarezzato i suoi bei capelli per un po’.

“Sono d’accordo.”

“Cosa intendi?”

“Sono d’accordo come tua madre, tocca a te decidere.”

“E se voglio che tu mi aiuti a decidere?” Chiese prima di girarmi per andare in fondo al letto e sedersi.

“Allora ti direi che siamo ancora giovani, dovremmo…”

“Non provi alcun sentimento per quel bambino?”

“Ascoltami, non ho finito di parlare Mark.” gli dissi sorridendogli.

“Ok. Allora?” Il suo piccolo viso stava per arrabbiarsi, ma gli sorrisi e lo stuzzicai ancora prima di proseguire.

“Dovremmo chiedere aiuto ai nostri genitori. Non solo i tuoi, ma anche alla mia famiglia.”

“Quindi ad entrambe?” Domandò Mark.

“Sì. Non possiamo decidere di crescere un bambino e non dirglielo prima.”

“Beh, in passato dovevo provvedere a molti bambini.”

“Che dici?”

“Beh, prima c’erano molti bambini.” Disse senza battere ciglio.

“Bene, ora sei tu il mio bambino e ho bisogno di guadagnare molto per prendermi cura di te.”

“Bene allora questo non dovrebbe essere molto diverso.” 

“Dannazione! È appena rimasta incinta.”

“Parli così bruscamente, ma quando si tratta di un bambino non è una colpa.”

“Quindi a tua madre non importa davvero?” Chiesi.

“È quello che ha detto.”

“Questo è tutto?”

“Mi ha chiesto se potevo accettarlo.”

“Allora cosa le hai detto? Stai davvero bene?” Sua madre gli aveva fatto la domanda che avrei voluto fargli io. Stava davvero bene dopo tutto quello? Non stava pensando troppo? Sentiva qualcosa?

“In questo momento non sto pensando a niente, tranne che mi dispiace per il bambino.”

“Ok, è davvero questa la tua risposta?” Domandai dopo che mi rispose.

“Ho detto che posso sopportarlo.”

“Sto solo chiedendo.” Dissi toccandogli dolcemente la guancia. Continuai ad esplorare il suo viso, osservando la sua espressione.

“Ok, allora chiedimelo meglio.” disse Mark, afferrandomi il dito.

“Vuoi avere dei bambini?”

“Non avrei mai pensato di averne.”

“Allora perché lo fai?”

“Beh, potrebbe essere un bene, no? Potremmo amare quel bambino e lui potrebbe renderci completi, giusto?” Rispose Mark.

Guardandola da quel punto di vista, Mark aveva ragione. Un bambino aveva bisogno del calore e delle cure dei suoi genitori. Mark ed io potevamo non essere così bravi, ma credevo che nel complesso saremmo stati in grado di imparare e prendercene cura. Mark, però, aveva detto che ci avrebbe resi completi, quindi ovviamente lui ci aveva già pensato in precedenza.

“Quindi hai pensato di avere figli?”

“Ho pensato al fatto che la mia famiglia ha un solo figlio, ma nella tua ce ne sono due. Non mi piacciono le donne, quindi come non pensarci?” Spiegò Mark.

Capii quello che intendeva e che ci aveva pensato dopo essere stato con la mia famiglia. Mark viveva la sua vita come se non fosse interessato ai suoi genitori o ad altro. Prima di quel giorno, probabilmente non gli era mai passato per la mente, non fino a quando non mi aveva incontrato. Mark aveva già immaginato una famiglia come quella dei miei genitori per me e si era sentito in colpa per avermi fatto mancare qualcos’altro nella vita.

“Mark…”

“Uhm?”

“Sono così fortunato ad averti.” dissi alla persona che mi stava guardando, mostrando i miei sentimenti attraverso gli occhi invece che a parole.

“Io sono qui.” Disse sorridendo. Non era un sorriso luminoso, ma sembrava più sicuro di sé. 

“Vuoi avere un figlio?” Chiese di nuovo.

“In passato ci ho pensato, ma ora ho te quindi non volevo averne.” dissi sedendomi accanto a lui.

“Ploy sarà d’accordo?”

“Gliel’ho già chiesto.”

“Allora cosa ti ha detto?” Chiese Mark inclinando il collo di lato per guardarmi.

“Se lo vuoi davvero, te lo darà.”

“E a lei sta bene?” 

Annuii in risposta e anche Mark annuì comprendendo.

“Ti ha anche ringraziato e voleva scusarsi.”

“Vee …”

“Uhm?”

“Se cresceremo questo bambino, credi che gli mancherà la madre?” Domandò Mark ed io gli sorrisi.

“Se dovessimo crescere un bambino, allora lui sarebbe nostro figlio.” dissi perché era esattamente quello che pensavo. 

Capivo da dove venissi la sua insicurezza, ma per me descrivere i miei sentimenti a parole era troppo difficile. Tutto quello che potei fare fu guardarlo e trasmettergli i miei sentimenti.

Non la amo più.

Non sento più niente per lei.

“Ma io… non posso rimanere incinta.”

“Non devi rimanere incinta per essere una mamma.” dissi e Mark aggrottò  le sopracciglia. 

“Sarà solo la mamma a prendersene cura.”

“Perché spetta solo alla madre?” Mark rispose.

“Beh, io sono papà Vee.”

“Ma sarò io a firmare il certificato di paternità.”

“E quando firmerai con il tuo nome il certificato di matrimonio, dove firmerai?” Gli chiesi facendolo arrossire.

“Vee …”

“Lascio a te il compito di pensarci, per ora, io continuerò a fare soldi così potrò sposare mia moglie e chiedertelo di nuovo.”

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