EN OF LOVE MECHANICS 2 – CAPITOLO 1

-VEE VIVIS –

C’è chi dice che più studi ingegneria, più sembri sciupato ma io ero completamente contrario a quell’idea. Dopo tutti quegli anni passati a studiare ingegneria, ero diventato consapevole che più qualcuno studiava in quella facoltà, più sarebbe diventato bello.

Dovevo anche ammettere che i senior come me, di ogni istituto e indipendentemente da quello che frequentavano, dovevano rendersi conto che una volta diplomati sarebbero invecchiati in qualche modo. Anche se fare l’ingegnere non era come essere un medico o un avvocato, non significava sentirsi spossati o smettere di essere belli. Se invecchiando si smettesse di essere belli, allora probabilmente non avrei bisogno di seguire e vegliare in questo modo su questo bimbo del terzo anno. Si, ormai al terzo anno era diventato il senior di altri ragazzi, ma rimaneva comunque il mio bimbo.

Quel bimbo si chiamava Mark Masa.

«Ma tu non lavori? Perché vieni qui a vederlo ogni giorno?» mi chiese Fuse. Mi voltai per guardare il mio nong che aveva un dottore come fidanzato. Sì, di nuovo un dottore. E sì, anche i dentisti erano dottori.

«Non ho ancora un lavoro. Anche tu studi tanto, eppure cogli sempre l’occasione di venire a trovare tua moglie.» gli risposi e lui fece una smorfia.

«Mia moglie è bellissima, in tanti la guardano troppo. Sono possessivo.» mi rispose.

«Sì? Beh, anche mia moglie è molto bella e molti ragazzini la guardano fin troppo, perciò sono possessivo anch’io.» dissi di rimando, prima di voltarmi a guardare Mark.

Mark era in piedi di fronte a tutte le matricole del primo anno che si erano riunite nel cortile. Quell’anno le attività erano molto creative. La mia facoltà non era tranquilla o severa come lo era stata in passato. Era un percorso più aperto e che aiutava a socializzare. Prima di allora i vecchi senior, supportati dal vecchio sistema, avrebbero trattato molto duramente le matricole. Mark mi ha chiesto consigli su come gestire il sistema ed io gli ho suggerito che magari una combinazione tra il vecchio e il nuovo sistema sarebbe stato l’ideale, ma che avrebbero comunque dovuto decidere da soli. Ero venuto per vedere i senior durante il loro primo giorno come membri del SOTUS* e contribuire nel caso di bisogno; del resto chi mi vietava di farlo? 

Esatto, il mio ragazzo era un membro del SOTUS. 

[*NT: Il SOTUS è un’organizzazione studentesca della facoltà di ingegneria in Thailandia, le sue iniziali significano: Seniority, Order, Tradition, Unity, and Spirit.]

Mark era un Hazer* ed era bello. Mi fidavo di lui, ed ero certo che dicesse di avere già un marito.

[*N/T: Un Hazer è un membro del SOTUS.]

«Mark è molto bello.» disse Kampan, ingrandendo l’immagine dove era stato taggato il suo amico.

«Sì lo è veramente, a tal punto che riesce a oscurare una persona come me, che sono la Luna dell’Università.» aggiunse Fuse.

«Tu sei il passato.» replicò Kam.

«Sì, ma in passato Mark non era bello come adesso.» 

Era esattamente così, per questo motivo ero certo che più a lungo qualcuno studiasse ingegneria, più sarebbe diventato bello. In passato, quando flirtavo con lui, era una novità. Due anni fa avevo corteggiato e desiderato Mark, ma non era bello come adesso. Lo volevo e non era stato così complicato averlo, neppure lo scorso anno ero così possessivo con lui. Anche prima aveva un bell’aspetto, come avevo fatto ad accettare di lasciarlo mezzo nudo a nuotare in piscina?

«Ha già catturato gli occhi di tutte matricole.» 

«Stanno cercando di intromettersi nel vostro rapporto già solo guardandolo.»

Già vederlo nella sua uniforme del primo anno, che lo faceva sembrare così bello, mi metteva di malumore. Durante il secondo anno era diventato sempre più affascinante per non parlare del terzo. Il mio ragazzo era da sempre molto bello perciò non era strano che le persone lo avvicinassero, era del tutto normale anche che la mia gelosia aumentasse sempre di più. Era da pazzi essere possessivi fino al punto di rifiutarsi di cercare un lavoro, cosa che fece desiderare a mio padre e mio fratello maggiore di togliermi dallo stato di famiglia.

In verità però, avevo terminato gli esami solo da pochi mesi e non avevo ancora conseguito la laurea. Avevo detto a mia madre che avrei voluto prendermi un po’ di tempo per riflettere e riposare a lungo. Era la verità. Le avevo detto anche che avrei voluto restare ancora per un po’ con Mark. Se avessi finito il mio percorso di studi e avessi trovato immediatamente un lavoro, avevo paura di non riuscire a essere nei paraggi, con il timore che se fossimo stati lontani l’uno dall’altro non avremmo più avuto la possibilità di vederci.

«Ehi, chiunque cerchi di guardarlo vedrà che per lui esisti solo tu.»

«Tornerei volentieri nella nostra stanza… ma chi gli ha dato il permesso di fare quella faccia carina, dannazione! Ci risiamo, come faccio a lasciar perdere?» borbottai mentre guardavo quei bellissimi occhi.

«P’YiWa e P’Neua sono in ritardo.» Alle parole di Fuse mi voltai di scatto verso di lui.

«Per cosa sono in ritardo YiWa e Neua? È tardi e Bar non ha ancora fatto niente.» mormorai.

«Come Luna, devi fare il tuo dovere per tutti.»

«In questo momento vivo ogni giorno per P’Ana.» Roteai gli occhi nel sentire la conversazione tra quei due amici intimi, quella bella Luna che sorrise alle parole del suo amico.

«È lo stesso anche per me.» intervenni.

«Non è lo stesso Phi. Devi lavorare per guadagnare soldi e prenderti cura di tua moglie. Se continui così, limitandoti a guardarlo, allora come avrà da mangiare?»

«Io…»

«Tu cosa?»

«Può mangiare me.»

«Oh, allora se è di te che si sazierà, il mio amico avrà sicuramente la pancia piena e probabilmente diventerà grasso come un maiale e non sarà più così in forma e provocante come è adesso.»

«Provocante… cosa?!» imprecai contro Fuse, prima di voltarmi a guardare Mark.

Prima non aveva così tanti muscoli, ma adesso erano molto visibili sia sulle braccia, sia sul petto che sull’addome. Non si trattava nemmeno dei muscoli in sé, ma del fatto che era provocante, proprio come diceva Fuse. Accidenti a me e alla gelosia che ancora mi rendeva una persona sensibile alle sue provocazioni. Mi piaceva quando Mark cercava di nascondersi ai miei occhi per non mostrare il suo corpo. Mi piaceva che fosse così in forma e ben messo, ma guardandolo ora, avrei voluto che tornasse a essere quel ragazzo magro del primo anno, quello che nuotava e basta senza cercare di fare di più. O forse avrei voluto che diventasse flaccido e sovrappeso in modo da essere solo mio?

«Più i suoi capelli diventano lunghi, più diventa carino.» Sì, ero d’accordo, anche se non sapevo perché. I suoi capelli erano più lunghi, sia davanti sulla frangia sia dietro dove scendevano leggermente lungo il collo; ma invece di tagliarli e farli sembrare belli come prima, li lasciava crescere affermando di non avere tempo per andare dal parrucchiere perché, anche prima dell’inizio del semestre, era stato impegnato con me. Questo era quanto, ma sembrava ancora così bello e mi piaceva molto; quando usciva in questo modo attirava l’attenzione, non importava da dove lo si guardasse, era sempre attraente. Era una persona normale o no? Dato che più invecchiava più diventava carino, io non potevo fare altro che diventare ancora più possessivo. Dovevo prendere una decisione, se cercare un lavoro o vegliare su Mark. Avevo scelto di vegliare su di lui.

«Perché sei così distratto?» mi chiese Mark.

«Ero con la testa tra le nuvole perché ti stavo guardando.» risposi dolcemente guardandolo. Mi lanciò uno sguardo feroce prima di sedersi accanto a me.

Quelli del primo anno, uno dopo l’altro, se n’erano andati e io non avevo idea di quando avesse finito con l’attività, ma Mark era già accanto a me, ero stato così stato distratto…che non l’avevo nemmeno lodato.

«Non è finita. Ho ancora una riunione.» replicò prima di cercare qualcosa nella borsa.

«Che cosa stai cercando?»

«Il mio telefono.» Tirai su la borsa e cercai il telefono prima di passarglielo.

«Quando finirà?»

«Forse entro le 22.»

«Quindi finisci per le 22 o no?» Strinsi il telefono non avendo ottenuto una risposta chiara.

«Perché ti comporti in modo scortese? Potrebbero essere le 22, o più tardi, dipende da quanto dura l’incontro.» spiegò.

«Non ti ho mai visto venire qui così presto Phi.» Alzai ferocemente gli occhi verso Fuse. Aveva mai fatto il tifo prima? 

Anche i senior membri del SOTUS dovevano fare delle riunioni. Fuse non aveva dovuto supervisionare sua moglie mentre faceva incontri del genere, io lo sapevo ed era frustrante, volevo solo che finisse velocemente.

«Anche voi ragazzi lo siete. Non parlate mai bene.» disse Mark a Fuse, mentre gli altri due cominciavano a fare gli zaini.

«Allora lascerai davvero P’Vee da solo?» chiese Kam.

«Vieni anche tu? Siamo solo noi.» Quello che voleva dire era che c’erano persone che già conoscevo e che conoscevano me.

«No, non voglio farti sentire a disagio!» risposi.

«Allora mi aspetterai?»

«Sì, dovresti sbrigarti e andare.»

«E se finiamo tardi?» domandò Mark.

«Mi avevi detto che avreste finito per le dieci di sera.» replicai. La mia voce suonò un po’ dura, ma mi aveva detto quell’ora, come poteva essere tardi?

«Giusto.»

«Sì? Allora sbrigati e vai.»

«Vai ad aspettare in macchina, ok?» mi disse Mark.

«Cosa c’è che non va in te? Non posso aspettare qui?» chiesi.

«Sì, dipende da te.» rispose con aria confusa prima di accompagnare il suo amico e lasciarmi lì. Non era certo la prima volta che restavo lì ad aspettarlo seduto da solo, di cosa era così preoccupato?

«Il ragazzino laggiù ti stava guardando. È per questo che vuole che tu vada ad aspettare in macchina.» disse Kam, spingendomi a guardare dall’altra parte. Alzai le sopracciglia e li guardai come se non ci credessi, lo strano nong annuì in risposta.

«Oh!» Non ero bello come una volta, ma mia moglie continuava a essere possessivo nei miei confronti.

«Allora cosa scegli di fare?» chiese Kam.

«Vado ad aspettare Mark in macchina.»

Mark ed io stavamo insieme già da più di un anno. Se contiamo da quando avevamo iniziato una relazione seria, non ero sicuro se fossero passati uno o due anni, ma conoscevo Mark dal suo primo anno, e da allora si era fatto amare così tanto che adesso non riuscivo più a non farlo.

In passato non ero stato chiaro, il ché ci aveva fatto litigare e arrabbiare molto l’uno con l’altro. C’erano state molte complicazioni anche per quanto riguardava i nostri genitori. 

Avevamo ancora delle discussioni perché Mark era una persona molto affascinante, mentre io conoscevo molte persone. 

Allora, qual era il motivo per cui litigavamo? Beh, non c’era un terzo incomodo di mezzo, era solo che diventavamo molto gelosi l’uno dell’altro. Questo era tutto.

Ma proprio per questo non lo sopportavo. Non ero mai stato così possessivo nei confronti di qualcuno, ma con Mark non avevo fiducia. In realtà non era lui il problema, ma le persone che lo guardavano, non mi fidavo di loro. Anche se sapevano che lui stava con me, erano comunque molto audaci. 

Non ero così male, ero bello e amavo molto Mark, però se avessi dovuto competere di nuovo con qualcun altro per lui, cosa avrei avuto da offrire in quella lotta? Era per questo che dovevo fare tutto il possibile per mantenere il mio massimo assoluto.

Tutto quello che potevo fare era continuare a vegliare su di lui, o forse avrei potuto rinchiuderlo.

«Perché non hai aspettato in macchina?» disse mentre camminava verso di me.

«Sei stato lento.» Alla fine avevo dovuto aspettare le 22.30 per vedere la sua faccia e non le 22 come aveva detto. 

«Le zanzare non ti mordono se stai seduto qui in questo modo?» Alzai lo sguardo con un’espressione supplichevole verso la persona che parlò in quel modo. Proprio lì non c’era nessuno tranne Mark e me, perciò nessuno tranne lui, poteva vedere quel tipo di faccia.

«Anche tu sei preoccupato per me?»

«Sono molto preoccupato per te, ma è anche mio dovere.» spiegó prima di raggiungermi. Allungai una mano per prendere la sua, lasciando che mi tirasse su lentamente dal marciapiede.

«Quel giorno avrei dovuto oppormi a te.» Non potevo dare la colpa a nessuno di tutto questo, se non a me stesso. Mark era venuto da me e dopo avermelo chiesto mi aveva lasciato prendere la decisione. Mi aveva chiesto se fosse una buona idea partecipare alle attività una volta arrivato al terzo anno e io gli avevo detto che sarebbe stato davvero bello farne parte, perché le attività del terzo anno erano fantastiche, erano molto variegate e offrivano molti vantaggi, quindi allora era stata una scelta facile.

Se quel giorno non ci fossero state le attività, sarei uscito a bere? E se non l’avessi fatto, sarei stato con Mark? Le attività aiutavano a fare amicizia, a essere più socievoli ma avevo dimenticato che la personalità del mio ragazzo poteva essere molto affascinante.

Chiunque lo incontrava si perdeva in lui, svolgeva le attività solo da due settimane, e riceveva già troppi messaggi LINE per poterli contare. Quelle persone non sapevano che aveva già un fidanzato? Avevamo festeggiato il nostro anniversario non molto tempo prima.

«Non puoi più lamentarti.» mi disse, quindi annuii. 

«Hai fame?»

«Voglio mangiare il porridge.»

«Se è così allora andiamo.»

Facevo sempre ciò che voleva Mark perché non mi era mai dispiaciuto. Andammo al Central, un centro commerciale pieno di ristoranti e negozi che vendevano articoli a prezzi abbordabili per gli studenti. Era per questo che eravamo andati lì, inoltre non era molto lontano dall’università, il che significava che non era lontano neanche dai dormitori.

«Cosa mangerai?» Mark si voltò a chiedermi prima di scendere dall’auto.

«Mi va bene qualsiasi cosa.» risposi.

«Voglio dire cosa vuoi mangiare?» si girò per guardarmi dall’altro lato della bella macchina che ci separava, quando vidi la sua faccia provai l’impulso di prenderlo in giro. Sapevo che era preoccupato e sapevo che voleva prendersi cura di me, mi piaceva però farlo irritare.

«Voglio mangiare te!» risposi con calma fissandolo.

«Vai a mangiare il porridge.»

Ero al negozio Congee in attesa del porridge di maiale senza zenzero che sapevo gli piaceva mangiare. A quell’ora, c’erano molte persone in giro, perché gli atleti terminavano il loro allenamento e quindi anche loro si riunivano lì. In passato anche io facevo lo stesso, dopo gli allenamenti, con i miei amici venivamo qui e mangiavamo, poi tornavamo a casa e facevamo una doccia per poi andare altrove. 

Ma ormai dove dovevo andare? Con Mark mi andava bene anche solo tornare in stanza.

«Porridge di maiale e porridge di zampe di gallina.» esclamarono dal ristorante quando l’ordine fu pronto per il ritiro. 

«Grazie.» Presi la ciotola di Mark, prima di posizionare anche il suo frullato preferito di fronte a lui. Nel vederlo il mio bel ragazzo si accigliò, sapevo che si sarebbe lamentato.

«Perché me l’hai portato? Sarei andato a prenderlo io stesso in un minuto, ti ho detto che non è necessario trattarmi in questo modo.» disse ferocemente prima che si avvicinasse e prendesse la mia ciotola. Tutto quello che avevo potuto fare era stato seguirlo, sedermi e aspettare.

Non volevo farlo sentire come se fosse una ragazza, non avevo mai pensato di trattarlo in quel modo; tutto quello che facevo era perché era il mio ragazzo, non era una cosa normale da voler fare per il proprio fidanzato? Era irrilevante che fosse un uomo o una donna, non lo portavo in giro come se fosse una ragazza, non lo consideravo come tale e tutto quello che facevo era solo perché era il mio ragazzo.

Come tutte le persone impegnate in una relazione.

«Volevo solo farlo per te.» spiegai quando mi mise la zuppa davanti al viso, mi guardò ma non disse niente, si sedette solo di fronte a me.

Sospirai quando lui continuò a tacere, ripresi anche a mangiare tranquillamente il mio cibo. Non volevo arrabbiarmi o preoccuparmi troppo per quel problema, ma non potevo fare a meno di pensare a come mi sentivo. Non spiccicammo parola e io non sapevo cosa dire. Potevo solo continuare a mangiare il mio cibo, mordicchiare le ossa finché non perdevano il loro gusto, sollevando poi silenziosamente il bicchiere di succo di anguria per prenderne un sorso e sciacquarmi la bocca.

Mark bevve solo acqua perché, in quel momento, cercava ancora di prendersi cura del suo corpo. Non potevo fare a meno di essere infastidito ancora una volta perché andava già bene così com’era, allora perché voleva essere ancora meglio?

Quando finimmo di mangiare, raccogliemmo i piatti come al solito e mentre passammo davanti al tavolo dei ragazzi di ingegneria, alzarono le mani per rendere omaggio prima a Mark e poi a me, ma nessuno disse niente oltre al semplice saluto, perché probabilmente percepirono l’umore che si diffondeva tra noi. Salutammo appena di rimando prima di proseguire in silenzio. 

«Mi dispiace.» mi fermai vicino alla macchina quando sentii Mark pronunciare quelle parole. Mi voltai a guardarlo, era lì in piedi, e non potei fare a meno di chiedere: «Riguardo a cosa?»

«Riguardo a quello che è successo adesso.» rispose.

«Riguardo a quello che è successo? Perché ti dispiace?» chiesi nuovamente.

«Beh, ti ho rimproverato.» 

«Beh, va bene perché ho fatto qualcosa che non ti è piaciuto.» replicai senza ammettere di esserne stato turbato, perché se lo avessi fatto, allora ci sarebbe stato male e non potevo permetterlo. Volevo prendermi cura di lui in quel modo, ma se lui non voleva che lo facessi, allora potevo farlo in altri modi.

«No.» disse avvicinandosi a me. La sua bella mano si aggrappò alla manica della mia camicia come ogni volta che mi implorava di fermarmi ad ascoltare; si comportava in modo simile anche quando cercava di riconciliarsi con me.

«Perché stai tirando?»

«Non è che non mi piaccia.»

«Allora perché non me lo lasci fare?»

«Perché ho paura.»

«Di cosa?»

«Che mi faccia sembrare una donna.» I suoi bellissimi occhi mi guardarono e sospirai quando capii i suoi sentimenti.

«Ascolta, Mark, lo faccio perché sei il mio ragazzo, non perché voglio trattarti come una donna; ma voglio trattarti come un qualsiasi partner dovrebbe essere trattato. Sei il mio ragazzo, il ché significa che devo trattarti nel miglior modo possibile, capisci?» gli spiegai incrociando il suo sguardo prima che potesse evitarlo velocemente, quindi lo abbassò e annuì.

«Si.»

«Come posso pensare che sei una donna quando sei bello in questo modo?» dissi posandogli la mano sulla testa.

«Basta prima che la gente ci guardi.»

«Hai paura?»

«No.»

«Timido?» chiesi cercando di trattenere il mio sorriso. Anche da molto lontano YiWa sarebbe stata in grado di riconoscere la condizione in cui ci trovavamo adesso.

«Torniamo indietro.» disse Mark, la sua mano che prima teneva la mia maglietta, ora invece afferrava la portiera.

«Perché sei da questa parte? Guido io.» dissi alzando le chiavi della macchina perché potesse vederle.

«Sì, apri la portiera.» rispose prima di tornare dall’altra parte, perciò premetti il pulsante di sblocco.

«Devo venire ad aprirla per te?»

«Molto divertente. Muoviti, sono stanco.»

«Pensi che riuscirai a dormire?»

«Ho intenzione di andare a dormire.» disse cupamente mentre saliva in macchina. Scossi semplicemente la testa per via dei suoi modi, prima di aprire silenziosamente la portiera e saltare dentro.

Mark non era timido come gli altri. Quando diventava timido non era fastidioso come Bar con Kan, oppure carino come Praram con Neua, non era timido per poi sorridere dolcemente come P’Ana con Fuse. Quando Mark diventava timido, era calmo, tranquillo e cambiava argomento, cosa che io trovavo terribilmente carina. Il dolce sorriso di Praram che Neua amava vantare… beh, potevo affermare che il mio fidanzato era molto più dolce.

Non era dolce solo per via del suo sorriso, ma tutto di lui lo era.

«A che ora devi alzarti domani?» chiesi una volta arrivati ​​in camera.

Quella era la stessa stanza del dormitorio, lo stesso edificio di anni fa, la stessa porta a cui una volta mi ero appoggiato per piangere, lo stesso divano su cui una volta mi ero seduto e l’avevo baciato, lo stesso letto in cui una volta avevo dormito e l’avevo abbracciato. Ora potevo abbracciarlo ogni notte, baciarlo ogni giorno e sorridergli dolcemente ogni mattina prima di vederlo andare a lezione. Era tutto uguale a prima, ma in quel momento era molto meglio.

«Alle 9 del mattino.»

«Non vai ad allenarti?»

«No, vado a nuotare la sera.» sospirai nel sentire il nome di quello sport.

«Perché non hai giocato a calcio come me fino al diploma.» borbottai contrariato.

«E togliermi la maglietta come facevi tu?»

«Mi sono tolto la maglietta solo alcune volte, ma con il nuoto…» dissi guardandolo dappertutto.

«Che cosa?»

«Sono possessivo. Veramente possessivo.» spiegai prima di avvicinarmi per afferrarlo per la vita portandolo vicino, dopo appoggiai la mia fronte sulla sua spalla.

Altri avrebbero potuto pensare che fossi ridicolo, forse pensavano che le mie azioni fossero esagerate quando mi comportavo in questo modo apertamente. Beh, avevo solo lui, quindi perché non avrei dovuto essere possessivo e preoccupato per lui? Lui era il mio uomo, il suo corpo mi apparteneva, anche il suo cuore. 

Quindi sì, ero possessivo e vuoi sapere perché?

Qualcuno che non è mai stato veramente innamorato non potrebbe capire.

«Lo so già questo. Non mi sono mai comportato male.» disse, mentre le sue belle mani mi avvolgevano lentamente la schiena prima di salire fino alla parte posteriore del collo. Spostò le mani nei miei capelli, massaggiandoli delicatamente mentre lo stringevo gradualmente nel mio abbraccio, tirandolo più vicino.

«Sono geloso di ciò che mi appartiene!» dissi baciandogli la spalla attraverso la camicia.

«Allora cosa sto facendo?» mi chiese spingendomi via delicatamente in modo da poterlo guardare in faccia. Sospirai, non sapendo come rispondere alla sua domanda.

«Non devi fare niente per farmi ingelosire.»

«Molto divertente.» rispose sorridendo un po’.

«Cosa?»

«Cosa sto facendo che ti fa sentire così ansioso?» chiese di nuovo, ma mi limitai a scuotere la testa.

«Non c’è niente. Mi fido di te, e non hai fatto niente per farmi dubitare di questo.» replicai.

Mark era ancora il mio Mark, proprio come lo era un tempo. La gente diceva che era promiscuo, gli amici dicevano che avesse molti nong; ma quello era il passato. Mark era sempre il mio Mark e se mi avessero chiesto cosa mi avrebbe potuto far dubitare di lui, non avrebbe avuto alcuna importanza, ero sempre geloso e veglio su di lui quasi ogni giorno, quindi il sospetto era comprensibile.

«Penso che tu stia dubitando di me ed è per questo che mi segui in questo momento.» spiegò.

«No, non lo faccio, voglio solo stare con te ancora un po’.» Non è che non pensassi al futuro, ero un adulto e avrei dovuto iniziare a pensare a guadagnare soldi per prendermi cura di mia moglie e di mia madre. Stavo solo aspettando ancora un po’. Se fossi andato a lavorare, probabilmente non avrei avuto tempo per stare con Mark in questo modo. Probabilmente non sarei stato in grado di vederlo fare le sue attività, o vederlo con i suoi amici o con i suoi nong. Volevo solo stare con lui ancora un po’ prima di dover andare a lavorare sodo.

«Quando lavorerai potremo ancora incontrarci, giusto?»

«Sì ma non sarò libero di seguirti, e quindi per ora non voglio farlo.» risposi.

«Che sfortuna.» disse schiaffeggiandomi dolcemente la guancia.

«Tra un momento, ti farà più male di una guancia schiaffeggiata.» dissi prima di afferrargli il polso.

«Non ho paura.» rispose cercando di prendere il sopravvento. Era molto bravo a provocarmi, e in quel momento volevo davvero mangiarlo, volevo prenderlo e spingerlo giù proprio lì.

«Mi stai provocando.»

«Non l’ho mai fatto.»

«In tal caso lo prenderò sul serio.» gli dissi, afferrandogli la vita ancora una volta.

«Basta, mi faccio una doccia.» concluse spingendomi via e voltandosi verso il bagno senza interessarsi minimamente di guardarmi.

Tutto il tempo.

Gli piaceva fare questo, provocarmi, e poi scomparire ogni volta. Scossi la testa, prima di avvicinarmi per prendere dell’acqua fredda da bere e cercare di sbarazzarmi del calore che avevo in tutto il mio corpo. Specialmente quando Mark si era tolto la maglietta e poi si era voltato a sorridermi, facendomi eccitare ancora di più, anche perché l’aveva tolta così lentamente prima di girarsi. 

«Hai intenzione di sbrigarti e di toglierti i vestiti per fare la doccia, o devo toglierteli io così possiamo andare a fare un bagno?» chiesi guardandolo appoggiato alla porta della camera da letto. «Ti permetterò di mandarmi a fare il bagno.»

«Bambino cattivo.» imprecai prima di avanzare verso di lui, l’acqua fredda non aveva aiutato affatto.

Gli afferrai la vita, prima di unire le nostre bocche e baciarlo, alzò la testa per riceverlo, eppure ogni volta che ci baciavamo, i sentimenti non erano gli stessi. Continuavano ad aumentare a seconda dei problemi che riscontravamo giorno per giorno. Premetti la mia bocca sulla sua stringendoci insieme. Non c’era spazio tra di noi due mentre ci scambiavamo i respiri, senza fretta.

Non avevo fretta, ma faceva ancora molto caldo.

«Puoi non lasciarmi addosso dei segni, domani devo nuotare.» disse debolmente vicino alla mia guancia, seguendo subito dopo con un bacio morbido. Io annuì semplicemente, anche se volevo mordere il suo intero corpo.

«Non sarò irruento.» acconsentii baciandogli di rimando le guance, facendolo annuire in risposta.

«Puoi essere la mia persona gentile?»

«Mi hai provocato così tanto.» sgusciai via, prima che lui sorridesse, e mi fece scivolare le braccia intorno al collo, portandomi alla sua altezza per un altro bacio. Ci baciammo davanti all’armadio, e accanto al letto, potevo presumere che Mark non avrebbe chiuso occhio fino a che non si fosse fatto tardi.

Non sapevo se fosse più forte il suono dei nostri baci, o il suono del condizionatore d’aria,

perché in quel momento tutto quello che potevo sentire era il suono del mio cuore che batteva così forte ogni volta che Mark mi baciava. La sua lingua calda entrò nella mia bocca scontrandosi con la mia, le sue labbra morbide che si incollarono contro le mie e non volevano mollare. Ci baciammo a lungo prima di decidere di allontanarci lentamente.

La sua bella bocca premette di nuovo nell’angolo della mia, e ancora una volta mi zittì a causa delle sue azioni. Ero tranquillo perché trascinava le sue labbra lungo la mia guancia, prima di mordermi delicatamente il lobo dell’orecchio.

«Non provoco mai.» disse accanto al mio orecchio: «Io faccio sul serio.» 

Avevo detto che probabilmente quella sera Mark sarebbe andato a dormire tardi, ma in realtà sapevo che, non avrebbe dormito per tutta la notte.

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