A TALE OF THOUSAND STARS – CAPITOLO 12

La scuola ricostruita aveva le stesse dimensioni della precedente, ma aveva una struttura più robusta, migliorata, e sembrava più grande. I soldati e alcuni abitanti del villaggio, liberi dai loro lavori nei campi, stavano fissando diligentemente il tetto di paglia sotto il sole pomeridiano e implacabile. Tian si asciugò le gocce di sudore sulla fronte a causa del caldo, anche se era seduto sotto il baldacchino lussureggiante. Era ancora dolorante, quindi non poteva fare molto, così stava solo legando il mucchio di paglia con il sergente Yod.  

La scuola era quasi completata, ma dovevano ancora aspettare l’arrivo del materiale scolastico dalla fondazione a Bangkok. Khama Bieng Lae aveva detto a Tian che sarebbero stati fortunati se avessero ricevuto la scorta prima del nuovo anno, ma se la fortuna non fosse stata dalla loro parte, avrebbero dovuto aspettare altre due settimane per ottenere il tutto.  

Tian non vedeva l’ora di ricominciare ad insegnare a i suoi allievi e chiese al severo capitano di partecipare ancora una volta alla gara di aquiloni. 

Tian continuava ad avvolgere la paglia in fasci per poi legarli a un’anima di bambù come gli aveva insegnato il sergente Yod, ma era depresso. Avrebbe dovuto chiedere più medicine al dottore. Il suo nuovo cuore non mostrava segni di resistenza al suo nuovo corpo. Forse avrebbe potuto prendere i farmaci meno frequentemente, così da farli durare fino alla metà del mese prossimo.  

La sera, dopo che gli altri abitanti del villaggio e i soldati venuti in aiuto nella ricostruzione se ne erano già andati, solo due ranger rimasero di guardia fuori la casa dell’insegnante.  

La forma sottile di Tian si era chinata e stava frugando tra gli oggetti sopravvissuti all’incendio nella scuola incompiuta finché non trovò quello che stava cercando. Afferrò un chiodo e raccolse un martello. Si arrampicò su un piccolo armadietto che gli arrivava alla vita per mettere il chiodo su un palo sotto una trave di bambù. Appese il calendario che portava l’immagine del re Bhumibol, bruciato in un angolo, in modo che i suoi studenti ricordassero alzando lo sguardo, poi si voltò lentamente a guardare la sua classe dall’alto, pensando al tempo in cui vi aveva insegnato e giocato con i suoi alunni. Tian non credeva che sarebbero potuti diventare così vicini in soli due mesi.  

Non voglio andarmene.  

Quindi, quello che doveva fare era provare, non importava quanto fosse rischioso, a rimanere lì il più a lungo possibile. 

Dalla resa dei conti con i taglialegna illegali giorni prima, i ranger avevano fatto a turno per proteggere il temerario insegnante volontario 24 ore su 24, 7 giorni su 7. Stavano di guardia anche di notte, intorno alla sua capanna, preoccupati che gli scagnozzi di Mr.Sakda potessero tornare per vendicarsi. Tian si separò dai due ranger quando raggiunse la strada verso il suo alloggio. Una volta che si fu avvicinato, notò un movimento all’interno della sua casa e il suo cuore rabbrividì. Avrebbe dovuto chiedere ai due soldati di camminare con lui finché non avesse raggiunto le scale! Tian cercò un tronco secco di buone dimensioni da usare come arma e lentamente salì le scale e gridò: «Chi è là?»

Non avendo avuto nessuna risposta, fece capolino per dare un’occhiata. Il tronco gli cadde di mano e allarmato si lanciò in avanti contro quel qualcuno.  

«Capitano!!»  

Si fermò di fronte all’uomo alto che portava ancora il gesso al braccio destro con una fascia intorno al collo. Il viso intenso, scuro e bello sembrava ancora cinereo, eppure il capitano era molto più in forma rispetto al giorno precedente. Le labbra spesse, nascoste in un debole sorriso beffardo, cancellarono il sorriso dal viso di Tian.  

«… Come mai sei uscito dall’ospedale così presto? Pensavo che ci sarebbero voluti ancora alcuni giorni.» Tian passò gli occhi sulla ferita che non era coperta dalla fascia, preoccupato.  

«Ho ancora un lavoro in sospeso.» La voce bassa del capitano sembrava quasi robotica.  

«Con i taglialegna illegali?»  

Il capitano Phupha fissò gli occhi castani scintillanti del giovane, ma i suoi occhi erano vuoti.  Si avvicinò alla finestra e guardò fuori senza meta. Il ricco ragazzo aggrottò la fronte, sapendo che qualcosa dentro il capitano era cambiato. Era come se…fossero dei semplici conoscenti. Prima di poter chiedere, però, l’alto ufficiale parlò: «Ti stai divertendo qui?»  

«Che cosa?» sbottò Tian, perplesso. «Capitano, stai bene? Hai avuto un trauma cranico?»  

Phụpha non disse una parola. Dopo una lunga pausa, si voltò lentamente verso il giovane.  

«Se ti sei divertito abbastanza, torna a casa.»  

«Quale divertimento? Non capisco …» 

«Non rendere tuo padre più preoccupato di quanto non lo sia già.»

Quell’unica frase suonava come una maledizione che lo trasformò in pietra. Padre? Tutti i punti si collegarono. Tian chiuse le mani a pugno e strinse i denti. «Conosci mio padre?»  

Il giovane capitano trattenne le sue parole per un millisecondo prima di rispondere con una voce semplice e priva di emozioni: «Tuo padre una volta era il mio sovrintendente.»  

«Quindi hai ricevuto l’ordine di tenermi d’occhio, è così?!» Tian esplose mentre gridava all’uomo che stava fermo come una statua, il suo cuore fremette di dolore e di delusione.  

Phupha annuì semplicemente; sul suo viso l’immagine di una profonda stanchezza per tutto il caos che era accaduto. «Pensavi che un soldato come me avesse abbastanza tempo libero per insegnare a qualcuno come far bollire l’acqua o lavare i vestiti?»  

La fredda indifferenza irradiata dal capitano ferì più delle sue parole taglienti. Tian strinse le labbra mentre fissava Phupha, cercando di trovare la verità nella fessura più profonda del suo cuore. Era come se l’altro uomo si fosse trasformato in un perfetto estraneo.  

«Stai dicendo che senza quell’ordine non mi avresti prestato attenzione?»  

«Si, hai capito bene.»  

Quando il capitano finì le sue parole, Tian prese a calci una bottiglia d’acqua di plastica lì vicino e la mandò contro il muro di bambù dove si trovava il suo “custode”.  L’acqua nella bottiglia schizzò sul viso del capitano.  

L’ex farabutto si lanciò contro il capitano e gli afferrò la maglietta. Tian ribolliva di rabbia e gridò: «Quindi ora hai l’ordine di riportarmi indietro e sei qui per finire il tuo lavoro! Che bravo soldato sei!»  

«Tian, lasciami andare.» Phupha stava cercando di mantenere la calma per spegnere la ferocia dell’uomo più giovane, ma ebbe l’effetto di gettare altro olio sulla fiamma.  

«Non ti lascerò andare, idiota! Non sei altro che un bugiardo!» Più Tian parlava, più la sua voce diventava impercettibile… distrutta dai singhiozzi. «Stai dicendo che tutto quello che hai fatto sono solo bugie?» Tian chiuse gli occhi che bruciavano per la rabbia mentre il dolore gli stringeva il cuore.  Premette la fronte contro il petto ampio e solido che un tempo lo aveva protetto, mentre la forza lasciava il suo corpo.  

Cosa ci sta succedendo adesso?  

Il capitano Phupha fissò la forma snella con il cuore in frantumi. Tutto quello che voleva fare era trattenere il giovane lassù. Eppure, mentre pensava al futuro radioso che attendeva Tian, le sue due mani ruvide, segnate dalle avversità, dovettero lasciar andare il ragazzo.  

Siamo solo… troppo diversi.  

Era ora di riportare l’altro uomo nel suo mondo. Phupha fece un respiro profondo, cercando di raccogliere la forza necessaria per schermare il suo cuore sanguinante.  

«Sei venuto qui per colpa di qualcuno, vero?»  

Il ragazzo di città alzò lo sguardo. Le sue sopracciglia si aggrottarono in un profondo cipiglio  di pura paura: «Di chi parli?»  

«La ragazza del diario.» Phupha lanciò un’occhiata al libro pastello che era stato tolto dallo zaino e messo sul materasso. «Conosco la verità. Non devi più mentire.»  

Come osi rovistare tra le mie cose!  

Tian spinse via con violenza l’altro uomo; le sue labbra tremavano mentre calde lacrime sgorgavano dai suoi occhi arrossati. «Io…io non ho mai mentito!»  

«Ma non mi hai nemmeno mai detto la verità.»  

«Che verità vuoi?!» gridò Tian a pieni polmoni. «La verità che Thorfun era il mio donatore?! La verità che sono stato posseduto dall’idea di vivere in questo luogo difficile, su una collina proprio come aveva fatto lei?! Cazzo!» Tian colpì il muro di bambù e l’intera capanna tremò. Era esploso, sapendo che erano arrivati ​​al punto di non ritorno.  

Gli occhi scuri e intensi del capitano brillavano luminosi. Strattonò la mano sottile che aveva colpito la capanna. «Stai dicendo che un uomo ricco come te si è svegliato un giorno con l’impulso di fare qualcosa per i poveri? Smettila di prendermi in giro! Il tuo gioco è finito. Fai le valigie e domani il sergente Yod ti porterà all’autobus nella stazione.»  

Le parole attraversarono il cuore di Tian, provocandogli una fitta al petto. Sì, all’inizio c’era stata la curiosità di vedere un mondo diverso dal suo, poi era stata pura testardaggine nel sopravvivere lì. Ma tutto quello che aveva fatto per quel villaggio…fino a quel momento, il legame che aveva sviluppato con quel luogo e quelle persone, nato in fondo al suo cuore.  Se quello non era un forte e sincero legame, che altro avrebbe potuto essere?  

«Me ne vado, ma non domani!»  

Tian si liberò del polso che lo tratteneva e si asciugò il moccio sulla punta del naso. «Mi è dispiaciuto per Thorfun, che sia morta in un così tragico incidente. Il suo cuore mi ha dato una nuova vita. Se hai letto il suo diario, devi aver letto il suo ultimo desiderio.»  

Il viso di Phupha si incupì. «Vuoi …» 

Prima di finire la frase, il giovane testardo ringhiò. «Tutto quello che chiedo sono altri cinque giorni! Da oggi fino alla fine dell’anno.» Tian fissò gli occhi duri del capitano. «Il tuo ultimo dovere è aspettarmi lì a mezzanotte.» Si batté con la mano la parte sinistra del petto come promessa al cuore pulsante. «E poi la porterò via da qui.»  

Tutti i suoi sensi si offuscarono. Dovergli dire addio l’indomani sarebbe stato come squarciargli il cuore e farlo morire dissanguato in un colpo solo. Contare i giorni, però, prima della loro separazione si rivelò una morte lenta e dolorosa. 

Le labbra di Phupha si strinsero in un sorriso triste, dispiaciuto per se stesso. Cos’altro poteva fare se non annuire d’accordo?  

«Così sia.» Tian alzò il mento in segno di sfida; la sua faccia era ancora dipinta di deboli lividi e gridò: «Non voglio più vedere la tua faccia. Fuori dalla mia vista!»  

Il capitano Phupha respinse le sue emozioni e si voltò, andandosene senza voltarsi indietro.  Il sole stava svanendo dall’orizzonte vicino alla cresta della montagna, facendo scendere la temperatura a un livello agghiacciante. Il capitano continuò a camminare come un corpo senz’anima prima di fermarsi alla vecchia motocicletta che aveva parcheggiato vicino a un alto albero. L’ufficiale si accasciò in ginocchio mentre ogni briciolo di forza abbandonava il suo corpo. Fissò le mani che avevano asciugato le lacrime dal viso del ragazzo, quello che non aveva potuto nemmeno toccare quel giorno.  

«Voglio che tu resti… qui…» Per sempre.  

La sua flebile e profonda voce venne spazzata via dal vento freddo e spietato. Dopo tutto il percorso fatto per raggiungere il cuore di qualcuno, quel cuore si era chiuso davanti a lui.  

Più tardi nel pomeriggio, Khama Bieng Lae portò una scatola di acciaio inossidabile alla capanna dell’insegnante volontario, sul suo volto era dipinta una profonda preoccupazione per il giovane. Tian non aveva lasciato la sua capanna per due giorni. Quando era andato a trovarlo, aveva trovato il ragazzo raggomitolato sotto la coperta con uno sguardo angosciato sul viso. Tutto quello che il giovane gli aveva detto era che non si sentiva bene e voleva riposare. Toccava a malapena i pasti cucinati dalla moglie. Bieng Lae decise che se Tian quel giorno non si sentiva ancora meglio, lo avrebbe portato in città da un dottore.  

Finalmente tutti i suoi dubbi trovarono una risposta quando il sergente Yod, che stava pattugliando la zona, si era fermato per parlargli. Aveva appreso che l’insegnante se ne sarebbe andato dopo la fine dell’anno. Chiese come mai l’insegnante non avrebbe completato il suo mandato di tre mesi, ma non ebbe risposta.  

Inoltre, il capitano Phupha non si era più trovato da nessuna parte dopo il giorno in cui era stato dimesso dall’ospedale ed era arrivato in fretta al villaggio.  

… Forse hanno litigato.

«Kru Tian …» chiamò Bieng Lae davanti alla capanna. Quando non ottenne risposta, si prese la libertà di salire le scale e trovò vestiti sparsi in tutta la capanna, con l’uomo più giovane seduto, con le ginocchia al petto.  

L’uomo più anziano mise il portavivande sul pavimento mentre si accucciava e toccava la spalla sottil. «Faresti meglio a mangiare quando il cibo è ancora caldo.»  

«Io non ho fame.» Una voce bassa e sottile uscì da sotto il viso nascosto contro le ginocchia.  

Khama Bieng Lae emise un lungo sospiro e si sedette accanto al giovane. 

Le ferite fisiche si possono sempre rimarginare, ma quelle emotive? Come si possono curare quelle?  

«Il sergente Yod mi ha detto tutto. Devi partire con l’arrivo del nuovo anno. Il tempo vola, è proprio così, non è vero?»  

Tian strinse le labbra. Quello che gli affollava la mente non riguardava il suo ritorno a Bangkok, ma le parole di quell’uomo che più volte aveva affermato che gli era stato dato un ‘ordine tassativo’ di tenerlo d’occhio mentre era lì. Tutto ciò che l’uomo aveva fatto, non lo aveva fatto di sua volontà.  

Tutto il calore… la cura e l’attenzione che aveva mostrato … erano solo un dovere.  …Fanculo.  

Fa più male di un cuore spezzato!  

Il ragazzo di città alzò lo sguardo, gli occhi gonfi e rossi, e si voltò verso il visitatore che lo guardava preoccupato. Si sforzò di sorridere: «Sono scappato di casa.»  

Gli occhi di Bieng Lae si spalancarono per la sorpresa, ma li spinse rapidamente verso il basso e aspettò le parole successive.  

Tian spostò la sua attenzione dall’uomo al diario color pastello che giaceva accanto al suo zaino. «Mio padre era il vice comandante dell’esercito thailandese, si è ritirato da poco. Quando ho lasciato una lettera ai miei prima di venire qui, mi sono chiesto perché nessuno mi avesse seguito. Si è scoperto che sono stato nel loro radar sin dall’inizio.» 

Il ricordo del primo giorno in cui Tian aveva incontrato l’imponente ufficiale davanti alla baracca, la notte precedente gli aveva fatto bruciare gli occhi. Quella che gli era stata dato non era la libertà, ma solo un permesso a breve termine di assaporare il mondo esterno.  

Tian ridacchiò seccamente alla battuta più crudele: «Quando le cose sono andate troppo male, ‘lui’ ha ricevuto un altro ordine di rimandarmi indietro».  

Khama Bieng Lae trattenne il respiro per un millisecondo quando si rese conto “a chi” si riferiva il giovane. In qualità di capo villaggio, aveva osservato i due uomini da lontano.  Avrebbero potuto continuare ad avere accese discussioni verbali, ma mai una volta sarebbero stati così arrabbiati l’uno con l’altro al punto da trattare l’altro come se non esistesse. Eppure, la stretta sorveglianza del capitano Phupha sull’uomo più giovane lo aveva meravigliato molte volte. Sentiva che la loro relazione, anche se di amicizia, non era basata esclusivamente sul dovere.  

«Anche se si fosse trattato di un ordine, la preoccupazione del Capitano Phupha per te, era reale.» 

Lo zio Bieng Lae, però, non era stato lì con lui quel giorno. La voce fredda di quell’uomo e i suoi occhi privi di ogni emozione, erano stati più reali di ogni altra cosa. «Non voglio più sentire il suo nome!» I bellissimi occhi si indurirono e l’uomo più anziano sospirò stanco. 

Se Tian non sente nulla nei confronti del capitano, allora perché è così arrabbiato? 

«Va bene, non lo menzionerò più.» Bieng Lae si strofinò il viso per rilassarsi. Non esci da giorni, quindi non sai che stiamo organizzando una festa pre-capodanno»

«Una festa?»

Non appena vide che aveva attirato l’attenzione del giovane, il capo del villaggio iniziò a spiegare: «Il capodanno Akha è una cerimonia swing che si tiene a settembre. Ma abbiamo deciso di aggiungere tre giorni e tre notti di festeggiamenti per il capodanno internazionale in modo che gli abitanti del villaggio che hanno lavorato duramente tutto l’anno possano prendersi una pausa dal lavoro sul campo.» Terminò la frase e aprì il contenitore del cibo.  «Mia moglie ha cucinato per tutti, ma ha preparato questo cibo dal gusto delicato solo per te, perché non ti senti ancora bene.» 

Tian guardò la semplice zuppa con tofu all’uovo e carne di maiale tritata ed il riso caldo al gelsomino, sentendosi sopraffatto. «Grazie mille …» Tian era commosso dalla gentilezza dell’uomo più anziano così iniziò a mangiare anche se non ne aveva voglia, inghiottendo il cibo.  

Una volta che il cibo raggiunse il suo stomaco vuoto, questo cominciò a funzionare producendo i succhi gastrici. Tian trasalì quando sentì il bruciore su tutto lo stomaco.  Alla fine, aveva ceduto alla forza della natura, quindi masticò e finì tutto il cibo.  

Khama Bieng Lae lo aveva quindi invitato al cortile dell’abbraccio delle donne o meglio al cortile culturale nel mezzo del villaggio per unirsi alla festa. «… Hai poco tempo. Per favore, sfruttalo al massimo.»  

Quelle furono le parole dell’anziano che indussero Tian ad alzarsi dal materasso per lavarsi la faccia alla giara di terracotta dietro la capanna e sentirsi di nuovo fresco e pulito.  

Il canto all’unisono con il ritmo vivace della musica popolare poteva essere sentito da lontano. Il cortile era pieno di persone che si prendevano giorni di riposo e festeggiavano dopo un anno lungo e difficile.  

Le giovani donne erano completamente vestite con i loro abiti migliori: portavano un cappello con placche di metallo a motivi geometrici appese all’accessorio, creando adorabili campanelli suonanti mentre camminavano. Stavano ballando, muovendo le mani in una coreografia a ritmo con i loro piedi, creando una bellissima scena per i giovani che stavano bevendo, mangiando e facendo il tifo intorno a loro.  

I bambini Akha che correvano e giocavano si fermarono quando videro il loro insegnante fermo al fianco dell’anziano. Corsero verso Tian che sembrava ancora esausto. «Andiamo là! Abbiamo molti cibi e spuntini dalla città!» Mee Ju tirò la mano dell’insegnante perchè la seguisse verso una grande stuoia dove c’erano molte persone.  

Tian lanciò un’occhiata agli uomini in divisa mimetica verde-khaki tra la gente del posto, sentendosi costernato quando vide che l’uomo non era lì. I soldati presero gli snack e le bevande in lattina disponibili nei supermercati e li diedero ai bambini come regali di Capodanno secondo il calendario internazionale.  

La ragazza gli porse una bibita in lattina rossa con un grande sorriso. «P’Crayon, bevi quest’acqua nera. Va bene.» Gli altri bambini si accalcarono per offrire qualche spuntino al loro insegnante.  

«… Sei il loro amato insegnante, vero?» Una voce profonda e familiare parlò proprio accanto alle sue orecchie, facendo sussultare il ragazzo di città.  

Tian di voltò. «Dottor Nam!»  

Il dottore dalla pelle chiara e dagli occhi a mandorla spostò gli occhiali sul naso e sorrise.  «Cosa? Perché sei così sorpreso? Pensavi che fossi l’altro ragazzo?»  

«No!» Tian abbaiò e aprì la lattina di Coca-Cola per svuotarla e uccidere la sua frustrazione.  

«Va bene, no è no.» L’ufficiale medico sussurrò, non credendo alle sue parole. Poi, la sua andatura cambiò. «Possiamo parlare in privato?»  

L’insegnante volontario distolse lo sguardo. «Se vuoi parlare del tuo migliore amico, non lo farò.»  

«Ma lo farò io.»  Wasant afferrò il polso sottile di Tian. «Abbiamo molto di cui parlare.» Il dottore sottolineò le parole mentre fissava gli occhi castano chiaro ardenti e prese una decisione senza aspettare una risposta. Tirò via il giovane che lottava lontano dalla folla mentre si accigliava.  Arrivarono alla cascata lontano dal cortile dove Wasant gli chiese di sedersi sotto un albero. 

Tian si accigliò, non sapendo perché stavano immergendo i piedi nell’acqua per rilassarsi invece di andare dritti al punto. Tian mosse le gambe su e giù, mescolando l’acqua per disturbare i pesciolini che nuotavano nel bacino finché non nuotarono lontano. Si voltò verso l’uomo accanto a lui, perdendo la pazienza:  «Sputa il rospo e facciamola finita, ok?»  

«Ti ho portato qui per rinfrescarti la testa. Immagino che non abbia funzionato.» Il dottore si lasciò sfuggire una risata, non curandosi se l’altro uomo stava cercando di mordergli la testa.  «Ok, prima di iniziare a parlare, puoi dirmi di cosa avete parlato tu e Phu quel giorno e perchè ha fatto esplodere le cose in questo modo?»  

«Mi ha detto di tornare a casa.»  

«È così?»  

«… Mi ha chiamato bugiardo! Ha detto che sono venuto qui solo per divertimento e se rimango più a lungo, non farò altro che metterlo in altri guai! Doveva prendersi cura di me anche se non voleva!» Il ragazzo di città raccolse un piccolo sasso e lo gettò via per sfogarsi. «Chi è il vero bugiardo qui?! Mi stava alle calcagna a causa dell’ordine specifico di mio padre. È un così bravo attore che dovrebbe vincere un Oscar!»  

«Sì, vero. Si è così immedesimato nel suo ruolo che sta mangiando le sue lacrime invece del cibo.» Wasant era impassibile, ma le sue parole fecero incollare gli occhi di Tian su di lui.  

Il dottore inspirò e guardò gli uccellini che volavano sopra di loro, nel cielo. «… Il capitano Phupha è un uomo risoluto. Una volta che ha preso una decisione, farebbe tutto il necessario per realizzarla, anche se dovesse ucciderlo. Non sono sorpreso che Phu abbia scelto una misura così estrema.» Wasant si voltò a guardare Tian che era rimasto sbalordito dalle parole: «Se qualcuno a cui tengo di più ha un futuro radioso davanti a sé, cercherò di respingerlo…non importa quanto sia difficile. Trattenerlo a me sarebbe solo egoismo. Farà male a chi mi sta a cuore perché i nostri mondi sono troppo diversi.»

Tian sentì le parole forti e chiare. Il suo cervello era carico di informazioni mentre osservava per un momento la cascata che cadeva contro la roccia. «Ma a me ha detto chiaramente che è perché ha dovuto …» La sua voce si spense.  

Mi ha ferito.  

«Significa che aveva deciso. Se ti avesse implorato, saresti rimasto qui per sempre.»  Wasant affermò in modo chiaro, allargando il modo di vedere le cose di Tian. L’insegnante volontario prese a tremare come se fosse stato pugnalato al cuore e tutte le emozioni nascoste cominciarono a salire in superficie.  

«No… non sono … no.» sbottò Tian, non volendo crederci, ma la sua voce era così flebile che fece sorridere l’altro.  

Wasant gli prese il braccio in una presa salda. «Tian, sai fin troppo bene che i suoi sentimenti per te sono reali. Non preoccuparti delle sue parole taglienti perché lo perseguitano e lo feriscono nel peggior modo possibile.»  

«Come … come sta?» chiese Tian, non volendo ammettere di essere preoccupato.  

«Come un uomo morto» disse Wasant cupo. «Se ci sarà un altro attacco, sono sicuro che andrà a sbattere contro i proiettili e rinuncerà alla sua vita sul campo di battaglia. È comunque come un morto vivente … È meglio che se ne vada.» Il dottore lanciò un’occhiata al giovane. Quando vide il luccichio tremante negli occhi di Tian, lanciò un altro attacco al punto debole del ragazzo: «Se non mi credi, ti porto a vederlo con i tuoi occhi. Puoi decidere come vuoi che finisca tutto questo.»  

Tian tacque mentre il suo cuore e la sua mente combattevano. Alla fine, lasciò che il dottor Wasant lo trascinasse via ancora una volta.  

Quella volta si stavano dirigendo verso la base operativa di Pha Phra Phirun, a tre chilometri di distanza. Il silenzio cadde all’interno della jeep militare che correva lungo una strada stretta. Entrambi gli uomini rimasero seduti in silenzio davanti, rendendo il viaggio di dieci minuti verso la base operativa di confine, ancora più lungo. Tian guardava dritto davanti a sé come se la vista catturasse la sua attenzione… e non erano altro che alberi.  

La sua mente era in subbuglio. Da un lato, si disse che non sarebbe dovuto andare con il dottore. D’altra parte, dare un’occhiata al capitano non gli avrebbe fatto male. Non lo avrebbe incontrato faccia a faccia, quindi non c’era nulla di cui aver paura.  

«Tian, lascia che la guardia ti veda, per favore.» Il dottor Wasant ruppe il silenzio, facendo cenno all’uomo che stava guardando fuori dal parabrezza. 

«Sì …» Si voltò verso la guardia.  

Un soldato in uniforme mimetica con un AK-47 carico fissò il visitatore e guardò nel veicolo.  Quando non vide armi o sostanze pericolose salutò il dottore e lasciò passare la macchina.  Wasant parcheggiò la jeep nel garage e portò l’insegnante a fare una passeggiata.  

La sistemazione dell’ufficiale in comando della truppa era all’estremità opposta, quindi era più tranquilla di quella sul davanti, dove i soldati entravano e uscivano continuamente tra la cucina e l’armeria.  La luce arancione della sera inondava il cielo, riflettendosi contro la sagoma scura della casa di legno che si ergeva su alti pali con uno spazio sotto, proiettando una lunga ombra sul davanti. Il freddo spazzato dal vento dalla cima della montagna colpiva  il sottile giovane che indossava solo una giacca sopra una maglietta, facendolo rabbrividire.  

«Ti lascio qui. Penso che Phu sia ancora costretto a letto.» disse il dottore all’uomo che era fermo, sbalordito, ai piedi delle scale.  

«Puoi aspettare qui. Sto solo dando una breve occhiata. Non ci vorrà molto.» 

«Non credo che sarà una cosa veloce. Ti aspetterò in cucina.» Wasant lanciò al giovane un sorriso astuto e si voltò, allontanandosi velocemente prima che Tian potesse fermarlo. 

Non mi dà ascolto

Tian voleva battere i piedi per sfogare la sua frustrazione. Alla fine, guardò verso la casa di fronte a lui con il cuore pesante. Dopo un momento di esitazione, si strofinò il viso per richiamare la sua forza. 

Va bene! Solo una breve sbirciatina non ucciderà  un uomo! 

Tian salì in punta di piedi le scale e si accovacciò per strisciare verso la porta che era stata lasciata socchiusa. La spinse con un dito, aprendola per creare un piccolo spazio e abbassando la testa per guardare dentro. Scrutò la stanza finché i suoi occhi non colsero la vista di una forma alta che era accasciata su uno stretto letto da campo. Di fronte all’uomo c’era una scrivania che si era trascinato più vicino a lui per posarci sopra una ciotola di porridge di maiale caldo, una cena da malato. 

L’ufficiale in quei giorni era diventato smunto, i suoi zigomi e le sue mascelle erano ancora più prominenti, sembrava cinereo dall’ultima volta che l’aveva visto.

Gli occhi infossati, intensi e scuri sembravano quasi senza vita mentre guardava la parete di legno. Per il suo bene, la sua mano sinistra si mosse per prendere un cucchiaio e raccogliere il porridge, con l’aspetto di un robot programmato per mangiare. Il cucchiaio di acciaio inossidabile con il cibo caldo gli cadde di mano, colpendo la scrivania con un forte fragore.  

L’uomo che si nascondeva chiuse la bocca, devastato. L’uomo nella stanza si limitò a guardare in alto, ancora immobile e indifferente alle sue labbra arrossate che erano state bruciate dal cibo.  

Il giovane capitano che era stato male sia nel corpo che nella mente si mosse come per raccogliere il cucchiaio, ma si fermò quando sentì la porta aprirsi.  

La forma snella dell’insegnante volontario che non vedeva da giorni stava camminando verso di lui. Tian ha raccolse tutto il cibo prima che il cucchiaio poteva contenere prima che che potesse l’altro e si lasciò cadere sul letto da campo accanto a lui. Raccolse il porridge caldo e lo soffiò delicatamente.  

Phupha fissò gli occhi a mandorla mentre Tian raffreddava il cibo. Passò un minuto e finalmente aprì la bocca per prendere il cibo. Guardò l’uomo più giovane che ripeté l’azione senza dire una parola: il suo cuore si riempì di sorpresa e contentezza, ma quando si rese conto che Tian si stava comportando come “qualcuno”, una fitta gli colpì il cuore.  

Era normale per qualcuno che avesse avuto un’esperienza di pre-morte e una sopravvivenza miracolosa essere così suscettibile. Se quel qualcuno avesse schivato il proiettile prendendo un organo da un donatore, quanto sarebbe stato più suscettibile? Normalmente, l’ospedale teneva segreti i nomi dei donatori di organi, quindi era grazie alla sua arguzia che Tian era riuscito a scoprirlo.  

Il diario che aveva registrato tutto ciò che il suo proprietario aveva vissuto, alla fine aveva mandato un giovane con un futuro luminoso, in un viaggio per espiare il suo senso di colpa, portandolo a lasciare la sua vita lussuosa per vivere in quel luogo duro.  

Lui sta solo cercando di vivere la vita di qualcun altro. Anche i suoi sentimenti si sono fusi con quelli dell’altra persona.  

Questo era il motivo per cui l’impenetrabile capitano Phupha aveva il cuore spezzato. Per tutto quel tempo non aveva mai conosciuto il vero Tian, né i suoi sentimenti, né i suoi pensieri.  

Il ragazzo di città teneva il cucchiaio quando le labbra spesse e formose non si aprirono per prendere il cibo. Tian lanciò un’occhiata al capitano che si limitò a fissarlo e posò il cucchiaio.  

«Non voglio farlo, ma sei il capitano che mi hai aiutato. Sto solo cercando di ripagare il mio debito.» Tian si sforzò di pronunciare quelle parole. Si stava comportando in modo petulante, ma quell’alto ufficiale immobile ancora non reagiva. 

Lo stava faceva impazzire.  

«Capitano, dovrei essere io quello che sta morendo, non tu! Mi hai detto che ti sei preso cura di me solo per dovere e ho saputo che la mia famiglia mi ha tenuto d’occhio!» 

 «Hai ragione …» la voce di Phupha si spezzò mentre parlava. «Sei deluso ma non sei ferito.»  

Tian aggrottò la fronte profondamente; il suo volto si contorse per la frustrazione. «Hai finito con il tuo sarcasmo? Non sai nemmeno cosa penso o come mi sento.»  

L’ufficiale sorrise senza allegria con gli occhi privi di emozioni. «Hai ragione, non lo so.»  

L’uomo più giovane strinse le mani, cercando di ridurre la sua rabbia. Aveva appena detto all’uomo che era venuto qui per ripagarlo, non per iniziare una rissa. Tian cambiò argomento: «Mangia il tuo cibo. Io ti aiuto.»  

Mentre allungava la mano verso il cucchiaio, l’uomo più anziano scosse la testa. «Va bene. Sono pieno.»  

«Perché sei così testardo?! Le tue ferite non si sono rimarginate.»  

Labbra carnose si piegarono in un sorriso asciutto del tipo che diceva che si sentiva dispiaciuto per se stesso: «Non guarirò mai, Tian. Mai.»  

Il giovane sapeva di quali ferite stava parlando. Ma sentendo quelle parole da un uomo indistruttibile che andava in frantumi e si sgretolava in quel modo, il cuore gli faceva male come se fosse stato pugnalato da cento coltelli.  

…Non ce la faccio più.  

Tian diede un violento colpo materasso sul letto da campo facendo esplodere tutto ciò che aveva tenuto dentro fino a quel momento: «Se sei stato cattivo con me solo per finire così, perché non mi hai trattato meglio?! Sai che sarei partito prima o poi! Voglio solo andarmene con un bel ricordo…» Gli occhi a mandorla bruciavano di lacrime bagnate, mentre Tian fissava il capitano: «… Soprattutto con te.»

Phupha rimase sbalordito. Sollevò la mano buona per prendere la guancia liscia, asciugando la lacrima all’angolo dell’occhio di Tian con il pollice il più delicatamente possibile per un soldato di frontiera. «Mi dispiace.» disse debolmente. «Sono rimasto sorpreso.» 

«Sorpreso che fossi il destinatario dell’organo di Thorfun?»  

«Più sorpreso dal fatto che tu porti con te il suo diario.»

«So di aver fatto qualcosa di sbagliato!» balbettò il ricco ragazzo di città. «Non avrei dovuto cercare il mio donatore di organi…» 

Phupha toccò la sua testa ed accarezzò i capelli setosi che toccavano la guancia del ragazzo. E allora il capitano disse qualcosa che scosse Tian nel profondo: «Va tutto bene.  Sii te stesso e smetti di vivere la vita di qualcun’altro.» 

Gli occhi di Tian si spalancarono; il suo respiro si fermò quando il suo cervello si svuotò. 

Aveva letto ripetutamente quel diario per apprezzare la gentilezza della gente del posto, l’amore e il rispetto degli alunni e le caratteristiche degli alti ufficiali anche prima di andare lì. Significava forse che l’intero legame che si era creato tra loro era nato dai sentimenti di Thorfun? La sua coscienza era bombardata dalla confusione. Le lacrime che si erano asciugate sgorgarono ancora una volta come una diga rotta sul viso cinereo. 

Quindi…la vita che stava vivendo apparteneva alla signorina Thorfun Charoenphol, la bella e graziosa insegnante volontaria, non al signor Tian Sophadissakul, il ricco sfigato che non aveva mai avuto qualcosa di tangibile nella sua vita … nemmeno l’uomo accanto a lui.  

«No, non è vero!» borbottò come un uomo che stava impazzendo; tutto il suo corpo tremò per un violento singhiozzo a causa della verità che non poteva accettare.  

Phupha chiuse gli occhi. Il suo cuore era stretto da un artiglio invisibile che lo stava schiacciando. Se avesse potuto, avrebbe preso tutto il dolore del giovane e lo avrebbe sopportato tutto da solo. Tuttavia, Tian sarebbe stato ancora sotto l’incantesimo della ragazza scomparsa… Anche se faceva un male infernale, tutto quello doveva finire. Il giovane capitano tolse la mano che stava sfregando gli occhi arrossati e asciugò delicatamente le lacrime del ragazzo.  

«Mi sento come se il mio corpo e il mio cuore fossero due esseri separati,» la voce di Tian si spezzò mentre diceva: «Non so cosa fare dopo.»  

«Torna all’inizio. Pensa perché sei venuto qui.»

Il ragazzo di città tacque, cercando di mettere insieme tutti quei pensieri sconvolgenti finché non trovò finalmente la risposta: «Sono venuto qui per esaudire l’ultimo desiderio di Thorfun … Quello che lei ha fatto sulle stelle alla vigilia di Capodanno … dove ti ha confessato il suo amore su quella scogliera.»

Phupha fece un respiro profondo. Infine, quel sogno stava arrivando al suo capitolo finale. «Lo sai che la parola pan qui non significa condividere, come la parola thailandese? Viene dal dialetto Lanna che significa ‘mille’

«Phu Pan Dao» Tian ripeté il nome, lasciandolo affondare nella potenza del nome.

«Una leggenda dice che se ti trovi sulla scogliera e conti le stelle nel cielo finché non avrai contate almeno un migliaio, il tuo desiderio diventerà realtà.»

Le labbra sottili si aprirono molto prima che uscisse una voce: «Se posso farlo, otterrò un miracolo?»

L’ufficiale sorrise dolcemente; il bel viso dipinto con un accenno di disperazione e rassegnazione. «Non ne ho idea. Nessuno è mai arrivato a mille stelle prima.»

********************

Il figlio di Khama Bieng Lae, tornato a casa durante le vacanze di Capodanno, andò a trovare il suo amico un po’ più grande di lui nella capanna ai margini del villaggio, notando quanto fosse dimagrito in breve tempo. Gridò il nome di Tian per un po’ ma non ottenne alcuna risposta. Andò al Cortile dell’abbraccio delle donne dove gli adulti si dovertivano e bevevano, ma Tian non si trovava da nessuna parte. Quando aveva chiesto ai ragazzi se sapevano dov’era, qualcuno gli aveva detto che il giovane di città era partito per il nord del villaggio fin dalla tarda mattinata. 

Il nord? Forse si era diretto verso la cascata?  

Il giovane Akha in maglietta e paio di jeans come la gente di città andò in quella direzione. Se non fosse riuscito a trovare Tian lì, intendeva tornare ad aspettarlo alla capanna. Quando suo padre gli aveva detto che l’insegnante volontario sarebbe andato via con l’arrivo del nuovo anno, Long Tay era rimasto deluso. Anche se l’altro uomo era uno sconsiderato e una testa calda, era un uomo onesto, una razza rara di quei tempi.  

Il suono di una cascata tonante quando l’acqua colpiva il bacino roccioso poteva essere sentito da lontano. Long Tay si fermò e guardò in giro, individuando finalmente l’uomo che ne stava seduto curvo a terra, con aria abbattuta e che lanciava stancamente piccoli sassi nell’acqua vicino alla riva.  

Si avvicinò e lo chiamò: «Ti senti bene Tian? Hai camminato per un bel po’.»  

Tian guardò l’uomo che stava sopra di lui con gli occhi infossati per la mancanza di sonno.  «Stai facendo un lungo weekend?»  

«Sì.» Long Tay si prese la libertà di sedersi a gambe incrociate accanto all’altro uomo.  «Qualcosa ti preoccupa, non è vero? Non vuoi tornare a casa tua a Bangkok?»  

«All’inizio non volevo. Adesso sì.»  

«Questo significa che qualcuno ti ha fatto arrabbiare.» Il giovane lo prese in giro, ma l’espressione triste sul viso dell’amico più grande lo fece tacere. Long Tay lanciò un’occhiata a Tian, non sapendo cosa dire per farlo sentire meglio. «Se ti fidi di me, puoi parlare con me.»  

Tian allungò la mano e schiaffeggiò un paio di volte la spessa spalla del ragazzo. «Va tutto bene. Non mi sento me stesso, ecco tutto.»  

«Come mai non ti senti te stesso? Se non te stesso, chi ti senti?» Il figlio del capo villaggio chiese innocentemente, ma l’altro uomo si fermò.  

«Diciamo …», disse debolmente il ragazzo di città. «E se il nostro cuore venisse sostituito con quello di qualcun altro, e quel cuore si riempisse dell’ultimo ricordo…pensi che il ricordo di qualcun altro prenderà il sopravvento su di te?» 

Long Tay rimase senza parole per un momento e si lasciò sfuggire una risatina: «È un film di fantascienza o qualcosa del genere, fratello? Pensaci. Come può un cuore contenere un ricordo? È solo un organo. Entrare in qualcuno perché hai il suo cuore è un frutto della tua immaginazione.»  

«Immaginazione…?» Sentendo un feedback onesto da qualcuno che non sapeva della sua operazione, Tian ebbe un’illuminazione. Aveva lasciato che la storia della ragazza prendesse il sopravvento sulla sua mente e travolgesse i suoi pensieri.  

Se d’ora in avanti l’avesse considerata una donna morta, sarebbe ancora una donna morta.  In retrospettiva … la sua curiosità lo aveva portato nella tana del coniglio. 

Era stato lui a decidere di andare in quell’ entroterra sulla collina. Se avesse scelto di lasciarsi scivolare addosso le cose, anche se avesse scoperto il donatore, sarebbe rimasto ancora il figlio più giovane della famiglia Sophadissakul che avrebbe cenato in un ristorante a cinque stelle o avrebbe fatto shopping in un lussuoso centro commerciale della città.  

Non avrebbe mai sperimentato la vera gentilezza degli altri come stava sperimentando ora.  

Il suo viso si aprì in un ampio sorriso che fece venire la pelle d’oca a Long Tay, temendo che fosse un segno di guai in vista. «Fratello … sei sicuro di stare bene?»  

«Grazie mille, fratello.»  

«Che cosa?» sbottò Long Tay, sconcertato dallo sbalzo d’umore del ragazzo di città. 

«Sta diventando soleggiato qui. Spostiamoci.» L’insegnante volontario cambiò argomento e chiese al giovane di tornare al villaggio con lui.  

Il ragazzo alto annuì in segno di assenso, e qualcosa gli venne in mente mentre si alzava in piedi: «Ho dimenticato di dirti una cosa. Mio padre mi ha chiesto di andare a trovarlo a scuola all’una.»

Tian guardò l’orologio da polso, vedendo che mancava mezz’ora all’una. Chiese al ragazzo di accompagnarlo a scuola. «Hai idea del perché lo zio volesse vedermi lì?»

«Immagino che sia arrivata la fornitura dalla fondazione?» disse Long Tay e si allontanò, lasciando dietro di sé l’insegnante sbalordito mentre Tian si grattava la testa.

Non sapevo che le poste Thailandesi funzionassero anche durante un giorno festivo … Erano persone così laboriose, non è vero? 

La scuola sulla scogliera era stata completata, le uniche cose che mancavano erano una nuova lavagna, i libri di testo e le altre attrezzature che erano state bruciate dal fuoco. Una volta avvicinati alla scuola, l’insegnante sentì le risate provenire dagli studenti che correvano in giro e quando mise piede davanti alla scuola, si fermò sui suoi passi e così come il suo respiro.  

Fogli A4 erano stati legati insieme con dei nastri in un gigantesco cartello alla trave che sporgeva dalla scuola. Le lettere scritte con penne colorate e dipinte con macchie di pastello che uscivano dai loro bordi potevano essere lette insieme in una frase … 

“FELICE ANNO NUOVO” 

All’improvviso, i piccoli alunni si accalcarono per gettargli le braccia intorno alla vita, gridando all’unisono ?felice anno nuovo’ in un dialetto thailandese con un forte accento. Tuttavia, i saluti echeggiarono nella sua mente.  

Tian guardò Khama Bieng Lae e suo figlio che avevano grandi sorrisi stampati sui loro volti, e sapeva chi era la mente. Long Tay si mise le mani a coppa intorno alla bocca, sussurrando «sorpresa!». 

Il ragazzo di città ricambiò lo sguardo per nascondere il suo imbarazzo. Mee Ju e Ayi, la sorellina Akha e il fratello maggiore, presero le mani dell’insegnante e lo guidarono verso una stuoia che fungeva da scrivania. Sul tappetino era disposto un assortimento di snack, dai cracker in scatola ai biscotti e alle bibite. A Tian ricordava una festa di Capodanno quando era alle elementari. 

«P’Crayon guarda! Abbiamo preso anche quello!» disse Mee Ju elettrizzata guardando un grosso pezzo di dessert con crema al cioccolato in cima e decorazione di marmellata di fragole nel mezzo. 

Tian sorrise all’innocenza della ragazza prima di dirle: «Questa è una torta. T-O-R-T-A.»

I bambini ripeterono la parola all’unisono, facendo gonfiare d’orgoglio il cuore dell’insegnante. Una volta che aveva detto loro che potevano iniziare a mangiare gli spuntini, erano saltati tutti dentro. Tian si era allontanato verso i due uomini che erano vicini.  

«Ti piace, fratello? Papà mi ha detto di portarlo in città e comprare questi snack e la torta per la festa.» Long Tay stava spiegando come avevano potuto organizzare quella piccola e accogliente festa.

«Ho visto che ti sentivi giù. Immaginavo che alla gente di città piacesse organizzare una grande festa…ma per le persone rurali come noi, questa è la cosa migliore che potessimo darti.» Una volta terminata la frase, le mani di Bieng Lae si alzarono per rispondere al wai del giovane.  

«Grazie mille, zio.» Non erano i prezzi delle cose che contavano, era lo sforzo che contava.  «… Questa è la festa più bella che abbia mai fatto in vita mia.» Tian stava dicendo la verità.  Nessuna festa in un hotel a cinque stelle avrebbe potuto dargli una tale contentezza come quella.  

L’insegnante volontario si accovacciò e usò un grosso coltello da cucina per tagliare la torta al cioccolato in fette mentre i suoi studenti lo circondavano con occhi pieni di speranza e luminosi. Non avevano le forchette, quindi presero la fetta con la mano, senza preoccuparsi dei germi.  

Tian sgranocchiò il dolce che aveva un sapore quasi insipido, ma il suo valore era incomparabile nel suo cuore contento. Lanciò un’occhiata all’amico più giovane che stava bevendo la soda, sentendo improvvisamente l’impulso di prenderlo in giro. Si schiarì la gola per chiamare Long Tay: «Sai una cosa? Noi cittadini abbiamo delle usanze per le nostre feste…»

 «Quali usanze?» chiese Long Tay, curioso.  

Le labbra di Tian si aprirono in un ghigno malvagio mentre la preda veniva intrappolata.  «Come questo!» raccolse la crema al cioccolato con un dito e la spalmò sulla guancia del giovane, scoppiando a ridere. 

Long Tay rimase paralizzato, scioccato. Quella non era una usanza, ma una vendetta personale! I bambini videro cosa era successo e corsero verso l’insegnante per ricoprirlo di torta.  

«Come osate!» Tian balzò in piedi e inseguì i bambini.  

L’urlo di una risata risuonò forte nella piccola scuola. Persino Khama Bieng Lae, che era presente, divenne una vittima della guerra alla panna.  

L’insegnante era bello, il viso candido era imbrattato di crema, eppure sorrideva ampiamente. Non ci sarebbero più stata la possibilità di poter creare un momento come quello con i suoi studenti. Quello era un momento da cui avrebbe dovuto trarre il massimo dai…ricordi da custodire quando sarebbe arrivato il momento per lui di dire addio.  

Eppure…non aveva il coraggio di dire addio quella sera.  

*****************

La lampada a cherosene brillava dolcemente all’interno della minuscola capanna. I vestiti che erano stati stesi ad asciugare sugli infissi delle finestre e sul terrazzo erano spariti, come quelli sparsi per terra. Il costoso zaino era diventato più grande del primo giorno in cui era arrivato.  

La zanzariera rettangolare copriva ancora il corpo che giaceva a faccia in giù al centro della capanna. Tian si appoggiò sui gomiti al vecchio materasso mentre si concentrava sul diario.  

‘… Dopo essere arrivato qui, ho scoperto un altro sogno oltre a essere un insegnante per la tribù delle colline. Il principe che ho trovato aveva trasformato il mio mondo, era passato dall’essere incolore all’essere il più bello di tutti. È cordiale e gentile… Ma gli piace portare un’espressione accigliata sul viso, anche quel viso severo non può nascondere la sua gentilezza.’

Le labbra sottili di Tian si piegarono in un leggero sorriso.  

Il capitano è un gentiluomo a cui piacciono gli uomini.

‘… Un giorno ho sentito un abitante del villaggio che parlava con un thailandese dire che se ti trovi sulla scogliera più alta a mezzanotte ed esprimi un desiderio, si avvererà. Sembra impossibile, ma cosa può fare una ragazza senza speranza come me? Se confesso il mio amore al mio principe tra le centinaia e migliaia di stelle la notte di Capodanno, sarà una serata così romantica.  

Quindi, dopo che sarò andata a Bangkok e avrò ho visto mio padre alcolista, ci proverò anche se potrebbe sembrare una follia. Quindi, per favore aspettami, ‘mio ​amato principe!’ ’

La scia dell’inchiostro si è fermata proprio lì per sempre

La ragazza non sapeva di star sbagliando. Avrebbe dovuto restare lì sulla scogliera e contare mille stelle per poter esprimere un desiderio. Tian aveva chiesto a Long Tay di confermare la leggenda. Il ragazzo aveva riso e gli aveva detto che era solo una leggenda metropolitana, inventata per attirare le persone a godersi la vista notturna sulla collina, proprio come un’interessante storia di sfondo per il content marketing di un brand.  

A Tian non importava se fosse una storia inventata o una vera leggenda, forse quella era l’unica cosa su cui era d’accordo con Thorfun: una persona senza speranza avrebbe sempre cercato un miracolo. L’insegnante volontario chiuse il diario. Era una notte tranquilla e solitaria in cui persino i grilli erano silenziosi. 

Tian prese il giubbotto da indossare prima di spegnere la luce; afferrò la torcia vicino al materasso e scese le scale. La stradina del villaggio era illuminata da torce. Una volta lasciato il villaggio alle spalle, Tian dipendeva per la luce dalla sola torcia.  

Raramente era andato su quella scogliera, e lo aveva fatto solo quando lui e gli studenti giocavano. Eppure, ricordava la strada. Se avesse camminato lungo il percorso della piantagione di tè verso est, avrebbe trovato un pendio che portava verso la scogliera superiore. Tian, anche se era circondato da una foresta, non era spaventato.

Era una foresta rada con alberi alti e piccoli che la rendevano confortevole. La fragranza pervasiva di Sweet Osmanthus lo faceva sentire vivo.  

Erano esattamente le 23.30. Voleva arrivare prima dell’orario dell’appuntamento con il capitano perché voleva contare mille stelle. Non era un numero impegnativo da realizzare, eppure non voleva sfidare il destino. Se fosse stato facile, qualcuno l’avrebbe fatto molto tempo fa.  

Una volta che oltrepassata la chioma dell’ultimo albero, vide un vasto cortile aperto. Tian si fermò un attimo prima di balzare in avanti per stare in mezzo allo spazio aperto, girando su se stesso e guardando le onde di stelle scintillanti nella cortina scura del cielo notturno, sbalordito dalla bellezza senza luna.  

Questo era quello che chiamavano… il mare di stelle.  

Il suo cuore sussultò, tremando per un’improvvisa paura che gli attraversò il corpo e quasi prosciugò ogni forza dalle sue membra. Le stelle erano talmente belle che quel posto avrebbe dovuto essere registrato come attrazione turistica nazionale. Eppure, la densità delle luci emanate le rendeva impossibile contare una per una, era spaventoso.

Tian abbassò lo sguardo a terra per prepararsi alla vista, inspirando profondamente per raccogliere tutto il suo coraggio.  

Il viso liscio guardò di nuovo il cielo mentre puntava l’indice per contare le stelle.  

Cento. Duecento. Trecento. La sua vista si offuscò. Stropicciò gli occhi pulsanti e si spostò dall’altra parte del cortile dove più stelle sembravano sparpagliarsi di più. 

Il tipico conteggio si trasformò in un sezionamento poiché la scogliera era così alta che il cielo sembrava essere così vicino che si poteva raggiungerlo. Le luci scintillanti di centomila stelle erano più luminose del solito, e resero la sua vista offuscata e sensibile alla luce.  

Il ragazzo di città scosse la testa, nauseato dal mal di testa. Si accasciò per riposare gli occhi nel mezzo della notte tranquilla mentre la sua sicurezza svaniva. Aveva contato cinquecento stelle e tutto era diventato di un bianco accecante. Strinse il pugno e colpì il terreno per sfogare la sua frustrazione: «Merda!»  

Un migliaio. Doveva solo contare mille stelle! Se Tian Sophadissakul non fosse stato in grado farlo, sarebbe stato un perdente! Fece un respiro profondo per concentrarsi ancora una volta e si alzò in piedi.  

La realtà è sempre crudele. Solo chi ha  potere non soccomberà.  

L’uomo che stava cercato di sfidare il limite di un essere umano, aveva pensato a un nuovo metodo. Si voltò di 180 gradi, contando le stelle finché i suoi occhi si stancarono prima di voltarsi nella direzione opposta per non ripetere le stesse stelle. Un’idea gli balenò in mente.  Quello che stava facendo erano assurdità e pura stupidità. Tuttavia, la sua testardaggine saliva sempre in cima alla classifica ogni volta che il fallimento lo sfidava.  

Stava funzionando meglio: i suoi conteggi erano aumentati raggiungendo quasi ottocento. Il ragazzo di città si voltò dall’altra parte e puntò il dito verso il cielo, euforico.  

Eppure… non poteva resistere così a lungo.  

Le luci brillanti sopra gli ferivano gli occhi finché non divenne doloroso. Gli girava la testa e voleva vomitare, ma lui andò avanti.

«955 … 956 ….»

Mentre si voltava dall’altra parte, quasi cadde e la scena davanti a lui divenne del tutto bianca. Tian si schiaffeggiò le guance, svegliandosi, e alzò un dito per iniziare a contare, tuttavia, le sezioni che aveva calcolato nella sua testa erano scomparse. 

Tutte le centomila stelle si erano raccolte e formavano un arco scintillante nel cielo notturno.  Tian ansimò nel vedere il successo svanire davanti ai suoi occhi. Fece una risata esasperante: il suo dito tremante continuava a contare le stelle anche se sapeva che era invano.  

«… 997, 998.»  

Gli occhi marroni guardavano senza meta; calde lacrime umide sgorgarono e annebbiarono tutto mentre i suoi occhi perdevano la concentrazione. Tuttavia, Tian teneva i piedi ben piantati a terra e continuava a contare.  

«999 …» 

All’improvviso tutto intorno a lui divenne nero. I palmi caldi che si chiudevano su i suoi occhi gli rendevano le narici calde come il carbone.  

Un basso sussurro vicino al suo orecchio fu confortante: «Puoi fermarti.»

Il giovane capitano avvolse le braccia intorno alla vita del ragazzo, il suo petto era contro la sua schiena, come uno scudo contro la brezza fredda, e la sua ombra si confondeva con quella di Tian. Lacrime di delusione e di dolore sgorgavano dalle dita ruvide, inzuppando le mani dell’ufficiale.

«Non ci sono riuscito… anche per questo ultimo tentativo.» Tian si morse le labbra fino a farle sanguinare, incapace di trattenere ancora i singhiozzi. Anche se avesse potuto farcela, il suo desiderio non si sarebbe mai avverato comunque. 

Gli occhi intensi di Phupha si addolcirono anche se con tristezza mentre disse dolcemente. «Hai fatto del tuo meglio.» 

«Non l’ho fatto per Thorfun! Lei è morta!»Il ragazzo di città gridò in modo che l’intera foresta e l’uomo finalmente lo sentissero. «L’ho fatto per me…»Tian si voltò per affrontare l’uomo più alto. Aveva il viso bagnato di lacrime, il viso di Tian era una fotografia di forza e sofferenza.  «Non voglio lasciare questo posto… non voglio lasciare te.»

Prima che il capitano potesse rispondere, si irrigidì mentre Tian lanciò le sue braccia intorno al suo collo e si alzò in punta di piedi per dargli un bacio violento, riversando cuore e anima in quella confessione senza parole. Durò solo un attimo dopodiché il giovane si tirò indietro, ma le sue braccia indugiarono ancora intorno al collo forte mentre appoggiava la testa su una spessa spalla. 

«Anche se tutto è iniziato a causa di Thorfun, tutti i sentimenti sono miei.»

La voce era indistinta tra i singhiozzi, ma le parole furono come una benedizione che inondò il capitano, guarendo tutte le sue ferite. Phupha alzò il braccio buono e abbracciò il ragazzo snello, tenendolo stretto e affondando il viso nei capelli morbidi e profumati. 

«E questi sono i miei sentimenti …» 

Ti proteggerò con tutto il mio cuore.  

Tian sorrise in lacrime perché la felicità che stava cercando era così effimera. Voleva fermare il tempo proprio lì in modo che le cose si fermassero, lasciando fuori tutte le regole e le ragioni, vivendo senza dover pensare a nessun altro. Strinse la giacca mimetica fino a stropicciarla perché sapeva fin troppo bene che ciò che desiderava era impossibile.  

«Quando me ne andrò, ti dimenticherai di me?»  

«Non ti dimentico mai. Mai.»  

Il giovane capitano premette la guancia contro la fronte del Tian, chiudendo gli occhi per cogliere ogni emozione che stava trasudando tra loro. Gli ci volle molto tempo prima che potesse dire un’altra parola.  

«… Ma una volta che sarai tornato nel posto a cui appartieni, dimenticati di me.»  

Gli occhi del giovane si spalancarono mentre indietreggiava.

«Perché dici questo?»  

«Ci sono ragazzi migliori per te là fuori… con il giusto stato sociale e tutto il resto.» L’ufficiale sorrise rigidamente, mentre i suoi occhi si offuscavano. Indicò il cielo, «Vedi le stelle? Anche se una montagna è alta e imbattibile, non può raggiungere l’orizzonte.» 

Come posso raggiungerti, allora?

Tian era ancora colpito. Le parole rimasero bloccate nella sua  gola. Aveva combattuto duramente per ingannare la morte, ma in quel momento stava perdendo un sacco di cose. Lo scellerato che una volta aveva guidato una banda di teppisti si strofinò gli occhi, mentre le lacrime sgorgavano copiose. Se avesse potuto, avrebbe calpestato tutto sotto i propri piedi.  

«Non ti dimenticherò. Mai!»

Phupha scosse la testa in un esasperato sospiro. Avvolse il braccio sinistro intorno alla testa e baciò la fronte di Tian per confortare il suo ragazzo che piangeva. Gli occhi scuri e intensi si riempirono di lacrime mentre le sue labbra si aprivano per dire.

«…Lascia che il tempo sia la nostra prova, allora.»

Tian gettò le braccia attorno al corpo solido in uno stretto abbraccio come una promessa. 

Anche se la notte era fredda, il loro legame impenetrabile stava diffondendo il calore sui loro corpi e nei loro cuori. 

«Se il nostro ‘amore’ supererà la la prova del tempo fino a quel giorno…Ti aspetterò proprio qui.»

L’alba era arrivata troppo presto e in un batter d’occhio avrebbe dovuto svegliarsi e affrontare la verità che il sogno era giunto al termine. L’insegnante volontario mise il suo diario pastello nello zaino e chiuse la cerniera come per sigillarlo nella fossa più profonda. Fece un respiro profondo e si voltò a guardare la piccola capanna che lo aveva protetto negli ultimi mesi, con profondo dolore. 

«Tian, qualcuno è qui per venirti a prendere!» La voce del figlio del capo villaggio lo svegliò dalle sue fantasticherie. Tian afferrò lo zaino sportivo e uscì dalla porta.  

La brezza fredda del mattino arrivò con il suono del canto del gallo in lontananza.  Non lontano, il padre e il figlio Akha lo stavano aspettando con sorrisi gentili sui loro volti come avevano sempre fatto. Tian non poteva fare a meno di sentire che qualcosa già gli mancava nel cuore perché non sarebbe più stato in grado di vedere quei sorrisi onesti e senza pretese.  

«Il sergente Yod è qui?» chiese Tian poiché Khama Bieng Lae gli aveva detto in precedenza che i militari avrebbero inviato il sergente Yod e una jeep per portarlo alla stazione degli autobus in centro.  

«Il sergente non poteva venire. C’è qualcun altro.»

La parola ‘qualcun altro’ gli fece battere il cuore. 

Potrebbe essere …? 

Quando un uomo si presentò dietro di lui, sbottò con una vera sorpresa. «P’Tay!»

Il ragazzo dalla pelle chiara, dall’aspetto cinese, che presto sarebbe diventato un medico, aprì le braccia per il fratello non di sangue che lo guardò barcollando e lo abbracciò come un bambino. «Piccolo mascalzone! Sei scappato senza dirlo a nessuno.  Sapevi quanto caos c’era a casa tua?»

«Mi dispiace tanto, ma non sono riuscito a trovare nessun altro modo per farlo.» Tian indietreggiò e si grattò il collo imbarazzato. Aveva smesso di comportarsi come un bambino con l’uomo più grande da quando era diventato uno studente delle scuole medie, ma la lunga assenza gli fece dimenticare la sua  compostezza. 

«… Come mai sei venuto fin qui? Sei venuto per portarmi a casa?»

«Dopo averlo saputo, ho chiesto un permesso. Il ragazzo agli ordini di mio padre mi ha portato qui.»

«Non dovevi preoccuparti…»

Anche se era un’affermazione di pura educazione da parte di chi stava parlando, sorprerse comunque qualcuno che aveva conosciuto Tian Sophadissakul per tutta la vita come Taychin che sorrise dolcemente.  

«Volevo venire qui. Non mi ha infastidito affatto.»  

«I tuoi occhi sembrano quelli un panda e ti ostini a dire che stai bene?» Il ragazzo di città alzò le spalle quando iniziò a camminare  «… Forse possiamo fermarci a pranzo in città.»  

Ancora una volta, il futuro medico aggrottò la fronte mentre esaminava il giovane, guardando la sua schiena sottile. Tian sembrava fisicamente a posto, ma qualcosa in lui era cambiato.  Si voltò per guardare il capo del villaggio Akha e suo figlio prima di alzare le mani in un wai.  «Grazie per esservi preso cura del mio fratellino mentre era qui.»  

«Dovrei essere io a ringraziarti per averlo lasciato venire qui.» Khama Bieng Lae rispose come un uomo che aveva visto il mondo. «Abbiamo ricevuto così tanto da Kru Tian negli ultimi due mesi … soprattutto la sua sincerità.»  

Taychin annuì in segno di riconoscimento. Non riusciva a immaginare come un ragazzo ricco, nato con un cucchiaio d’argento, avrebbe potuto vivere una vita così dura, svegliarsi all’alba per insegnare ai bambini delle tribù delle colline.  

Gli uomini camminarono insieme fino a raggiungere un pendio che dal villaggio che portava alla strada principale dove c’era un’auto in attesa.  

Tian salutò entrambi gli Akha: «Zio… Long Tay. Arrivederci. Per favore dite a tutti e ai bambini…che se ne avremo la possibilità, ci rivedremo.»  

«Penso che faresti meglio a dirglielo tu stesso.»  

Proprio quando Tian voleva frustare e rimproverare Long Tay per la sua risposta fastidiosa, sentì delle piccole voci risuonare all’unisono: «P’Crayon! P’Tian !!» 

Il ragazzo di città lasciò cadere a terra lo zaino, sbalordito. Si lasciò cadere a terra mentre le suoi piccoli alunni si stringevano attorno a lui per abbracciarlo con lacrime e singhiozzi.  

Gli abitanti del villaggio che erano venuti a salutare il loro insegnante volontario erano rimasti lì, parlando in un dialetto locale che non poteva essere tradotto, ma poteva essere sentito dal cuore.  

Arrivederci … e ci rivedremo.  

Taychin guardò il giovane petulante che era come suo fratello minore. Tian stava tranquillizzando una bambina scoppiata in lacrime e con un’altra mano accarezzava i capelli dei bambini, cercando di confortarli. Taychin rimase senza parole mentre alcune emozioni gli sgorgavano dentro, rendendogli gli occhi lucidi.  

Tian non è solo cambiato. E’ stato trasformato!  

Il futuro medico prese il telefono per registrare la scena che sarebbe rimasta impressa nella mente di qualcuno. Non importava quanta strada si trovasse davanti Tian, non voleva che il ragazzo dimenticasse quel giorno e i ricordi cari che aveva di quel posto. Mentre abbassava il telefono, disse all’uomo accanto a lui: «Adesso ho capito cosa intendevi.»  

Khama Bieng Lae ridacchiò sommessamente e accarezzò la solida spalla dello studente di medicina. «Questa è una vera ricompensa ‘che può essere colta solo dal cuore sincero ‘.»  

L’uomo di città si tolse gli occhiali per asciugarsi le lacrime agli occhi. «All’inizio ero arrabbiato per come Tian avesse reso sua madre così preoccupata ed in pena perchè lui si ammalasse. Ora sono solo contento che abbia deciso di farlo.»

Doveva essere stato il destino o una coincidenza a far crescere qualcuno fisicamente e mentalmente. Una volta aveva protestato alla decisione  del generale Theerayuth, amico di suo padre, di aver lasciato il figlio più giovane ad affrontare da solo le difficoltà sulle colline nonostante il suo fragile fisico. Nel vedere il bambino di una volta trasformato in qualcuno che aveva fatto qualcosa per gli altri, che riceveva tanto amore in cambio, desiderò prendersi a calci da solo per aver sottovalutato il giovane. 

L’insegnante volontario si guardò intorno in cerca di un uomo che aveva aspettato, ma quello che trovò fu una delusione.  

Vuoi che ti dimentichi, vero?  

Salutò tutti con gli occhi arrossati, facendo del suo meglio per non frantumare la sua diga di emozioni di fronte ai bambini. Quindi, prese la mano di Taychin e trascinò via l’uomo come se non potesse sopportare di stare lì per un altro secondo in più.  

Una costosa berlina argentata era parcheggiata sul ciglio della strada sterrata. Una volta che un soldato li vide emergere sullo stretto pendio, aprì in fretta la portiera della macchina sul retro per loro. Taychin lanciò un’occhiata all’uomo che era rimasto in silenzio da quando avevano lasciato il villaggio, poi disse gentilmente: «Va tutto bene se vuoi piangere. Puoi lasciarti andare.»  

Tian tirò su col naso e prese un respiro profondo, scuotendo lentamente la testa. «… No. Ho finito di piangere.»  

La notte precedente aveva gridato a squarciagola quando si erano separati ed aveva continuato a piangere finché non si era addormentato. Il calore delle mani ruvide e gentili ancora indugiava sulla sua pelle. Quella era una lezione che ancora non aveva imparato:

non importa quante lacrime avrebbe versato, c’era un qualcosa che non poteva essere ricordato.  

«Non eri sorpreso che nessuno venisse a prenderti?» Il futuro medico chiese nel tentativo di cambiare argomento ed alleggerire l’umore del giovane.

«Lo ero, ma non volevo cercare la risposta. Era meglio per me così.»

Le labbra di Taychin si strinsero in un leggero sorriso quando sentì la risposta che si addiceva ad una vecchia versione del ragazzo che conosceva. «Tua madre ha fatto delle grandi scenate. Tuo padre ha dovuto insistere sul fatto che era meglio che tu vedessi il mondo. Altrimenti saresti stato acciuffato e trascinato a casa il primo giorno in cui avessi messo piede qui.»

«Sapevo chi era l’informatore.»  Soltanto Tul era a conoscenza del suo piano ed era l’ultimo uomo che aveva visto prima di scappare. 

«Ma naturalmente tuo padre era preoccupato per te. Ha ordinato a mio padre di trovare subito qualcuno che vegliasse su di te. Ma com’è andata? Quell’uomo si è preso cura di te?»

Tian guardò fuori dal finestrino per nascondere il dolore che giaceva in fondo al suo cuore. «Sì, è stato di grande aiuto.»

Così grande che non nessun altro sarebbe stato in grado di farlo. Nessun altro mi avrebbe dato così tanto,

«Non mi hai ancora detto perché sei scappato per diventare un insegnante volontario.» Taychin non riusciva a capirlo, non importa quanto si sforzasse. Non capiva cosa  avesse spinto il giovane a fare qualcosa del genere. 

Tian gli lanciò una breve occhiata e sussurrò: «… Pensavo che lo sapessi già.» 

«Se intendevi il donatore di organi, sì, sapevo di lei. Quello che non so è quello che ti è passato per la testa.»

«Io…» Tian trattenne il respiro prima di dire: «Mi ero stancato… ero stufo di tutto.  Non ero mai stato felice prima. Quindi ho pensato che se avessi provato qualcosa di nuovo… forse avrei trovato la risposta…»

Il futuro dottore si accigliò. Come poteva un uomo che era nato con un cucchiaio d’argento e che aveva sempre ottenuto tutto con facilità fin dal giorno in cui era venuto al mondo, dire che non era mai stato felice?  

«Pensi di averla trovata?»  

La luce negli occhi a mandorla si attenuò immediatamente e l’uomo più anziano rimase senza parole.  «No… non ci sono riuscito. Non l’ho nemmeno conosciuto abbastanza e ho dovuto dirgli addio.»  

Sta parlando degli abitanti del villaggio e dei bambini?  

Taychin si passò una mano sul viso e guardò fuori dal finestrino, non volendo sondare più a fondo le fragili emozioni del giovane.  

Due ore dopo, la lussuosa berlina raggiunse la città e si fermò per una colazione in città.  Dopodiché si disseresso verso la loro destinazione: Bangkok.  

Il viaggio era stato silenzioso, con solo brevi discorsi a bassa voce, ogni tanto. Entrambi erano stanchi per quello che avevano passato.  

Tian si rannicchiò in un soffice piumone che Taychin gli aveva portato. Fece un lungo pisolino come per restare nel sogno e non doversi più svegliare, ma il tempo non si era mai fermato.  

Alla fine, l’auto si fermò davanti alla villa Sophadissakul dopo un viaggio di 10 ore. L’uomo. che nel frattempo si era svegliato, aprì la portiera della macchina ed ancora assonnato finché un caldo abbraccio lo svegliò del tutto.

«Piccino mio!!!» La signora Lalita stava aspettando quel giorno da quasi tre mesi. Ogni giorno che passava, era stata in ansia per la salute del suo figlio più giovane. Il dolore l’avrebbe uccisa se il colonnello Phithan, il braccio destro di suo marito, non avesse fornito loro un rapporto costante sul benessere del figlio.  

«Mamma …» 

Il tocco gentile di una madre scaldò il cuore di Tian. Strinse il suo corpo paffuto in uno stretto  abbraccio e la prese in giro: «Hai perso peso.» 

Lalita si tirò indietro e schiaffeggiò l’avambraccio di suo figlio: «Sto per schiaffeggiarti! Sei scappato e ora mi prendi anche in giro?!»

Il ragazzo piagnucolò rumorosamente, divertito. Ma mentre guardava negli occhi rossi di sua madre, fu sopraffatto dal senso di colpa. Tian alzò le mani in un wai e li mise delicatamente sulla sua morbida spalla del genitore. «Mi dispiace, mamma.»  

Lady Lalita fu colta alla sprovvista dall’azione genuina del suo ragazzo. Da quando Tian aveva raggiunto la pubertà, era sempre stato attaccato e influenzato dai suoi amici o amiche e si era allontanato dai suoi genitori. Aveva sempre agito come se mostrare amore, affetto e gratitudine verso sua madre e suo padre fosse un segno di debolezza. Anche se se aveva sempre saputo com’era difficile il rapporto con gli adolescenti, nessun genitore avrebbe voluto passare tutto quello.

Lacrime sgorgarono dai suoi occhi mentre gli accarezzava i capelli del figlio, sentendosi orgogliosa. «Va tutto bene, amore mio. Sono contenta che tu sia tornato a casa sano e salvo.» Gli prese il viso tra le due mani, osservando come la sua pelle si fosse leggermente scurita. Poi i suoi occhi colsero i deboli lividi sugli zigomi e all’angolo delle sue labbra.  

«Guardati … cosa hai fatto al tuo bel viso? Ti do la mia parola che non ti impedirò di fare quello che vuoi d’ora in poi. Ovunque tu voglia andare, con chiunque tu voglia uscire… puoi farlo. Tutto quello che ti chiedo è una cosa: per favore, non rischiare mai più la tua vita su quella collina!»  

La richiesta di sua madre fece trattenere il respiro a Tian che guardò lontano, incapace di dire di sì, ma nemmeno lui resistette.Per fortuna sua madre era profondamente preoccupata e non si è accorta di questa piccola reazione impercettibile. Poi i suoi occhi colsero la vista di suo padre che stava leggermente dietro. 

«Papà, io…»

L’ex generale sorrise gentilmente, conoscendo bene le parole che suo figlio gli stava dicendo attraverso i suoi occhi. Era entrato per picchiettare la spalla sottile un paio di volte prima di sussurrare: «Ne parliamo più tardi. Vai e fai sentire meglio tua madre.» 

Tian annuì, inghiottendo tutte le parole rimaste bloccate in gola, e lasciò che sua madre lo trascinasse in casa. La luce del lampadario del soggiorno gli annebbiava la vista. Il cuscino barocco con i bordi d’oro e il Bone China della dinastia Ming brillavano sotto le luci, riflettendo la stravaganza della porcellana. 

Tian si guardò intorno nel palazzo un tempo familiare, ma che gli era diventato estraneo, emettendo un lungo sospiro.  

Che mondo diverso è questo. 

 Ma quello era … il suo mondo.

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