A TALE OF THOUSAND STARS – CAPITOLO 11

Poiché la scuola era stata incendiata, l’insegnante e gli studenti avevano dovuto annullare le loro lezioni. Khama Bieng Lae aveva contattato la fondazione per chiedere nuove attrezzature per l’insegnamento e libri di testo che avrebbero impiegato del tempo ad arrivare. Nel frattempo, l’unica cosa che l’insegnante volontario poteva fare era progettare una nuova scuola in modo che i soldati e gli abitanti del villaggio potessero recuperare il materiale per costruirla nei giorni successivi.  

Non c’erano molti bambini che vivevano su quelle colline e che avevano ottenuto il permesso dai genitori per andare a scuola, ma erano solo un paio di dozzine in tutto. Costruire una scuola eccessivamente grande sarebbe stato uno spreco di manodopera e di tempo, quindi Tian aveva deciso di mantenere la vecchia struttura con l’intento di migliorarla, rendendola più solida in modo che non richiedesse molta manutenzione in futuro.  

Lo studente di ingegneria sospirò e si rotolò sul materasso, tracciando delle linee su un pezzo di carta. Se avessero avuto un budget sufficiente, avrebbe ordinato dei mattoni ignifughi insieme a materiali in fibra di vetro, che poiché erano resistenti al fuoco, sarebbero durati per sempre. 

Tian sorrise ai due ranger che erano passati da fare la guardia alla scuola a fare la guardia alla sua capanna. Mentre pattugliavano il suo alloggio, aveva visto due uomini con cestini per il cibo e un fascio di banane mentre camminavano lungo il percorso sulla strada del villaggio. Khama Bieng Lae ​​lo salutò, mentre un altro giovane sconosciuto alzava le mani in un saluto wai.  

Il ragazzo di città balzò in piedi per accettare goffamente il saluto. Il capo del villaggio non gli permise di indovinare chi fosse l’altro uomo e fece le presentazioni.

«Insegnante, questo è mio figlio, Long Tay. Sta facendo una pausa prima degli esami così è tornato a casa.»

Tian ricordava che lo zio Bieng Lae gli aveva parlato del figlio che stava studiando all’università in città. Doveva avere 18-19 anni, o al massimo doveva essere solo pochi anni più giovane di lui. Ricevere un saluto wai da una persona non molto più giovane di lui lo fece sentire un po’ nervoso. 

«Sawaddee krub, Kru Tian. Sono andato nei boschi con mio padre questa mattina, quindi ho pensato che un fascio di banane coltivate per te sarebbe stato apprezzato.» Disse Long Tay cordialmente. Il suo bel viso era pieno di un sorriso sincero, proprio come quello di suo padre.  

L’uomo della capanna guardò il fascio di banane… non una sola banana, ma un fascio intero che lui non sarebbe stato in grado di finire nemmeno in una settimana, sorrise imbarazzato. «Gr…grazie mille, ma per favore chiamami fratello. Non devi chiamarmi Kru.»

L’uomo più giovane accettò di farlo e seguì suo padre nello spazio sotto la capanna e mise il fascio di banane sulla stuoia. Posò i suoi occhi sugli oggetti locali e di alto livello che avevano segni di usura e si voltò per sussurrare a suo padre: «Sa come usarli?» 

Aveva frequentato la scuola in città fin da quando era un bambino, ma aveva la convinzione che la gente di città si era modernizzata molto ed aveva uno stile di vita diverso rispetto alle persone dell’entroterra come loro. 

«Non all’inizio, ma ora è abile.» Khama rispose nel dialetto nativo perché temeva che l’insegnante, che prendeva il foglio da disegno e scendeva le scale, avrebbe potuto sentirli parlare alle sue spalle. 

«Mia moglie ha preparato il pollo alla griglia e il riso glutinoso oggi. Ne ho preso un po’ per te.» Bieng Lae aprì il portavivande inossidabile, rivelando pezzi di pollo ben tagliati e riso piccante ricoperto dalla salsa: «Immergici pure un dito e assaggia. Prometto che non è molto piccante.»  

«Grazie mille. Avrei potuto mangiare soltanto una frittata, altrimenti.» Detto questo,Tian stava sbavando alla vista del cibo profumato davanti a lui.  

«È noioso mangiare tutti i giorni frittata e verdure fritte. Se vuoi qualcosa, fammelo sapere. Mia moglie sa cucinare qualsiasi cosa!» Disse Bieng Lae generosamente. Stava dando il cibo al giovane e l’insegnante non l’aveva chiesto nemmeno una volta. 

«… Va tutto bene, davvero. Posso cavarmela benissimo con quei pasti.» Tian preferiva infatti piatti giapponesi o occidentali. Quella era stata la prima volta nella sua vita in cui aveva mangiato così tanto cibo thailandese, specialmente cibo casalingo come quello.  

«Avanti, insegnante. E’ ancora caldo.» L’anziano diede una gomitata e Tian dovette prendere in mano del riso per appallottolarlo prima di metterlo in bocca. Non sembrava più riluttante nel farlo a differenza di prima.  

«Perché non vi unite a me?» Chiese vedendo i visitatori guardarlo con un sorriso.  

«Abbiamo già fatto colazione.»  

Tian gridò, sentendosi a disagio: « Perché ti sei preso la briga di portarmi il cibo…?»  

«In realtà volevo presentarti mio figlio, perché parla lui il dialetto centrale.» Bieng Lae aveva dichiarato il suo intento. «Il capitano Phupha non è molto in giro ultimamente. Non voglio che tu sia solo.»  

Quella dichiarazione fece sì che il pezzo di pollo si bloccasse nella gola di Tian: «Non sono solo anche se lui non è qui!»  

La forte protesta fece ridere forte l’uomo più anziano. «Ok, lo porto con me in modo che possa aiutarti a costruire la scuola anche se è un laureando in scienze politiche e non è un tuttofare come te.»

Lui era un tuttofare, d’accordo. Il futuro ingegnere sorrise seccamente, poi si voltò verso il ragazzo alto, grande quasi quanto il capitano Phupha, proprio come lo aveva descritto lo zio Bieng Lae.  

«Vuoi lavorare nel settore pubblico?» La maggior parte dei suoi amici che avevano scelto di studiare scienze politiche, come obiettivo avevano quello di diventare un diplomatico o un politico, seguendo le orme dei propri genitori.  

«Voglio essere deputato in modo da poter far sviluppare la mia città natale.» 

«Va bene …» disse Tian debolmente. Si vergognava di se stesso per non avere alcuna ideologia o obiettivo lungimirante come quel giovane. Quando aveva scelto ingegneria, aveva solo pensato che sarebbe stato più facile laurearsi se avesse scelto qualcosa che preferiva e quello significava anche dover compiere uno sforzo minore. 

Mentre il ragazzo di città stava lavando il portavivande vicino al vaso di terracotta sul retro della capanna, un abitante del villaggio stava correndo verso Khama Bieng Lae e dopo averlo raggiunto i due iniziarono a parlare nel loro dialetto nativo. Anche se non capiva niente, poteva dire dalle loro espressioni e dai loro gesti che era successo qualcosa di grosso. Il capo del villaggio chiese a suo figlio di restare con l’insegnante mentre si scusava e se ne andava in fretta.  

«Cosa è successo?»  Chiese Tian, perplesso.  

«Ehm, niente di grave.» La risposta di Long Tay sembrava incerta, come se non volesse dirlo, ma quando l’insegnante insistette capitolò presto: «Uno di noi è stato posseduto. Qualcuno lo ha trovato nel bosco e lo ha portato qui.»  

«Posseduto? Alla luce del sole?!»  

«Hanno detto che è andato nella foresta all’alba, ma non è tornato. Poi qualcuno l’ha trovato lì.» Il ragazzo si grattò il collo, non sapendo cosa fare per lo sguardo scettico sul viso dell’insegnante.  

«Puoi portarmi a vederlo?» Disse Tian per curiosità. Anche se non aveva mai sperimentato attività paranormali, aveva sempre creduto nel motto “anche se non ci credi, non mancargli di rispetto“.  

«Penso che non sia una buona idea. Non è qualcosa di carino da vedere …» Il ragazzo non voleva che la gente di città dicesse che loro erano persone superstiziose.

«Ma io voglio vedere.» Tian appena pronunciata l’ultima parola spinse il ragazzo fuori dalla porta.  

La casa in cui Long Tay lo aveva portato si trovava alla fine della foresta. Era una capanna molto alta comune in quella zona. I maiali nel recinto dietro la casa emettevano ad alta voce gemiti inquietanti e nell’udirli il visitatore aggrottò le sopracciglia. I vicini, maschi e femmine, e le persone anziane accorrevano per assistere al rituale eseguito da Jou Ma, lo sciamano del villaggio.  

Tian notò che là non c’erano bambini. Long Tay gli disse che quando si trattava di rituali riguardanti i fantasmi, a nessun bambino era permesso unirsi perché la loro mente innocente poteva essere facilmente posseduta.  

Lo stesso Jou Ma, che aveva celebrato una cerimonia di benvenuto per lui, era seduto a gambe incrociate sul pavimento e recitava un incantesimo. Davanti a lui c’erano offerte, da un cilindro di bambù che conteneva spirito limpido, un grosso pollo bollito, un khantoke o un vassoio di legno con cibo e dolci, a piccoli animali.

L’uomo che era posseduto era seduto e tremava sotto una coperta, solo il suo volto cinereo era visibile. Jou Ma, che sembrava cupo, tirò fuori un pugnale benedetto per eseguire una danza come se stesse invitando uno spirito santo ad entrare in lui.  

Il ragazzo di città che si era unito alla folla avvincente, annusò come se avesse annusato un profumo unico e familiare nei locali notturni che aveva frequentato e si voltò per chiedere al giovane: «Sei sicuro che sia posseduto, non sballato?»  

Long Tay sorrise imbarazzato, non sapendo cosa dire, così cambiò argomento: «Credi nei fantasmi?» 

«Non lo so. Ma non voglio vederne uno. E tu?» Tian si chiedeva cosa avrebbe detto un Akha che aveva accesso all’istruzione superiore delle loro tradizioni.  

«Crediamo negli spiriti e nei fantasmi sin dai tempi antichi. Spiriti della casa, spiriti della foresta, spiriti del villaggio. Tutte le tradizioni che ci hanno trasmesso sono basate su queste credenze. Se devo rispondere se credo negli spiriti o no, io sceglierei di seguire le mie tradizioni senza fare domande.» 

«Tu …» La lunga risposta rese Tian senza parole: «Diventerai un ottimo vice capo.» disse e guardò il rituale, lasciando l’altro uomo sconcertato dalla sua affermazione.  

Jou Ma si comportava come se stesse tagliando qualcosa in aria. Long Tay spiegò che si stava sbarazzando degli spiriti erranti che avevano seguito l’uomo e posseduto la casa.  

Lo sciamano del villaggio raccolse una foglia per masticarla e trattenne così lo spirito puro nella sua bocca. Spruzzò poi dell’acqua santa sull’uomo che era accovacciato sul pavimento finché il suo viso non si bagnò. Tian fece una smorfia. Quell’acqua santa era una miscela di alcol, saliva e foglie sgranocchiate, non avrebbe dovuto avere un odore così piacevole.  

Se fossi un fantasma, fuggirei dal corpo in un batter d’occhio. 

Il posseduto iniziò a piagnucolare emettendo un ronzio basso e lamentoso, ma non sembrava spaventato dal suo spirito come un momento prima. Sua moglie e i cugini si accalcarono intorno a lui e gli chiesero come stava.  

Jou Ma si avvicinò a Khama Bieng Lae. Long Tay diede una breve traduzione dicendo che lo sciamano stava consigliando all’uomo un buon riposo. Dovevano mettere un’offerta davanti alla casa e dei bastoncini di incenso leggero per dire agli spiriti della casa di proteggerlo. Doveva essere controllato fino al mattino successivo, se per allora le cose non fossero migliorate, l’uomo avrebbe dovuto ricevere un rituale più grande nella foresta.  

«Penso che presto starà meglio.» Disse Tian, che stava a guardare, dopo una lunga pausa. 

Long Tay inarcò un sopracciglio sorpreso. L’insegnante si era comportato in modo scettico solo pochi istanti prima.  

«Vuoi dire che il fantasma che lo ha seguito fino in casa è stato scacciato?» 

«Nessuno può vedere i fantasmi, giusto? Ma tutti possono vedere questo esorcismo. Che i fantasmi siano reali o meno, direi che dopo questo sarà spiritualmente meglio.» L’insegnante di città diceva che quel rituale era solo per la mente. Il ragazzo Akha sorrise dolcemente. Non era turbato dal fatto che l’altro uomo la vedesse diversamente. La fede era comunque una scelta personale.

 «Vuoi tornare a casa adesso? Non c’è molto da vedere.»  

Tian allungò il collo e vide gli abitanti del villaggio intorno a quell’uomo. Khama Bieng Lae stava ancora parlando con Jou Ma con un’espressione solenne. «Si tutto bene.» Borbottò prima di scendere le scale.  

Occhi a mandorla guardarono le offerte che qualcuno aveva portato e messo accanto ad un palo, nello spazio sotto la casa con un bastoncino d’incenso.  

Qualcosa era ancora bloccato nella sua mente così parlò: «Gli abitanti del villaggio vengono posseduti così spesso?»  

Long Tay si strofinò il mento, riflettendo a quella domanda. Anche se era nato là, aveva passato la maggior parte della sua infanzia con i cugini in città per andare a scuola. Ecco perché viaggiava spesso avanti e indietro. 

«In realtà, le nostre tradizioni riguardano le offerte agli spiriti, non importa in quali stagioni. Penso che ci siano stati alcuni casi di possessione, ma papà ha detto che è successo molto ultimamente e si è verificato solo con le persone che sono andate a raccogliere qualcosa nella foresta profonda.»

«L’esorcismo deve essere fatto regolarmente?»

«Se uno non vede i fantasmi da vicino, non sarebbe così fuori di testa.»

Tian annuì per dire che aveva capito e non chiese oltre. Tornò a guardare la casa ancora una volta, osservando i fumi bianchi dell’incenso sulle offerte che fluttuavano nell’aria con un pensiero curioso.  

Qual era stato l’evento che aveva spinto gli spiriti ad uscire spesso in quella stagione, allora?  

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Quella notte la temperatura scese più del solito. Il vento sibilante soffiava tra i rami secchi che colpivano il tetto di paglia, perforandolo finché non apparve un buco. La luce fioca della lampada a cherosene si era spenta dato che l’olio era finito e non era stato più caricato. Il giovane magro rannicchiato sotto il piumone avvolto da una spessa giacca invernale si agitò e rigirò nel letto, frustrato. 

O forse era a causa dell’esorcismo e all’esibizione di Jou Ma a cui aveva assistito e che gli era rimasta impressa nella mente. Tian aveva persino immaginato lo “spirito della foresta” da cui l’abitante del villaggio era stato posseduto dopo averlo incontrato e che lo aveva fatto ammalare.

Il canto dei grilli improvvisamente cessò e il silenzio riuscì a rendere l’atmosfera persino più inquietante. Tian si aggrappò al piumone e cercò di ipnotizzarsi per addormentarsi. Tuttavia, quando iniziò a cadere in un sonno profondo, sentì un rumore provenire da sotto la capanna. I suoi nervi si risvegliarono completamente. Allungò le orecchie, ma quel rumore era sparito. 

Se ora un cane si mettesse ad ululare, la scena horror sarebbe completa!  

Chiuse gli occhi, perché non voleva tenerli aperti. All’improvviso, il vento, che da un po’ aveva smesso di muoversi, iniziò a soffiare dalla finestra producendo scricchiolii come se qualcosa stesse camminando verso la capanna.

Tian prese a recitare ripetutamente un incantesimo buddista Namo mentre sentiva la cosa avvicinarsi sempre di più. Una grande ombra scura si profilò sopra la sua testa mentre la stessa spaventosa rivelazione di uno spirito malvagio, che aveva visto in un film dell’orrore, apparve nella sua testa e quasi urlò.  

«So che non stai dormendo.» La voce bassa e roca accompagnata da un respiro caldo contro il suo orecchio fece scattare Tian in piedi. 

Afferrò l’arma più vicina e lanciò il cuscino al bersaglio con gli occhi chiusi. Ma sembrava che il gigantesco fantasma fosse un giocatore di basket in vita dato che aveva catturato l’oggetto al volo. Prima che l’uomo fuori di testa potesse gridare maledizioni al fantasma, un flusso di luce divampò nella stanza. L’ombra scura si rivelò essere una figura familiare in uniforme mimetica verde. Sul viso scuro e intenso era dipinto un cipiglio profondo e irradiava un’energia più oscura di quella che qualsiasi fantasma potrebbe fare.  

«Ca…capitano! Merda! Perché ti comporti in modo così inquietante?!» Tian si strofinò il petto e cercò di calmarsi.  

«Ho visto che la luce si è spenta prima delle undici, il che è insolito per te. Pensavo che ti fosse successo qualcosa.» Phupha lanciò il cuscino all’insegnante che era seduto a gambe incrociate, con un profondo cipiglio, sul materasso. «Ma quello che ho sentito non appena sono arrivato qui, era qualcuno che cantava Namo come se fosse stato posseduto.»

«Sciocchezze! Che ci fai qui a quest’ora?! Mi hai spaventato!»

L’uomo alto si sedette e disse: «Ho appena finito il mio turno. Non ti vedo da molti giorni, quindi volevo solo passare e controllare che non avessi causato altri problemi.» 

Tian gli lanciò un’occhiataccia: «Sì, sarai molto utile proprio come quando un ufficiale muore nella capanna di un bell’insegnante.»

«E l’arma dovrebbe essere il cuscino? Al momento si trova sotto di me.» Phupha scosse la testa e ottenne un’occhiataccia ancora più tagliente.  

«Adesso che hai visto che qui non c’è niente, puoi tornare a casa. Domani devo alzarmi alle cinque.»

«Perché ti alzi così presto? Quando avevi le lezioni non lavoravi così duramente.»

«Long Tay mi ha chiesto di andare alla piantagione con lui. Ha detto che mi insegnerà a raccogliere le foglie di tè.» 

Il figlio di Khama Bieng Lae è tornato. Devono aver legato per via della loro età.  

«Non trasformarlo in un altro moccioso. Long Tay è un bravo ragazzo, un bravo studente. Ha sempre ottenuto borse di studio reali.»  

«Che tipo di uomo pensi che io sia?»

Il capitano non rispose, ma quando alzò gli occhi al cielo, Tian finalmente capì. Balzò in piedi per trascinare il forte braccio dell’ufficiale verso la porta. 

«Vai a casa adesso. Vado a dormire.»

«Lo so, lo so.» L’ufficiale alzò i palmi delle mani per segnalare la sua resa, ma poi si voltò di scatto. «La tua febbre è sparita?»

«Sì.»

«Fammi vedere…» Il viso scuro e bello si chinò troppo velocemente perché Tian potesse rendersi conto di quello che stava accadendo ed un attimo dopo labbra spesse e formose venivano premute contro la sua fronte liscia. «Buonanotte insegnante.» Il mormorio basso e gentile svanì insieme alla brezza fredda, lasciando solo il più caldo abbraccio nel cuore di un uomo sbalordito. Tian alzò lentamente la mano per toccarsi la fronte mentre guardava il visitatore notturno scomparire dalla sua vista. Le sue guance pallide si riscaldarono e diventarono rosse, mentre il sangue scorreva caldo in tutto il corpo. Si sentiva stordito nonostante l’aria fredda.  

Forse Tian era di nuovo febbricitante…

Una volta spuntata l’alba era possibile udire il verso dei galli lungo il percorso nel villaggio di Pha Pan Dao. Long Tay lanciò un’occhiata all’uomo che stava trascinando i piedi accanto a lui e vide che non riusciva a smettere di sbadigliare.  

«Stai bene? Non hai dormito abbastanza la scorsa notte?»  

«Qualcuno mi ha infastidito mentre stavo per addormentarmi.» disse Tian stancamente.  

Non solo gli dava fastidio … ma lo rendeva persino incapace di dormire!  

«Chi è stato?»  

«Il capitano Phupha. Si è presentato nel cuore della notte. Pensavo fosse lo spirito esorcizzato che era venuto a perseguitarmi!»  

Gli occhi di Long Tay si spalancarono per lo sconcerto. Aveva sentito da suo padre che il capitano Phupha era il tutore di quel nuovo insegnante volontario, ma non aveva idea che sarebbero stati così vicini. «Voi due siete molto vicini.»  

«No.» disse Tian cercando di sembrare disinteressato, poi indicò le piantagioni a cascata per cambiare argomento: «Guarda. Qualcuno è venuto qui prima di noi!»  

Il giovane si affrettò a seguire l’uomo in maglietta, pantaloni da tuta e giacca invernale che correva in discesa e aspettava lì. L’insegnante si fermò tra i filari di piante di tè verdeggianti, allungando le braccia e respirando aria fresca. Li aveva visti da lontano, ma stando lì, si rese conto che le piantagioni a cascata erano così vaste da raggiungere il fianco della montagna.  

Long Tay, che era andato a prendere due cesti intrecciati, tornò e ne consegnò uno a Tian.  

«Sei pronto, fratello?» 

Tian prese il cesto, non sapendo cosa farne, ma lo caricò sulla schiena e seguì il figlio del capo del villaggio: «Non c’è una forbice per tagliare le foglie?»  

«Usiamo le nostre mani. Sono gli strumenti migliori.» Long Tay sorrise all’uomo che sembrava scettico.  

«Con delle forbici il lavoro potrebbe essere più veloce e confortevole, ma non ti permetterebbe di scegliere i funghi giusti. Ciò può rendere le foglie meno qualificate.» 

«Stai dicendo che il tè fatto qui è di alta qualità?» 

«La maggior parte del tè Oolong proviene dalla Cina, ma il nostro proveniva da piantagioni taiwanesi. È umido e ha un profumo più delicato. Ecco perché gli intermediari hanno sempre cercato di pagarci il meno possibile, così da guadagnare di più alla vendita.» 

Così i poveri sono rimasti poveri. Non potevano tenere il passo con i trucchi di questi bastardi.

Tian sospirò. Si era opposto a loro una volta e la sua scuola era stata bruciata. 

Se tutti qui insorgessero, l’intero villaggio non rischierebbe di andare in fiamme.

Long Tay intraprese un nuovo compito, percorrendo una fila in modo da non ostacolare gli altri lavoratori ed iniziò ad insegnare a Tian come raccogliere le foglie di tè. Anche se non aveva passato molto tempo al villaggio era comunque cresciuto nelle piantagioni di tè ed era bravo a cogliere le foglie come tutti gli altri abitanti. 

«Guarda i rami. Quando ne cogli uno, cerca di prendere quello che ha qualche foglia più giovane, così.» E diede una dimostrazione a Tian. «Devi coglierlo in una volta sola per non ammaccare le foglie.» 

Il ragazzo di città annuì e iniziò a lavorare. Sembrava così goffo che le ragazze e le donne che lavoravano lì, e che gli lanciavano sguardi furtivi, non riuscivano a trattenere le loro risatine. Tian aveva fatto alcuni tentativi, cogliendo e rovinando alcuni piccoli ciuffi, ma una volta capita la giusta quantità di peso, iniziò a godersi il lavoro.  

La prima luce del giorno che illuminava l’orizzonte, illuminava in modo fioco le grandi distese di piantagioni. L’insegnante volontario che si stava chinando su e giù, cogliendo foglie di tè, aveva riempito solo un terzo del proprio cesto intrecciato posto sulla schiena, quando iniziò a lamentarsi. Si stiracchiò, alzando le braccia al cielo e torcendo il busto a destra e a sinistra. «Solo poche ore di lavoro e mi fa già male la schiena. Come potete lavorare tutto il giorno in questo modo?»  

Long Tay si allungò in tutta la sua altezza sopra la pianta del tè e rise dolcemente per lo strano modo di distendersi dell’altro uomo. «Ci siamo abituati. Lo facciamo fin da quando siamo molto giovani.»

«Va bene. E i bambini? Cosa stanno facendo ora che non c’è lezione?»

«Aiutano in casa, immagino. Dando da mangiare ai maiali e ai polli. In tarda mattinata saranno qui per asciugare le foglie al sole.»

«Lascia che ti faccia una domanda stupida. Perché sprecare il vostro tempo ad essiccare le foglie? Perché non si possono usare foglie fresche per fare il tè?» Essere un uomo di città non significava avere una cultura poliedrica e Tian non si vergognava nel fare una domanda così ingenua. 

«Dalla mia conoscenza popolare, se le foglie di tè non vengono essiccate dal calore del sole e non vengono tostate a secco e poi arrotolate, non saranno aromatiche e lisce.» 

«Quindi oltre ad asciugare le foglie asciugare di tè al sole, bisogna anche tostarle e arrotolarle?»

«Sì, ma si fa in una fabbrica.»

Tian si grattò la nuca, ancora infastidito da qualcosa: «Se asciugate le foglie, pesaranno di meno. Perché non le vendete fresche?»

«Hai mai sentito parlare del detto ‘la lavorazione aggiunge valore?’» disse Long Tay senza essere infastidito dalle molte domande dell’uomo di città. «Se le raccogliamo e le vendiamo fresche è come se vendessimo prodotti semplici e grezzi. Ma dedicando più tempo per asciugarle, le persone che li acquistano da noi potrebbero evitare tale processo e procedere con l’elaborazione. Dato che abbiamo risparmiato loro parte del lavoro, i nostri prodotti avranno un prezzo più alto.» 

Sentendo una risposta così dettagliata e accademica Tian rimase senza parole. Alzò le mani per fare un applauso al giovane. Il ragazzo meritava davvero la borsa di studio reale. L’insegnante volontario si fece avanti e diede a Long Tay alcuni colpi sulla spalla grande.

«Diventerai un ottimo capo villaggio.» disse e tornò a raccogliere le foglie di tè accanto alle signore che gli lanciavano sorrisi timidi, lasciando un ragazzo Akha sconcertato che, ancora una volta, non riusciva a capire cosa intendesse.  

Si erano fatte le nove del mattino e anche se il sole non splendeva, il duro lavoro fisico aveva fatto sì che qualcuno che non ci era abituato, mentre indossava un completo invernale fosse costretto a spogliarsi, visto che stava sudando. Il suo braccio sottile si alzò per asciugare le goccioline trasparenti di sudore sulla sua fronte, mentre gli altri lasciavano cadere le foglie raccolte sui grandi setacci lungo la scogliera. Long Tay gli aveva detto che avrebbero dovuto aspettare che le foglie fossero secche, il che richiedeva dalle quattro alle sei ore. Poi le avrebbero dovute spostare all’ombra e lasciarle riposare per altre sedici ore.  

Lavorano così duramente per guadagnare così poco… meno di poche centinaia di baht per chilogrammo. Come potrebbero mai fare fortuna?

Tian si strofinò lo stomaco brontolante. Si voltò a destra e a sinistra, volendo chiedere al figlio di Khama Bieng Lae di poter mangiare qualcosa, ma lo vide parlare intensamente con gli abitanti del villaggio.  

«Va tutto bene?» 

Long Tay si voltò verso l’uomo che sussurrava dietro di lui. Sembrava esitante, ma iniziò a parlare: «Per favore, non pensare che siamo superstiziosi, ma mi hanno appena detto che un altro ragazzo del villaggio vicino ha visto un fantasma.» 

Tian non sapeva cosa dire così pose a una domanda scherzosa: «Wow, è un posto piuttosto infestato, non è vero? Pensi che sia lo stesso fantasma?»  

«Non ne sono sicuro. Hanno detto che prima che il fantasma si materializzasse, il ragazzo ha sentito l’odore del vetro secco bruciato nel vento, poi è apparsa una palla di fuoco. A volte, si è sentito solo il suono di passi. Nel peggiore dei casi l’uomo è diventato febbricitante proprio come è accaduto ieri. Papà mi ha detto di aver visto il volto spaventato a morte dell’uomo.»

Il ragazzo di città volse il suo sguardo a terra, roteando gli occhi come se stesse cercando di risolvere un puzzle. Strinse in una linea sottile le labbra e poi alzò lo sguardo per fissare gli occhi del giovane: «Hai mai provato a fumare marijuana?»

 «Cosa?!» Sbottò Long Tay sbalordito e aggiunse: «No, mai. Le piantagioni di marijuana sono state eliminate per far spazio a quelle di tè Oolong. Ma forse lo coltivavano in tempi antichi.» 

Tian sorrise ed i suoi occhi brillarono di un bagliore inquietante. «Penso che dovremmo andare a catturare alcuni fantasmi nel nostro tempo libero. Voglio vedere che aspetto hanno.» 

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La struttura e le dimensioni della nuova scuola non erano poi così diverse da quella vecchia. Lo studente di ingegneria aveva modificato la struttura del tetto in modo che fosse più pratica, che facesse entrare più sole, ma includendo anche più protezioni dal sole e aveva rialzato le falde del tetto per essere più alte in modo da consentire una maggiore ventilazione all’interno della struttura. Con l’aiuto dei militari, quella volta c’erano stati sufficienti strumenti per la costruzione. Molti ufficiali, appartenenti al settore ingegneristico, in maglietta verde khaki, stavano misurando la lunghezza sul terreno individuando i punti in cui sarebbero stati montati i pali che avrebbero sorretto l’edificio anche contro il forte vento della scogliera.  

Tian si era seduto a gambe incrociate e aveva preso a discutere della costruzione con il sergente Yood, all’ombra di un grande albero. 

«L’ultima volta ci sono voluti solo pochi giorni per completare la scuola. Questa volta gli uomini sono troppo pochi per aiutare. I turni di lavoro sono spossanti.» disse l’uomo più anziano con un accenno di lamentela. Il suo viso baciato dal sole sembrava esausto, come se non avesse dormito abbastanza. 

«Cosa ti rende così impegnato?»  

Persino il capitano Phupha era scomparso dalla sua vista. Tian si chiese se all’uomo fosse successo qualcosa di brutto. L’insegnante guardò in lontananza mentre la preoccupazione gli cresceva nel petto.  

«I nostri informatori hanno annusato del pesce marcio nei boschi. Le nostre pattuglie hanno un raggio d’azione più lungo al momento.»  

«Ragazzi dovete essere stanchi.»  

«Va tutto bene insegnante. È nostro dovere servire e proteggere la nostra gente e il nostro paese.» Il sergente Yod sorrise onestamente e questo fece sorridere Tian con lui, sentendosi altrettanto orgoglioso.  

«Questa cosa maleodorante… ha qualcosa a che fare con il modo in cui gli abitanti del villaggio vengono posseduti più del solito nei boschi?» chiese Tian con l’intento di valutare la sua reazione.  

«Ne hai sentito parlare?» L’espressione dell’uomo più anziano si fece più solenne.  

«Gli spiriti? Andiamo. Un ragazzo del nostro villaggio era così spaventato l’altro giorno, io ero lì all’esorcismo.» Tian rise forte per fare luce sulla situazione e il sergente Yood iniziò a rilassarsi.  

«Non ha niente a che fare con questo. Forse si stavano prendendo in giro da soli. La cosa strana è che la polizia di pattuglia ci ha chiesto di cercare i criminali nella foresta.» Il sergente avvertì l’insegnante dalla testa calda che aveva sentito così tanto, dato che era molto preoccupato per la sua sicurezza. «Per favore non andare in cerca di guai. Non andare nella foresta profonda. Non sappiamo quanti di loro ci siano là dentro insieme a tutti gli animali pericolosi.»  

Tian si allarmò un po’ a quelle parole, così distolse lo sguardo. Un uomo alto in abiti tradizionali Akha stava camminando verso di loro con una borsa e sacchetti di plastica.  

«Long Tay, sei qui!» gridò Tian e si alzò per aiutare il giovane con il cibo. Il ragazzo di città guardò la borsa piena di contenitori di riso kratip o bambù, con una grande borraccia di plastica, e chiese ad alta voce: «Stai cercando di nutrire l’intera truppa?!»  

«Papà ha detto che questo è anche per i soldati.»

Long Tay stese a terra una stuoia piegata che stava portando sulle spalle, sotto la chioma degli alberi ponendo sopra il cibo con cura: maiale alla griglia, insalata di pesce piccante e naturalmente non potevano mancare verdure morbide bollite e salsa al peperoncino. Il sergente Yod guardò l’orologio e si alzò per chiamare i suoi uomini per la pausa pranzo. 

Tian colse quell’attimo per sussurrare al giovane: «Allora, a proposito di quella cosa, cosa mi dici di nuovo?»  

Il figlio del capo del villaggio sembrava angosciato, ma alla fine rispose: «Appena un po’ sopra la cascata a nord, a circa 7-8 chilometri… c’è una fitta foresta. Di solito non andiamo così lontano, ma quest’inverno è particolarmente secco. Dobbiamo addentrarci in profondità per trovare funghi ed erbe.»  

L’insegnante chiese maggiori dettagli sull’abitante del villaggio posseduto, inclusi dettagli su altri che avevano condiviso la stessa esperienza. Gli chiese persino di non dirlo a suo padre. Long Tay era angosciato perché l’uomo di città non aveva ascoltato la sua supplica di non andare oltre. Tutto quello che poteva fare era stare al gioco e cercare di tenere l’uomo fuori dai guai proprio come suo padre gli aveva chiesto.  

«Quando tuo padre andrà al seminario in centro?» Tian chiese di nuovo per assicurarsi che il suo piano funzionasse.  

«Nei prossimi due giorni, ma …» Long Tay aveva un’espressione addolorata come se avesse ingerito una pillola amara. «Per favore abbandona questo piano. Se mio padre e il capitano lo scoprissero…perderei la testa.»

«Non vuoi sapere la verità?» Tian accostò il viso come se stesse minacciando l’altro ragazzo, ma Long Tay scosse violentemente la testa e lo respinse: «No, non voglio.»  

«Ma io sì!» Tian urlò finché le orecchie del ragazzo non iniziarono a fischiare.  

Long Tay si coprì le orecchie e guardò in basso, desiderando piangere, non sapendo come il capitano avesse tenuto a bada quell’uomo spericolato per tutto il tempo!  

I due concordarono la data e l’ora per esplorare le profondità della foresta che era conosciuta come ‘Mon Nae’ o ‘Ghost Hill’. Le voci avevano spaventato gli abitanti del villaggio, ma avevano dovuto sfidarle per guadagnarsi da vivere. Long Tay aveva implorato lo zio Hu Boh, un cacciatore e raccoglitore veterano, di seguirlo nei boschi e alla fine aveva ottenuto il via libera.  

Khama Bieng Lae si era svegliato, aveva fatto la doccia, preparandosi per andare in centro, dalle tre del mattino, per arrivare puntuale alla registrazione alle sette. Intorno alle 3:45, il capo del villaggio di Phu Pan Dao lasciò la casa. Il figliol prodigo che stava mentendo al padre, dopo aver atteso la sua dipartita, balzò fuori dalla capanna non appena udì i passi di suo padre che scendeva le scale. Si alzò per lavarsi i denti e lavarsi la faccia per svegliarsi, frugò in cerca dei suoi abiti tradizionali che l’insegnante voleva prendere in prestito.  

La capanna che si trovava alla fine del villaggio era illuminata dalla luce della lampada, il che significava che anche l’uomo all’interno si era svegliato. Tian aprì la porta quando sentì un debole suono provenire dal visitatore chiamare il suo nome. Era già vestito con abiti tradizionali Akha che gli aveva regalato Khama Bieng Lae. Eppure, la sua giacca invernale era troppo luminosa e temeva che il ‘fantasma’ sarebbe stato troppo timido per presentarsi, così aveva chiesto a Long Tay di procurargli una giacca a maniche lunghe tessuta per lui. Il giovane aiutò silenziosamente il suo amico più grande ad indossare un turbante, simbolo dell’essere un Akha, e alla fine disse: «Puoi ancora cambiare idea, sai?»  

L’uomo di città sentendo quelle parole che gli erano state ripetute tutto il giorno precedente, fece una smorfia: «Abbiamo già fatto il nostro piano. Devo andare lì per dimostrare qualcosa.»

«Ma forse il fantasma non si farà vivo oggi.»

Tian si strinse nelle spalle con nonchalance. «Se non è così oggi, continuerò a salire lassù fino a quando non lo farà.»  

«E se fosse vero? Potremmo venire spaventati a morte.» Long Tay si strofinò il braccio dove gli era venuta la pelle d’oca.  

La mente del piano sorrise. Tian andò a prendere un sacchetto di plastica con della polvere bianca e lo porse al più giovane. «Questa si chiama ‘il lime benedetto’. Ti garantisco che se lo lanciamo contro il fantasma, sarà scacciato.»  

La bocca di Long Tay si spalancò, mentre prendeva la borsa: «Dove l’hai presa?»  

«Dal sergente Yod. Gli ho detto che ne avevo bisogno per il mio orto.» disse mentre metteva il suo sacchetto di lime e una torcia elettrica nel cesto intrecciato che aveva preso in prestito dagli abitanti del villaggio per rendere il tutto più convincente. 

Udendo la risposta, Long Tay rimase senza parole. Si strofinò la faccia per darsi un sostegno morale.  

Quel che sarà, sarà!  

«Andiamo, allora. Zio Hoo Boh deve aspettarci alla cascata.»

Entrambi gli uomini fecero luce lungo il percorso nel villaggio con le loro torce. Era buio e silenzioso dato che gli abitanti del villaggio dormivano ancora. Anche se il percorso non era ripido o accidentato, Tian inciampò sulle rocce e fu sul punto di cadere molte volte nell’oscurità ed il ragazzo più giovane e più forte dovette prenderlo per mano.  

«Non usciamo di notte, in questo modo, tranne quando andiamo a caccia. È rischioso. Ma ora abbiamo iniziato dalle quattro perché la foresta profonda e rigogliosa è più lontana e ci vuole più tempo per arrivarci prima dell’alba.» Long Tay spiegò il loro mezzo di sostentamento al ragazzo di città finché non raggiunsero la cascata Pha Mok.  

La magnificenza della cascata non si vedeva nell’oscurità, eppure si poteva sentire il fragoroso scroscio dell’acqua che cadeva nel bacino sottostante, che si prosciugava nella stagione secca. Non ci volle molto per individuare l’uomo che era venuto per andare con loro, perché c’era la luce di una torcia di bambù ai margini del bosco. 

Long Tay e lo zio Hoo Boh si salutarono prima di voltarsi a guardarlo. Tian sorrise dolcemente al cacciatore più anziano che sembrava amichevole e gentile. Hoo Boh non parlava il dialetto centrale, quindi comunicavano tramite il figlio del capo del villaggio. Lo zio Hoo Boh tirò fuori una bottiglia d’olio dall’odore pungente e disse loro di strofinarlo sulle braccia e sui piedi per proteggersi dalle sanguisughe e dagli insetti.  

Quando ebbero finito, lo zio Hoo Boh disse fermamente a entrambi i ragazzi di seguirlo da vicino per non perdersi nella foresta. Poi camminarono in linea retta attraverso la foresta, che era fitta, su uno stretto sentiero.  

Tian proiettò la luce davanti ai suoi piedi. Non c’era altro che oscurità e deglutì a fatica.  Faceva freddo e l’alito sibilante del vento che soffiava attraverso la fitta vegetazione fece correre libera la sua immaginazione. Rallentò per affiancare Long Tay, per darsi una certa sicurezza.  

«Stai bene? Ero solito venire qui due volte l’anno con papà. Mi sono ricordato che il punto era proprio laggiù.» Long Tay indicò una collina che era ancora più alto. 

Il ragazzo di città conosceva i propri limiti così disse onestamente: «Se ci riposiamo un po’, mentre camminiamo, starò bene.» Prese una bottiglia d’acqua dal cesto sulla schiena per sorseggiarla, dissetandosi.  

Man mano che si addentravano nella foresta, zio Hoo Boh si fermava di tanto in tanto mentre raccoglieva le erbe dagli arbusti e quello permetteva a Tian di fare una piccola pausa. Dopo essersi fermati per l’ennesima volta, avevano finalmente trovato un sentiero più stretto su di una pianura più ripida. Tian calcolò male i suoi passi e quasi cadde all’indietro molte volte, a differenza gli uomini Akha che afferrarono i rami per avere un agile sostegno.

Quando raggiunsero un incrocio che un escursionista esperto come Tian non poteva vedere a causa dei fitti boschetti e degli alberi, Hoo Boh si fermò e si voltò con un’espressione seria sul viso. Tian guardò avanti e indietro mentre i due Akha parlavano, senza capire una sola parola di quello che si erano detti.  

Long Tay percepì lo sguardo interrogativo e disse: «Lo zio Hoo Boh vuole raccogliere i funghi a destra, ma non vuole metterci in pericolo.» Il ragazzo più alto si chinò e sussurrò. «È lì che si trova la ‘Ghost Hill ’.»  

«Ha paura dei fantasmi?»

«Certo, ma deve farlo. I funghi puffball crescono solo sul quel pezzo di foresta. Non possiamo coltivarli in una serra. Quest’anno il clima è ancora più secco, quindi devono avventurarsi nella foresta profonda, sperando di avere fortuna visto che quest’anno i funghi puffball rendono davvero un sacco di soldi nei mercati.»

«Allora digli: cosa sta aspettando? Siamo qui in tre. Facciamolo!» Tian alzò un pugno, voltandosi per incoraggiare il cacciatore più anziano. 

Non sapeva se avesse fatto la cosa giusta. Il percorso davanti a loro era tortuoso e profondo, così profondo che anche quando la prima luce toccò il cielo, la luce era ancora fioca a causa della fitta chioma degli alberi sopra di loro. I gufi che li osservavano da qualche parte emettevano forti fischi attraverso la foresta. Il vapore caldo proveniente dal suolo incontrava l’aria fresca del mattino, creando una nebbia bianca e sottile su tutto il bosco. 

I funghi di solito crescevano sui tronchi morti o sulle radici degli alberi nel terreno, rendendoli difficili da trovare, il che aveva portato ad un incendio violento e doloso a causa di alcune persone spericolate che avevano causato tutto quello smog salito dalla in città.

Poiché i boschi erano molto fitti, i funghi puffball richiedevano un’attenta osservazione attraverso fitti arbusti e del terreno. I rinforzi, venuti con il cacciatore, decisero di offrire il loro aiuto. Si divisero e guardarono attraverso il terreno ricoperto da uno spesso mucchio di foglie secche, mantenendosi a poca distanza l’uno dall’altro. L’assistente raccoglitore Long Tay fece luce lungo enormi radici e le sondò con un dito, trovò un grappolo di funghi bianchi e levigati sotto il terreno inzuppato. Chiamò Tian per fargli vedere le caratteristiche uniche del fungo prima di estrarlo da una tavola di legno, poi si inoltrarono sempre più nella profondità della foresta.  

Il ragazzo di città, che da un po’ di tempo piegava la schiena alla ricerca del fungo, si raddrizzò e si asciugò il sudore sulla fronte, sporcandosi le guance. Si guardò intorno, sentendosi abbattuto dal fatto che il fantasma non si fosse ancora preso la briga di mostrarsi. Poteva davvero essere una cosa reale? Ecco perché un uomo senza un sesto senso come lui non poteva vederne uno. 

Una brezza fredda gli sfiorò la schiena, portandogli l’odore dell’erba bruciata alle narici. Anche se l’odore era molto debole, fece comunque starnutire un paio di volte il delicato ragazzo di città che soffriva di allergia.  

Mentre Tian tirava fuori un fungo dal terreno, si udì un fruscio di foglie in un arbusto di fronte a lui, e subito puntò lì la sua torcia. All’improvviso, i suoi occhi, abituati all’oscurità, avvistarono un rapido movimento proprio davanti a lui! I suoi occhi si spalancarono. La sua mente non aveva avuto il tempo per elaborare il tutto che i suoi piedi si erano già mossi in uno scatto.  

Long Tay si voltò di scatto e gli corse dietro, sorpreso: «P’Tian, fermati!» Il giovane gridò all’uomo che correva nella foresta profonda, ma Tian non ascoltò. Si fermò solo quando tutti i movimenti intorno a lui si furono calmati e tutto tornò al silenzio.

«Cazzo! Dov’è finito?!» L’insegnante dispettoso ringhiò sottovoce. La faccia liscia era rossa per il sangue che gli scorreva rapido in tutto il corpo e si trasformò in un profondo cipiglio, mentre era pieno di rabbia. Anche se quella cosa fosse stata un fantasma, sarebbe stato spaventato dallo sguardo mortale sul volto dell’uomo.  

«Potrebbe essere un serpente… o un piccolo animale.» disse Long Tay e lo accompagnò.  «Torniamo alle nostre tracce. Siamo troppo in profondità. Temo che ci siamo separati da zio Hoo Boh.»  

Tian, chino sulle ginocchia, si raddrizzò e prese un profondo respiro solo per calmarsi quando il familiare odore di bruciato filtrato nella nebbia divenne più pungente. Long Tay si precipitò a massaggiargli la schiena, preoccupato. «Stai bene, fratello?»  

«L’hai… l’hai sentito anche tu?»  

Quando viveva ancora in modo spericolato, aveva provato tutti i tipi di droghe, specialmente quelle leggere erano il loro intrattenimento di base. Tuttavia, la sua allergia e la sua salute fragile gli davano sempre una bronchite non appena veniva a contatto con delle sostanze pericolose e riusciva a malapena a respirare. Anche se voleva morire, non era di certo così che voleva andarsene. Era troppo doloroso.

Long Tay alzò lo sguardo e inspirò per testare l’aria. «Forse qualcuno sta bruciando la foresta per i funghi.»  

«Sì, potrebbe essere.» Tian non voleva supporre che fosse quello che pensava. «Ma faresti meglio a non inalarlo.» Abbassò il turbante per avvolgere il naso e la bocca e disse all’altro uomo di fare lo stesso. Tornò indietro lungo lo stesso sentiero, tracciando le proprie impronte sulle foglie secche che aveva lasciato una traccia visibile. Ma non avevano ancora raggiunto il punto in cui avevano lasciato l’uomo, quando un forte lamento si diffuse nella foresta. Long Tay e Tian si guardarono e consapevoli dallo sguardo spaventato l’uno negli occhi dell’altro. 

Zio Hoo Boh! 

Entrambi gli uomini corsero via in uno sprint come se fossero stati presi a calci. Il più vecchio cacciatore-raccoglitore non c’era. Un grido forte e folle si alzò di nuovo non molto lontano. Tian in quel momento decise di buttare giù il cesto sulla schiena per potersi muovere liberamente e andò a prendere il sacchetto di lime. Avrebbe preso a calci in culo quel maledetto fantasma non appena l’avesse visto!  

«Prendi il tuo sacchetto di lime e andiamo!» Tian parlò attraverso il panno sopra la sua bocca.  

Long Tay fece come gli era stato detto senza pensarci due volte. Corse dietro l’amico più grande verso la direzione da cui era venuto il lamento. La figura sgargiante e stravagante di zio Hoo Boh era corsa nella fitta foresta senza temere che sarebbe stato graffiato dalle spine sui rami degli alberi. Tian non riuscì a scorgere ciò che aveva fatto scappare l’uomo più anziano, quindi fece segno al ragazzo più alto di raggiungere il cacciatore nella parte anteriore.  

Quando Hoo Boh vide che qualcuno si trovava sulla sua strada, iniziò a dare di matto ancora di più, stava per colpire un uomo con un turbante intorno al viso con solo gli occhi in vista. Il vecchio cacciatore urlò, alzando le mani per eseguire un wai tremante. Era spaventato a morte.  

È stato molto strano!  

Long Tay stava per strapparsi il turbante e rivelare la sua identità, ma l’insegnante lo fermò afferrandogli il polso. Il ragazzo Akha avrebbe dovuto parlare con l’uomo più anziano attraverso il tessuto e anche se Tian non conosceva una sola parola, sapeva che zio Hoo Boh non lo stava ascoltando. Tutto ciò che stava facendo era prostrarsi ripetutamente  a terra per chiedere pietà.  

«Questo non va bene. Penso che dovremmo…» Tian non finì la frase perchè l’uomo più anziano colse l’occasione e lanciò il suo cestino contro due uomini. Il ragazzo più alto afferrò in tempo il contenitore pieno di funghi puffball, ma il peso lo fece barcollare all’indietro. Tian si lanciò in avanti per aiutare il giovane, ma non potè fermare lo zio Hoo Boh che nel frattempo era scappato nella direzione opposta.  

«Tutto bene?!»   

«Sto bene, ma zio Hoo Boh…»  

«Se n’è andato.» disse Tian, aggrottando la fronte mentre si tirava giù il panno sul naso prima di tirarlo su ancora una volta un millisecondo dopo. «L’erba che brucia è così forte, più di prima. Non toglierti la maschera se non vuoi avere anche tu le allucinazioni in quel modo.»

«Come lo sai?» chiese Long Tay innocentemente. Non aveva mai provato quel tipo di erbe anche se tutta quella zona una volta era stata una piantagione di marijuana.  

«Le ho già provate.» Gli occhi a mandorla si incurvarono segno che l’uomo stava sorridendo. «Non è poi così male quando metti l’erba nello spinello. Ma se la provi con un narghilè. Oh amico…quella droga dolce e succosa … Ti fa sentire come se fossi in paradiso.» 

Papà, questo tizio è davvero più spaventoso dei fantasmi! 

Tian diede una pacca sulla spalla spessa del ragazzo e lo fissò: «Non fingere di essere spaventato. Ho lasciato per sempre tutto questo.»

Anche se il boy scout il cui padre era il capo del villaggio si era mostrato più che scettico, a Tian non importava. Si aggrappò al suo sacchetto di lime e si guardò intorno mentre il sole stava diventando più luminoso. «Il fantasma fasullo che spaventava zio Hoo Boh deve essere qui intorno.»

«Ma se fosse vero?»  

«Un vero fantasma non ha bisogno dell’erba per fare tutto questo. Quella era erba forte, bastardo.» Sputò il ragazzo di città e si fermò quando vide la punta di un vestito bianco lampeggiare tra gli arbusti. 

«È lì!» Indicò la direzione e trascinò Long Tay che era seduto per terra per inseguirlo.  

Quel fantasma doveva essere nascosto e doveva aver origliato per un bel po’ di tempo.  Vedendo che non reagivano alla droga aveva deciso di scappare.  

Il fantasma doveva essere stato colto dalla sorpresa per il fatto che non solo i due uomini non erano stati allucinati, ma lo stavano addirittura inseguendo senza sosta.  

Entrambi i giovani guadarono i boschetti sottostanti, inseguendo il fantasma, attaccati alla sua coda. Ogni volta che si avvicinavano, però, quella figura vestita di bianco se ne andava come se conoscesse ogni centimetro di quella foresta. Tian intuì che lo stava inseguendo invano. Cominciò a sentirsi esausto, così pensò a una scorciatoia: raccolse un sasso, le cui dimensioni si adattavano bene al palmo della sua mano, e lo lanciò davanti a sé. Come ex lanciatore in una squadra di baseball professionista, durante il suo semestre estivo negli Stati Uniti, la roccia era volata lontano ed aveva colpito la schiena del fantasma fasullo.

Il fantasma gridò per il dolore e cadde a terra. Long Tay, che aveva le gambe lunghe e correva davanti, colse quel momento e raggiunse il fantasma. Prima che riuscisse a trattenerlo, però, il fantasma balzò via e tutto ciò che Long Tay catturò fu la punta del panno bianco che si strappò dal suo travestimento.  

Tian, che alla fine lo raggiunse, cercò di afferrare il colpevole, ma quello si voltò e gli lanciò qualcosa. Il suo braccio si alzò istintivamente per proteggersi il viso e lanciò il sacchetto di lime dietro la testa della figura appariscente.  

La polvere bianca esplose dalla borsa rotta, creando una nuvola bianca. Tian chiuse gli occhi e si voltò mentre il finto fantasma si allontanava zoppicando. L’insegnante volontario si asciugò la polvere di lime dagli occhi e si tolse il turbante dal naso per ripulire l’aria.  

«L’avevo quasi preso, cazzo!» Tian raccolse la traccia lasciata dal fantasma, della gomma da terra e imprecò ad alta voce.  

«Cosa dovremmo fare adesso Tian?» chiese Long Tay ansimando.  

«Almeno sappiamo che il fantasma che ha spaventato i ragazzi non era reale.» L’aria divenne di nuovo limpida e fresca senza tracce di erba bruciata e Tian inspirò profondamente. «Solo non so il perché.» 

«Immagino che si tratti di lavoro illegale e che si nascondano nei boschi. Non vogliono essere trovati.» 

L’insegnante selvaggio guardò nella direzione nella quale il fantasma era fuggito. Un sorriso freddo e privo di allegria apparve sulle sue labbra. La polvere benedetta doveva aver funzionato ormai. Le sue particelle più pesanti e ruvide avevano chiare tracce di colui che era stato spruzzato dalla polvere. 

«Siamo arrivati ​​fin qui. Seguiamolo prima che le tracce spariscano.»  

******************

La calce stava lasciando tracce sul terreno e sulle foglie rendendo più facile per gli investigatori dilettanti rintracciare il fantasma, ma mentre proseguivano, la polvere iniziò a dissolversi e alla fine svanì.  

Entrambi gli uomini si guardarono l’un l’altro come per chiedere cosa fare dopo. Long Tay si guardò intorno. Anche se la luce stava filtrando dentro essa, la foresta era ancora troppo fitta e cupa tanto che la matricola iniziò a scoraggiarsi.

«P’Tian… possiamo fermarci qui? Se andiamo più a fondo, entreremo in Myanmar.»  

«Ancora un po’, andiamo. Sono sicuro che sia qui intorno.» 

La caparbietà di Tian gli fece venire voglia di andare avanti. Non voleva più arrendersi e tornare a mani vuote. «Quale strada dovremmo seguire? Le tracce sono sparite. Non siamo dei cacciatori. Non abbiamo la bussola. Se torniamo indietro percorrendo la stessa strada, forse possiamo ancora risalire al villaggio.»  

Il ragazzo di città strinse le labbra, soppesando le loro opzioni. Poiché era incerto, vide che la calce del ragazzo era ancora lì.  

«Possiamo usarle questa!» Afferrò il sacchetto di plastica da Long Tay. «Possiamo spargere la polvere sugli alberi mentre andiamo avanti e li rintracciamo, ma avremo la via per il ritorno. Non ci perderemo!» Tian espose l’idea, elettrizzato, ignaro del fatto che l’altro ragazzo stesse per piangere.  

Perché è così testardo!  

Long Tay sospirò per l’ennesima volta e seguì l’uomo alto e snello nonostante la sua riluttanza. Spezzarono alcuni rami per creare degli attrezzi con spolverare la calce per fare i segni lungo il loro percorso. Il sudore stava scoppiando sulla loro pelle, rendendoli pruriginosi, soprattutto sui graffi provocati dai rami.  

La temperatura calda e umida unita allo sforzo fisico sin dal primo mattino avevano reso Tian esausto e frustrato. 

Quel dannato fantasma! Perché è così difficile prenderlo? Una volta che ti avrò, ti prenderò a calci in culo fino in prigione!  

L’insegnante volontario si allontanò furiosamente dai cespugli che si trovavano sulla sua strada, poi si fermò di colpo mentre scorgeva una vista attraverso le fessure tra i rami. Si girò di scatto, volendo chiamare il ragazzo che era dietro di lui, ma Long Tay si lanciò in avanti per chiudere la bocca e lo tirò ad accovacciarsi e nascondersi.  

Davanti a loro si trovava un pendio in discesa che incontrava un profondo bacino sottostante. Da dove si trovavano, era ancora visibile come il fantasma fasullo avesse ancora la polvere sulla testa e stesse cercando di implorare con un wai un gruppo di uomini vestiti con camicie raffinate. Uno di loro era un uomo paffuto con una spessa collana d’oro al collo con dieci amuleti buddisti. Tian riconobbe immediatamente l’uomo.

Mr. Sakda!  

Dietro di lui giacevano i mucchi di tronchi massicci che non erano stati lavorati. Non sapeva che tipo di legno fosse, ma poteva dire osservando quei grossi tronchi che dovevano essere stati alberi che avevano più di decenni.  

Non c’era da stupirsi del perché avevano avuto bisogno di un fantasma per spaventare gli abitanti del villaggio per non farli avvicinare troppo alla loro base operativa ed essere così rintracciati dai militari.  

«P’Tian… andiamo. Quel tizio è qui. Devono già sapere che sono stati scoperti.» Long Tay scosse il braccio del ragazzo più grande, implorandolo di andare via prima che potessero mettersi in pericolo.

Tian si rammaricò di non avere con sé il cellulare per poter portare delle prove fotografiche, ma conosceva le loro coordinate approssimative. Annuì, concordando con il ragazzo Akha che era ora che se ne andassero; ma la fortuna quella volta non era dalla loro parte.  

Mentre stavano strisciando sulle ginocchia all’indietro, un uomo armato con un fucile in mano, che faceva la guardia ai tronchi tagliati illegalmente notò un movimento dietro i cespugli. L’uomo gridò in una lingua sconosciuta per segnalare i due uomini e sparò con il fucile. L’insegnante volontario e il giovane studente piegarono la faccia a terra e il proiettile volò di poco sopra le loro teste colpendo il tronco di un albero proprio accanto a loro.  

C’era mancato poco!  

Tian batté forte la mano sulla schiena di Long Tay, esortandolo a svegliarsi e correre!  Entrambi i giovani balzarono in piedi e si precipitarono via dai proiettili che volavano tra i cespugli. Long Tay sapeva che quei taglialegna illegali dovevano essere contrabbandieri illegali del Myanmar che operavano lungo i confini tra Thailandia e Myanmar, quello era quanto aveva immaginato ascoltando la lingua che parlavano. In pochi minuti raggiunsero la collina dove entrambi gli uomini si nascosero. Era impossibile usare il sentiero che avevano segnato in precedenza, poiché quei uomini si stavano avvicinando da tutte le direzioni.  Vedendo il volto cinereo del giovane, Tian venne inondato dai sensi di colpa e non prestò attenzione all’avvertimento di Long Tay perchè era a causa sua se in quel momento il ragazzo era in grave pericolo.

«Long Tay… torna seguendo la scia del lime. Io li porterò nella direzione opposta.» Tian disse al ragazzo Akha mentre stavano ansimando dietro un grande albero della pioggia.  

«Non ti lascio!»  

«Se non ci separiamo, moriremo entrambi qui!» Il ragazzo di città gridò duramente.  

«Conosci la strada quassù meglio di me. Torna al villaggio e chiedi aiuto. Qui sarò fuori dalla loro vista.»  

Long Tay si morse forte le labbra fino a farle sanguinare. Doveva prendere una decisione.  «P’Tian, promettimi che rimarrai in vita finché non tornerò con gli aiuti!»  

«Va bene!» Tian lanciò un finto latrato e rivolse al ragazzo un sorriso stanco. «Se non te ne vai ora, morirai qui per davvero.»  

Il figlio del capo del villaggio allungò la mano e strinse la mano di Tian come promessa di un gentiluomo e si precipitò dietro i boschetti per nascondersi dalla battuta di caccia.  

Tian alzò lo sguardo e chiuse gli occhi, inspirando profondamente. Era un temerario. Quando era sull’orlo del baratro della morte per la malattia cardiaca, usciva ancora a correre quasi ogni notte, sfidando la morte stessa. Ora, la miracolosa seconda possibilità di vita che gli era stata donata gli stava facendo assaggiare la paura. Se non fosse riuscito a trattenerla, non sarebbe in grado di incontrare tutti coloro che gli avevano insegnato a realizzare la sua autostima mai più.  

L’insegnante volontario strinse la mano in un pugno stretto e gridò per attirare l’attenzione dei malviventi su di lui: «Sono proprio qui, figli di puttana!»  

Poiché Tian li aveva indotti a perdere il senso dell’orientamento, affondò con forza i piedi nel terreno per lasciare impronte ben distinte prima di togliersi le scarpe e saltare sopra le foglie in un’altra direzione.  

Tian si strinse le scarpe, mentre si nascondeva tra una roccia su un pendio. Il suo nuovo cuore stava lavorando come poteva, facendogli pulsare tutto il petto dal dolore. Era troppo stanco per alzare anche solo un dito. Forse il suo stratagemma aveva funzionato su di loro per un po’, pensò Tian mentre premeva il viso sulle ginocchia. L’inquietante silenzio del bosco stava divorando il suo coraggio e molti volti apparivano nella sua mente. L’ultimo apparteneva a quell’ufficiale alto e massiccio.  

Il capitano una volta mi ha detto che avrebbe vissuto per servire e proteggere il suo paese… Sacrificherà la sua vita per proteggere un piantagrane?  

Il suono di un click apparve sopra la sua testa, seguito dalla pressione della canna di una pistola contro il suo cranio. Tian deglutì a fatica, rendendosi conto di essere stato catturato.  

«Teppista! Pensi di essere intelligente a sprecare il mio fottuto tempo con il tuo trucco! Alzati!» gridò chiaramente in thailandese l’uomo che impugnava la pistola. 

L’uomo in costume Akha alzò le mani per arrendersi e si voltò verso l’altro, vedendo un uomo barbuto che socchiudeva gli occhi. 

Il malvivente lo fissò per un po’ e gridò «Sei quell’insegnante volontario del villaggio! Hai osato sollevare polvere nel territorio del boss?! La scuola è stata bruciata. Non hai imparato la lezione?»

«Allora sei stato tu.» Tian strinse i denti, furioso. «Codardo figlio di puttana! Come osi ferire dei bambini!»

Sentendo l’imprecazione, lo scagnozzo di Mr.Sakda alzò la mano per sbattere il manico della pistola contro il viso del giovane, ma l’impavido insegnante gli gridò di nuovo: «Sono figlio di un ex comandante delle forze armate! Se mi ferisci o mi uccidi, l’intero esercito ti spazzerà via dalla faccia della Terra! Se vuoi bruciare all’inferno, fallo!»  

Il sicario si fermò il suo braccio sentendo quella minaccia. Fissò la faccia liscia e chiara che diceva di avere delle origini agiate e gli occhi formosi, arroganti e autorevoli appartenenti a qualcuno che era abituato a dare ordini a qualcun altro. Non era sicuro di aver fatto la scelta  giusta, ma abbassò la pistola.  

«Portiamolo da Mr.Sakda, allora!»  

Tian si arrese, non volendo farsi male durante la lotta. Almeno avrebbe potuto guadagnare del tempo fino all’arrivo dei soccorsi. Era stato legato con le mani dietro la schiena mentre veniva accolto dal gruppo di uomini brutali. Tian aveva usato tutti i trucchi imparati dai drama televisivi, chiedendo di fermarsi per riposare almeno due volte, dicendo di avere dolori alle gambe, ansimando come se fosse esausto, ma non persuase gli scagnozzi dallo smettere di camminare. Venne trascinato finché non tornarono sulla scia lasciata dalla calce bianca.  

La disperazione si fece sentire quando si rese conto che si stavano avvicinando alla tana di Mr.Sakda. Non c’era più niente che poteva fare per guadagnare tempo. All’improvviso, una serie di colpi di arma da fuoco esplose nella foresta. I malviventi si scambiarono un’occhiata, certi che i rumori provenissero dal campo di tronchi.  

Tian ascoltò il caos con un cuore fragoroso. Le sue labbra sottili si sollevarono in un sorrisetto serrato, compiaciuto che il karma li stesse servendo per benino, finché lo scagnozzo che lo aveva colpito prima gli gridò contro.  

«È per colpa tua, bastardo! Rovini tutto ovunque tu vada! E quell’amico che hai portato, eh?» Il tizio che si era finto un fantasma gli aveva detto che erano due ragazzi che stavano inseguendo.

«Te ne rendi conto solo adesso, idiota?! Se il mio amico non ce l’avesse fatta, la tua base operativa non sarebbe sotto attacco adesso!» Il sicario gli sbatté il calcio della pistola sulla guancia finché la pelle non si ruppe e sanguinò.  

«Avrei dovuto ucciderti!»  

«È troppo tardi per uccidermi adesso. Il tuo capo è fottuto!» Tian scoppiò a ridere, facendo arrabbiare gli scagnozzi di Mr. Sakda che si avvicinarono, volendolo picchiare. L’insegnante si prese un momento per scrollare le spalle e prima di essere colpito prese a calci il primo uomo che gli era venuto addosso.  

La rissa era scoppiata, ma era l’insegnante volontario ad essere malmenato. Si chinò, proteggendosi la testa, la parte più importante del corpo, dalle ferite. Alla fine, l’uomo che parlava thailandese fermò i suoi uomini.  

«Basta così. Aiutiamo il maestro!» Strattonò il braccio di Tian e lo trascinò via.  

Tian si arrampicò, i suoi vestiti erano macchiati dalle loro impronte, mentre gli scagnozzi scappavano via. Improvvisamente si fermarono di colpo e alzarono le braccia in alto sopra la testa. L’uomo che portava armi da fuoco con sé abbassò lentamente le armi e si mise a faccia in giù. 

«Che cazzo stai facendo? Ti avevo detto di andare da Mr.Sadka!» Il capo tra loro gridò, mentre trascinava brutalmente Tian. Tuttavia, chiuse la bocca non appena vide dieci canne di fucili spuntare dai fitti cespugli.

Le mimetiche verdi avevano ripristinato la speranza nel cuore spaventato del ragazzo di città. Gli occhi cadenti e lividi scrutarono con forza il gruppo di soldati che puntavano i fucili contro gli scagnozzi, pronti ad attaccare. Quando i suoi occhi colsero la vista di un uomo alto e massiccio che stava guidando il gruppo nella parte anteriore, Tian venne colto dal sollievo. Sapeva che quell’uomo sarebbe stato in grado di proteggerlo… 

Eppure, la sua piccola speranza si era spenta quando il sicario lo aveva strattonato, bloccandolo per il collo e premendogli la pistola alla tempia.  

«Fermati lì o lui è morto!»  

Tian alzò gli occhi al cielo, stanco. Sputò a terra; la sua saliva era insanguinata.  

«Un ostaggio? È un tale cliché, amico!» La faccia del sicario si contorse dalla rabbia.  

L’ostaggio non aveva paura e lo prendeva persino in giro. «Chiudi quella cazzo di bocca! Ti faccio saltare il cervello!»  

«Allora fallo, figlio di puttana!»

Il capitano Phupha osservava i due uomini che litigavano e sentiva pulsare le vene.  Abbassò la canna del fucile a terra e premette il grilletto. Il proiettile si piantò vicino allo scagnozzo, ai piedi dell’ostaggio ed entrambi gli uomini saltano.  

«Zitto o sparo!»  

Gli occhi di Tian incontrarono lo sguardo duro dell’ufficiale e deglutì a fatica. Non aveva mai sperimentato il lato brutale dell’altro uomo e le sue ginocchia tremarono nel vedere l’altro lato del capitano.  

«Il tuo capo è stato arrestato con le prove. Arrenditi ora, così non passerai troppo tempo in prigione.» L’uomo che aveva parlato era vestito con una mimetica con un simbolo diverso e un fazzoletto al collo di un colore diverso, il che significa che lavorava per il Dipartimento delle Foreste, che aveva unito le forze con i militari in quella repressione.  

«Non me la dai a bere. Arrendersi? Ci sarà comunque l’ergastolo per noi!»  

Il capitano Phupha guardò i lividi sul viso liscio di Tian e il dolore gli strinse il cuore e sbottò: «Se non lasci andare l’ostaggio, sarai morto!» 

Tian percepì l’apprensione e la preoccupazione del capitano sotto la sua dura facciata. Si rese conto allora che non poteva indugiare e che doveva fare qualcosa per cambiare la situazione anche se era pericolosa.  

Tian inspirò profondamente e colse il momento esatto in cui il sicario venne distratto dalle forze di polizia della frontiera. Spinse via la mano che teneva la pistola contro la sua tempia e lanciò il gomito contro la tempia del delinquente. Il criminale barcollò, stordito e il suo dito premette un grilletto. Gli ufficiali furono rapidi nello schivare il proiettile. Ma quel millisecondo permise agli altri malviventi che si stavano sdraiando al suolo di balzare in piedi e attaccarli.  

La situazione di stallo si trasformò in una lotta tumultuosa. Phupha si lanciò contro il sicario che stava lottando con Tian, facendogli cadere la pistola, perdendo la sua nella lotta. Stavano lottando a pugni quando Tian indietreggiò, strisciando rapidamente sul terreno per nascondersi dietro un grande albero.  

Il massiccio ufficiale e lo spietato delinquente a ​​turno si picchiarono, prendendosi a calci. Il criminale afferrò un pezzo di legno da usare al posto delle sue mani. Il giovane che stava guardando chiuse la bocca, provando dolore mentre vedeva il capitano perdere l’equilibrio e il tronco impattare sul suo corpo. Quello non era un programma televisivo. Era qualcosa di reale e Tian era certo che le sue ossa dovevano essere rotte, eppure il capitano continuava ad opporsi all’altro uomo.  

Come avrebbe potuto aiutare un normale cittadino come lui?  

Gli occhi a mandorla intravidero la pistola che giaceva a terra, non lontano. Tian valutò le sue opzioni. Anche se era stato al poligono di tiro con i suoi ricchi amici, non poteva essere definito un tiratore. Se avesse mancato e avesse sparato al capitano, sarebbe stato un grave errore; ma non aveva tempo per indugiare!  

Afferrò un ramo sottile per raccogliere la pistola e la raccolse una volta che fu abbastanza vicina. Era un vecchio revolver che richiedeva di armare prima di poter premere il grilletto. Tian una volta si era intrufolato nello studio ed aveva giocato con la collezione di armi di suo padre ed aveva scoperto che non erano troppo complicate. In quel momento. tutto quello che doveva fare era aspettare il momento giusto.

Quel momento arrivò presto quando Phupha spinse via l’uomo con un piede. Nel millesimo di secondo in cui i due uomini si separarono, risuonò un forte grido.  

«Capitano, abbassati!»  

Phupha si accovacciò istintivamente e si voltò verso l’uomo più giovane che era in piedi in equilibrio con una pistola in mano. Il ragazzo di città mirò ed esplose il suo colpo mentre il criminale stava ancora barcollando. Dopo aver premuto il grilletto cadde all’indietro per il contraccolpo. Il rinculo fece perdere al proiettile la sua traiettoria originale e finì per colpire la coscia del delinquente, mandandolo all’indietro.  

L’uomo di Mr. Sakda gridò per il dolore e la rabbia. «Di nuovo quel figlio di puttana insegnante!» Si infuriò mentre trascinava la gamba sanguinante per prendere una pistola e cadde a terra dopo la rissa. Afferrò l’arma, puntò il suo nemico e premette il grilletto senza mirare.  

L’alto ufficiale si lanciò in avanti e afferrò la vita del piantagrane finché non rotolò a terra.  Tian sentì le convulsioni dell’uomo più grosso che lo teneva con un braccio. Il capitano poi gli strappò la pistola dalla mano per armare il revolver ed esplose un colpo. Era un ufficiale addestrato, quindi un tiratore migliore rispetto al delinquente. Il proiettile puntato proprio al petto, lo colpì facendo urlare di dolore il delinquente mentre cadeva a terra. Si dimenò per un momento e poi rimase immobile.  

Gli ufficiali avevano la situazione sotto controllo. I malavitosi erano morti o feriti, mentre i soldati e le forze di polizia erano ugualmente feriti. Fortunatamente, non avevano perso nessuno.  

All’improvviso, il corpo più grande sopra di lui si accasciò. L’odore di sangue colpì il naso di Tian mentre allungava la mano per toccare l’ampia schiena del capitano, volendolo chiamare per nome perché l’uomo non si muoveva. Tuttavia, il tocco umido e fradicio sulla sua camicia mimetica fece smettere Tian di respirare. Il ragazzo di città guardò lentamente la sua mano tremante. Una goccia di sangue rosso e denso gli colava lungo il dito.  

«Capitano!!»  

Tian fece rotolare l’uomo ferito per sdraiarlo sulle sue ginocchia.  

«Semplice…» Phupha sussultò per il dolore.  

«Sei ferito! Ti hanno sparato?! Dov’è la ferita?!» Tian balbettava, non sapendo cosa fare.

«Io…sto bene. È lontano dal cuore.» Il giovane capitano sorrise dolcemente come per confortare il giovane. Ma quando il bel viso perse la maggior parte del suo colore, Tian iniziò a singhiozzare più forte. Come poteva il ragazzo che era sull’orlo della morte ancora scherzare!  

Le lacrime caddero copiose dagli occhi a mandorla arrossati. Mani sottili strette alla manica del capitano, lo scossero fino in fondo. 

Come avrebbe potuto Tian vivere senza quell’uomo?  

Quel disastro gli ricordò il fatto che nel mondo reale non era altro che un ragazzo ingenuo e indifeso.  

Phupha raccolse tutte le forze rimanenti per sollevare le mani tremanti e asciugare con le dita le lacrime sulle guance ammaccate dell’altro.  

«Non piangere… Sbrigati a chiedere aiuto…» Mentre l’oscurità lo inghiottiva, la sua mente continuava a sentire i singhiozzi di Tian mentre il più giovane urlava il suo nome.  

Ti ho detto di… non piangere.  

Mi fa più male della ferita da arma da fuoco, lo capisci?

*****************

L’ospedale che faceva parte di una famosa università di Chiang Rai aveva fatto il pieno di pazienti in tarda mattinata. La stanza dell’ospedale era piena di letti occupati dai pazienti. L’insegnante volontario era steso su un letto con gli occhi aperti, tutto il corpo gli faceva male e pulsava per essere stato picchiato. Fortunatamente, le ferite erano solo esterne e non c’erano ossa rotte. La faccia, una volta liscia, era ora segnata da macchie gialle di antisettico e bende. Tutto il suo corpo era punteggiato di lividi viola e verdi, proprio come i gechi.  

Erano passati tre giorni da quando Tian era rimasto lì ad aspettare notizie sul capitano Phupha.  

Alcuni soldati della compagnia avevano portato il corpo dell’ufficiale dal campo e avevano chiamato un elicottero per prenderlo. Altri uomini feriti, compreso lo stesso Tian, erano stati successivamente portati in ospedale. Fortunatamente, Long Tay studiava in una delle facoltà della stessa università, quindi gli faceva visita regolarmente, al mattino, all’ora di pranzo o alla sera. Il suo letto era accanto alla finestra e si stava godendo la vista fuori per ammazzare la noia e mantenere alto il suo spirito.  

Erano passati cinque giorni da quando il capitano era stato portato fuori dalla sala operatoria e ricoverato in terapia intensiva. Tian aveva sentito che le sue condizioni erano stabili e in miglioramento e non c’erano infezioni. Era stato trasferito in una stanza singola dove l’ospedale aveva affisso un cartello ‘no visitatori’ per dare al capitano un riposo completo.  

Anche così, sapendo che Phupha era al sicuro, Tian era ancora irrequieto non potendolo vedere di persona. Tian emise un sospiro pesante.  

«Che succede, P’Tian?» chiese Long Tay mentre trascinava una sedia per sedersi accanto al letto il primo giorno in cui era andato a trovare l’insegnante.  

L’uomo ferito si voltò a guardare l’uomo più giovane. «Niente, sono solo annoiato.»  

L’uomo in uniforme universitaria, camicia bianca e pantaloni neri, gli lanciò uno sguardo d’intesa: «Sei preoccupato per il capitano?» 

Tian lo ammise immediatamente. Non c’era motivo per lui di dire di no. L’uomo era stato gravemente ferito a causa sua.  

«Non permettono visitatori. Temo che si sia trattato di più di un colpo alla spalla e di un braccio rotto.» 

«Non preoccuparti troppo. Il capitano è al sicuro adesso.» Long Tay cambiò argomento. «Papà è venuto a trovarti oggi. Sta parlando delle tue finanze per le tue spese ospedaliere.»

Dato che gli insegnanti volontari non venivano pagati, la Fondazione Saeng Thong aveva stipulato un’assicurazione contro gli infortuni per ciascuno di loro che era andato a lavorare e vivere nell’entroterra per mostrare loro la propria gratitudine.

«Perché non sei in classe? Sono già le nove.» chiese l’insegnante quando vide che era piuttosto tardi e lo studente universitario si alzò dalla sedia.

«Ho un test oggi, quindi… sto andando.» Fece un wai e si precipitò fuori dalla stanza. 

Gli occhi di Tian seguirono il giovane in camicia bianca e pantaloni neri e pensarono alla sua vita quando frequentava la facoltà. A volte gli mancava quella parte della sua vita.

Se fosse tornato nel semestre successivo, i suoi compagni di classe sarebbero stati all’ultimo anno.  

Khama Bieng Lae si presentò nel suo abito marrone da Safari, un aspetto insolito per di lui, con regali quali prodotti da forno e snack che pensava che la gente di città apprezzasse. «Come ti senti, insegnante? Non ti vedo da giorni.» Sul viso dell’uomo più anziano era dipinto un sorriso amichevole e gentile come sempre, anche se era stato Tian a mettere in pericolo il suo amato figlio.  

Tian era sopraffatto dal senso di colpa. Se tutto ciò fosse accaduto in passato, avrebbe semplicemente chiesto… “quanto vuoi come risarcimento?”, ma ora era tormentato dalla sua coscienza consapevole che alcune cose preziose non potevano essere recuperate una volta perse, non importava quanto si potesse implorare o supplicare.  

Tian fece un wai con le mani e chiese perdono dal profondo del suo cuore: «Mi dispiace davvero, davvero molto zio Bieng Lae, per aver portato con me Long Tay. Se gli fosse successo qualcosa, non so cosa avrei potuto dire per fare ammenda.»

Bieng Lae scosse la testa, senza offendersi. «Ma ti sei fatto male tu per proteggere il mio ragazzo. Se non avessi deciso di rischiare la vita da solo, Long Tay non avrebbe avuto la possibilità di scappare e chiedere aiuto.»  

«I soldati sono arrivati ​​così in fretta. Pensavo che non ce l’avrei fatta.» 

«Il capitano aveva ordinato ad i suoi uomini di pattugliare il villaggio tutto il tempo. Sapeva della tua scomparsa anche prima di trovare Long Tay.»

Tian abbassò gli occhi e sussurrò mentre pensava al capitano alto e massiccio.:«Non avrei dovuto farlo. È stato a causa mia che tutti si sono fatti male.»

«No. Sei un uomo così coraggioso.» Khama Bieng Lae gli prese la mano per rassicurarlo. «Se non ti fossi accorto delle droghe e scoperto il finto fantasma, gli abitanti del villaggio vivrebbero ancora nella paura in questo momento, perché le nostre superstizioni su fantasmi e spiriti sono così radicate nel nostro modo di vivere. Inoltre, gli ufficiali non sarebbero stati in grado di lanciare l’attacco al momento giusto perché i sicari li hanno sempre ingannati.»

Le labbra sottili di Tian si piegarono in un lieve sorriso. Quello era un complimento che avrebbe voluto non ricevere. Se solo avesse saputo che il capitano Phupha sarebbe stato messo in un tale pericolo…  

«Stavo parlando con il dottore prima di venire a trovarti. Sei libero di tornare a casa.» 

«Oggi?» Tian non aveva ancora avuto la possibilità di vedere il capitano. Il capo del villaggio si chinò e sussurrò: «È così che sono gli ospedali statali, insegnante. Non vogliono che le persone che già si sentono meglio restino qui troppo a lungo. Ci sono molti pazienti fuori che aspettano di essere curati.»  

Tian annuì a malincuore poiché non poteva battere quel ragionamento. Khama Bieng Lae era andato a chiedere al dottore di controllarlo un’ultima volta. L’infermiera lo aiutò a cambiarsi con i suoi vestiti in un bagno. Tian guardò il viso nero e blu, con occhi stanchi riflessi nello specchio che sembrava riflettere su qualcosa.  

Forse avrebbe avuto un’altra possibilità! Non poteva sopportare l’idea di tornare indietro senza vedere quell’uomo.

Il ragazzo di città trascinò il suo corpo malmenato nell’unità di cure speciali al piano superiore. Era una zona isolata e non era così affollata come il resto dell’ospedale. Dato che era vestito con abiti normali e aveva abbassato la faccia per nascondersi dal personale, nessuno gli aveva prestato attenzione. Il personale era davvero minimo in un ospedale statale e non aveva abbastanza tempo per prestare particolare attenzione ad una stanza in particolare.  

La stanza in fondo al corridoio aveva ancora attaccato un cartello con una scritta a grandi lettere che diceva ‘Nessun visitatore’, cosa che rese Tian deluso. Persino un familiare sarebbe scappato vedendo un avvertimento così serio!  

Tian guardo prima a destra poi a sinistra. Vedendo che nessuno gli stava prestando attenzione, girò lentamente la maniglia sbloccata ed aprì silenziosamente la porta. I suoi occhi cercarono rapidamente il letto del paziente e il suo cuore perse un battito quando vide che era vuoto.

No!!!!

Il sangue si congelò e il suo corpo iniziò a tremare.  

«Capitano …» sussurrò Tian, scrutando per la piccola stanza finché i suoi occhi non si posarono sulla porta del balcone che era stata lasciato completamente aperta. L’uomo alto che stava cercando era proprio lì e stava dando le spalle alla stanza.  

L’ampia schiena del capitano sotto il sole era solida come una roccia impenetrabile… proprio come quella nella foto.  

La foto che era impressa nella sua mente.  

La sua mente proprio in quel momento si svuotò come se tutto nel mondo fosse svanito nell’oblio. Tian si lanciò in avanti e avvolse le braccia attorno al forte busto, tenendolo stretto. Il calore dell’uomo in carne e ossa penetrò nel suo corpo mentre scoppiava in lacrime.

I singhiozzi, come quelli di un ragazzino, e l’umidità contro la sua schiena fecero sorridere l’ufficiale con la faccia da poker. Il capitano sollevò il braccio che non era avvolto dal gesso per coprire quelli snelli che lo tenevano stretto.  

«Te l’avevo detto che sto bene. Il proiettile mi ha attraversato la spalla e il dottore mi ha già rattoppato.»  

La verità era che aveva avuto una forte emorragia e se non fosse arrivato in ospedale in tempo, sarebbe potuto morire per un arresto cardiaco.  

«Co…come facevo a saperlo? C’è un…un cartello sulla…porta, che dice: ‘niente visite’. Pensavo…fossi ancora…in condizioni critiche …» Tian singhiozzava mentre parlava come per scaricare tutto lo stress che aveva accumulato per giorni. 

Phupha ridacchiò sommessamente e disse con un pizzico di esasperazione: «Eppure hai infranto le regole ancora una volta.»

«Oggi esco dall’ospedale. Avevo paura di non vederti più.»

Il giovane capitano si voltò e toccò il viso contuso mentre fissava profondamente gli occhi arrossati: «Quindi smettila di piangere e guardami bene.»  

Tian alzò le mani per prendere a coppa il bel viso che era diventato un pallido con le guance ammaccate e le labbra spaccate. Eppure, il capitano aveva resistito fino a quel momento. Il giovane sorrise dolcemente mentre faceva scorrere le dita sui lividi sulle guance di Phupha.  

«Hai un aspetto orribile.» 

Phupha si chinò e premette la fronte contro quella del giovane e rimase così avvolto dal loro tocco persistente. «Anche tu hai un aspetto altrettanto orribile.»

Entrambi gli uomini risero mentre le loro preoccupazioni svanivano. Il tempo e le difficoltà univano le persone…quel detto diceva vero. Tian non aveva mai pensato che la sua vita avesse un significato e che avesse avuto bisogno di fare qualcosa per qualcuno proprio come si sentiva in quel momento. Phu Pan Dao lo aveva trasformato in ogni modo possibile. 

…Mi dispiace Thorfun.  

Ora il tuo cuore appartiene a ‘me’.  

********************

L’équipe medica responsabile del capitano era soddisfatta del trattamento. Il paziente si era ripreso in meno di una settimana, il che significa che era abbastanza forte da interrompere il trattamento endovenoso entro i tre giorni successivi.  

Il capitano Phupha ringraziò il medico e l’infermiera che lo avevano visitato di primo mattino e gli avevano detto che sarebbe potuto tornare al campo entro pochi giorni. Mentre le persone in uniforme bianca se ne andavano, un altro dottore si presentò in abiti casual, portando delle buste con dell’anatra in salsa marrone da un famoso ristorante e del riso al gelsomino per il suo amico. 

«Ho incontrato il dottore e abbiamo parlato delle tue condizioni. Sei forte come un bue.» Lo prese in giro mentre aggiustava il letto in pendenza e metteva un altro cuscino sotto la schiena di Phupha perché fosse più comodo.  

«Voglio andarmene il prima possibile.»  

«Vuoi tornare al lavoro o da qualcuno?» disse il dottore consapevolmente di un viso chiaro e un paio di occhi a mandorla.  

Phupha lo schernì, nascondendo le sue emozioni: «Non essere fastidioso. Fammi uscire.» 

«Va bene, va bene.» L’amico scosse la testa in segno di resa, poi si comportò come se gli fosse appena capitato qualcosa. Tirò fuori un pezzo di carta con un nome e un numero di telefono. 

«Il colonnello Tor mi ha chiamato l’altro giorno chiedendomi un aggiornamento. Gli ho detto che ti hanno sparato e che sei stato ricoverato in ospedale. Ha chiesto di Nong Tian così gli ho detto che non aveva ferite gravi, solo lividi e che era tornato al villaggio. Oh già! Ti ha detto di chiamare il capo di stato maggiore.» 

Il colonnello Tor era il soprannome del comandante della loro compagnia, ma Phupha non aveva mai sentito parlare del suddetto capo di stato maggiore prima.  

Phupha si fermò e raccolse il pezzo di carta per leggerlo: Colonnello Phithan. Fece un respiro profondo, sapendo che quel giorno sarebbe comunque dovuto arrivare, ma non si aspettava che fosse arrivato così presto.  

«Posso prendere in prestito il tuo telefono?»  

«Il colonnello ha detto che può aspettare che tu guarisca.»  

«Sto bene, davvero. Sto bene.» disse l’uomo ferito come per convincersi.  

Wasant strinse le labbra e porse il telefono all’amico, guardando il capitano mentre digitava il numero scritto sul foglio, incuriosito. Tuttavia, era abbastanza intelligente da trattenere la sua domanda.  

Il paziente si era avvicinato all’orecchio l’ultimo modello di smartphone e l’altra estremità aveva risposto in meno di dieci secondi: «Parla il capitano Phupha Viriyanon, signore.» Ascoltò l’altro uomo chiedere informazioni sulla sua saluta prima di passare direttamente alla questione importante. 

Phupha ascoltò il colonnello come se fosse solo un rumore che gli passava nelle orecchie.  I suoi occhi si oscurarono nell’udire il comando finale.  

«Sì, signore. Lo rimanderò indietro.»  

l colonnello si era scusato per dover riattaccare dopo che l’argomento importante era stato discusso.  

Il dottor Wasant osservò l’umore del suo amico peggiorare ed emise un profondo sospiro. «Eri felice di poter tornare al campo pochi secondi fa. Perché la tua faccia sembra un giglio cadavere puzzolente e appassito?»

«Niente.» Il capitano testardo si rifiutava di parlare, come sempre. Sembrava che il ragazzo avesse bisogno di un amore tormentato. 

Wasant mise la mano sul bordo del letto e si avvicinò. «Visto che parliamo, che ne dici se ci scambiamo qualche segreto?»  

«Di chi sono i segreti?» 

‘Il segreto di Tian.’

Gli occhi obliqui dietro le lenti brillavano astutamente. «Ho la tua attenzione adesso?»

Phupha aggrottò la fronte, inspiegabilmente furioso. C’era qualcosa che ancora non sapeva, cosa aveva mai detto Tian a quel dottore figlio di un cagna del suo amico?

«Avanti sputa il rospo!»  

L’ufficiale medico schioccò la lingua proprio come un uomo che aveva avuto il sopravvento sull’altro: «Per essere onesti, facciamo il quid pro quo. Prima te lo chiedo. Chi è il colonnello Phithan e che rapporto ha con Tian o con te?»  

«Queste sono due domande.» L’uomo ferito lanciò un’occhiataccia al suo amico, ma il dottore sfacciato non si scoraggiò.  

«C’è una congiunzione quindi è la stessa frase.»  

«Se il tuo segreto si rivela essere non un segreto, sei morto.» Phupha alzò il dito verso l’altro uomo e rispose: «Il colonnello Phithan è il braccio destro del generale Theerayuth Sophadissakul, il vice comandante in capo in pensione e padre di Tian.»

L’ultima parte era la parte più importante, gli occhi di Wasant si spalancarono per la consapevolezza: «Quindi…tu lo hai seguito come un’ombra perché era un ordine dall’alto!» Non voleva immaginare se Tian lo avesse scoperto, quanto avrebbe avrebbe sofferto per il cuore spezzato.

«È vero.» 

Ma solo la metà.  

Il capitano mostrò le zanne al suo amico: «Hai esaurito la tua quota. Ora tocca a te parlare.»  

L’astuto dottore si schiarì la gola prima di iniziare a parlare: «Ricordi la cicatrice sul petto di Tian? E che ti ho detto che sembrava un’operazione importante?»  

«Sì, certo. Hai detto che sembrava una cicatrice dovuta a un’operazione al cuore o qualcosa del genere.» 

«Non si tratta solo un’angioplastica con palloncino o una protesi valvolare.» Wasant abbassò la voce per sottolineare che stavano parlando di qualcosa di grave: «Si tratta di un trapianto di cuore.» 

L’uomo alto sul letto si paralizzò come se fosse stato colpito da un fulmine. Il ragazzo avrebbe dovuto essere sottoposto a cure rigorose, perché mai il generale Theerayuth gli aveva permesso di affrontare tali difficoltà e pericoli?  

Wasant vide il viso cinereo del suo amico e si dispiacque per lui, ma doveva rivelare un altro segreto e stava cercando ancora  il modo di dirglielo.

«Lascia che ti dica un’altra cosa. Lo stavo interrogando sul cuore e Tian è capitolato. Ha detto che è venuto qui per via di Thorfun.»  

Il nome della ragazza che era stata un’insegnante volontaria lassù per quasi un anno fece congelare Phupha. Thorfun era adorabile, sempre gentile e compassionevole con gli abitanti del villaggio. Aveva sempre saputo cosa la ragazza provava per lui, ma non poteva ricambiare con più di un amore fraterno, che lei aveva accettato volentieri. Non aveva mai oltrepassato il limite fino a quando l’incidente fatale non le aveva tolto la vita.  

Quando avevano saputo la cattiva notizia, tutti erano rimasti colpiti dalla sua morte prematura. Thorfun gli aveva appena raccontato felicemente del suo compleanno in cui aveva ottenuto il merito più grande della sua vita. Si era registrata come donatrice di organi… il giorno del suo compleanno.  

Phupha alzò la mano intatta per coprirsi gli occhi, tutto il suo corpo tremava violentemente tanto che Wasant dovette toccargli la spalla, preoccupato per lui.: «Phu? Cosa c’è che non va?» 

«Doc… è finita adesso.» Il capitano sussurrò con voce rotta.  

Forse sarebbe stato meglio se un uomo avesse potuto vivere in un sogno senza doversi mai svegliare…

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