NEVER LET ME GO – EPISODIO 1

«Oh, la Polonia. Anche lì è molto bello.»

Nuengdiao stava seduto con il mento appoggiato sulle braccia, mentre guardava annoiato l’orologio appeso al muro dell’aula e allo stesso tempo sentiva i compagni di classe che discutevano, senza però prestargli attenzione. La pausa della seconda ora era finita, ma l’insegnante della terza ora non era ancora entrato in classe.

«Disneyland, ragazzi?»

«Perché non la Polonia? Non è interessante?»

«Facciamo qualche ricerca. Non dobbiamo andare solo in un parco divertimenti o guardare la natura.»

L’adolescente continuava a non prestare attenzione alle parole dei suoi compagni.

«Non è vero Nuengdiao?»

«Cosa?» Si lasciò sfuggire solo una breve domanda, perché non aveva partecipato alla conversazione fin dall’inizio. Si guardò intorno e vide i suoi tre compagni discutere su dove trascorrere le vacanze estive, poiché erano ancora indecisi.

«Tu dove andrai?» Chiese uno dei ragazzi, facendogli emettere un lungo sospiro. Non sapeva quante volte aveva già risposto a quella stessa domanda.

«Resterò a casa.»

«Perché resti a casa? Non sei così ricco o aspetti il fine settimana?»

«Mia madre non mi lascia andare da nessuna parte.» Rispose Nuengdiao con una voce bassa, non gli piacevano quelle domande e così nominò sua madre. Altrimenti gli avrebbero fatto tante altre domande.

Da quando suo padre era morto il giorno del suo decimo compleanno, sua madre lo aveva cresciuto come un fiore di serra. Lo status di unico erede della famiglia era una meravigliosa benedizione ma anche una crudele maledizione.

«Ma va bene se Chopper va in vacanza.» Quell’affermazione lo stordì un attimo e fu incapace di ignorarla.

Chopper era il figlio di Supakit, lo zio di Nuengdiao, suo cugino. Ma lui era cresciuto in modo diverso. Dopo tutto, Nuengdiao era il capofamiglia, l’erede di tutte le attività che i suoi genitori avevano gestito con il duro lavoro. Quindi Nuengdiao poteva essere considerato l’erede principale, mentre Chopper era solo il figlio dello zio. La madre di Nuengdiao e lo zio si occupavano insieme dell’attività e pur essendo parenti non si fidava di lui.

«Chopper è Chopper, io sono io.» Mentre lo diceva, si alzò e prese la sua borsa.

Erano passati dieci minuti e l’insegnante non era ancora arrivato. Neanche all’undicesimo minuto, quindi in quel momento nessuno lo avrebbe fermato.

«Sto lasciando la lezione, ci vediamo nel pomeriggio.»

Pum lo fermò immediatamente. Probabilmente lui era quello con cui parlava di più.

«Ehi, l’ho sistemato, potresti firmarlo per me?»

Lui rimase in silenzio, con un sentimento indescrivibile che gli cresceva nel cuore.

«Beh, ti farò sapere quando potrò.»

«Grazie, signorino.»

Il resto del gruppo continuò a discutere animatamente. Nuengdiao si mise la borsa in spalla e uscì per cercare un posto tranquillo dove poter stare da solo.

Bussarono alla porta anche se era già aperta. I colpi si diffusero nella piccola stanza collegata alla sala riunioni principale della scuola. Veniva usata per sistemare gli strumenti musicali e organizzare gli effetti sonori per i vari eventi importanti. Ovviamente era diventata la sala del club di musica.

«È solo il primo giorno e già saltate la scuola?»

La persona che stava pulendo gli strumenti si girò improvvisamente quando sentì la voce. Nuengdiao entrò e si guardò intorno. Quello era un luogo segreto dietro le quinte, che pochi conoscevano o sapevano come trovare. Un luogo dove le persone sparivano facilmente dalla vista degli spettatori, lasciando in loro delle convinzioni diverse dalla realtà.

«No?» Poggiò lo zaino. Come se fosse sotto un incantesimo si diresse subito verso il pianoforte che stava nell’angolo della stanza.

L’interlocutore di Nuengdiao si chiamava Ben e, come lui, era coinvolto nel club di musica fin dalle scuole superiori. Tuttavia, la società era piena di persone stravaganti. Ognuno aveva uno spazio privato dove nessuno poteva entrare.

«Va bene, se sei tu.» Rispose Ben.

Nuengdiao capì chiaramente le intenzioni dell’altro. Ogni vita aveva un prezzo da pagare, una degna ricompensa, anche se quel prezzo era estremamente alto.

«Oh.» Si sedette davanti al pianoforte, con la mente vuota, desideroso di suonare una certa melodia. La sua mano toccò il tasto della tonalità di Do maggiore, con l’intenzione di suonare la sua canzone preferita. Mentre ogni dito scivolava sui tasti ebbe la sensazione di essere più libero. Tutti potevano sentire l’arte con le orecchie, ignorando l’oscurità dell’ambiente circostante e immergendosi nella musica.

«Last Christmas.» Disse Ben.

Nuengdiao si voltò a guardarlo.

«Last Christmas è la canzone che hai suonato a Natale durante il primo anno.»

«Come fai a saperlo?» Nuengdiao rimase sorpreso. Aveva suonato quella canzone stando dietro le quinte, tutti avevano pensato che fosse una traccia audio. Nessuno sapeva che in realtà era un pezzo suonato da lui al pianoforte.

«Sembra bella da sentire. Ma questo Do è strano, non lo premere fino in fondo. È un po’ fuori tono ma non è male, è il tuo stile?» Disse Ben mentre puliva la batteria senza voltarsi, sapendo però cosa pensava l’altra persona. Nuengdiao aveva cercato di risolvere il problema con il suo insegnante di musica, ma non era riuscito, inoltre negli ultimi tempi le cose stavano diventando caotiche.

«Suonerò un’altra versione.» Nuengdiao disse l’ultima frase e premette la prima nota con il dito. Si era esercitato tanto su quella canzone che aveva a malapena bisogno di guardare lo spartito. La canzone raccontava la storia d’amore in una situazione particolare: il protagonista donava il suo cuore ad una persona a caso che passava davanti a lui.

♫♫Last Christmas I gave you my heart

But the very next day you gave it away

This year, to save me from tears

I’ll give it to someone special♫♫

*****

«Il tuo primo giorno di scuola è finito, come è stato? Stai bene?»

Quella fu la prima frase che sentì dopo essersi seduto a tavola. Il tavolo era abbastanza lungo da poter accogliere dieci persone, ma non c’era nessuno a parte sua madre e lui.

«Tutto bene.» Rispose il ragazzo facendo finta che non fosse successo nulla di importante, stringendo inconsciamente lo zaino con entrambe le mani.

Nuengdiao aveva saltato la lezione per andare nell’aula di musica e ci era rimasto più del dovuto. Quando era tornato in classe aveva trovato il quaderno che aveva lasciato sotto il banco completamente distrutto. Quando era andato a controllare il suo armadietto aveva trovato dell’argilla incastrata nella serratura. Aveva addirittura perso tempo per chiamare un addetto all’assistenza per ripararla.

«Ma… ho sentito da Chanon che non avevi un bell’aspetto.» La madre allungò la mano e prese quella del figlio. Dalla morte del padre, sua madre aveva preso il suo posto. Si era fatta carico del lavoro della società, aiutando l’azienda a superare la crisi. Lei faceva tutto, cose importanti e cose superficiali. Dopo quella notte di pioggia torrenziale, Nuengdiao non aveva più voluto ascoltare nessuna favola della buonanotte.

«Zio Chanon sta esagerando!»

«Nuengdiao!» Disse la madre facendo un respiro profondo. Lui distolse lo sguardo. La vita non era difficile, ma non tutti volevano nascere per vivere in una prigione come quella.

«Zio Chanon era preoccupato e me l’ha detto. Hai litigato con i tuoi compagni? Qualcuno ti ha fatto qualcosa? Dimmelo, così lo dirò al preside.»

Nuengdiao non rispose, scosse la testa con indifferenza e fece finta di niente. La madre sapeva che il motivo per il quale lo odiavano era perché lei aveva confiscato alcuni ettari di terreno vicino alla scuola per costruire un nuovo edificio, costringendo la gente del posto a protestare e affiggere striscioni lungo la strada. Nuengdiao era diventato il figlio di qualcuno che non si preoccupava per i poveri?

«Signora Tanya.» Una leggera voce si intromise nella conversazione.

L’adolescente non ebbe bisogno di voltarsi per riconoscere il proprietario della voce. Era Chanon, colui che lo accompagnava a scuola ogni giorno. I suoi occhi scrutarono l’autista con uno sguardo severo ma non riuscì a fare nulla. Perché Chanon era colui che gli aveva salvato la vita portandolo fuori dall’armadio prima che ci soffocasse dentro.

«È qui!» Disse l’uomo. La madre non disse nulla, si limitò ad annuire in segno di approvazione e Chanon tornò poco dopo con un’altra persona.

«Questo è Palm, mio figlio.» Chanon presentò il nuovo arrivato.

«Salve signora Tanya. Salve signorino Nuengdiao.» Alzò goffamente la mano per salutare tutti.

Il ragazzo di fronte era la versione più piccola di Chanon, tranne per la pella chiara. Il suo aspetto era piuttosto accattivante, la mascella era prominente, era brillante in ogni aspetto. Dopo aver salutato il giovane congiunse le mani e si inchinò leggermente.

Nuengdiao guardò il ragazzo di nome Palm.

«Palm viveva con suo zio in campagna, ma è appena morto. Quindi gli ho detto di trasferirsi qui per un po’. Se troveremo un altro posto, lo lascerò andare via.» Disse Chanon gentilmente. In realtà lo si poteva considerarsi come il braccio destro di sua madre, che si fidava molto di lui. Anche Nuengdiao lo considerava come un parente e non come un suo subordinato, anche se non lo dava mai a vedere. Si comportava come un normale lavoratore e non aveva mai chiesto niente in cambio per il suo aiuto in famiglia.

«Non pensarci troppo. Lascia che tuo figlio viva qui. Ci sono tante stanza libere in una casa grande come questa.» Disse la signora Tanya con disinvoltura. 

Nuengdiao non interruppe e non fece obiezioni, ma si limitò a guardare con curiosità il nuovo arrivato. Palm alzò la testa per guardare in alto, i loro occhi si incontrarono per caso, ma in un attimo l’interlocutore evitò lo sguardo.

«Mi dispiace.» Disse Nuengdiao e si voltò a guardare Chanon. Solo perché non aveva un posto dove stare? Il figlio di Chanon non era più tanto giovane, perché era apparso in quel momento? Non avrebbe dovuto voler tenere il figlio lontano da quell’ambiente? Se avesse potuto scegliere, nessuno avrebbe lasciato che il sangue del suo sangue entrasse in una zona grigia che puzzava di polvere da sparo.

«Quanti anni hai?» Sua madre si voltò per chiedere al ragazzo.

«19.»

Era la prima volta che sentiva chiaramente la voce dell’altra persona. Era piuttosto bassa e roca, ma un po’ determinata.

«Quindi sei al primo anno di università?»

«No, signora Tanya. Suo zio ha avuto il cancro e ha dovuto saltare un anno di scuola per prendersi cura di lui. Tornerà a scuola per finire il suo ultimo anno.»

«Quindi è allo stesso livello di Nuengdiao? Quando Nuengdiao aveva 17 anni, Palm ne aveva 18.»

Palm alzò la testa per guardare la persona, annuendo.

«Per fortuna, questo significa che avete la stessa età. Puoi essere amico di Nuengdiao.»

La frase fece fermare di colpo il braccio che stava per prendere il cibo. Nuengdiao alzò la testa per guardare il nuovo arrivato. Osservò attentamente il suo sguardo enigmatico. Anche Palm era calmo e umile come suo padre. Dietro il peso di essere il figlio dell’autista, come lo avrebbe trattato?

«Palm, puoi occuparti di Nuengdiao?»

«Sì.» Poi lui e suo padre andarono via.

Le emozioni di Nuengdiao in quel momento erano confuse. Cosa significava quella parola apparentemente blanda? Amico? C’era qualcuno nella sua vita che poteva essere considerato suo amico? 

*****

Palm si comportava come un servo della famiglia, anche se la madre di Nuengdiao gli aveva chiesto di essere amico del figlio. Ogni volta che succedeva, Nuengdiao si limitava ad alzare gli occhi al cielo. Quando era con il padre chinava la testa silenziosamente. Era silenzioso anche nel suo modo di vivere. All’inizio Nuengdiao non ci aveva fatto caso, ma più lo guardava e più provava dispiacere. Palm non si comportava come una persona ma come una macchina silenziosa, nonostante tutti i problemi del mondo esterno.

«Salve.» Nuengdiao salutò disinvolto il nuovo arrivato. All’inizio era rimasto nella sua stanza a guardare la televisione, ma all’improvviso aveva sentito il rumore dell’acqua corrente. Quando uscì vide Palm che stava lavando la macchina. Una strana sensazione lo spinse a parlare con l’altra persona.

«Salve, signorino.»

«Mi chiamo Nuengdiao.»

«Sì, signorino Nuengdiao.» Il ragazzo che stava lavando la macchina chiuse rapidamente l’acqua e poi rimase di nuovo in silenzio con la testa bassa e le mani strette.

«Ha bisogno che faccia qualcosa, signorino?»

«Lo faresti?» Chiese e l’altro alzò subito la testa in attesa di sentire gli ordini, ma quando Nuengdiao lo fissò distolse lo sguardo.

«Alza la testa.»

«Mh?»

«Ti ho detto di alzare la testa.»

Il ragazzo esitò, ma alla fine dovette obbedire. Palm non era mai stato un tipo con poca fiducia in se stesso, ma per qualche motivo non ci riusciva.

«Quando parli, devi guardare l’altra persona negli occhi. Non abbassare lo sguardo, non mi piace.»

Palm annuì. Poi, invece che abbassare lo sguardo, si guardò intorno e Nuengdiao emise un sospiro.

«Dov’eri prima?» Continuò a chiedere Nuengdiao, guardandolo con occhi provocatori. In effetti aveva ancora dei dubbi su quel ragazzo. Niente in quel mondo poteva essere una coincidenza, soprattutto la richiesta della madre di essere amici.

«Hua Hin.»

«In città?»

«No.» Rispose educatamente Palm. Nuengdiao rimase con le braccia incrociate davanti al petto, osservando l’altro dalla testa ai piedi.

«Allora che cosa facevi a Hua Hin?»

«Vendevo insalata di papaya.»

«Allora sai prepararla bene, vero?» Lo studiò attentamente cercando di carpire più informazioni possibili, come faceva suo padre.

«Non proprio, perché la maggior parte del tempo facevo solo commissioni.» Palm abbassò lo sguardo ma lo alzò di nuovo immediatamente.

«È stato difficile trasferirsi qui? Ti piace come nuovo posto dove vivere?» Nuengdiao fece finta di preoccuparsi, ma in realtà il suo obiettivo era quello di scoprire cosa stesse facendo Chanon.

«No, va bene così. Comunque, mio zio è morto, non mi è rimasto nessuno lì.» Annuì osservando ogni movimento della persona davanti a lui. La risposta del suo interlocutore era così scontata, ma Palm gli era sembrato sincero.

«E i tuoi amici?»

«Non ho molti amici. Dopo la scuola tornavo di corsa a casa per aiutare mio zio a sbucciare la papaya, quindi non avevo molto tempo per uscire con gli amici.»

Improvvisamente l’atmosfera divenne silenziosa, perché Nuengdiao non riuscì a pensare ad altre domande. Palm era troppo ordinario. No! Era mediocre al punto da essere noioso. Ma Nuengdiao pensava che, in fondo, il figlio di Chanon nascondeva molte cose. Sua madre si fidava così tanto di Chanon, non c’era nessun motivo per preoccuparsi del figlio. Almeno la madre lo avrebbe mandato a scuola, riservandogli una vita migliore rispetto a quella dei figli dei lavoratori delle altre famiglie.

La domanda era: sua madre voleva davvero che Palm fosse suo amico?

******

«Perché Palm?»

Le domande continuavano a turbinare nella mente di Nuengdiao. Guardò fuori dalla finestra, mentre Palm stava lavando tutte le macchine. Guardò i vestiti che il ragazzo indossava. Era l’uniforme scolastica di una scuola pubblica molto lontana. Nuengdiao scosse la testa per far svanire i pensieri persistenti.

Dopotutto, a cosa stava pensando sua madre?

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Ady

È troppo presto per pronunciarsi ma sono estremamente ottimista riguardo a questa storia. Grazie!

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