KINNPORSCHE – CAPITOLO 1

Déjà vu

– Porsche –

«Chi sta parlando di me? Sto starnutendo da ieri sera! Dannazione!»

Jom starnutì di nuovo mentre posava la tazza di caffè sul tavolo di marmo davanti alla facoltà di Scienze Motorie. Continuavo a guardarlo e gli chiedevo ripetutamente scusa nella mia testa.

Ieri avevo mentito sul mio nome, dando il suo a quel ragazzo. Beh, non potevo fidarmi di uno sconosciuto così facilmente e data la situazione chi avrebbe osato dire il proprio nome? In ogni caso dopo aver preso l’orologio l’avevo venduto per un paio di centinaia di migliaia di baht.

Quindi, se mai fosse venuto a cercarmi, avrei potuto negare dicendo che non ero io in primo luogo. Ricordo che disse: «Se succede qualcosa all’orologio, considerati morto.»

«Perché mi guardi, testa di cazzo?» Un bastardo mi chiese mentre veniva a sedersi accanto a me e Jom, il suo nome era Tem. Erano i miei unici amici, i miei due migliori amici. 

Anche se ero di bell’aspetto, con la faccia pulita e tutto il resto, non ero molto amichevole, specialmente con gli estranei. Raramente esprimevo i miei sentimenti e le altre persone probabilmente mi percepivano come un tipo freddo. Forse il mio tatuaggio giapponese raffigurante fiori di ciliegio sul braccio sinistro contribuiva a darmi una certa immagine, per questo in pochi si avvicinavano a me. Solo quei due idioti erano rimasti con me nel tempo.

Eravamo al nostro secondo anno in una delle migliori università del paese, ma se non fosse stato per la borsa di studio perchè ero un’atleta, non avrei avuto la saggezza di studiare lì. Studiavo gratis. In qualità di campione di taekwondo e rappresentante della nostra scuola, era stato più facile richiedere una borsa di studio.

«Se finiamo presto il nostro rapporto, Porsche, possiamo venire al club?» chiese Jom mentre giocava con il suo telefono.

«Aiutami prima di pensare a bere.» lTem cercava di farci capire che era seduto da molto tempo a fare il rapporto da solo. Io, d’altra parte, non mi ero impegnato in quello che stavo facendo, non avevo intenzione di aiutare affatto.

«Beh, se è finito, andiamo okay?» Jom non aveva rinunciato all’idea di visitare il club in cui lavoravo. Spesso venivano solo per uscire, perchè erano amici del proprietario tanto quanto me.

«Ohi, va bene andiamo.» dissi.

Jom smise di giocare con il telefono ed i miei amici lavorano più velocemente per completare il rapporto. Ogni tre minuti, Jom chiedeva quanto ci voleva per finire. Quanto a me, facevo tutto il possibile senza il minimo sforzo come al solito.

*********************

Quindi noi tre, eravamo seduti davanti al barista al The root club, il locale del mio capo. Conoscevo molto bene il mio capo, Jae Yok, una donna transgender che indossava un vestito tradizionale cinese per il capodanno in diverse tonalità, era sempre lo stesso vestito, cambiava solo il colore.

Mi cambiai velocemente indossando l’uniforme da lavoro, pronto però ad intrattenermi con i miei amici in ogni momento libero. 

«Nong Porsche, qualcuno chiede se gli prepari da bere.»

La chiacchierona di mezza età mi fece sorridere mentre accettavo il bigliettino con la sottile richiesta scritta. Quello era ciò che volevo veramente, diventare un barista ma avevo ancora molta strada da fare. Spesso ricevevo molte mance, specialmente dalle donne e c’erano molte persone che sedevano e mi guardavano tutta la notte.

Alcune volte, se la ragazza mi piaceva davvero, la portavo di nascosto in albergo. Ad esempio, la donna a cui in quel momento stavo servendo da bere era venuta con i suoi tre amici e non è per vantarmi, ma continuava a guardarmi come se fossi un pezzo di salsiccia.

«Mi chiamo Vivi, se hai tempo libero puoi chiamarmi.»

Come previsto, aveva scritto il suo numero su di un pezzo di carta prima di porgermelo. Risposi solo con un piccolo sorriso per poi mettere il foglio in tasca. 

«Mi chiedo con quanti faresti sesso stasera.» disse Jom mentre mi avvicinavo e posavo il culo sulla sedia accanto a lui.

«Cosa? Non è ancora buio ma c’è già qualcuno che vuole saltarti addosso?» Jae Yok chiese prima di intrecciare le sue braccia intorno al mio. Se fosse stato un altro transgender o gay, avrei sentito la pelle d’oca e mi sarei sentito disgustato. Ma Jae era diversa, era gentile e c’era sempre stata per me e mio fratello. Quando non avevo abbastanza soldi per pagare la tassa di iscrizione di Porschè, mio fratello, era la prima ad aver offerto il suo aiuto.

Lavoravo con lei da anni, anche se avevo compiuto 20 anni un paio di mesi fa, Jae però mi aveva comunque permesso di lavorare part time. Prima facevo solo le pulizie, aiutavo a tenere il club pulito ed in ordine. Dopo la scuola, pulivo i pavimenti prima che il club venisse aperto, poi pulivo i tavoli e le sedie e mi assicuravo che tutto fosse organizzato al meglio. Fino a quando non venni promosso come cameriere perché Jae aveva detto che i clienti erano dipendenti da me e dal mio aspetto assassino.

«Sì Jae, devi prepararti, tutti gli occhi nel club ora sono sul tuo ragazzo.» disse quel bastardo di Tem.

Jae mise su il broncio mentre si appoggiava alla mia spalla. Non potei fare a meno di ridere imbarazzato e buttare giù un bicchiere di alcol.

La notte era ancora giovane ei clienti iniziarono a riempire il locale. Ricordai mio padre, che aveva aperto molte attività ed erano fallite tutte. Morì insieme a mia madre in un incidente d’auto, le attività vennero tutte sequestrate dalla banca ed a noi rimasero i debiti. L’unico tesoro rimasto per me e mio fratello era la casa di città in cui vivevamo.

E c’era Athy, il fratello di mio padre. Invece di sostenerci, era diventato dipendente dal gioco e ci aveva portato ulteriori guai.

«Sei davvero il marito di Jae eh? Non ti vedo mai con una ragazza.» disse Jom.

«Hehe, riesco a malapena a sopravvivere da solo, perché dovrei cercare qualcuno di cui prendermi cura?» risi delle loro sciocche battute.

«Puoi trovare qualcuno che si prenda cura di te, sciocco.» DisselTem, inclinando la testa di lato verso il tavolo nell’angolo dove sedeva un gruppo di uomini molto belli.

«Ne ho visto uno fissarti da molto tempo, ormai.»

«Vuoi essere preso a calci in faccia?» provai a prenderlo a calci da sotto il tavolo.

«Comunque sia, potrebbe avere una cotta per te. Guarda, tutti smettono di guardare, mi sembra evidente.» Jae disse mentre gli uomini al tavolo guardarono prontamente altrove.

«Sì, davvero, hai un bell’aspetto, sei vestito in modo ordinato, in più hai quel bel tatuaggio.» Tem continuò a stuzzicarmi, facendomi voltare per guardarlo in modo gelido.

«Se Porsche fosse gay, e finissero insieme, darebbero alla luce un cane che assomiglia a Jae Yok. Hahaha.» Jom rise così forte e fece sì che Jae lo colpisse in testa.

«Uffa, questo tavolo è pieno di stronzi.» pronunciò Jae prima di allontanarsi per andare ad assistere ad altri tavoli.

«Guarda, non sta guardando Jae…ti viene chiaramente dietro Porsche!» Esclamò Jom.

Guardai il tavolo a disagio, queste erano le situazioni che odiavo. Quando uomini omosessuali entravano nel locale e mi guardavano come se fossi un prosciutto appena tagliato. Alcuni si erano persino presi la briga di scrivere numeri e messaggi, altri addirittura mi parlavano provando a stuzzicarmi ed io non avevo potuto fare nulla. Avevo solo sorriso verso di loro senza dire una parola. Mi dispiace ma conosco i miei gusti, non sono così.

«Guarda come vestono di marca se gli dici di sì, avresti una vita migliore.» Continuò Tem.

«Se non la smetti, ti trascinerò sul retro del negozio e ti ridurrò in poltiglia.» Dissi con voce tranquilla, facendo però trasparire il pericolo della mia minaccia.

«Ohoi, sto scherzando! Guarda, quella signora che hai servito ti sta chiamando, vai!»

Mi avvicinai a Vivi che mi aveva chiamato per ordinare dell’altro, ne approfittai per chinarmi e parlare con lei.

«Dov’è il bagno?» mi chiese mentre i nostri volti quasi si sfiorarono. Le sue dita accarezzano dolcemente la mia mano sul tavolo.

«Vai dritta e poi gira a sinistra.»

Le indicai la direzione del bagno. Sapevo cosa voleva, stavo solo fingendo di essere innocente. 

«Puoi accompagnarmi? Ho paura di perdermi.»

Ecco fatto, annuii ed andai con lei, e come previsto, la signora non ce la faceva più. Mi trascinò nell’angolo più buio del locale, vicino al ripostiglio. Riuscì ad avvicinarsi per baciarmi con ardore, spingendo il mio corpo contro il muro. Le sue labbra piene di lussuria, si schiantarono con forza sulle mie mentre si strusciava con forza su di me.

In quell’angolo buio del locale succedevano un sacco di cose del genere, quindi non ero affatto sorpreso. Io stesso usavo spesso quell’angolo per alcune ‘attività extra’ durante la notte, quando avevo fame.

Le mie grosse mani viaggiarono verso sud e le strinsero il grande seno, poi continuarono verso il basso per aprire la cerniera e slacciare la cintura. L’eccitazione mi riempì i polmoni…

Ma prima ancora che potessi abbassare i pantaloni, sentii il forte rumore di uno schianto.

«Porsche! Vieni presto! Sta succedendo qualcosa di brutto!» Un cameriere più giovane mi corse incontro con il terrore in faccia.

«Cosa sta succedendo?» dissi mentre mi allacciavo la cintura. Vivi si aggiustò il vestito con aria confusa.

«Andiamo.»

Corsi dietro al mio collega più giovane, solo per scoprire che metà del negozio era nel caos e danneggiato. Tavoli e sedie erano caduti, i clienti erano corsi fuori dal negozio. Frammenti di bicchieri e bottiglie erano sparsi sul pavimento. Dentro c’erano più di dieci uomini vestiti di nero che si rifiutavano di fermarsi.

Jae stava cercando di negoziare ma a loro non sembra importare. Corsi da Jae che era con i miei due amici e un altro impiegato, stavano tutti gridando. Guardai l’uomo davanti a me e lo riconobbi immediatamente.

Non appena mi vide, si avventò subito su di me per colpirmi ma per fortuna i miei piedi erano più veloci delle sue mani che rimbalzarono sul suo petto, facendolo cadere.

Come non riconoscere quelli con cui mi ero picchiato l’altra sera?

Non aspettai che qualcuno mi venisse incontro, mi lanciai in avanti, dando pugni su pugni … calci dopo calci. Vidi anche i miei due amici unirsi alla lotta. Jae riuscì a prendere una sedia e si unì anche lei, trasformando la bella signora in un delinquente lacero e pieno di rabbia.

«Siamo venuti per vendicarci! Stronzo.» disse l’uomo che stavo prendendo a pugni in faccia.

«Beh, sei un tesoro.» risposi sorridendo, prima di dargli un altro colpo.

L’uomo barcollò un po’ ma ciò non gli impedì di prendere una bottiglia di birra e di sbatterla contro il tavolo. Un sorriso demoniaco comparve sul suo volto. Si fece avanti per pugnalarmi, ma cosa poteva farmi quando ero dieci volte più veloce? Deviai abilmente tutti i suoi colpi fin quando non si imbestialì.

Ieri mi ero dimenticato di pensare che dovevano sapere che lavoravo lì. Chi non lo sapeva? Gettavo la spazzatura e chiudevo a chiave la porta sul retro. Che stupido da parte mia…tsk.

Ho aiutato un bastardo e guarda in cosa mi sono cacciato. 

Non avevo paura dei teppisti, ma avevo paura per Jae e gli altri. Specialmente i danni che avrei dovuto pagare, perché la causa di quel caos ero chiaramente io.

«Sei veramente bravo.» disse sfiorandosi la mascella. Non si arrese nemmeno dopo essere stato preso a calci un paio di volte.

«Grazie per il complimento.» risposi sorridendo.

Provai a prenderlo a calci in una gamba ma qualcuno da dietro riuscii a bloccarmi le braccia e mettermi alle strette, tuttavia ero ancora fiducioso di non venire battuto. Potevo trovare il modo per divincolarmi.

Il deficiente sorrise subdolamente, avanzando lentamente con la bottiglia rotta in mano,

quando improvvisamente..

«FERMI!»

La voce proveniva dall’ingresso del locale, tutti si voltarono a guardare la voce familiare.

«Fottuto Kinn!» Uno degli uomini imprecò.

Tutti gli occhi furono deviati sul giovane vestito di nero. I suoi capelli luccicavano sotto le luci del club. Il suo volto era luminoso ed aveva le tracce dei graffi che si era procurato dal pestaggio di ieri. I suoi occhi saettarono verso di me, mi guardò e sorrise. Sembrava messo un po’ meglio di ieri. Dietro di lui c’erano alcune persone vestite di nero.

«Merda!»

Qualcuno gridò ed io ripresi a tirare pugni e calci. Non so da che parte ero in quel momento, perché non conoscevo neanche il nuovo arrivato, diciamo solo che mi stavo vendicando per il club.

«Signor Kinn, stia attento.»

Mi voltai verso la voce di un uomo che era subordinato di Kinn, solo per vederlo barcollare e colpire il muro, poi cadde sul pavimento con la faccia insanguinata. C’erano più di cinque persone in piedi, tutte con in mano un coltello e pronte a lanciarsi contro di noi. Dovevo stare dalla parte di Kinn, perché l’orologio che mi aveva dato valeva più di centomila, quindi ero fondamentalmente in debito. 

Saltai e sferrai un calcio alla caviglia della persona più vicina, lasciando cadere il coltello che aveva in mano. Poi afferrai la testa di colui che aveva preso a pugni Kinn in faccia e gliela sbattei sul tavolo, senza mai trattenermi, perché mi aveva fatto arrabbiare vedere colui che avevo salvato ieri, di nuovo con una faccia insanguinata. Come osi! Caricai di nuovo il piede e presi di nuovo a calci il deficiente finché non cadde a terra.

«Grazie..» La sua voce roca era come se accarezzasse i miei muscoli tremanti. Perché aveva quell’effetto su di me?

«Niente sudore.» risposi con un sorrisetto. 

Poi Kinn mi affiancò per sferrare di nuovo altri pugni. Non mi sarei mai stancato se questo avesse significato proteggere quel bellissimo uomo dietro di me, sarei potuto andare avanti così tutta la notte.

«Ehi, hai bruciato le loro case?» Gli chiesi.

«Sono loro che mi perseguitano.» rispose.

Arrivarono altri uomini vestiti di nero e Jae insieme agli altri corsero verso il retro del negozio. Non importa quanto tu sia bravo nelle arti marziali, se sono più di una dozzina di uomini, le probabilità sono scarse.

Se non fossi uscito da lì, il mattino dopo probabilmente sarei diventato un fantasma.

«Scappiamo!» urlai a Kinn.

«Dove andiamo? Siamo circondati.» Disse e nella sua voce non c’era nemmeno un accenno di paura.

La mia mente lavorava velocemente mentre pensavo ad una via di fuga. Se me ne fossi andato in quel momento, avrebbero smesso di distruggere il locale perché non era il loro obiettivo, come non lo era jae. 

Così afferrai il polso di Kinn e corsi verso la porta sul retro.

«Dove stiamo andando?» chiese mentre mi seguiva.

Non gli risposi, mentre lo trascinavo a lo obbligavo a salire sulla mia moto. Grazie al cielo avevo parcheggiato proprio sul retro del locale. E proprio come ieri, avviai il motore, guidando veloce. Era come guardare un film al contrario, riavvolgendo il nastro.

Déjàvu!

Il punto in cui eravamo passati ieri, davanti alla stazione di servizio. 

Quanto mi dovrà questa volta?

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5 Commenti
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Fanny R.Iddle

Grazie per questo capitolo ❤️

Toniolo Francesca

È come leggerlo x la prima volta!!! Sempre bello ed emozionante!!! Grazie 🤗

Toniolo Francesca

Caro Porche è solo l’inizio!!!😁🤣

NihalSennar

Grazie ❤️ ❤️ ❤️ mi sono proprio appassionata!!! Li adoro!!!

lulu

Avevo sentito che questo libro parlava di omofobia e transfobia (oltre alle altre tematiche discriminatorie) ma DAMN, Porsche proprio represso.

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