EN OF LOVE MECHANICS 2 – CAPITOLO 26

-Mark Masa-

Guardai in silenzio l’acqua per il cerimoniale.

In quel momento non chiesi nient’altro che un po’ di tranquillità. Non era ancora passato nemmeno un anno, ma erano successe tante cose. Quello che dovetti affrontare in quel preciso momento era davvero difficile. Non potevo riaverlo indietro anche se lo desideravo così tanto. Tutto quello che potevo fare era pregare che il bambino stesse bene e che io guarissi rapidamente.

“Andiamo.” Per fortuna avevo qualcuno al mio fianco. Durante il periodo di lutto era così bello avere Vee accanto a me.

“Non ho nemmeno visto il suo volto, eppure mi manca già così tanto.” dissi a Vee.

“Porta il bambino nel tuo cuore e vivi per lui. Non devi mai dimenticarlo, ricorda solo le cose belle”. Vee si rivolse a me ancora una volta.

“Non ho fatto nulla di buono per lui quindi quali cose buone dovrei ricordare?” risposi.

“Gli hai salvato la vita la prima volta e questa è una cosa così buona da ricordare. Hai fatto molto Mark.” continuò Vee.

“Sì.” risposi.

“Sei così sorprendente.” disse Vee sorridendomi ed io ricambiai il suo sorriso.

Non ero arrabbiato con Ploy o Ton. Quella mattina in ospedale dissi loro i sentimenti che davvero provavo. Non avrei potuto riportare indietro mio figlio e tutti i responsabili per l’accaduto dovevano pentirsi degli errori commessi contro quel piccolo essere, ma non mi sarei fatto sopraffare da quel dolore perché avevo qualcuno al mio fianco. Le persone che mi confortavano quando piangevo, le persone che si prendevano cura di me, che mi aspettavano, mi consigliavano e che mi volevano bene. Non solo Vee, ma anche i miei ed i suoi genitori e tutti i nostri amici che non avevano mai smesso di darmi il loro supporto e Vee me lo ricordava costantemente.

“Rimani nel presente.” mi disse il Monaco, ma lo trovavo difficile. Sapevo che potevo e dovevo farlo, ma era difficile. Solo quando Vee mi disse: “Resta qui, resta con me.” Sentii che quello era lo scopo della mia vita in quel momento.

Il regalo di cui parlava il Monaco era Vee.

Uscimmo per dar da mangiare ai pesci e dopo portammo del cibo da dare anche agli uccelli. Avrebbe potuto sembrare strano che Vee facesse una cosa del genere, ma non lo era. Vee era un tutt’uno con tutti quegli uccelli grigi. La camicia bianca che indossava lo faceva sembrare così luminoso sotto il sole di mezzogiorno ed anche Ploy osservò la mia camicia grigia quando mi trovai nelle sue vicinanze. Sentii un rumore.

“Eh?” Mi voltai per vedere la fonte del suono. La mamma di Vee ci aveva scattato una foto mentre si avvicinava.

“Come è bella.” disse poi porgendomi il telefono.

Era una foto di me e Vee. Non eravamo vicini, c’era una distanza tra di noi. Mostrava Vee con gli uccelli che sembravano così felici ed i miei occhi che lo guardavano pieni di conforto.

“Chi è bello?” chiese Vee avvicinandosi a sua madre per vedere la foto. “È bellissima?” chiese Vee dopo essersi sporto a guardare.

“È bellissima.” ribadì prima di inviare lo scatto al proprio telefono.

“Sì, gli uccelli sono bellissimi.” dissi dopo che ebbe guardato.

“Ehi, sei tu che sei bello.” disse di rimando.

“Come sono bello? Ma hai guardato bene la mia faccia prima?” ribattei convinto che il mio viso non era davvero così bello.

“I tuoi occhi sono belli. Quando mi guardi così è molto bello.” disse Vee guardandomi negli occhi che incontrarono subito i miei.

“Non abbiamo più bisogno di stare qui.” sentenziò la mamma.

“Troppe persone attorno. Non hanno bisogno di mamma o papà in giro.” Suo padre disse avvicinandosi.

“Di cosa stai parlando? Siamo ancora all’interno del tempio, quindi cosa stai cercando di dire esattamente?” Vee si voltò a guardare suo padre in modo frustrante.

“Quindi è così che dovrebbe essere? Flirtare l’uno con l’altro nel tempio?” Mio padre rincarò la dose.

“Non stavo flirtando.” Lo corresse Vee.

“Lo stavi facendo!” Tutti e quattro rimanemmo immobili dopo che quelle parole furono pronunciate all’unisono dai nostri padri.

“Quando si tratta di altre cose non sei mai d’accordo con lui in questo modo.”  Vee borbottò scuotendo la testa. Anche la mamma rise e io sorrisi per il buffo episodio appena accaduto. Non era tutto così bello, ma c’erano piccole cose davvero buone da ricordare.

“Torniamo figliolo.” Mi invitò mia mamma.

“Sì, tra poco Vee deve accompagnare anche noi all’aeroporto.” aggiunse la sua.

“Oh, beh, anche io verrò.”

“No, ho solo bisogno di parlare un po’ con Vee prima. Come possiamo affidare Mark a lui così senza rassicurazioni? Vee potrebbe non essere in grado di farlo.” Sua madre spiegò.

“Cosa stai dicendo? Figlio mio?” Intervenne mio padre.

“È anche mio figlio.” disse il padre di Vee.

“Allora io chi sarei? Chi dovrebbe essere mio padre?” Vee si era chinato a sussurrarmi.

“Sei stato buttato via.” dissi.

“Sei senza cuore!”

“Vee.”

“Sì papà, andiamo subito.” disse Vee e si allontanò da me.

“Datti una mossa o per davvero smetterò di considerarti mio figlio.” Suo padre proseguì.

“Va bene papà.” disse lui prima di voltarsi e incamminarsi verso suo padre. Sentii la sua mano che mi toccava prima di incontrare i suoi begli occhi che mi guardavano dolcemente e ricambiai il suo sorriso.

“Fate buon viaggio.” dissi ai suoi genitori.

“Lo faremo. Sbrigati e torna a studiare.” Si raccomandò il padre di Vee.

“Tornate presto in questa parte del paese e venite a trovarci.” disse loro mia madre.

“La prossima volta mi piacerebbe venire a trovarvi per un evento diverso.” Sua madre rispose.

“La prossima volta che verrete assicuratevi di portare con voi anche la ciotola di betel.”

(N/T: la ciotola di betel viene presentata durante una cerimonia di matrimonio ai genitori della sposa. )

“Papà…” Mi voltai a guardare mio padre incredulo ed anche Vee si voltò a guardarlo come se si fosse spinto troppo oltre.

“Vee è tempo per noi di tornare a casa.” Intervenne suo padre.

“Papà prima ho una cosa da dire.” disse Vee prima di avvicinarsi a mio padre, ma il suo lo afferrò e lo trattenne.

“Vee prima devo riportarti a casa così potremmo vendere un pezzo del terreno di tuo nonno per ricoprire di doni il tuo sposo.”

Vee e suo padre non avrebbero mai potuto farlo ed anche se la loro intenzione era salda mi sarei fermamente opposto. Semmai Vee avesse fatto una cosa del genere per me sarebbe stato veramente il colmo. Di certo non dovevo essere adornato e ricoperto di doni come una sposa senza contare che non avevo mai nemmeno pensato al matrimonio. Tutti erano al corrente della nostra relazione ed i miei genitori l’avevano accettata e quello per me era più che sufficiente. Non sentivo il bisogno di organizzare un grande evento o una cerimonia del genere.

Sapevo che mio padre stava solo scherzando. 

Il problema era che sia Vee che suo padre, al contrario, erano seri.  

                                               **************************

“Sei molto più sereno adesso, non è vero?” mi chiese la mamma. 

“Sì. Grazie mille per tutto.” Li ringraziai per avermi aiutato a prendermi cura di  Ploy e per aver compreso e accettato la mia decisione in quel momento anche se non era andata come avevo previsto.

“Non è qualcosa di cui devi esserci grato.” rispose mio papà.

“Sei nostro figlio e noi saremo sempre al tuo fianco.” Continuò la mamma accarezzandomi dolcemente la testa.

“Mamma…”

“Questa volta non è andata come ci aspettavamo, ma potrebbe sempre esserci un’altra occasione.” disse mio padre posando la sua mano sulla mia schiena.

“Non voglio.”

“Se un giorno lo vorrai di nuovo, c’è sempre la maternità surrogata o qualsiasi altra opzione che riteniate valida.” Continuò mio padre.

“Lascia che tuo figlio ora venga a patti con questo dolore prima.” Intervenne mia madre.

“Sì, certo…” disse mio padre così mi girai per sorridergli.

Non avrei mai pensato che lui potesse essere così comprensivo, ma in quel momento la sua mano sulla mia schiena mi faceva sentire molto meglio. Il suo tocco era caldo, ma diverso da quello di Vee, mi confortava e mi faceva sentire più a mio agio, che unito a tutta la tenerezza e la gentilezza di mia madre stava contribuendo ad alleviare il mio dolore.

“Allora quando tornerai all’università?” chiese la mamma.

“Tra pochi giorni, non ho perso così tanto.”

“Non devi farlo se non ti senti pronto, ma se vuoi andare ricorda che se non ci riesci non devi sforzarti troppo.” Guardai di nuovo gli occhi di mio padre e riconobbi la sua gentilezza. Non avrei mai pensato che potesse essere così gentile. Vee mi aveva sempre detto che mi amava esattamente come in quel momento e che era preoccupato e possessivo nei miei confronti, io però, non mi ero mai reso conto di tutto il suo amore. In passato non mi aveva mai mostrato apertamente il suo affetto, ma da quando lo aveva fatto mi fece sentire così fortunato e grato per avere una così buona famiglia. Solo quello avrebbe dovuto rendermi più che soddisfatto. 

“Posso andare.”

“Ok, ma se non ti senti pronto non forzare le cose.” Mio padre disse di nuovo e così io annuii.

“Sono davvero preoccupata. Non sarebbe meglio se ti prendessi un semestre di pausa?” Mi chiese mia mamma.

“Non ha bisogno di così tanto tempo.” intervenne papà.

“Non sei preoccupato per tuo figlio?” 

Iniziai a guardare entrambi quando tra i due scoppiò quella discussione a causa mia.

“Mamma…”

“È perché mi preoccupo, voglio dargli tempo e forza. So che è triste, ma ha anche bisogno di imparare ad affrontare il dolore. Ha bisogno di crescere, maturare e assumersi la responsabilità delle proprie scelte in modo da poter diventare un adulto.” Mio padre si voltò a guardarmi.

“Ma è ancora un bambino…” disse mia mamma.

“Quale bambino? Allora secondo te, cosa gli è stato chiesto prima?”

“Papà.” dissi guardandolo imbarazzato dai suoi occhi beffardi.

“O non è forse vero?” disse alzando le sopracciglia.

“Stai prendendo in giro tuo figlio.” disse la mamma.

“Beh, la proposta è stata fatta, ma non ho intenzione di lasciarti andare così facilmente. Li stavo solo ingannando.”

“Oh! Allora cos’è? Perché hai bisogno di fare così?”

“Sto solo aspettando di vedere se lui è davvero così serio.”

“Non voglio che sia così.” risposi.

“Non vuoi che sia così cosa?”

“Non voglio essere adornato…”

“Lascia che lui lo chieda per bene, non c’è alcun bisogno di essere adornato.” Mio padre disse accarezzandomi dolcemente la testa.

“Vorrei chiederlo allora.” Vee si avvicinò e disse a mio padre mentre Vee, in piedi accanto a me, mi pose un braccio intorno al collo.

“Questa volta non conta.” Mio padre rispose.

“Oh!”

“E tieni a posto quelle mani.” continuò mio padre, allontanando il braccio di Vee.

“Vai a riposare figliolo, tra un po’ scendi per cena.” mi disse la mamma così io annuii in risposta.

“La preparerai tu o la cuoca?” Le chiesi.

“Vuoi mangiare qualcosa preparato da tua madre?” chiese lei di rimando.

“Sì…”

“Beh, allora lo farò.” disse accarezzandomi di nuovo la testa.

“Molto bene, allora andate insieme a riposare. Tutto bene con la partenza dei tuoi genitori?” Mio padre si era girato per chiedere a  Vee.

“Sì, dovrebbero aver già superato il primo controllo di sicurezza.” 

“Non hai aspettato che l’aereo partisse?” Papà si voltò per chiedere.

“No.”

“Non ti importa dei tuoi genitori?”

“Sono più preoccupato per mia moglie.” disse Vee mettendo di nuovo il suo braccio sulla mia spalla.

“Vee!”

“Noi… andiamo a riposare.” disse Vee sempre con un braccio intorno al mio lasciando che mio padre lo guardasse torvo. Erano entrambi fatti così. Sembravano essere sempre in disaccordo, come se fossero infastiditi l’uno dell’altro, ma sapevo che si volevano bene. Pensavo che mio padre volesse bene a Vee dato che anche lui mi amava ed anche perché Vee lo aveva a suo modo aiutato e così lui ed io ora ci capivamo meglio. Vee aveva reso possibile alla mia famiglia diventare una vera famiglia.

“Ti riporto all’università.” disse Vee una volta entrati nella stanza.

“Puoi?” 

“Sì, posso.”

“Ed il lavoro?”

Anche se Vee aveva iniziato a lavorare molti mesi addietro ed aveva raggiunto una posizione in cui gli era concesso chiedere dei giorni di ferie o di avere la possibilità di lavorare lontano dall’ufficio, non ero sicuro di quanto spesso o per quanto tempo avrebbe potuto ancora farlo.

“Sono già andato via.”

“Hai preso delle ferie o l’hai lasciato?” 

“Se me ne vado e a te non dispiace, allora dirò addio al lavoro.”

“Divertente.”

“Oggi invierò un’e-mail per far sapere loro che lascio il lavoro.” disse avvicinandosi al mio computer.

“Allora dove prenderai i soldi per la mia proposta?” feci finta di chiedere e lui mi rivolse il suo bel viso anche se aveva gli occhi socchiusi.

“Chi una volta ha detto che mi avrebbero inseguito in capo al mondo?” disse avvicinandosi.

“Io no.” dissi indietreggiando.

“Hmm?”

“Non avvicinarti.” dissi indicando il suo viso.

“Lo sto già facendo.” rispose muovendosi di nuovo.

“Vee.”

“Chi non l’ha mai detto?”

“Ah.” Dovetti fermarmi dato che Vee mi afferrò per la vita e mi tirò a lui con successo.

“Chi?”

“Nessuno.” dissi cercando di muovere il collo per sfuggire al suo bel viso che mi stava distraendo.

“Dillo.”

“No.”

Mi baciò. Tentai di scappare, ma non ci riuscii. Non mi era possibile scappare da quel ragazzo, non potevo evitarlo, anche se continuavo a dimenarmi. Non si trattava solo del mio corpo, ma anche del mio cuore. Mi arresi a lui, potevo anche aver perso la battaglia, ma non significava aver perso la guerra solo perché in quel momento avevo scelto di arrendermi a lui.

“Mmm.” Vee inclinò il viso ed io mi mossi con lui. La sua bella bocca non si fermò e prese a scendere verso il basso in accordo con il suo umore. Per quanto mi riguardava, alzai il viso verso di lui e lasciai libere tutte le mie emozioni. Lasciai che mi baciasse per consolarmi e che a suo modo cercasse di compiacermi.

“Vee… uhm.” mi lasciò andare per respirare solo per pochi secondi prima che la sua bocca tornasse di nuovo sulla mia. Potei solo spingere delicatamente il suo petto, ma poi lo lasciai continuare a baciarmi. La sua lingua bagnata era entrata nella mia bocca, aggrovigliandosi alla mia come sempre. Anche se in un primo momento non avrei voluto farlo divenni debole quando la sua lingua sfiorò leggermente i miei denti.

Ci baciammo a lungo,  così a lungo che per poco non mi sciolsi contro il suo petto. Era dolce, dolce come ogni volta che ci baciavamo, ma diventava sempre più caldo ogni volta che ci toccavamo.

“Vee…” lo chiamai piano e lui si allontanò da solo, con gli occhi socchiusi e mi guardò, anche se respirava ancora pesantemente.

“Non posso?” disse alzando la sua bella mano e accarezzandomi la guancia, il suo sguardo era gentile e implorante.

“Io…” Non volevo farlo in quel momento, cosa che cercai di dirgli con i miei occhi e che per mia fortuna Vee capì.

“Ti amo.” disse prima di avvicinarsi lentamente con la sua mano che ancora mi stringeva la vita mentre la sua bella bocca scese su di me e mi diede un bacio sulla fronte. Era la sensazione più bella che avessi provato in tutti quei mesi. Era una sensazione migliore di quella provata in una riappacificazione dopo una violenta litigata. Era un semplice bacio  sulla fronte, eppure quella volta mi fece sentire molto meglio di ogni altro bacio infuocato.

“Ti amo anch’io.” gli dissi prima di alzare la mano e abbracciarlo, posando la testa sulla sua spalla.

Quante volte avevo già detto che lui era il mio rifugio? Ed era vero che lui era il mio tutto. Lo amavo così tanto, più di chiunque altro, ero tutto suo. Mi aveva dato tanto, mi voleva un bene indicibile, mi aveva comunicato tutti i suoi sentimenti. Alcune persone avrebbero potuto anche ribadire che era lui quello fortunato, ma si sbagliavano. La vera ed unica persona fortunata ero io, io che potevo averlo al mio fianco quel giorno.  

“Mi ami molto.”

“Sicuramente.” dissi prima di alzarmi in punta di piedi per baciargli dolcemente il mento.

“Eh…”

“Sei arrabbiato perché non voglio?” chiesi preoccupato.

“No.” disse prima di mettermi una mano sulla testa. “Mi piace quando sei felice, voglio farlo solo quando ti senti a tuo agio.”

“Mi vuoi?”

“Sì.”

“Allora baciami di nuovo.”

“Si.” 

Vee rimise le sue labbra sulle mie.

Mossi di nuovo la mia bocca al suo stesso ritmo lento, ma molto chiaro in tutti i sensi. La sua mano mi attirò lentamente più vicino, il suo viso premette verso il basso finché non ci fu più spazio tra noi.

Sentimmo in lontananza bussare alla porta, ma prima ancora di poterci muovere…

“Sto entrando…Vee!”

“Hey!”

“Papà.”

“Quando bussa signore dovrebbe aspettare che le venga aperta la porta prima di entrare.” Vee si voltò per dire a mio padre che era in piedi nel bel mezzo della stanza.

“A te sembra giusto invece? Ti pare davvero il momento di baciare mio figlio?” chiese mio padre ed i suoi occhi acuti che mi scrutarono facendomi stringere le labbra, facendomi concentrare su di esse, il che enfatizzava solo in parte tutte le sensazioni appena provate  che ancora potevo sentire su di esse.

“Ecco… io…”

“Non è il momento!” Mio padre disse quando Vee rimase stordito.

“Papà… vuoi qualcosa?” 

“No. Devo aver bisogno di qualcosa per venire qui?” disse alzando le sopracciglia.

“No… volevo solo sapere cosa volevi dirci.” dissi a bassa voce quasi in piedi dietro Vee perché avevo paura del suo sguardo feroce.

“Vai ad aiutare tua madre in cucina.” disse con i suoi occhi feroci che non smettevano di fissare Vee.

“Ma mamma ci ha detto di andare a riposare.”

“Beh, voi ragazzi non state riposando.” Mio padre rispose prontamente a Vee, di nuovo pronto per uno scontro, facendomi sorridere e ridere di nascosto.

“Cosa c’è da ridere?” Mi chiese ferocemente Vee.

“Hai intenzione di sgridare anche me? Sia tu che mio padre?” Feci una smorfia supplichevole verso entrambi e mio padre si fermò di colpo. Vee aveva appena fatto un sorriso astuto.

“No. Non io, è…”

“Vee!” Mio padre disse ad alta voce. Vee sorrise soddisfatto e annuì.

“Vai, vai ad aiutare la mamma a cucinare.” disse Vee prima di afferrarmi il braccio.

“C’è bisogno che anche tu vada in cucina?” disse mio padre mentre uscivamo dalla stanza.

“Beh, è ​​vero, ma io voglio tenere la mano del mio ragazzo e lui vuole tenere la mia.” rispose Vee.

“Stai iniziando a farmi arrabbiare.” disse mio padre fissando Vee.

“Anche se la sto infastidendo solo per divertimento amo davvero suo figlio.” disse Vee incrociando lo sguardo di mio padre. Non sapevo cosa stesse tentando di dirgli o come potesse incrociare i suoi occhi, ma mio padre ricambiò lo sguardo per un po’, prima che Vee mi stringesse il polso.

“Va bene.” disse semplicemente mio padre prima di spostarsi per farci uscire.

Non sapevo cosa si fossero detti mio padre e Vee dato che entrambi erano rimasti in silenzio dopo essersi guardati. Mio padre parlò a Vee e si  limitò ad annuire. Non potevo dire che era una cosa tra uomini, essendo anche io ero un maschio e soprattutto perché ero convinto che riguardava me.

“Di cosa hai parlato con mio padre poco fa?” chiesi mentre scendevamo le scale.

“Eh? Di cosa stai parlando?”

“Solo un momento fa.”

“Un attimo fa c’eri anche tu quindi perché me lo chiedi?” Lui continuò.

“Beh, non capisco.” dissi.

“Oh! Beh, l’hai sentito anche tu.”

“Ti sei solo limitato a fissarlo.” dissi tirandogli il braccio per impedirgli di continuare a scendere le scale.

“Stavo solo cercando di stuzzicare tuo padre.”

“Vee…”

“Ok. Mi stava solo guardando.”

“…”

“Vuole solo prendersi cura di te, è preoccupato per te.”

Da quando erano tutti così preoccupati per me? Mi dispiaceva, ma mi sentivo anche bene al pensiero che le altre persone si preoccupassero per me, specialmente  mio padre; ed era ancora meglio il fatto che mi stesse affidando a Vee. Significava che si fidava di lui, che aveva fiducia in me e che era  fiducioso della mia scelta come lo ero io.

“Sì. Ma non capisco perché siano così preoccupati che tu sia nelle mie mani. Non ce n’è alcun bisogno, mi prenderò sempre cura di ciò che mi appartiene.”

“Davvero?” Gli chiesi costringendolo a voltarsi per guardarmi.

“Quando non è stato così?”

“Forse dovresti pensarci di nuovo su.”

“Non è necessario.”

“Non la pensi così?”

“No, non voglio. Non ricordo sia mai successo.” disse Vee prima di accompagnarmi al piano di sotto. Dicendo di non ricordarsene mi aveva fatto sorridere mentre lo seguivo. Significava che le cose del passato non contavano tanto da essere ricordate e se non era qualcosa che mi riguardava lui non l’avrebbe più ricordata.

“Vee.”

“Uhm?”

“Davvero non ricordi?”

“Ricordo solo che all’epoca mi amavi così tanto. Tutto qui. E in questo momento è lo stesso. Ricordo solo quanto ci si sente bene quando è così. Mi sento bene e questo è tutto ciò che voglio ricordare. Se qualcosa non va, se non mi fa star bene allora non è affatto necessario ricordarla.” disse guardandomi negli occhi.

Quello era tutto.

Proprio così, come ha detto Vee, ripensando alle cose buone successe in quel periodo e che avrei sempre potuto ricordare. Quando udii per la prima volta il battito del cuore del bambino e sentii il mio cuore gonfiarsi di un sentimento tutto nuovo. Mi aveva  fatto sentire pieno, anche se non avevo mangiato nulla. Mi aveva fatto desiderare di essere migliore e ora che il bambino era lontano, mi faceva venire voglia di vivere di nuovo, di essere brillante ed essere amato. Non solo per me, ma anche per il bambino. Per quell’esserino piccolo che mi aveva insegnato un sentimento diverso. E anche se non era più con me i sentimenti che provavo nei suoi confronti non sarebbero mai spariti.

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