YOUR EYES TELL – CAPITOLO 3

Raccomandazione

«Kao, Kao, Kao .. porca puttana Kao! Dove mi stai portando? Ho un colloquio di lavoro!»

Passata la folla all’ingresso, ci ritrovammo in un corridoio semi deserto, c’erano varie porte ed ogni tanto qualcuno entrava ed usciva. Io avevo già il respiro affannato, aria condizionata o meno quell’improvviso cambio di programma mi aveva procurato una certa ansia. Cercavo di non darlo a vedere, passandomi una mano sulla fronte e guardando Kao con fare torvo. 

«Non sei qui per il casting?» 

«No! Sono qui per un colloquio come tirocinante. Cazzo, avresti potuto chiedermelo prima, no?» 

Non avevamo usato alcuna parola formale, neanche a pagarla oro. Io avevo fatto sfoggio della mia assoluta ignoranza in materia, condendo la frase con imprecazioni varie e parolacce. Non che fossi tanto diverso in Italia, non avevo mai vissuto la vita nobile però ero sincero, quello dovevo riconoscerlo. 

Tra un affanno e l’altro, prima che lui potesse dire qualcosa, la porta di fronte alla nostra si aprì e ne uscì Seng. Era stato preparato per qualche diretta, programma o chissà cos’altro perchè risultava sicuramente più affascinante rispetto a quanto già non fosse. Non riuscivo a capire perché quando lo incontravo, per una frazione di secondo, mi mancasse il respiro. Il punto era che in quel momento mi ero agitato per la situazione ed avevo iniziato a sudare.

Lo guardavo con le pupille dilatate, cercando di respirare profondamente e di evitare di fare una seconda brutta figura, sempre con la stessa persona. 

«Sei venuto al casting alla fine?» 

Mi aveva posto la stessa domanda di Kao, evitando però di strattonarmi da una parte all’altra come un bambolotto. L’ansia aveva il potere di farmi rispondere in modo più concitato, non ero veramente riuscito a trattenermi come al solito. 

«No, ho un colloquio come stagista ma LUI, mi ha trascinato qui pensando fossi qui per il casting. Devo tornare indietro, adesso.»

Kao mi guardò per un secondo come se fossi uno squilibrato perché, senza dire una parola, ero partito come un cavallo impazzito verso la direzione da cui eravamo arrivati. Stavo per andarmene ma la mano di Seng mi afferrò il braccio per fermarmi e mi fece voltare verso di lui. 

«Prima calmati, stai perdendo di nuovo controllo.» 

Il dramma della mia vita era che tutti pensavano fossi una persona così tranquilla da risultare menefreghista. Quante volte la mia ex fidanzata mi aveva detto che non mi interessavo abbastanza di lei, che non le dicevo cosa pensavo e che se mi fosse caduto un meteorite di fianco non mi sarei neanche spostato. Apparivo davvero in quel modo? Allora perché stavo male per ogni singola foglia spostata? Perché lui se ne accorgeva ancora prima di me?

«Se non vado, perdo la possibilità.» 

Cercai di divincolarmi dalla presa ma lui finì semplicemente per stringere maggiormente ed intrappolarmi sul posto. Mi voltai ad osservarlo con un’espressione estremamente infastidita. Sullo sfondo non ero sicuro che Kao avesse capito cosa stava succedendo, non lo avevo capito neanche io. 

«Non la perdi, ti accompagnamo noi. Prima però devi calmarti, vuoi presentarti davvero così?»

Effettivamente al posto del cuore nel petto avevo un tamburo, la tachicardia si era impossessata di me e stavo sudando parecchio. Avevo un leggero tremore alle labbra, questi cambiamenti improvvisi, le incognite, il senso di perdita del controllo mi facevano spesso andare sotto stress. Riuscire a gestirmi era difficile anche con una terapia farmacologica. Non sapevo se ero destinato ad un’esistenza grama o meno, ma in quel momento volevo solo sparire in un buco, non avevo la forza di restare con loro un solo minuto di più. 

Il manager di Kao arrivò proprio in quel momento, spezzò la tensione che si era creata trascinando Kao verso il primo shooting della giornata. Io non sapevo niente di quel mondo, lui però sembrava essere a suo agio in quello che stava facendo. Si limitò a chiedermi scusa muovendo solo le labbra mentre veniva trascinato via con una certa urgenza.

Seng ed io restammo al centro del corridoio, mi stava ancora trattenendo per un braccio quando, con un gesto del tutto scocciato, me lo scrollai definitivamente di dosso. Lo guardai torvo prima di capire che ore erano guardando il display del mio smartphone. Sapevo di avere ancora mezz’ora prima del colloquio ma c’era qualcosa dentro di me che voleva mi allontanassi da lui il più in fretta possibile. 

«Senti, io ora devo proprio andare.»

Presi a camminare sempre nella direzione da cui ero arrivato insieme a Kao e per la seconda volta venni braccato, mi sentivo un topo in trappola. Mi afferrò di nuovo per il braccio e senza troppe cerimonie iniziò a tirarmi per farmi andare dall’altra parte. 

Chiariamoci, ero alto 183 cm e avevo una figura atletica e molto sportiva, eppure Seng superava il metro e novanta e di fianco a lui sembravo sempre troppo piccolo. Questo non significava che non avessi abbastanza forza per respingerlo ancora. 

«Da qui facciamo prima, so dove devi andare.»

«Puoi anche metterci una buona parola?»

Nel posto da cui provenivo quasi tutto funzionava con le connessioni, anche dette: raccomandazioni. Volevi avere un determinato lavoro? Potevi farlo anche senza connessioni ma se sapevi di averle, la strada era in discesa. Secondo la teoria del ‘tutto il mondo è paese’, ero quasi sicuro funzionasse nello stesso modo anche qui, ed infatti …

«Potrebbe essere.» 

«Cosa devo fare per avere il tuo aiuto? Non navigo nell’oro, te lo dico.»

Parlavamo camminando, mi ero scrollato di nuovo di dosso la sua presa e la conversazione era proseguita senza intoppi. Anzi, mi ero accorto che per la seconda volta mi aveva aiutato a farmi passare un attacco di panico. Addosso mi era rimasta solo l’ansia che comunemente assale tutti quando sono in procinto di fare un colloquio per un posto di lavoro. Avevo dato per scontato che mi chiedesse dei soldi, invece quello che mi domandò fu nettamente diverso. 

«Dammi il tuo LINE ed il tuo numero di telefono.»

«Perchè lo vuoi?»

La risposta che ne ricevetti fu una semplice alzata di spalle. Dovevo rifletterci bene ed avevo poco tempo. Le opzioni erano due: sperare di farcela con le mie forze ad ottenere il posto di lavoro o dargli il mio numero di telefono e sperare che Seng mettesse una buona parola per me.

Al mio posto cosa avreste fatto? C’era solo una scelta possibile per uno come me, solo una. 

«Ok, tieni.» Gli porsi velocemente il mio telefono che dopo qualche secondo mi venne restituito. 

«Mi raccomando, quando ti scrivo rispondimi.» Seng disse e poi sorrise, ogni volta che lo faceva in modo così spontaneo mi faceva rabbrividire sul posto, non riuscivo neanche a capire la portata di quel brivido e la forza che quel sorriso aveva sulla mia mente. 

Una volta arrivati davanti alla sala in cui si svolgevano i colloqui, Seng mi disse di fare il mio colloquio e poi di attenderlo, perché lui doveva presentarsi sul set per la seconda stagione della serie in cui era il protagonista. 

Entrai nella stanza in cui avrei fatto il colloquio e cancellai dalla mente qualsiasi cosa, tutte le ansie e tutte le paure. Volevo fare bella figura. 

************************

Dopo il colloquio Seng non era più riuscito ad incontrarmi. Lo avevo atteso per più di mezz’ora ma era riuscito solo a scrivermi su LINE.

[Volevo tornare a casa con te ma non riesco a liberarmi fino a stasera. Mi farò perdonare.]

Aggrottai la fronte per qualche secondo mentre pensavo a cosa rispondere. Poi digitai velocemente una risposta data totalmente di getto. 

[Mi devi almeno un pranzo.]

******************


Il primo giorno di lavoro era arrivato, Bank mi aveva accompagnato in moto dopo le lezioni, avevo iniziato con un part time che mi permetteva di poter sistemare gli orari a seconda di come procedevano le attività universitarie. Il tutto era calcolato, i miei genitori erano felici che mi guadagnassi qualcosa e la posizione a cui avevo ambito mi piaceva. Facevo caffè e fotocopie per registi, sceneggiatori e team di produzione, e grazie a questa scusa potevo gironzolare per i set, restare a guardare gli attori girare serie tv, film e pubblicità. Potevo osservare come si svolgeva un lavoro di post produzione ma soprattutto vedere tutto in anteprima. Non importava che facessi il minimo indispensabile, sapevo che dovevo ancora imparare e che ero giovane. Venivo da un paese dove potevi arrivare a 40 anni facendo ancora fotocopie, perchè avrei dovuto lamentarmi? 

Quel giorno non avevo incontrato nè Seng, nè Kao, pensavo che fossero rimasti all’università o avessero cambiato semplicemente luogo per gli scatti fotografici della loro serie. Da quello che avevo capito erano entrambi i protagonisti di questa storia Boys Love che tutti osannavano, questo drama chiamato ‘Baciami di nuovo, baciami ancora? Baciami qualcosa’. Ero sicuro che il baciami ci fosse da qualche parte ed ero altrettanto sicuro della loro popolarità dato che moltissimi schermi in giro per la città trasmettevano le loro immagini a ripetizione. 

Bank era venuto a riprendermi, dato che ero a piedi. Quando potevo, lo schiavizzavo per farmi portare in giro.

«Com’è andata? Sei stato sfruttato per bene?» 

Sorrisi alla sua domanda mentre mi mettevo il casco che tra i giovani sembrava ancora poco usato, Bank però ci teneva ed io ero troppo abituato a girarci per azzardare a togliermelo, mi sentivo nudo. 

Una macchina all’improvviso si fermò davanti all’ingresso della compagnia, era una berlina nera e costosa ed una volta aperta la portiera ne uscirono proprio Seng e Kao. Erano ancora truccati, potevano comodamente risplendere di luce propria mentre Bank ed io incarnavamo la figura del giovane medio, eravamo sfatti dopo una lunga giornata di lavoro e studio. 

Si avvicinarono a noi, alzai la mano per salutarli e ne approfittai per mostrare la mia educazione, salutai entrambi in modo formale prima di dire semplicemente una frase: «P’Seng, grazie.» Non mi ero mai rivolto a lui in modo formale ma per questa occasione mi sembrava doveroso comportarmi in modo convenzionale alle usanze del posto. 

Scoppiarono tutti e tre a ridere, Bank mi diede una piccola spinta facendomi vacillare un po’ dal motorino. 

«Mark sei ridicolo! Fai schifo quando parli in modo formale.» 

Avevo notato che Kao continuava a guardare Bank ma nella mia testa di maschio medio non mi sembrava assolutamente niente di sconvolgente, ero preso a parlare con Seng che mi sorrideva con quel suo sorriso da infarto.

Piantala di sorridere, merda.

«Hai fatto quello che ti ho chiesto, quindi te lo dovevo.» Seng rimase sul vago mentre si metteva le mani nelle tasche dei pantaloni bianchi. 

Poi il mio telefono vibrò all’improvviso, lo tirai fuori dalla tasca ed avevo una notifica su Line, era un programma simile a whatsapp che andava per la maggiore in Thailandia, il messaggio era di Kao, riconoscevo la foto anche se non avevo il numero. 

[Credo di aver avuto un colpo di fulmine. Il tuo amico è impegnato?]

Eh? EH? Lo guardai sbalordito, forse potevo sembrare un po’ tonto ma lì per lì non avevo capito, perchè lo stava chiedendo?

[Chi lo vuole sapere? Comunque no.]

Risposi velocemente e mentre Kao ed io facevamo questa pagliacciata, Seng e Bank parlavano del campionato di calcio inglese. Sembrava che il calcio fosse l’argomento nazionale di noi ragazzi, che su una cosa ci fossimo trovati a nostro agio, lo sport. Quando mi arrivò la risposta di Kao, mi bloccai per qualche istante.

[Ovviamente io. Credo di essermi preso una sbandata per lui.]

[Ma io che cazzo ne so? Non te lo do il numero, chiediglielo. Non mi mettere in mezzo.]

Ad ogni punto inviavo la frase, il tutto mentre continuavo a lanciargli delle occhiate mortalmente spaventose. Nella vita mi era successo di tutto, mai però un ragazzo mi aveva chiesto in modo così sfacciato il numero di un amico. 

Kao mi inviò una serie di faccine arrabbiate mentre Bank, ignaro di tutto, faceva quello che non doveva fare: domande scomode. 

«P’, stiamo andando a cenare insieme. Venite con noi?» 

Alzai gli occhi al cielo, mi venne d’istinto e notai che Seng se n’era accorto. Non aveva però detto niente, al contrario aveva chiesto al suo manager di portarci in un posto non troppo lontano. Dopo aver aperto la portiera della macchina semplicemente disse: «Prego, vi portiamo noi. Lasciate la moto li.» 

Non avevo motivo di essere scazzato, una parte di me era contenta per quello che stava succedendo, ma l’altra parte ne aveva paura. Non volevo mangiare al loro stesso tavolo, mi dava fastidio doverlo fare con gli sconosciuti perché quando ero agitato non riuscivo a deglutire correttamente. Era un lascito del disturbo ossessivo aggressivo, mi portava a soffrire di ansia generalizzata ed uno dei sintomi era proprio quello di avere la gola chiusa. Il punto era che io non sentivo di averla chiusa, ma completamente sigillata. 

Senza dire una parola, totalmente scoraggiato, mi infilai nella macchina e Kao si sedette accanto a me. Ovviamente invitò Bank a mettersi di fianco a lui mentre Seng prese il posto davanti. Quell’idiota di un idol continuava a strofinare la gamba contro quella di Bank che sorrideva senza batter ciglio.

Coglione!

Subscribe
Notificami
guest

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

0 Commenti
Inline Feedbacks
View all comments
Facebook
Twitter
Pinterest



Copy Protected by Chetan's WP-Copyprotect.