YOUR EYES TELL – CAPITOLO 7

L’acqua calda

-Mark Pov-

“Grazie per il passaggio.”

Dopo un’intera giornata di lavoro all’Agenzia, Seng si era offerto di darmi un passaggio fino all’università. Oggi non avevamo lezioni ma verso sera avremmo avuto la prima sfida del torneo di calcio studentesco: comunicazione contro medicina. Mark contro Seng.

Scesi dalla sua auto impersonando un fantasma, cercai di non farmi vedere da nessuno e volai negli spogliatoi dedicati alla mia facoltà. Essendo un attaccante, mi ero imposto per giorni solo per avere la maglia con il numero 10. Sapevo che Seng giocava in difesa e che probabilmente avremmo avuto modo di affrontarci e scontrarci anche sul campo da calcio. 

Il sole stava ormai calando, così come la temperatura eccessiva.

Ai lati del campo c’erano gruppi di tifosi delle varie facoltà, oltre che una folla di fan sfegatate di Seng che avevano riempito il suo lato. Una volta sceso in campo, vidi alcuni volti conosciuti come Bank, i miei compagni di università e dal lato di Seng, proprio Kao che mi salutò radioso con la mano. 

Feci finta di niente, lasciando che l’arbitro decidesse a chi toccava il calcio di inizio. Quando fischiò e io tirai il primo calcio alla palla, scattai in avanti con l’intenzione di dare il massimo. La partita iniziò, Seng ed io ci scontrammo diverse volte e non sapevo come mai, ma riuscivo sempre a mantenere il possesso della palla. Avevo la sensazione che non giocasse al massimo delle sue possibilità, come se volesse farmi vincere.

La frustrazione iniziò a salire dentro di me. Non volevo sconti, ne volevo che mi agevolasse per un paio di baci e due bicchieri di troppo. Per questo una volta presa palla, mi buttai in avanti, avvicinandomi pericolosamente verso la porta avversaria. Seng era a qualche metro da me, cercò di fermarmi ma non fu incisivo, non ci mise l’impegno che mi aspettavo da lui. Segnai dritto in porta, misi a segno un sinistro ben piazzato ed invece di esultare mi voltai, mi sfilai la maglietta lanciandola a terra e mi buttai su di lui. 

Lo spinsi con forza, mi sentivo arrabbiato, frustrato, in qualche modo umiliato. 

“Mi stai prendendo per il culo? Eh?” Lo urlai con forza davanti a un pubblico basito per la mia reazione. Le fan di Seng iniziarono a fischiare, ci furono urli, schiamazzi, qualche insulto e l’arbitro mi alzò velocemente il cartellino giallo. Io però avevo gli occhi ancora puntati su di lui.

“Non ho fatto niente. Di cosa stai parlando?”

“Non mi mancare di rispetto! Voglio giocare, voglio che ti impegni. Hai capito stronzo?” Per questo avevo continuato finchè i miei compagni di squadra non mi avevano trascinato via senza sapere che cosa fosse successo.

Dopo pochi istanti riprendemmo la partita, ormai era quasi arrivata la fine del prima tempo e la squadra di Medicina era sotto di un gol. Volevano il pareggio prima dell’intervallo, per questo avevano spinto verso la nostra porta. Uno di noi però era riuscito a recuperare la palla e a passarla a me. Ero scattato in avanti per l’ennesima volta come una saetta, deciso a dimostrare a tutti che il numero uno del torneo di calcio ero solo io. Quando Seng, con il suo metro e novanta mi si parò davanti in corsa, ci fu un secondo di stallo, troppo poco per riuscire a schivare la sua scivolata sulla palla che non prese lei, ma la mia caviglia.

Caddi a terra con un urlo, ranicchiandomi su me stesso con le mani premute sulla gamba. La prima cosa che vidi fu proprio la sua faccia preoccupata a morte.

“Mark, Mark .. stai bene? Ti sei fatto male? Dove? La caviglia?” Parlò velocemente, afferrandomi per le spalle ed urlando verso il medico a bordo campo. 

“Mi hai quasi staccato un piede!” Urlai verso di lui con un tono misto frustrazione e dolore.

“Scusami, ti prego scusami. Non volevo farti male. Perdonami, Mark.” Lo disse in tono supplichevole mentre mi strinse a sé più forte e lasciò che il medico guardasse la mia caviglia. Non risposi alle sue scuse perchè il medico iniziò a visitarmi e il dolore mi attraversò parte della gamba.

“Dottore, piano! Fa un male terribile!” Essendo un fifone ipocondriaco avevo stretto la mano di Seng senza troppe esitazioni, trasformandomi in un ragazzino di sette anni. “E’ grave? E’ rotta? Che facciamo?”

Erano le mie domande che avevano del tutto glissato le scuse di Seng, soprattutto quando il medico decretò: “Potrebbe essere rotta, ti portiamo in ospedale.” 

Il livello della mia agitazione raggiunse le stelle, per questo mentre mi mettevano sulla barella non lasciai la mano di Seng e mi voltai verso di lui con fare da cucciolo disperato: “Non mi lascerai andare da solo, vero?”

Lui doveva finire la partita, non si era fatto male come me. I compagni lo aspettavano in campo e con una certa difficoltà dovette lasciarmi la mano, solo per dirmi: “Arrivo subito, tranquillo.”

Lo osservai correre verso la panchina della sua squadra, prendere le sue cose e probabilmente chiedere di essere sostituito. Le ragazze che erano venute per lui si erano stranite, soprattutto perchè Kao era rimasto tra il pubblico e lui se ne stava andando tenendo la mano di un ragazzo sconosciuto al mondo. In quel momento però ero dolorante e in ansia per il trasferimento in ospedale, quindi non ci pensai e quando tornò lasciai che mi strinse di nuovo la mano.

In ambulanza restò accanto a me tutto il tragitto, accarezzandomi il palmo della mano con il pollice, così da farmi sentire la sua presenza e calmarmi.

**********

Uscimmo dall’ospedale dopo quattro ore. Avevo microfratturato un malleolo, due settimane esclusivamente in stampelle e poi un tutore per un altro mese. Addio al torneo di calcio almeno fino ai quarti di finale, sempre che ci fossimo arrivati.

Siccome era venuto con me in ambulanza, al ritorno avevamo dovuto prendere un taxi per i dormitori. Il taxista aveva riconosciuto Seng, diceva che la figlia era pazza di lui, quindi avevamo preferito entrambi non dire una parola. Scendemmo dal taxi e fui costretto ad essere caricato in spalla proprio da lui.

Poggiai la testa sulla sua spalla e fu allora che la conversazione iniziò.

“Mi dispiace, non volevo farti male. Mi sento terribilmente in colpa.”

“Pensa se avessi iniziato a fare sul serio dall’inizio, mi avresti probabilmente staccato una gamba.” Risposi con una risatina mentre entravamo all’interno del palazzo. 

“Sul serio Mark, mi sono sentito morire. Non volevo farlo, puoi perdonarmi?”

“Solo se per due settimane mi fai i lavori di casa.” Pensavo di aver chiesto una cosa da scroccone.

“Anche colazione, pranzo e cena. Ti porto fino in classe e ti riporto a casa.” 

“Sembra che tu te ne stia approfittando.” 

In quel momento il mio cellulare iniziò a vibrare senza sosta. Una volta in ascensore, dopo essere stato messo a terra, lo estrassi per controllare cosa stesse succedendo.

Qualcuno aveva trovato il mio profilo instagram e sotto l’ultima foto erano iniziati a fioccare una serie di commenti. Quasi tutti mi chiedevano chi fossi per tenere la mano a Seng davanti a Kao. Invocavano rispetto e ammettiamolo, erano piuttosto incazzati. 

[Questo è il ragazzo di oggi. Perché tenevi per mano Seng?]

[Non ti vergogni? Seng è fidanzato con Kao!] 

[#alwayswithSengKao]

Erano solo alcuni dei messaggi che mi erano stati lasciati sotto la foto. Da avere una ventina di commenti, erano diventati più di quattrocento. Così così i miei follower, mi ero ritrovato ad averne più di mille, quando la mattina non erano neanche cinquecento.

“Seng … credo che abbiamo un problema.” 

“Quale?”

Gli cedetti il mio telefono e lui immediatamente estrasse il suo andando direttamente su twitter. 

#Sengwhatareyoudoing era attualmente quinto nelle tendenze del paese. Cliccando su di esso c’erano un sacco di immagini di quello che era successo sul campo da calcio qualche ora prima. Avevo dovuto rendere il mio profilo privato per poter stare tranquillo e speravo che nessuno avesse trovato il mio numero di telefono. 

“Cazzo …”

“E adesso? Ti eliminano dal mondo della recitazione? Devi chiedere scusa in ginocchio? Ti bloccano i social? Oppure ti blindano in casa?” Ero seriamente preoccupato per la questione, sapevo che quel mondo aveva regole al limite dell’umanità dato che la decenza non sapevano neanche cosa fosse.

Arrivati nel mio appartamento, Seng non aveva ancora risposto alla mia domanda, dedicandosi in modo silenzioso ad aiutarmi a levare la divisa da calcio.

“Sto parlando con te. Seng? Già vivo d’ansia, puoi non aumentarla?”

“Adesso non mi interessa, quello che voglio è prendermi cura di te. Per questo avrò tempo domani.”

“Sono ancora autosufficiente. Puoi dirmi come vuoi affrontare il problema?”

Smise di cercare di sfilarmi via l’unica scarpa rimasta e ancora in ginocchio, alzò lo sguardo verso di me. Era preoccupato e in apprensione, lo notai immediatamente sul suo volto. 

“Voglio solo prendermi cura di te questa sera, poi ti prometto che domani affronteremo la cosa. Possiamo fare solo questo per ora?”

Presi un profondo respiro e poi annuii distrattamente. Non ero mai stato al centro dell’attenzione in quel modo e non pensarci era difficile. 

Mi sfilai la maglietta da calcio e la canotta, restando a petto nudo e annusando distrattamente quello che indossavo. Non avevo avuto l’opportunità di lavarmi dopo il primo tempo e l’incidente, per cui dire che puzzavo non era di certo una bugia. 

“Vado a farmi una doccia, poi ti lascio il bagno.”

Cercai di alzarmi ma Seng mi impedì di farlo da solo, mi passo le stampelle e mi seguì direttamente dentro il bagno. 

“Ti ho detto che posso fare da solo, quindi esci.”

“Non puoi bagnare la fasciatura, come pensi di fare da solo?”

“Piuttosto che farmi lavare da te, resto sporco.”

Messo alle strette, cercai di uscire di nuovo dal bagno ma venni letteralmente placcato da lui e fatto sedere all’interno della doccia, che era dotato di un sedile. Si mise di fronte a me e senza fare troppe parole mi sfilò via i pantaloncini e le mutande in un colpo solo, prima di aprire l’acqua calda.

D’istinto misi le mani a coprire le mie parti intime, il mio imbarazzo si era trasformato in fastidio. 

“Cosa cazzo fai? Esci, posso lavarmi da solo. È imbarazzante. Esci!”

“Stai zitto, puzzi.”

Al contrario di me, Seng aveva indosso ancora i boxer e si era assicurato di alzarmi la gamba in modo che non si bagnasse. Poi semplicemente mi puntò addosso il getto d’acqua calda. Sbuffai visibilmente prima di usare una sola mano per iniziare a lavare la parte superiore del mio corpo.

Se in principio non si era mosso, dopo qualche istante si riempì le mani di sapone e si abbassò su di me, iniziando a lavarmi la gamba sana. Partì dal piede, risalendo fino al ginocchio e poi spingendosi a massaggiare la coscia. 

Non riuscii a dire niente, rimasi immobile, mentre la sua mano, che stava lavando la mia coscia, non salì leggermente più su. Sentii che quello che nascondevo tra le mie mani stava iniziando a risvegliarsi. In un primo momenti guardai in alto un punto impreciso del soffitto, poi mi ritrovai a socchiudere gli occhi quando sentii la sua mano posarsi sopra la mia. 

Le sue dita si infilarlo tra le mie, lasciando che la mia presa si allentare sensibilmente fino a sentire la sua pelle su di me, su quella parte proibita che nessun essere umano di sesso maschile aveva mai toccato. 

Continuavo a guardare un punto imprecisato del soffitto, ero troppo imbarazzato per guardarlo e allo stesso tempo non volevo che si fermasse. Per questo lasciai scivolare la mano e restai immobile con il viso girato da un lato. 

L’acqua calda continuò a scendere su di noi mentre iniziò ad accarezzarmi con lentezza. Mi morsi il labbro senza emettere un suono, mentre lui si avvicinò a me, andando a posare la fronte sulla mia spalla, per poi aumentare gradualmente la velocità della sua mano. 

Era un tocco intenso, le sensazioni di piacere che sentivo mi erano nuove. Non avevo mai provato tutto quello, era come un mare in tempesta che si infrangere sulle coste. 

Nessuno dei due disse una parola, c’erano solo i nostri respiri visibilmente accelerati e intrisi di piacere, al punto che alzai le mani per stringergli le spalle larghe. Mi strinsi a lui in preda al piacere, muovendo i fianchi deliberatamente contro la sua mano, come un animale famelico che non era ancora sazio. 

Sentii le sue labbra baciarmi i collo, poi mi lasciò qualche piccolo morso ed io feci lo stesso con la sua spalla. Quando sentii che stavo arrivano all’apice, d’istinto morsi più forte e senza pensarci, senza potermi trattenere, semplicemente mi liberi. 

Con i muscoli in tensione e l’orgasmo sotto pelle, dopo qualche istante mi lasciai andare letteralmente su di lui. Sotto L’acqua calda, l’unica cosa che avevo elaborato erano le labbra di Seng che mi avevano lasciato un bacio sulle labbra prima di stringermi maggiormente a lui. 

“Resta qui con me, va tutto bene.”

Sapevo che mi stava dicendo di non perdermi nella mia ansia e nelle mie paure, ma di fidarmi di lui e restare lì, fermo immobile abbracciato a lui sotto l’acqua calda.

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3 Commenti
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tania

lo adoro sempre di più..dopo kinnporsce sono i miei preferiti

ester

è molto interessante questa novel, non vedo l’ora di leggere i prossimi capitoli 🙂

Diana

Bella e fresca questa novel

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