KINNPORSCHE – CAPITOLO 0

Un inizio disastroso
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Porsche-

Pak! Pak!

Il suono dei colpi attirò la mia attenzione mentre fumavo nel vicolo del bar in cui lavoravo. Buttai un grande sacco della spazzatura nel cestino mentre notai poco più in là, cinque o sei uomini che si avventavano su qualcuno che giaceva a terra impotente. Sferravano pugni e calci, colpendolo senza sosta. 

Strinsi la presa sullo zaino mentre mi allontanai, feci un tiro alla sigaretta per poi espirare il fumo come se non avessi visto niente. Ero abituato a vedere questo tipo di scene, in quel vicolo buio, dove solo il personale ed i fattorini potevano passare.

«Sei un duro di merda!» Le parole uscirono dalle labbra di uno degli assalitori. Feci finta di nulla mentre mi concentravo sulla chiusura della porta sul retro. Il mio lavoro part time come cameriere era appena finito ed avevo intenzione di tornare subito a casa.

In momenti come quello, i clienti avevano iniziato ad andarsene, alcuni stavano aspettando i taxi, altri sceglievano a caso una ragazza da portare a casa.

E alcuni, invece, erano impegnati in una rissa proprio come quella dietro di me.

Non sono una persona cattiva, ma non voglio interferire negli affari di nessuno. Non voglio essere trascinato nei casini di qualcun altro. Puoi insultarmi, dire e fare tutto quello che vuoi per non aver aiutato, ma non me ne frega niente.

Per quanto ne so, quell’uomo che viene picchiato potrebbe aver fatto qualcosa di brutto, ecco perché lo stanno prendendo a botte.

«Lasciatemi andare!»

Mi voltai a guardare il povero ragazzo che era accasciato nel fango, si alzò e cercò di combattere a modo suo. Gettai a terra il mozzicone di sigaretta e la calpestai mentre mi stiracchiavo pigramente, preparandomi ad andarmene in silenzio e tornare a casa. Stavo iniziando a scendere quando qualcuno mi afferrò per la camicia.

«Aiuto…»

La voce era roca e la mia attenzione fu catturata dal logo dell’università sul retro della sua uniforme. Mentre mi voltavo a guardare il viso di colui che mi stava tenendo per un braccio, notai che il suo naso e la sua bocca stavano sanguinando. Rimasi sbalordito quando guardai bene la sua faccia contusa. Anche se era ferito e cosparso di sangue, aveva un aspetto così divinamente splendido e sembrava più giovane di quanto pensassi. 

«Hey! Vieni qui!» Uno degli idioti venne verso di noi e tirò il bavero del ragazzo. Guardai il giovane che chiedeva aiuto e riuscivo a vedere la sua disperazione. Sentivo qualcuno tirarlo via, quindi lo trascinai verso di me.

«Vacci piano fratello.» Dissi con voce tranquilla.  

Lo guardai in faccia, aveva dei grossi baffi e sicuramente era molto più vecchio di me. Perché bullizzavano i ragazzini? Osservando il ragazzo che tenevo per il braccio, avevamo la stessa età,  a giudicare dall’abbigliamento costoso, doveva essere un ragazzo ricco. Poi improvvisamente pensai a qualcosa di brillante. Lo strappai via dalla presa dell’uomo e lo piazzai dietro di me. Guardai il gruppo di bastardi davanti a me e notai che tutti loro mi stavano guardando con il pericolo negli occhi.

«Se non vuoi farti male, non intrometterti nei nostri affari e restituiscimi quel ragazzo.»

Esitai un po’ prima di rispondere.

«E se non lo facessi?»

«Ti ho detto di lasciarlo andare!» Urlò.

Rimasi in silenzio per un momento, pensando che non fossero affari miei e che mio fratello mi stava aspettando a casa. Il mio subconscio iniziò a esitare mentre il volto distrutto del ragazzo dietro di me balenò nella mia mente. Era vero che ero egoista la maggior parte del tempo, non ero solito aiutare le damigelle in pericolo proprio per evitare scontri come questo. Comunque, solitamente non ottenevo nulla aiutando gli altri.

«Se mi aiuti … ti pagherò una grossa somma di denaro.» Il ragazzo mi sussurrò all’orecchio. Pensava davvero di poter fare strada attraverso i soldi? Come poteva essere sfacciato ad attirarmi con i soldi.

«Quanto?»

Sì … aveva ragione, i soldi potevano comprarmi soprattutto in un momenti come quello, quando ne avevo più bisogno.

«Cinquantamila bastano?»

Detto questo, posai lo zaino, strinsi i pugni e feci scrocchiare le nocche, poi allungai i muscoli del collo e della schiena. Quella somma era abbastanza per la retta di mio fratello, ovviamente lo avrei aiutato. 

«Hai detto, no hai cantato, hai cantato che sarebbe andato tutto bene. Hai detto che andrà tutto bene, Harry. Dicevi sul serio?»

«Affare fatto. Se ti rimangi la parola, ti ammazzo.»

Dissi prima di vedere uno dei gangster prendere un bastone per cercare di colpirmi alla testa, ma i miei riflessi furono migliori di tutti loro messi insieme. Presi a calci l’uomo sulla mascella e a metterlo KO. Uno in meno.

Un altro caricò in avanti, ma i miei piedi furono più veloci nel tirare un calcio volante diretto al suo stomaco. Gli altri seguono l’esempio ma nessuno riuscì a mettere le mani sul ragazzo.

Essendo un campione di arti marziali sin dai tempi del liceo, avevo buttato giù molti avversari. Usai tutte le mie conoscenze e abilità per proteggere quella persona dietro di me.

Ora, io ero il bersaglio, alcuni di loro si alternarono nel prendermi a pugni, alcuni mi arrivarono dritti al viso e non potei far altro che sorridere nel sentire il sapore metallico del sangue che avevo sulle labbra.

Non sarà abbastanza per buttarmi giù, figli di puttana!

Riuscii a contrattaccare ed iniziarono a piovere pugni e calci, uno dietro l’altro. Quando finalmente tutti i delinquenti caddero a terra grugnendo, presi il mio zaino ed afferrai il ragazzo insanguinato che era seduto vicino al bidone della spazzatura che si teneva lo stomaco. Lo trascinai per mano correndo verso la mia moto. Guardai indietro e vidi quegli uomini che ci inseguivano.

«Dove stiamo andando?» chiese tenendosi ancora l’addome.

«Non lo so.» Risposi prendendogli le mani per fargli stringere la mia vita mentre guardavo con riluttanza gli idioti che correvano verso di noi. Mi assicurai che si stringesse forte a me, non potevo permettermi di lasciarlo cadere prima ancora che potesse pagare i miei servizi.

Avviai il motore e corsi via a tutto gas. Guardando nello specchietto retrovisore notai che alcuni di loro ancora ci inseguivano ma quando svoltai nella strana principale, riuscii a seminarli. Accelerai senza voltarmi, potevano salire in macchina e seguirci se non fossi andato abbastanza lontano.

«Grazie.» Sentii la voce dietro il mio orecchio che mi fece rabbrividire lungo la schiena. Potevo sentire la sua testa pesante sulla mia spalla, doveva essere stato gravemente ferito.

«Non ringraziarmi ancora.» Disse guardando indietro attraverso lo specchietto laterale. Sospirai di sollievo una volta sicuro che nessuno ci stesse ancora inseguendo. 

«Non ci seguiranno più. Grazie ancora.» Disse l’alta figura dietro la mia schiena, la sua testa e il suo corpo completamente appoggiati a me.

Temevo che potesse svenire, così gli presi le mani con la sinistra, per assicurarmi che la sua presa fosse salda, temendo che cadesse.

«Tienimi forte o potrei morire.» La sua voce divenne improvvisamente più chiara e profonda. Il tono rauco era sparito. Sentivo le sue dita stringere la presa sull’orlo della mia maglietta.

«Grazie.» disse di nuovo.

«Cinquantamila.» risposi guardandolo in faccia attraverso lo specchietto laterale.

Annuì per il dolore e si sedette meglio dietro di me.

«Andiamo a casa mia, poi posso darti i soldi.»

Ci pensai per un po’. E se questo tizio fosse uno spacciatore? O un mafioso? Morirò prima ancora di riuscire a impossessarmi dei soldi.

«Non guardarmi in questo modo, non ti sto ingannando per ucciderti.»

Come se avesse sentito i miei pensieri, il ragazzo parlò e guardò dritto nello specchietto retrovisore laterale, per poi sorridere..

«Chissà?»

«Ti sembro un criminale?»

«Eh … e se tu fossi un parente di qualche criminale o qualche bastardo come quelli di prima?»

«Hehe.» Rise con un’espressione addolorata.

Che io sia dannato. Alla fine gli dissi che mi sarei fermato in una stazione di servizio in cui avrebbe potuto prendere un taxi per tornare a casa. Mi assicurai che la stazione di servizio avesse un bancomat in modo che potesse prelevare e rimborsarmi.

«Il mio telefono è andato perso, compreso il portafoglio.»

«Ehi! Bugiardo, come hai potuto ingannarmi? Probabilmente dovrei picchiarti a morte proprio qui.» Dissi guardando torvo il ragazzo che per caso, era ancora seduto sul mio sedile posteriore.

«Oh … puoi prenderlo, questo vale più di cinquantamila.» sorrise mentre si toglieva l’orologio.

«Come faccio a sapere che non è falso?»

«Allora restituiscimelo.»

Controllai l’orologio, anche se era sporco, potevo vedere che era di ottima fattura e poteva essere venduto anche per centomila.

«Va bene, ora puoi scendere, ma se mi hai ingannato, verrò a cercarti e ti ridurrò in poltiglia.»

«Aspetta un attimo, posso prendere in prestito il tuo telefono? Fammi chiamare mio padre.»

Ok, ora puoi darmi del completo paranoico, ma cosa sarebbe successo se mi avesse fregato il telefono? 

Ma a giudicare dalla sua figura curva e dal respiro affannoso, mi chiesi se fosse mai riuscito anche solo allontanarsi da me.

«Un tale fastidio.» dissi prima di porgergli il telefono.

Premette alcuni numeri e dall’altra parte della linea arrivò una risposta. Aveva davvero chiamato suo padre.

Chiese a qualcuno di andarlo a prendere nel posto in cui ci trovavamo.

Lo guardai dolcemente mentre faceva quella chiamata, c’era un forte bisogno dentro di me di portarlo all’ospedale più vicino. Non potevo lasciarlo respirare come una mucca morente in quel modo. Il sangue che sgorgava dalla sua testa sembra incessante.

E se gli dicessi che lo porterò in ospedale e nel mentre ne aggiungessi altri 30 mila? Accetterà?

«Grazie ancora anche se sei avido di soldi.»

Feci finta di non curarmi di quello che diceva perchè una persona deve fare ciò di cui ha bisogno per sopravvivere.

«Siamo nella stessa scuola, come ti chiami?»

«Come lo sai?»

«La tua camicia.»

Mi resi conto che stavo indossando la mia uniforme scolastica, il meglio dei miei abiti da lavoro, che ora era rosso sangue.

«Come ti chiami?»

Respirava così forte che gli rendeva difficile parlare. Volevo solo dirgli di salvare il respiro e le forze fino all’arrivo della sua scorta. 

«Perché? Stai aspettando che vengano a picchiarmi?» alzai le sopracciglia.

«No, puoi dirmi solo il tuo nome?» Continuava a chiedere.

«Perché? In modo che tu possa scriverlo sul muro e glorificarmi?»

«Se non vuoi dirmelo, mi riprendo l’orologio. Così devi venire con me a casa mia per prendere i soldi.»

«Jom, mi chiamo Jom.»

Mi fissò per un bel po’ prima di voltarsi e allontanarsi mezzo traballante da me. Mi chiesi chi fosse e cosa ci facesse con quei delinquenti ma alla fine mi limitai a scrollare le spalle. Non erano più affari miei.

Una volta messo il casco, me ne tornai a casa.

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7 Commenti
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Fanny R.Iddle

grazieee😍😍😍

Carmela Zottoli

Grazie mille per cercare sempre il modo di pubblicare nonostante tutti questi problemi. Adoro queste storie e le leggo ogni giorno. Graziee❤️❤️

Tanya

Grazie milleeeee

Toniolo Francesca

Bentornate!!! Ho ri iniziato la lettura di kinnporche!! Ed è sempre meravigliosa!!!! Grazie x non aver mollato!!! Naturalmente vi seguirò ovunque andrete!!!♥️

Nadia

Lo rileggo tutto dall’inizio è troppo bella questa storia <3

agatasgroi72

grazie mille

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