EN OF LOVE: TILS – CAPITOLO 21

Certe frasi non hanno bisogno di essere dette per essere capite

– Nuea – 

In passato non riuscivo mai capire Bar quando diceva di amare Kan ogni giorni di più e sosteneva di innamorarsi ogni volta. Non credevo alle parole di Vee quando mi diceva che Mark era l’unica persona che continuava a farlo innamorare. Non volevo prendere in giro i sentimenti dei miei amici, semplicemente non credevo ci si potesse innamorare delle stessa persona così tante volte. Ero ignaro di questo fino a quando non mi ero innamorato di lui per la seconda volta. Era incredibile di come riuscisse a fare amicizia e relazionarsi in modo così spontaneo. Eravamo arrivati da poco tempo, ma era riuscito a farsi amare da tutti. 

«Perché mi hai preso in giro dicendo che saresti stato con me per molto tempo, nipote disgraziato?» si lamentò la nonna quando scoprì che nel pomeriggio sarei dovuto tornare in città. Ma dovevo tornare urgentemente, Vee mi aveva chiamato per avvisarmi che il professore aveva urgenza di vederci per sistemare il nostro progetto e dovevamo iniziare l’indomani. 

«È davvero urgente, mi ha appena chiamato Vee.» spiegai implorando e sperando che la nonna capisse. 

«Ma non sono riuscita a prepare nessun regalo che Praram potesse portare a casa.» rispose la nonna.

«Va bene così. Ho mangiato tanta di quell’uva che non ne è rimasta più per fare il vino.» disse il dolce ragazzo al mio fianco. Se avesse davvero mangiato tutta quell’uva non avrebbe ancora dello spazio per mangiarne dell’altra. Non ci sarebbe riuscito nemmeno in una settimana. C’era così tanta uva che nel mentre mangiava tutti gli acini sarebbe sbocciata e maturata di nuovo, proprio come il mio amore per lui. 

«Mi hai detto di avere un gemello, Pralak giusto?» chiese la zia prima di avvicinarsi a Praram con un cesto d’uva. «Prendi questi e daglieli.» Poi porse il cesto al mio ragazzo. 

«Grazie. Se mi viziate così tanto potrei venire più spesso e mangiare tutta l’uva che trovo.» Praram era felice e sulle sue labbra apparve un sorriso radioso. 

«Oh, averti qui spesso non ci dispiacerà, vero nonna?» La zia mi guardò sorridente. 

«Se verrà qui spesso, potrà prendere anche me, gratis per giunta!» dissi a Praram, il quale mi guardò con i suoi occhi grandi un po’ contrariati, ma che per me lo rendevano ancor più carino. 

«Oh il mio Praram adesso è timido. Vai, vai. Assicurati solo di portarlo indietro sano e salvo.» Da quando Praram era diventato un nipote per la nonna? 

«Mi mancherai molto nonna.» Praram si avvicinò ed abbracciò dolcemente mia nonna. 

«Oh, un bravo e dolce ragazzo come te. Nuea ti amerà sicuramente fino alla morte.»  

«Nonna!!» esclamò il ragazzo timido alla frase detta da mia nonna; mi guardò imbarazzato e io non potei far altro che sorridergli. Mi alzai e salutai mia nonna e mia zia con rispetto.

«Tornerò appena avrò del tempo libero.» conclusi prima di aiutare Praram a portare fuori il cesto d’uva.

Ero davvero felice che la mia famiglia avesse accolto amorevolmente Praram. Ero felice di poter portare Praram a casa senza che nessuno si opponesse alla nostra relazione. Anche se non si erano mai opposti alla mia sessualità, sapevo di essere un osservato speciale e che per loro lo stare con un ragazzo era un problema. 

Quando ero al liceo ero molto popolare. I miei genitori erano i proprietari della scuola quindi ero sempre stato avvicinato da molte persone. Ero anche piuttosto attraente quindi era normale avere rapporti con varie persone; queste relazioni però, arrivavano velocemente alle orecchie di mia madre. Lei non mi aveva mai imposto cosa fare, ma mi aveva avvertito soltanto di non esagerare quando le voci iniziarono girare. Qualunque cosa avesse sentito ne avrebbe parlato con me. Fortunatamente non accadde nulla, non avevo mai frequentato qualcuno a lungo. Quello che avevo con Shane era diverso, era più un’amicizia intima che una vera e propria relazione sentimentale. Mia madre non seppe nulla neppure dopo che ci fummo lasciati.

«Perché stiamo andando a scuola?» chiese Praram.

«È quasi mezzogiorno quindi mia madre verrà qui per pranzare con noi, insieme a mio padre. Per loro è più conveniente venire qui.» risposi tranquillo.

«Oh, quindi non dobbiamo andare a casa tua?» 

«Tu vuoi venire a casa mia?» 

«No, ma non vorrei ti stancassi troppo a guidare.» Sorrisi contento quando ammise di essere preoccupato per me. 

«Se posso stare seduto accanto a te, come in questo momento, allora sono più che disposto a guidare.» Continuai a sorridergli, mentre lui si guardava attorno per ammirare la scuola.

Era l’ora di punta, tutti gli studenti si recavano in mensa per il pranzo, per questo c’erano molti ragazzi in giro. Non c’era nulla di cui preoccuparsi, erano ragazzi delle medie e delle superiori, non conoscevo nessuno di loro. 

«Possiamo entrare?» domandai al direttore e proprietario della scuola, nonché mio padre, tramite il citofono all’ingresso. 

«Permesso accordato.» rispose una voce ferma ed autoritaria. Sorrisi appena quando mi accorsi che per la prima volta l’espressione di Praram era davvero sorpresa. 

«Dovevi parlare per forza con quel tono?» dissi prima di accompagnare Praram nella stanza tenendolo per mano. Mio padre era seduto dietro la scrivania, mentre mia madre stava apparecchiando la tavola.

«Oh, come mai sei qui?» chiese mia madre alzandosi velocemente dalla tavola per venirmi incontro.

«Chi sarebbe il ragazzino che hai portato con te?» domandò con fermezza mio padre, posando elegantemente la penna sul ripiano della scrivania, portando lo sguardo su me e Praram.

«Lui è il mio ragazzo, Praram.» Gli occhi di mia madre si spalancarono, mentre mio padre si alzò bruscamente dalla scrivania. 

«Lui… em… Salve.» La voce di Praram tremava, era spaventato a causa della reazione, di sicuro finta, dei miei genitori.

«Fidanzato?» parlò mia madre con voce acuta.

«Non è necessario fare tutta questa tragedia. So benissimo che la nonna vi ha contattati non appena le ho presentato Praram.» Affermai sicuro di me mentre cinsi con un braccio la vita di Praram, spingendolo delicatamente verso mia madre.

«Non sei affatto divertente.» disse la mamma. «Sapevo che saresti venuto, ma la nonna non  mi ha detto che avresti portato anche lui con te.»

«Questo significa che tutti sapevate di Praram da prima che lo portassi qui?» domandai ancora una volta incredulo.

«Si, è così. Vedi, mio figlio ha spezzato i cuori di molti ragazzi durante il periodo scolastico, a tal punto che non riuscivano neppure a studiare.» spiegò mio padre.

«Questo è troppo papà! Quindi significa che lo accetti come tuo genero?»

«P’Nuea.» Praram mi guardò ferocemente. Mi stava rimproverando non solo con le parole, anche i suoi occhi erano chiaramente arrabbiati, tanto che mi colpì delicatamente sul braccio. 

«Oh, sei così carino.» intervenne mia madre camminando verso Praram.

«Vuoi davvero stare con Nuea? Sai che è un playboy, vero?» Anche mio padre prese a camminare e si avvicinò a Praram dandogli una pacca sulle spalle. 

«Non sono più così. Ho smesso di prendere in giro le persone.» mi difesi.

«Davvero? Ha davvero smesso?» chiese la mamma scettica rivolgendosi unicamente a Praram. 

«Avrebbe dovuto farlo molto prima.» 

«Cosa intendi dire Praram? Lo sai benissimo che per me ci sei solo tu.» Mi sentii turbato dall’affermazione di Praram.

«Il tuo comportamento non è mai stato leale, quindi è abbastanza difficile avere fiducia in te.» intervenne mio padre.

«Papà smettila, non mettergli in testa cose che non sono vere, altrimenti crederà davvero che potrei prenderlo in giro.» Strinsi le spalle di Praram e lo avvicinai a me. 

«Abbi un po’ di fiducia in te stesso.» parlò mio padre dando un’altra pacca sulla spalla al mio ragazzo. 

«Non sapevo che sareste venuti, quindi non ho preparato nulla.» dichiarò la mamma accompagnandoci a tavola per farci accomodare. 

«Era una sorpresa.» borbottai. Poi mi avvicinai a mia madre per abbracciarla e darle un dolce bacio sulla guancia. 

«Sei imbarazzato?» chiese la mamma mentre si allontanava da me guardando Pararam sorridere. 

«Non è imbarazzato. Praram sa che quando ci manca qualcuno, nel momento in cui lo rivediamo, noi ci salutiamo con un bacio sulla guancia.» 

«Ti manca spesso mio figlio, Praram?» La mamma si rivolse con tono impertinente a Praram. 

«Ehm…»

«Perché gli fai queste domande? Lo metti in imbarazzo.» intervenne mio padre invitando Praram ad accomodarsi. Appena entrato il dolce ragazzo era molto più teso, man mano che i minuti passarono però, sembrava rilassarsi visto che miei genitori erano molto amichevoli. 

Anche se mio padre era una persona importante, essendo sia il proprietario che il direttore della scuola, non era una persona crudele; anzi si prendeva cura di tutto e tutti. Delle volte pensavo che volesse bene più ai suoi studenti che a me. Perché in fin dei conti mio padre era così, gentile e premuroso; per questo ero sicuro che sarebbe stato felice di conoscere Praram. 

*****************

«Vieni, così possiamo fare una foto da postare sui social.» La mamma ci invitò a fare una foto tutti insieme dopo pranzo. 

«Ti piace metterti in mostra.» la provocai stuzzicandola.

«Come qualcuno di mia conoscenza a cui piace mettersi in mostra ogni giorno, finché non potrò fare a meno di innamorarmi anch’io di lui.» La mamma si rivolse a me ironicamente. 

«Se abbiamo un pregio è bene metterlo in mostra.» parlò Praram mentre si avvicinava alle spalle dei miei genitori, ancora seduti. Poggiai una mano sulla spalla di mia madre e con l’altra attirai Praram vicino a me, prima di sorridere alla fotocamera che aveva in mano mia madre. Scattò diverse foto, ne scelse alcune da inviare via LINE alle amiche e altre da postare su Facebook.

«Oh ma sei davvero carino.» Mia madre si voltò verso Praram per pizzicargli le guance scherzosamente.

«Mamma adesso basta. Non ho toccato così tanto le sue guance neppure io.» esclamai a mia madre imbronciato.

«Sei così possessivo.» mormorò mio padre a voce bassa, mentre si avvicinava alla scrivania per prendere un biglietto che poi mi porse.

«Oh sono contento di essere passato a trovarvi.» Presi la carta di credito dalle mani di mio padre.

«Prendila per pagare qualcosa al tuo Nong.» aggiunse mio padre. Quanto a Praram aveva lo sguardo basso, cercava di evitare lo sguardo di mio padre per via delle sue guance rosse.

Rimanemmo a parlare con i miei per qualche ora, non molto in realtà perché dovevo urgentemente tornare all’università. 

Praram trovò i miei genitori davvero gentili, non aveva avuto paura di loro, si era sentito solo un po’ teso. Lo capivo perfettamente, quando mi presentai alla sua famiglia per la prima volta mi sentii esattamente come lui. Dovetti ammettere però, che quando vedevo Tossakan non riuscivo ancora a rilassarmi del tutto. 

«È andata bene?» gli chiesi una volta fuori. 

«Si.» 

«Ti è bastato stare accanto a me per avere il coraggio necessario con la mia famiglia?» domandai ancora.

«Non parli mai per frasi intere.» mugolò facendomi sorridere dolcemente.

«Alcune frasi non hanno bisogno di essere pronunciate per essere capite.» Scalai la marcia per via del traffico intenso in cui ci trovavamo, e come se non bastasse avevamo anche  un semaforo rosso davanti. 

«Ad esempio?»

«Amore.» Mi avvicinai a lui sussurrandogli: «Hai capito?»

«Pensa a guidare.» Parlò a bassa voce, spingendomi via e ordinandomi di continuare a guidare. A causa della sua timidezza intrecciò le mani sul suo grembo. 

«Non mi risponderai?» chiesi dopo aver riportato la mia attenzione sulla strada. 

«Ehm…» Lo sentii deglutire forte. Risi a quella sua reazione; portai la mano sinistra sul suo capo accarezzandogli delicatamente i capelli.

«Va bene, ho capito.» Compresi che era troppo imbarazzato per rispondermi in quel momento, così cambiammo discorso. 

Durante il viaggio ero colmo di felicità ed avevo finalmente tempo per rilassarmi un po’. Avevo avuto un certo di timore per la reazione della mia famiglia a quella notizia, ma fortunatamente tutti erano a conoscenza di quel bravo ragazzo seduto proprio accanto a me. 

Ero felice di come fosse andata la vacanza, anche perché nessuno si sarebbe aspettato che lo avrei portato con me. 

Parcheggiai l’auto di fronte alla casa di Praram. Rimasto seduto per tutto il viaggio, una volta arrivati a destinazione sentì il bisogno di sgranchirsi un po’ prima di voltarsi verso di me. Gli sorrisi dolcemente prima di aprire la portiera della macchina e prendere l’uva. 

«Oh, alla fine siete riusciti a trovare la via di casa? Credevo vi foste persi e non sareste più tornati.» Arrivò Pralak a prendersi beffe del suo gemello mentre gli apriva la portiera.

«Non c’è bisogno di parlare così tanto. Prendi l’uva e vattene.» disse Praram afferrando l’uva dalle mie mani e consegnandola a suo fratello. 

«Oh!! Come fanno i chicchi a essere così grandi? Vengono dalla fattoria di P’Nuea?» chiese sorpreso Pralak.

«Dalla fattoria dei suoi nonni.» lo corresse Praram.

«Sì, è così. Entrate in casa.» Pralak portò subito via l’uva dimenticandosi del piccolo litigio avuto poco prima. 

«Quindi il cibo è più importante di tuo fratello? Tutto il resto non esiste?» Scossi la testa arrendendomi dinanzi i loro continui battibecchi. 

Entrai in casa, salutai sua madre e la sua sorellina che stavano sistemando i fiori per il centrotavola. Pralak invece, si era accomodato sul divano a guardare la TV stringendo in una mano il telecomando mentre l’altra era occupata ad afferrare l’uva, chicco dopo chicco, come fossero dei popcorn. 

«È stato divertente, piccolo?» domandó premurosa sua madre a Praram, il quale si stava accomodando vicino a lei. 

«Sì, è stato divertente. La fattoria mi è piaciuta molto, c’era una così calda atmosfera. I nonni di P’Nuea sono stati dolcissimi.» Continuò a raccontare tutto ciò che era successo e sua madre si sedette ad ascoltare attentamente. Anche se eravamo stati via solo per due giorni, Praram ricordava molto. Raccontò del viaggio dall’inizio alla fine, dell’incontro con Ploy fino all’incontro con i miei genitori di quello stesso pomeriggio. Decisi di sedermi anch’io per ascoltare. Nonostante fossimo appena tornati da due giorni di vacanza insieme, non mi ero ancora stancato di sentire la sua tenera voce. 

«Grazie per averlo portato con te.» disse la madre rivolgendosi a me.

«Si figuri. Se Praram è felice lo sono anch’io.» risposi.

«P’Nuea dormirai qui? Io posso tranquillamente andare nella stanza di P’Kan se resti.» chiese sfacciatamente Pralak.

«Va bene così. Domani devo svegliarmi presto per andare all’università per un progetto importante, sarebbe meglio di no.» Guardai sua madre che stranamente mi stava guardando accigliata. 

«Oh se è così allora devi restare. Non puoi tornare a casa se sei già stanco. Domani mi assicurerò di svegliare presto anche te.» rispose amorevolmente sua madre, mentre io lanciai un’occhiata a Praram.

In verità non avevo alcun problema a restare lì, di dove o come avrei dormito; il mio unico timore era quello di dormire con Praram. Avevo paura. Sì paura, paura di non riuscire a trattenermi. Non volevo assolutamente che Praram avesse paura di me o si sentisse a disagio.

«Per me va bene che tu resti.» intervenne Praram. 

«Beh, se non do troppo fastidio, allora… Grazie.» 

Entrai in camera dei gemelli. Era la seconda volta che entravo in quella stanza, ma quella volta era diverso dato che Pralak non era lì con noi, lui era andato a dormire nella stanza di suo fratello maggiore. Iniziai a sentirmi intimidito, non sapevo come comportarmi. Non avevo neppure il coraggio di sedermi sul letto. Praram, che era andato a fare la doccia prima di me, in quel momento ere sdraiato sul letto con un leggero pigiama bianco. 

«Non dovresti farlo.» borbottai a voce bassa.

«Come?» La sua espressione era confusa. 

«Ho detto… Non dovresti indossare un pigiama corto e sottile come questo.» Decisi di essere sincero.

«Leggero? Questo è quello che indosso ogni giorno.» Mi sentii improvvisamente possessivo e geloso nei confronti di Pralak.

«Ti porterò a comprarne uno nuovo, allora.»

«Anche Pralak e Kan sono così possessivi?» Camminai freneticamente prima di sedermi sul bordo del letto. 

«Sei pazzo? Cosa intendi con possessivi?» Si mise a sedere vicino a me guardandomi per poi sussurrare: «Io sono solo tuo.» 

«Ti piace davvero tanto farlo.» mormorai piano senza più preoccuparmi del rossore sulle mie guance. 

«Cosa ho fatto?» chiese confuso inclinando la testa risultando ancora più carino. Non riuscendo a trattenermi, allungai la mano e la posai dolcemente sulla sua guancia, accarezzandola. 

«Oggi ti sei comportato in modo carino molte volte nei miei confronti.» spiegai pizzicando la sua guancia. 

«Oih!» Appena sentii il suo flebile lamento lasciai la presa. 

«Dimmi cosa ne pensi, ti sta bene che io dorma qui con te?»

«Mi fido di te.» 

«Sono io che non riesco a fidarmi di me stesso.» risposi subito.

«P’Nuea.»

«Vuoi dirmi che non stai cercando di sedurmi? Chiamando in quel modo il mio nome poi…» Provai a stuzzicarlo.

«Ti manderò a dormire con Pralak. Cosa ti fa pensare che ti stia seducendo?» chiese scioccato.

«Stai indossando questo pigiama bianco e sei sdraiato ad aspettare sul letto in questo modo.» 

«P’Nuea!»

«Non è forse così?»

«Non è così. Beh, allora non ti farò vedere nulla.» Praram si infilò velocemente sotto le coperte coprendosi con il lenzuolo fino sotto il mento. Era così carino che sul mio volto si dipinse un dolce sorriso. 

«Se non ti senti a tuo agio va bene, non cercherò di fare nulla.» dissi saltando sotto le coperte vicino a lui. 

«Vattene.» Urlò quando le mie braccia lo avvolsero facendo si che poggiasse la sua testa sulla mia spalla. 

«Voglio solo abbracciarti, non farò nulla. Lo prometto.» Sentivo il suo cuore battere velocemente. 

«…»

«Perché non dici nulla? Vuol dire che posso abbracciarti?» Chinai il capo per sussurrare vicino al suo viso. Ero contento di riuscire a vedere le guance colorarsi rapidamente. 

«È qualcosa di cui dovremmo parlare.» mi sussurrò nell’incavo nel mio collo. 

«Il motivo per il quale non volevo dormire con te, era che… non volevo abituarmici presto. Inoltre non mi hai mai permesso di dormire con te. E questa volta che hai accettato… beh, ho paura di diventarne dipendente.» spiegai addolcendo la presa su di lui. Cercavo di rimproverare me stesso, ma nel profondo volevo una risposta. 

«Di cosa hai paura? Io sono qui.» cercò di tranquillizzarmi.

«Se andassi oltre, non riuscirei a perdonarmelo. E tu non sarai più lì ad abbracciarmi.» 

«Dimmelo…»

«Eh…»

«… ed io verrò ad abbracciarti.»

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