EN OF LOVE: TILS – CAPITOLO 19

Casa della nonna

– Nuea – 

Bar Sarawut – 10 ore fa
Cosa significa quando chiami Nuea e a voltarsi è Praram?
#perchéèunapersonaimportante @Nnorthh @Rammie ram
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Bar aveva postato su Facebook la foto che ci aveva scattato il giorno prima. Era passato molto tempo da quando l’aveva pubblicata, ma non avevo ancora trovato il tempo di guardarla. Nonostante i miei amici mi taggassero in molte foto, non prestavo attenzione a tutte. 

Mi sentii imbarazzato, non tanto per le prese in giro, ma per quello che faceva Praram. Quando scherzavano o si prendevano gioco di me non gli davo molta importanza, ma quando Praram rispondeva alle istigazioni con quelle parole, mi faceva sentire timido. Ogni volta che ricordavo quel momento mi imbarazzavo.

Pandora: Sei entrato tardi in chat “bravo ragazzo” Bar, sennò lo avremmo già preso pesantemente in giro.

Bar Sarawut: Mi sono perso qualcosa d’importante?

Masa Mark: “Bravo ragazzo”.

Vee Vivis: È davvero fastidioso che tu lo ripeta quando non riesci neppure a dirlo a te stesso @Masa Mark.

Lucky man: La spalla del mio gemello non è un morbido cuscino. 

Paul Poll: Sei sicuro ci si possa fidare?

Lucky man: Ho fiducia in Praram, non si separerebbe mai da Nuea.

Rammie ram: P’Bar.

Bar Sarawut: Dimmi, cosa c’è che non va “bravo ragazzo”?

Nnorthh: Solo io posso chiamarlo in quel modo. @Bar Sarawut

Smisi di leggere i commenti su me e Praram da parte del fanclub di Tossara. L’arrivo di tutti quei messaggi era dovuto al proprietario del post, ovvero Bar. Decisi dunque di fermarmi, non volevo innervosirmi. Certamente, se ci fossero stati commenti positivi, carini o di persone che si complimentavano con noi, allora sì che ne sarei stato felice.  

Non avevo avuto alcun problema nell’annunciare la nostra relazione, mi piaceva raccontare delle mie attuali conoscenze o di quelle che avevo avuto in passato. Parlare delle mie vecchie storie non mi intimoriva, ormai appartenevano al passato e tali dovevano rimanere.

In quel momento avevo solo e soltanto Praram. Quella era la relazione che per me contava più di tutte e l’unica che sarebbe rimasta importante anche in futuro. Quello che le persone dicevano di me sui social non mi toccava minimamente; i commenti che sostenevano che io e Praram non eravamo fatti per stare insieme, non avevano nessuna influenza su di me. 

Ciò che davvero era rilevante per me consisteva nel sapere se Praram si sentisse a suo agio con il mio passato. 

Quel giorno sarei andato da Praram, avevo persino chiamato e chiesto il permesso a sua madre per portarlo in viaggio con me dato che la nostra relazione era stata accettata anche dalla sua famiglia. Anche se sua madre non aveva detto nulla, sapevo benissimo che aveva ancora delle remore sul dormire insieme. Lo capivo, in fondo Praram era ancora un ragazzino, quindi non era molto appropriato passare la notte insieme. Anche se quello che avremmo fatto sarebbe stato solo dormire abbracciati, come aveva detto Praram; sua madre avrebbe pensato che l’avrei sedotto. Non avevo problemi nell’assecondare le loro richieste, ero solo preoccupato per i sentimenti di Praram e quelli della sua famiglia.

«Partirò a breve.» dissi educatamente a sua madre. 

[Hai detto a Praram dove state andando?] lei mi chiese subito dopo.

«Non ancora, voglio fargli una sorpresa.»

[Va bene, guida con prudenza. Hai intenzione di restare per la notte?]

«Mi piacerebbe molto, ma solo con il suo permesso.» 

[Se è così che vuoi metterla allora, ti dico di chiederlo direttamente a lui. Sarà Praram a scegliere.]

Dopo aver chiarito, terminai la chiamata. Le avevo detto dove sarei andato e, sul fatto di poter passare la notte fuori insieme, bisognava solo chiedere a Praram. 

Mi ci volle un bel po’ di tempo per arrivare a casa di Praram e, nonostante fosse sabato, le strade thailandesi erano molto trafficate. Mi fermai a comprare frutta e verdura fresca da offrire a sua madre, sapendo bene quanto amasse cucinare. Fortunatamente sapevo cosa prendere per preparare qualcosa di buono, essendo figlio unico avevo imparato tutto: cucinare, fare le faccende domestiche, prendermi cura delle piante e degli affari di famiglia. 

«Sei qui.» Mi accolse con un sorriso luminoso. Parcheggiai l’auto, scesi e ricambiai il suo con un dolce sorriso. Si avvicinò a me per aiutarmi a portare le troppe cose che occupavano le mie braccia.

«Aspetta un momento… Pralak!» Spalancai gli occhi quando mi accorsi che c’era qualcosa di strano. Capì subito che quello non era il Praram di sempre.

«Uffa! Con te non si può giocare! Come facevi a sapere che non ero Praram?» Sospirai mentre lui continuava a borbottare quella parola sprezzante mentre mi guardava.

«Il tuo sguardo è diverso, gli occhi di Praram non sembrano così malefici quando mi vede.» Gli porsi il sacchetto contenente le verdure. 

«Allora come sarebbero quando ti guarda?» 

«Non lo so, non riesco a spiegarlo. So solo che quando lo vedo sono felice.» risposi sorridendo.

«P’Nuea!»

«Si?» Volsi lo sguardo alla persona simile a Pralak,che mi chiamò affacciandosi dalla porta sul retro prima di arrivare velocemente al piano superiore.

«Quello è Pralak!» disse indicando il suo gemello.

«Tranquillo l’ha capito subito, non mi ha fatto divertire nemmeno un po’.» si lamentò Pralak sbuffando al suo gemello. Praram non disse nulla si limitò a guardarmi negli occhi e a sorridere.

«Cosa c’è? Perché mi sorridi in quel modo?» Mi avvicinai e lasciai posai la mia mano sul suo capo. Non sapevo il perché, ma mi piaceva scompigliargli i capelli, era carino con i capelli in disordine. 

«Non dirmi che…» Mi sorrise ancora una volta, alzai lo sguardo e abbassai la testa verso il suo volto. Le sue labbra continuavano a sfoderare un grazioso sorriso ed i suoi occhi continuavano ad analizzarmi. 

«Smettetela di fissarvi e abbracciarvi così tanto. Se continuate così potresti rimanere incinta. P’Kan non ha ancora finito gli studi quindi non ci sarebbe nessuno che possa far nascere il bambino.» scherzò Pralak.

«Incinta? Ma sei scemo? Come potrei, sono un maschio, non sono mica una femmina che può correre questo rischio? Inoltre ci stiamo solo guardando.» ribatté Praram rivolgendosi al suo gemello. 

«Wow! Da quando Nuea viene a trovarti sei sempre così acido. Vado a dirlo a Nong Daa.» Pralak si lamentò sbuffando come un bambino per poi entrare in casa.

Salutai formalmente i suoi genitori, quel giorno anche suo padre era in casa. Mi sentivo in colpa al sol pensiero di essere lì per portare con me il loro bambino, nonostante nessuno di loro due avesse obbiettato. Quel giorno nessuno ci avrebbe ostacolato, neanche Kan, perché era concentrato sullo studio. Il problema con Tossakan era che non ci lasciava mai in pace. Ogni volta che ci incontravamo, doveva sempre attaccare briga con me. Bar diceva che il suo ragazzo si comportava in quel modo perché era geloso che Praram avesse avuto il consenso dei genitori a poter avere il ragazzo anche se era ancora al liceo.

«Quando vi sarete divertiti e presi cura l’uno dell’altro, chiamami e fammi sapere quando tornerai.» parlò premuroso il padre a suo figlio, Praram mi guardò confuso ed io gli sorrisi divertito.

«Mi prenderò cura di lui, non si preoccupi.» Rassicurai i suoi genitori e li salutai con segno di rispetto. Dopo di chè accompagnai Praram alla macchina.

«Dove stiamo andando? Non è un posto nei dintorni?» Mi parlò dopo qualche minuto di viaggio in macchina.

«Ti porto a casa di mia nonna.» spiegai semplicemente.

«Tua nonna?» 

«Si, per fartela conoscere.» Spostai la mia attenzione dalla strada e lo guardai, anche con indosso gli occhiali da sole potevo vedere la sua espressione sconcertata.

«P’Nuea…» Mi chiamò con voce supplichevole. Allungai il braccio ed accarezzai dolcemente i suoi capelli, come amavo tanto fare.

«Bene sono venuto a casa tua, ho conosciuto la tua famiglia. Adesso ti porto a conoscere la mia, non posso?» domandai riportando lo sguardo sulla strada. 

Praram rimase in silenzio. L’atmosfera iniziava a farsi pesante, quindi Praram accese la radio prima di voltarsi a guardare il panorama dal finestrino. Come se non bastasse, la playlist di canzoni che uscirono fuori dalla radio parlavano tutte di dolci storie d’amore. Ascoltarle mi faceva sentire timido, non avevo più neppure il coraggio di voltarmi a guardarlo. Ogni tanto gli davo un’occhiata con la coda dell’occhio.

Poi una strofa di una canzone, che unita alla melodia, mi riempí il cuore di dolcezza tanto che istintivamente mi voltai per guardare Praram e nello stesso istante lui si voltò a guardare me.

I nostri occhi si incontrarono e si sciolsero all’unisono con la dolce armonia della canzone. Praram si voltò di scatto tornando a guardare il paesaggio che gli scorreva davanti, non potei fare a meno di sorridere a causa di tanta dolcezza. 

Mi sentivo come se avessi incontrato il primo amore, proprio come diceva il testo di quella canzone. Prima di incontrarlo, non avevo la benché minima idea di cosa fosse; con lui tutto era cambiato, adesso sapevo cosa significava amare. 

Posai delicatamente la mano sinistra sopra quella di Praram, continuando indisturbato a canticchiare la canzone trasmessa alla radio. Il nostro viaggio si era adornato con il suono del battito dei nostri cuori, i quali battevano allo stesso ritmo mentre le nostre mani rimasero intrecciate. 

«Siamo arrivati.» Svoltai la curva che ci avrebbe portati alla casa che non distava molto da lì. Saremmo arrivati in pochi minuti. 

Guardandosi intorno Praram mi chiese «Perché siamo in un resort?» 

«Siamo a casa mia.» 

«Allora perché siamo venuti in un resort?

«Non è un resort.» 

«Questa enorme struttura in legno, è casa tua? Ma quanto è grande?» mi chiese Praram con gli occhi spalancati per la sorpresa.

«Questa è casa mia. Sul retro c’è la vigna.»

Una volta arrivati, parcheggiai comodamente davanti casa. Al suo interno vivevano i miei nonni e mia zia. I miei genitori lavoravano in città, facendo da pendolari tra questa e la nostra casa in città.

«Oh, Nuea! Perché non ci hai avvisati che saresti venuto. Oh, il mio bel ragazzo.» Ploy, che si prendeva cura di mia nonna, venne ad accoglierci. Mi tolsi gli occhiali da sole e la salutai calorosamente, mentre Praram la salutò con rispetto.

«Volevo fare una sorpresa alla nonna.» mormorai conducendo Praram in casa. 

«Signora, guardi chi è venuto a trovarla.» Ploy richiamó l’attenzione di mia nonna, la quale stava andando a zonzo con le ghirlande sotto il portico. Appena mi vide spalancò gli occhi e si alzò velocemente.

«Il mio nipote birichino. Scompari per anni ed anni, senza mai pensare a tua nonna.»

«Ero da queste parti per il Songkran.» L’abbracciai dolcemente, non la strinsi forte a causa del suo corpo esile, anche se mi mancava davvero tanto. Nonostante i suoi sessant’anni era ancora molto bella, tanto bella che il nonno preferiva tenerla in casa.

[N/T: Il Songkran è il capodanno del calendario lunisolare buddhista. Il Songkran inizia ogni anno il 13 aprile per poi prolungarsi fino al 14 o 15 aprile.]

«Oh! E chi è questo bel ragazzo che mi hai portato?» chiese la nonna a Praram una volta sciolto il nostro abbraccio.

«Salve, sono Praram.» Praram era stato così educato e rispettoso che non aveva bisogno di essere presentato da nessuno. Le sue bellissime mani si unirono e si alzarono verso l’alto mentre chinava il capo; mia nonna gli sorrise amorevolmente.

«Oh, che ragazzo ben educato.» Mia nonna si avvicinò a lui per ricevere il saluto.

«È stato rispettoso ed educato anche con me.» confermò Ploy, mentre la nonna continuava a guardare amorevolmente Praram.

«Lui è il mio ragazzo.» 

«Che cosa?» La nonna si voltò velocemente guardandomi con sgomento.

«Ho detto che è il mio ragazzo.» ripetei indicando Praram.

«E lui ha accettato di essere il tuo fidanzato? Come è possibile? Lo hai ingannato?» L’uomo dalla voce cupa, che aveva preso il cuore di mia nonna tempo prima, si presentò alle sue spalle.

«Non l’ho ingannato, sono stato sempre sincero nei suoi confronti.» risposi al nonno.

«P’Nuea.» Praram mi chiamò con voce bassa diventando timido, ma sapevo benissimo che quello era un rimprovero.

«Ti chiami Praram?» Mio nonno non si preoccupó minimamente di ciò che avevo detto e si avvicinò al mio ragazzo.

«Salve.» Praram ancora una volta alzò le mani in segno di rispetto verso mio nonno, che era appena tornato dal lavoro; quest’ultimo gli sorrise accarezzando delicatamente il capo di Praram.

«Ma è così carino. Non posso credere che si sia innamorato di te.» Il nonno si prese beffe di me.

«Si chiama destino.» risposi a mio nonno, prima di avvicinarmi e stare al fianco di Praram.

«Avete mangiato qualcosa? Siete venuti direttamente qui o siete passati prima a trovare tua madre?» La nonna prese a fare mille domande.

«Siamo venuti direttamente qui. Andremo a salutare la mamma durante il viaggio di ritorno.» 

«Per quanto tempo vi fermerete?» continuò a chiedere.

«Dipende da Praram.» Praram si voltò a guardarmi, prima di ricambiare il sorriso di mia nonna.

«Oh, piccolo ragazzo rimani qui a lungo, sono tanto sola! Il nonno è interessato solo al suo lavoro, non c’è mai in casa.» mormorò la nonna.

«Beh, io devo lavorare altrimenti nessuno lo farà. Ho solo un nipote, ma è via per studiare e non so nemmeno cosa.» borbottò mio nonno mentre si dirigeva al tavolo da pranzo.

«Non ho mai detto che avrei studiato con te.» risposi.

«Ed allora tu cosa studi?» si rivolse a Praram.

«Frequento l’ultimo anno delle superiori.» sorrise il mio fidanzato.

«Oh, hai ingannato un bambino.» Il nonno tornò a parlarmi seccato.

«Non l’ho ingannato. Ti ho già detto che l’ho corteggiato con onestà.»

Era sempre bello tornare a trovare i miei nonni, avevamo un rapporto speciale. Il nostro legame era più forte di quello con i miei genitori. Da bambino vivevo qui con i nonni, sono cresciuto con loro vivendo in questa casa, fino a quando, durante le superiori non mi trasferii da i miei rimanendo a vivere in città anche durante l’università. I miei nonni mi capivano all’istante, non avevo bisogno di nascondergli nulla. Anche con miei genitori ho un buon rapporto e gli dico tutto e amo moltissimo anche loro, ma l’amore per i miei nonni è molto più grande. 

I miei nonni passarono il pomeriggio ad elogiare Praram. A loro piaceva stare in compagnia di ragazzini della sua età, soprattutto quando erano educati come Praram. Lui non aveva bisogno di indossare una maschera perché era davvero educato, genuino e spontaneo. I miei nonni avevano avuto solo due figlie, mia madre che aveva solo me e mia zai che non aveva avuto figli. Ero l’unico nipote in famiglia, quindi i miei nonni erano molto entusiasti che avessi portato con me un bravo ragazzo come Praram.

«Hey, sei ancora teso?» chiesi a Praram una volta rimasti soli nell’ala ovest della proprietà dei miei nonni. Praram osservava l’orizzonte, ammirando i raggi pomeridiani del sole risplendere sul vigneto.

«No, sto bene. I tuoi nonni sono carini con me.» 

«Non ti sei annoiato?»

«Per nulla. Passare il tempo qui è piacevole.»

«Resta con me.» sussurrai al suo orecchio, mentre mi avvicinai a lui da dietro. 

«Dovremmo tornare indietro.» 

«E dove? Il mio cuore è qui con te.» Lo avvolsi tra le mie braccia. «Domani possiamo fare una passeggiata a cavallo.» Lo strinsi ancora di più.

«Voglio andare a vedere la vigna, ci sono già dei frutti?» Voltò la testa supplichevole come un bambino.

«Le viti danno frutti tutto l’anno, ti porterò a vederli.» gli sorrisi amabilmente. 

«Tuo nonno si prende cura di tutto questo da solo?» Praram era sbalordito.

«Insieme a mia zia e a suo marito. Invece, mia madre vive in città con mio padre, lui è un insegnante.» spiegai e lui annuì in segno di riconoscimento.

«Insegna in città?»

«Si, esatto. In una scuola privata in città.»

«Decisamente un ragazzo molto benestante.»

«Si, è così. In verità mio padre è il proprietario della scuola.» Risi piano quando si voltò con occhi sbalorditi e la bocca spalancata.

«Perché sei così ricco?» chiese dopo attimi di trance.

«Lo vuoi? Te lo sto offrendo.» sussurrai queste parole vicino al suo orecchio.

«Posso davvero?»

«Certo che puoi. Ho fiducia in te, qualsiasi cosa tu voglia, io te la darò.» 

«Voglio solo il tuo cuore.» disse appoggiandosi comodamente a me. 

«È già tuo.» Lo strinsi ancora più forte tra le mie braccia. 

«Me ne prenderò cura.» Portò le sue mani sulle mie e le nostre dita si intrecciarono. 

Appoggiai il mento sulla sua spalla, inspirai l’aria vicino al suo collo, le mie narici si riempirono di una dolce fragranza. Mi fermai al quel semplice gesto, non andai oltre.

Ero felice per la sua risposta, il mio amore per lui aumentava gradualmente sempre di più, ero contento e sapevo che anche i suoi sentimenti crescevano giorno dopo giorno. 

«Te l’ho mai detto?» chiesi all’improvviso.

«Detto cosa?» Praram cercò di voltarsi per guardarmi in viso, ma lo strinsi ancora più forte al mio petto, non volevo che vedesse le mie guance arrossate. 

«Ti ho mai detto che ti amo?» 

«…»

«Ti amo così tanto, come non ho mai amato nessuno.» Le mie parole sfiorarono le sue orecchie, le quali iniziavano a colorarsi di rosso come le sue guance. Il mio cuore prese a battere più veloce che mai.

«Questo lo so già.» Le sue mani abbandonarono la presa dalle mie, prima di voltarsi a guardarmi. 

«Se lo sai, perché non lo dici anche tu?» La mia voce divenne supplichevole.

Praram si alzò in punta di piedi posando velocemente le sue labbra sulle mie, poi abbassò il capo dall’imbarazzo. Io rimasi lì inerte e sorridente, immaginando cosa stesse provando Praram in quel momento. Dopo qualche istante alzò gli occhi e vidi chiaramente le sue guance arrossarsi ancora di più mentre i suoi occhi erano immersi nei miei. 

«Ti amo.» Ed eccole lì quelle meravigliose parole. Posò delicatamente la testa sulla mia spalla. Sorrisi come un scemo, talmente ero emozionato. Di sicuro anche le mie guance erano rosse, rosse più del sole che in quel momento stava tramontando all’orizzonte. Avvolsi le braccia attorno al suo corpo e quando lo avvicinai a me, riuscii a sentire i nostri cuori battere all’unisono. 

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