EN OF LOVE: TILS – CAPITOLO 13

La persona a cui penso è proprio qui.

– Nuea –

Rimasi seduto ad aspettare la madre di Tossakan in soggiorno. Accanto a me c’era Bar che si stava strusciando sul suo fidanzato. Quanto al bel ragazzone, si sdraiò sul divano, quasi incosciente. Sapeva che l’avevo portato io. Quando l’avevo trascinato in casa, era arrabbiato, non mi permetteva di entrare, ma dal momento che non poteva stare in piedi, si era arreso facendomi passare.

Portando entrambi a casa non mi aspettavo niente, non mi aspettavo di vedere la persona che stava scendendo le scale. L’avevo fatto perché ci tenevo al mio amico e mi preoccupavo per il suo ragazzo. Non l’avevo fatto per me stesso.

«Stanotte, Nuea può dormire nella camera dei gemelli. La camera degli ospiti non è stata pulita.» disse la mamma di Tossakan con voce dolce. Guardai i gemelli che indossavano lo stesso pigiama, avevano anche gli stessi capelli. Oltre a sorridere, potevo dire dal modo in cui i loro occhi mi guardavano quale fosse Pralak e quale fosse Praram.

«Beh… non disturbo, vero?» Indipendentemente da quanto volevo entrare nella loro stanza, dovevo mantenere le buone maniere. La donna che stava davanti a me era la madre della mia futura moglie, la prima impressione doveva essere impeccabile.

«No, non disturbi. Perché dovresti rientrare a tarda notte? Dormi qui. Ho già chiesto ai gemelli.» mi disse la donna.

«P’Nuea… er… non può… dormire quieeee.» La voce lamentosa di un uomo ubriaco stava diventando sempre più forte. Ciò fece sì che tutti si voltassero a guardarlo.

«Perché non può? È venuto fin qui perché tutti e due vi siete ubriacati!» La madre si mosse verso Tossakan, lo aiutò ad alzarsi ed i gemelli la seguirono.

«Pralak! Aiuta mamma a portare Bar; Nuea e Praram invece aiutateci con Kan. Non riesce a camminare da solo.» disse la loro madre.

«Aspetta, ti aiuto io.» Praram parlò alla donna e mi passò accanto senza salutare. Aveva un’espressione spaventata e non sorrideva neanche. 

«Non c’è bisogno di fare una faccia confusa, gli farai mettere il muso.» mi sussurrò Pralak.

«Il muso?» chiesi di nuovo.

«Non vi disturberò. Voi ragazzi parlerete da soli, io mi siederò deliziosamente in silenzio.» Pralak sorrise prima di andare ad afferrare Tossakan. Aveva una smorfia sul viso a causa della puzza dell’alcool mentre Kan si lamentava con frasi senza senso che non riuscivo a capire. 

Pralak e io portammo Tossakan nella stanza dove c’erano sua madre e Praram ad aspettare. Non avevo potuto fare a meno di andare in panico per la decorazione sul muro della stanza di Tossakan. Sapevo che erano le foto di Bar, ne aveva tante appese al muro ma quelle erano splendidamente decorate. Era chiaro che fosse la rappresentazione del loro amore.

«Grazie, figlioli, mi prendo cura io di loro. Voi andate pure a letto.» La donna si voltò per dircelo.

«Lascia che ti aiuti.» propose Praram.

«Non devi. Vai a dormire. Lascio P’Nuea alle tue cure. Puoi comportarti come se fossi a casa tua, figliolo. Non c’è bisogno di vergognarsi.» Sorrisi di rimando al sorriso della donna. Ma avevo sentito male o… 

La loro madre mi aveva chiamato figliolo?

Seguii Pralak e Praram nella loro stanza, era più grande di quella di Tossakan, quasi il doppio. C’era una zona TV e un grande divano con un letto rialzato dal pavimento al centro della stanza. Da un lato c’era un comodino per posizionare i libri, dall’altro lato mensole con modellini e oggetti da collezione.

«La nostra stanza è bellissima. Non è piccola come la stanza di P’Gun.» mi spiega Pralak prima di gettarsi sul divano.

«Vorrei entrare in questa stanza e vedere la mia foto sul muro di Praram…» dissi prima di sorridere.

«Divertente… » Praram si limitò a bofonchiare prima di voltarsi. Mi rese incapace di comportarmi bene e mi girai a guardare il viso di Pralak con fare interrogatorio.

«Litigio, P’Nuea.» mi disse Pralak sorridendo.

«Cos’ho fatto di sbagliato?» chiesii e seguii Praram al centro della stanza.

«Cosa hai fatto di sbagliato? Chiedi a Praram. Ora, vorrei prima andare a salutare mio padre. Ho sentito il rumore di una macchina.» disse Pralak.

«Oggi è il mio turno.» ribatté Praram. Mi stava per passare accanto, sapevo che voleva superarmi, quindi lo afferrai per un braccio.

«Non puoi lasciare che Pralak lo faccia? Sono venuto qui per vederti.» gli dissi ma Praram non rispose nulla, sentii solo la risata di Pralak insieme al suono della porta che veniva chiusa.

«Lasciami andare.» ordinò mentre tirava via il braccio dalla mia presa.

«Perché sei imbronciato, eh?» glielo domandai guardandolo negli occhi. Gli occhi di una persona offesa e che si chiedeva dove fossi andato oggi. La persona più piccola si avvicinò, prese il telefono e me lo porse.

Abbassai lo sguardo sulla nostra chat personale e rimasi senza fiato. La prima cosa che mi aveva stupito era stata che mi aveva salutato per primo, successivamente aveva inviato molti altri messaggi. L’ultima cosa era stata che non li avevo letti tutti.

«Ho dimenticato il telefono in camera.» cercai di giustificarmi e scusarmi una volta capito il mio errore. 

«Hai detto che non saresti andato.» disse Praram con voce imbronciata prima di riavere il suo telefono.

«Sono solo andato a prendere Tossakan e Bar. Proprio così…» lo tirai di nuovo per un braccio per invitarlo a sedersi con me sul divano. «Yihwa ha chiamato dicendo che erano molto ubriachi ed entrambi non riuscivano a guidare. Sono andati tutti a bere, giusto? Ero rimasto solo io… Dopo che si sono ubriacati, sarei dovuto andare a prenderli uno per uno. Io davvero non sono andato a bere con loro.» Confermai che ero innocente mentre Praram socchiuse gli occhi come per cercare di capire se mi credeva.

Se fosse stato qualcun altro, probabilmente me ne sarei andato infastidito, ma con Praram avevo continuato a spiegare il motivo nonostante mi avesse già sentito. Non avevo davvero cattive intenzioni. Ero uscito per andare a prenderli e riportarli a casa. Avevo portato alcuni dei miei amici al dormitorio di Mark, le ragazze a quello di YiWa e infine avevo accompagnato a casa Bar e Tossakan. Era stato il mio cuore a volerli portare qui, all’inizio avevo pensato di portarli da Mark; ma all’ultimo il mio desiderio di vedere Praram mi aveva fatto cambiare idea.  

«…»

«Praram…» lo chiamai avvicinandomi a lui.

«Sto pensando.» Il giovane alzò la mano per proibirmi di fare altre mosse.

«A cosa stai pensando?»

«Perché sei venuto qui?» mi chiese.

«Non sei più arrabbiato?» alzai le sopracciglia e lo chiesi di nuovo per esserne sicuro. 

«Beh, avevi un motivo che sembra essere vero.» spiegò Praram annuendo. Sembrava stesse pensando intensamente a ciò che gli avevo detto.

«Perché hai capito?» glielo domandai d’istinto, alzando le sopracciglia per continuare. «Se fosse stato qualcun altro, si sarebbe arrabbiato comunque.»

«Non sono come gli altri.»

«Questo significa che posso andare ovunque?» chiesi prima di sdraiarmi delicatamente sulle ginocchia di Praram. Si chinò e mi guardò senza dire niente, mi sorrise semplicemente. 

«Non voglio che tu vada da nessuna parte.» si chinò a sussurrarmi.

«Ricorda attentamente le tue parole.» Avrei voluto colpire delicatamente il suo naso con il mio indice ma avevo paura che si arrabbiasse, quindi mi limitai a prendere la sua mano e ad appoggiarla sulla mia pancia.

«P’Nuea… vorrei il tuo numero.» Alzai le sopracciglia, non mi aveva spiegato niente ma avevo capito quando mi aveva consegnato il suo telefono. 

«Hai paura che ti mancherò così tanto da aver bisogno del mio numero?» dissi ad alta voce prima di prendere il suo telefono e salvare il mio numero. «Mi dispiace di averti ferito in qualche modo.» Chiesi scusa alla persona che era ancora arrabbiata, le sue guance leggermente più arrossate mi spinsero a guardarlo con fare ancora più innamorato.

«Niente.»

«Davvero? Perché arrossisci?» lo stuzzicai.

«Basta…» disse Praram coprendomi il viso con la mano.

«Eh, dillo se sei timido!» continuai a prenderlo bonariamente in giro.

«Ti ho detto basta, P’Nuea…» Praram era sempre più rosso, al punto da usare le mani per coprirmi la bocca. Sorrisi prima di decidere di sporgermi per baciare quella mano che volevano non parlassi più. 

«P’Nuea!»

«Ahia!» feci un piccolo salto sul divano dato che Praram mi colpì sul petto. 

«Che diavolo stai facendo!» Praram si voltò verso di me e parlò in modo rigido.

«Scusa… la tua mano ha un buon profumo.»

*************************


«Co… quando sei arrivato?» chiese Praram al suo gemello.

«Da quando… non sei più arrabbiato.» 

«Pralak!» Praram rimproverò il suo gemello quasi in preda al panico. Anche io provavo la sua stessa sensazione. Se era stato lì così a lungo… da quanto ci stava guardando?

«Se sei qui da così tanto tempo, perché non hai fatto rumore?» Mantenni il mio sguardo anche se ero imbarazzato mentre mi voltavo per chiedere a Pralak che era in piedi accanto al divano.  

«Una volta ogni tanto, vedere il mio gemello in questo modo… non potevo perdermelo.»

«Ai’Pralak!» Praram arrossì mentre urlava il nome del gemello, quindi guardò entrambi e divenne ancora più rosso. 

«Attento alle tue parole, Praram.» disse il gemello e si avvicinò a noi.

«No… non è stato intenzionale. Sei tu che hai cominciato.» Più li guardavo battibeccare, più mi chiedevo come potessero essere così carini, e avevo passato a casa loro solo poche ore. 

«Non fare quella faccia. Non sono P’Nuea, non faccio pace con te.» disse Pralak.

«Non ho affatto detto di voler far pace con te.»

«Sì… sono solo l’altro gemello, non sono importante come lui.» Pralak lo disse mentre mi guardava e poi si sedette sul divano. 

«Smettila di dire così, sono due cose diverse.»

«Tu dici che non c’entra niente ma ogni giorno parli sempre di P’Nuea.» Pralak si voltò per dirmelo.

«Che spione.» disse Praram a suo fratello.

«Sono uno spione ma non uno che implora.»

«Pralak…» Praram invocò la supplica di Pralak.

«Ora smettila… sennò adesso farà il timido e non dormirà più in questa stanza. E io sarò venuto per niente.»

«P’Nuea!»

«Va bene, vado a fare una doccia.» lo dissi prima che Praram potesse lamentarsi con me ancora di più.

«Va bene.» disse Praram e andò ad aprire l’armadio per prendere un asciugamano.

Il loro bagno era molto ampio, c’era una vasca da bagno nella zona umida e separata dalla zona asciutta. Pensavo che i figli di mezzo non avrebbero ricevuto la stessa attenzione del fratello più grande e della sorella più giovane, ma non era così. Quella casa, oltre ad essere carina, offriva le stesse cose ad ogni figlio.

Dopo essere uscito dal bagno notai che i due gemelli erano ancora svegli. Pralak era seduto a guardare i cartoni animati mentre Praram, stava leggendo un libro. Guardai l’orologio e aggrottai la fronte con fare confuso. Era quasi l’una di notte, perché non dormivano?

«Non dormite?» chiesi mentre mi asciugavo.

«Dannazione… Sei davvero sexy, P’Nuea.» disse Pralak guardandomi. Questo fece voltare Praram ad osservarmi, le sue orecchie diventarono immediatamente rosse, poi il rossore si estese sul viso. Anche Pralak era leggermente arrossito. 

«Non l’ho indossato perché Pralak mi guardasse.» Strinsi la vestaglia e guardai Praram.

Praram… era la persona che volevo mi guardasse. Tra l’altro non avevo trovato altro, mi avevano dato solo un asciugamano e la vestaglia che indossavo l’avevo trovata in bagno. 

«Smettila di guardare, Praram. Non viziarti troppo!» Pralak si affrettò a coprire gli occhi del fratello.

«Sei pazzo? Non ho visto niente.» esclamò Praram e scacciò le mani del fratello.

«Veramente?» inclinai il collo mentre chiedevo.

«Perché le tue orecchie sono rosse? La tua faccia è rossa. Le tue guance sono più calde di me.» disse Pralak portando le mani sulle guance di Praram. 

«Vado a prendere un pigiama di P’Gun.» Praram cacciò via di nuovo Pralak e si voltò. Non importava quanto si sforzasse di nascondersi, notai subito quelle guance rosse e quegli occhi che tremavano per la rabbia o per la paura. Era comunque intimidito… 

Praram tornò con il pigiama blu di Tossakan. Ai gemelli piacevano molto i colori, indossavano entrambi un pigiama giallo e a me ne avevano dato uno blu. Andai in bagno a cambiarmi, Pralak non mi permise di cambiarmi in camera perché non voleva che viziassi troppo suo fratello. 

«Cosa vizierà Praram? Mi muovo per sfuggire a lui.» dissi dopo essermi messo il pigiama.

«Non sai niente. Il suo cuore viziato è gonfio e spezzato. Non significa quello che intendi tu.» rispose Pralak.

«Davvero il tuo cuore si è gonfiato e spezzato? Come mai?» mi voltai a chiedere a Praram, che mi stava guardando. Il più giovane si voltò dall’altra parte prima di parlare a bassa voce.

«È già tardi…»

«Uh, cambia argomento come se non avesse capito!» lo prese in giro Pralak.

«È davvero tardi. Dobbiamo dormire.»

«Hai detto che domani è festa ed avresti letto fino alle 3 del mattino.» rimasi sbalordito dal programma di lettura dei libri dei gemelli.

«Anche se leggo non mi ricordo niente.»

«Non riesci a concentrarti a causa di questa persona, giusto?» chiese Pralak a Praram e poi si avvicinò a me e mi colpì il braccio.

«Tu…»

«Perché io?»

«Non colpire il braccio di P’Nuea!» esclamò Praram con voce profonda. Pralak rise rumorosamente prima di avvicinarsi a me e colpirmi di nuovo. 

«Niente colpi, abbracci allora…»

«Pralak!»

«Non stuzzicare Praram…» dissi e lo spinsi via prima di andare verso Praram.

«Perché rovini il gioco? Volevo prenderlo in giro.» chiese Pralak prima di camminare ed andare a sedersi sul letto.

«Non voglio prendere in giro Praram… sono qui per giocare con Praram.» dissi e mi avvicinai a lui.

Eravamo in piedi l’uno vicino all’altro e il mio cuore stava ancora tremando. In quel momento anche Pralak era vicino ma non sentivo la stessa cosa. Non importava quanto fossero simili, ma la sensazione era diversa. Mi sentivo così solo con Praram. L’unico ragazzo che non osavo nemmeno toccare. Avrei voluto stringerlo, abbracciarlo, ma avevo paura che non gli sarebbe piaciuto e che mi avesse odiato. Avrei voluto corteggiarlo e cogliere ogni opportunità, ma temevo che pensasse che mi stessi approfittando di lui.

«Okay, per favore unisciti a un club per fidanzati con P’Gun.» disse Pralak poi indicò con la mano verso la stanza del Tossakan.

«Non siamo affatto fidanzati.»

«Lo ripeti spesso.» Mi voltai per dirlo a Praram con voce ferita.

«Giusto… non è il mio ragazzo, ma posso tenergli il braccio.» Dopo aver finito di parlare, le sue braccia affusolate si attaccarono alle mie.

«Va bene… mi arrendo.» Praram e io ridemmo prima che abbassasse le braccia. Si era quasi liberato dall’abbraccio, ma tenni le sue mani nelle mie come se non volessi che il suo calore sparisse.

«Mi arrendo.» disse Praram.

«Ti arrendi a cosa?» Pralak aveva il broncio.

«Non mi arrendo a te… » disse Praram, prima di abbassare lo sguardo sulle nostre mani intrecciate. «Mi arrendo a P’Nuea… » Questo era il sintomo di come un cuore si gonfiava e si spezzava, giusto?

Mi voltai a guardare di nuovo Praram cercando di capire. Il bel viso del ragazzo accanto a me era rosso, ma sorrideva felice, i suoi begli occhi incontrarono i miei e rifletterono chiaramente tutti i suoi sentimenti. No… il mio cuore batteva ma non perché Praram si fosse arreso a me. Ero pronto a dargli tutto.

«Devo arrendermi. Già dal primo giorno in cui ho visto il tuo sorriso, sapevo che ti avrei dato tutto.» dissi e sorrisi alla persona accanto a me. Lo stesso Praram sorrise e mi schiaffeggiò con la stessa emozione.

«Va bene… aspettate, fate come se io non ci fossi. Andate avanti, baciatevi e dichiaratevi il vostro amore.» Mi voltai e sorrisi a Pralak con fare comprensivo. Anche a me era capitato di essere geloso di chi aveva un fidanzato.

Ed esattamente adesso… qualcuno era geloso di me.

Subscribe
Notificami
guest

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

0 Commenti
Inline Feedbacks
View all comments
Facebook
Twitter
Pinterest



Copy Protected by Chetan's WP-Copyprotect.