EN OF LOVE: MECHANICS – CAPITOLO 22

Così tanto dolore

 -Mark Masa-

Avevo dormito semplicemente nel letto, un letto in cui non dormivo da mesi, poi diedi un’occhiata alla mia stanza, non dormivo qui da molto tempo, mi sembrava ancora familiare. Mi spinsi verso il comodino a sinistra e guardai il mio telefono. L’avevo riacceso da poco, quando ero atterrato qui, per chiamare e farmi venire a prendere all’aeroporto. C’erano un casino di notifiche, di chiamate perse e messaggi LINE più alcuni da Facebook e sarebbero restati lì ancora per un po’. Avevo pensato di leggerli, ma in quel momento il mio cuore non era abbastanza forte. Ero tornato perché volevo fuggire da tutto e sebbene questo posto non mi fosse mai piaciuto almeno ora era un nascondiglio sicuro.

Casa mia.

Mi ero svegliato all’alba e avevo chiesto a James di portarmi all’aeroporto. Non mi aveva detto niente, solo che Vee era molto turbato e non stava un granché, come me del resto. Non volevo pensarci in quel momento … ma era così difficile non farlo.

Ancora non riuscivo a quantificare il dolore che avevo provato nel vedere la persona che amavo baciare qualcuno del suo passato. Se fosse stato un estraneo, donna o uomo che fosse, credo che avrei potuto parlargli e alla fine accettarlo e perdonarlo, ma lei proprio no. Non la persona che amava così tanto, che amava poi…che ama. Quindi, no, non potevo vederlo o parlargli. Quella donna aveva ancora influenza su di lui. Lei era l’unica persona contro cui non osavo combattere. Di fronte a lei potevo solo arrendermi.

Non sapevo quanto avevo pianto, ad un certo punto credevo di aver finito le lacrime, ma il dolore non passava. Quando avevo visto che stava baciando qualcun altro avevo capito. Il mio cuore non si limitava solo a pompare sangue, ma viveva di lui. Quello era stato il momento in cui una lama aveva trafitto il mio cuore che da allora non aveva smesso di fare male, molto male.

«Sei sveglio? Scendiamo a mangiare insieme.» Mi voltai verso la porta della mia stanza, la voce di mia madre mi distolse dai miei pensieri. Sorrisi appena prima di alzarmi per andare a vedere il mio aspetto.

Mi aveva chiesto se ero sveglio, ma perché avevo dormito? Doveva essere la domanda a cui rispondere.

«Non ho fame mamma.»

«Masa, mi sei mancato tanto figlio, ma ecco che torni a casa e subito ti rinchiudi nella tua stanza.» Sospirai prima di alzare la mano e andare ad aprire la porta.

«Sono ancora stanco, mamma.» dissi guardandola.

 «Vedo che c’è qualcosa che non va.» Socchiuse gli occhi e mi osservò. «Dimmi cos’è Masa.» Sembrava preoccupata e il suo tono gentile quasi mi fece tornare le lacrime agli occhi.

 «Mamma …» dissi prima di abbracciarla stretta. «Sono stato ferito di nuovo.»

Tutto ciò che facevo, tutto ciò che ero, mia madre lo sapeva. Conosceva le mie preferenze sessuali e non le era mai importato. Avevo detto ai miei che non ero interessato alle donne fin dal liceo e mia mamma l’aveva accettato e si era sempre presa cura di me. Quindi, non importava dove andassi o con chi, mia mamma lo sapeva. Quella volta però non le avevo raccontato nulla perché ero così lontano da lei e non ci sentivamo spesso come prima.

«Fa molto male? Va bene, la mamma è qui.» Mi accarezzò la testa per confortarmi.

«Mi sei mancata così tanto.» dissi prima di annusare la sua guancia e allontanarmi.

«Me ne parlerai, ragazzo mio?» Chiese dolcemente, la sua mano mi accerezzò la guancia.

«Non ora. Non ne voglio ancora parlare.» sorrisi. Non volevo farla preoccupare, anche se sapevo che avrebbe capito. Il fatto era che non ero ancora pronto a parlare di lui.

 «Allora andiamo a mangiare, tuo padre ti sta aspettando.» Quando lo disse sollevai la testa e la guardai quasi incredulo. Lei sorrise debolmente prima di annuire, quindi la seguii.

La sala da pranzo era la stanza che più odiavo di quel posto, perchè? Perché era quella in cui dovevo stare assieme a mio padre. Il capo di casa mi guardò dritto negli occhi, la sua espressione e i suoi occhi erano sempre gli stessi. Era la stessa faccia che faceva sempre quando mi vedeva. 

«Papà, ciao.» Alzai le mani in segno di rispetto, salutandolo con un tono di voce neutro. Lui si limitò ad annuire.

Il silenzio calò su di noi quando mi sedetti a tavola. Mio padre cominciò a mangiare, il suo volto impassibile, così come il mio e solo mia mamma sembrava ancora preoccupata. Questo era quello a cui ero abituato ogni giorno, ma l’atmosfera era peggiorata ancora di più quando avrei comunicato a mio padre che avrei studiato in un’altra provincia del paese. Non avevamo mai avuto un buon rapporto padre-figlio, ma quando aveva scoperto dove stavo andando, il suo atteggiamento era diventato ancora più glaciale nei miei confronti.

«Per quanti giorni rimarrai? Andrai via molto presto? Mi mancherai ancora di più.» Mi chiese la dolce voce di mia madre, accanto a me, mentre mise del pesce nel mio piatto. Mi voltai per sorriderle prima di rispondere.

 «Rimango solo pochi giorni poi dovrò ritornare.»

«Se le tue vacanze sono così brevi, è stata una perdita di tempo venire qui.» Mia madre e io alzammo lo sguardo, strinsi con più forza il cucchiaio.

«Hai solo un figlio.» Mia madre parlò, non sembrava arrabbiata, ma sembrava stesse quasi supplicando.

«Sto solo dicendo la verità. Siamo lontani dalla sua università ed il viaggio può essere stressante.»

«Papà.» Alzò la testa e mi guardò dritto negli occhi con aria ferma.

«Per favore, niente discussioni, nostro figlio è appena arrivato. Per favore, lascialo stare.»  Mia mamma intervenne.

«Beh, se si sente così a disagio, allora che bisogno ha di venire.» Quelle parole furono come uno schiaffo in pieno volto.  Non dissi niente e lo guardai come al solito.

«I ragazzi possono essere difficili, ma dipendono da noi.»

«Sarebbe stato più economico se il tuo buon figliolo avesse fatto come gli avevo suggerito. Ti avevo detto di studiare qui, perché dovevi andare così lontano? Ti avevo detto di essere un atleta della Nazionale di Nuoto, quindi perché ha scelto un percorso accademico?» Mio padre iniziò a ripetere ciò che avevo già sentito mille volte ormai. Quando la scuola era finita e stavo per lasciare casa, questo era stato un problema molto serio nella nostra famiglia. Sì, mi piaceva nuotare, ma non volevo farlo professionalmente, volevo studiare ingegneria.

«Mi piace.» gli risposi con calma senza dare ulteriori spiegazioni.

«Proprio perché ti piace così tanto, sei tornato ridotto in questo stato.» Mio padre disse prima di alzarsi e lasciare la stanza. Respirai a fondo, sentii la mano di mia madre appoggiata sulla mia testa così mi girai a guardarla e le sorrisi di nuovo leggermente.

«È solo preoccupato per te, non vuole che le cose siano difficili per te.» Disse con voce dolce.

«Stare lì non è così dura mamma. Mi piace dove vivo e ho anche James e Wind.» Le risposi. La nostra colazione probabilmente ora era finita, non riuscivo a mangiare nulla e mia mamma aveva già posato il cucchiaio.

«Hai visto con che faccia ti sei svegliato stamattina?» Mia madre chiese prima di voltarsi a guardare la cameriera. Era entrata per prendere i nostri piatti dal tavolo. Mi voltai a guardare il giardino attraverso le porte a vetri. «Vuoi uscire in giardino? So che ti piace lì.» Disse mia madre prima di alzarsi per andarsene.

La mia casa era abbastanza moderna, anche se mia madre era ‘nobile’ e mio padre era giapponese. All’esterno da lato della casa avevamo un giardino e dall’altro una piscina. Il mio giardino era bello come me lo ricordavo e mia mamma se ne prendeva tanta cura da quando non c’ero. Mi piaceva il verde delle foglie, mi faceva sentire bene. Mi piaceva l’odore del terreno perché mi faceva sentire l’aria fresca nei polmoni quando facevo respiri profondi.

E mi piaceva Vee, non c’era una ragione eppure mi piaceva così tanto. Molto più del mio giardino. 

«Vieni qui e mi ignori?» Quelle parole mi riportarono di colpo alla realtà e vidi mia mamma venirmi incontro con un bicchiere, probabilmente di latte. Solo mia mamma sapeva cosa mi piaceva. Era l’unica ragione per cui ero tornato lì, era lei la sola che poteva capire cosa stavo provando in quel momento.

«Grazie.» risposi quando mi consegnò il bicchiere con dentro latte caldo. Mi piaceva il latte caldo, ma quando lo sollevai per bere ecco che i ricordi tornarono. Pensai al momento in cui eravamo tornati da Samet, quando ero in treno e avevo fame. Non erano snack di lusso, non come il latte caldo fatto da mia mamma, eppure mi avevano fatto sentire così bene.

«Perché non bevi? Ho visto che hai malapena toccato il cibo.» La guardai quando mi resi conto che ero fermo come una statua da un po’. Le sorrisi e poi bevvi il latte.

«Non ho molta fame.» dissi dopo aver finito solo metà del latte. Mia madre si avvicinò e mi asciugò il latte dall’angolo della bocca.

«Non preoccuparti così tanto di papà. È solo preoccupato per te.» Disse la mamma mettendomi una mano sulla spalla.

«Posso capire papà, vorrei solo che lui provasse a capire me.»  

Capivo di essere l’unico figlio e quindi per quanto riguardava i miei gusti, era qualcosa che la maggior parte dei genitori non sarebbero stati in grado di accettare. Fortunatamente mia mamma mi capiva ed era sempre stata al mio fianco ma purtroppo mio padre si era opposto. Ero sempre stato così geloso di Kan perché la sua famiglia era così aperta e comprensiva.  Quando mi ero reso conto che Bar mi piaceva avevo subito pensato che sarebbe stato difficile con i miei, ma ora mi rendevo conto che non importava chi amavo, sarebbe sempre  stato difficile.  

Più mi mancava Vee, più mi rendevo conto di non riuscire a vedere un modo per farla funzionare comunque. Con la sua famiglia e mio padre, forse era una buona cosa se la nostra storia era finita. Non avrebbe avuto senso legarsi ancora di più e non sarebbe servito a nulla farlo davvero innamorare di me. 

Era stato meglio arrendersi con lui ancora prima che provasse qualcosa di vero se poi comunque non avremmo potuto vivere la nostra storia.

«Quindi c’è qualcosa che vuoi dire a mamma?» Chiese lei sedendosi su una sedia di vimini. Sospirai prima di voltarmi.

«Mi piace qualcuno.» Abbassai lo sguardo su di lei che annuì per invitarmi a continuare.

«Ti piace molto? Di solito non ti preoccupi di queste cose, se ti piace, allora vai e diglielo.»  Disse mentre mi afferrò la mano e mi tirò giù per sedermi accanto a lei.

«Forse lo amo già.» continuai dolcemente, guardando la mano di mia mamma, la sentii morbida e calda, anche se stavo raccontando una storia che mi aveva gelato il cuore. Il solo fatto di tenerla per mano mi faceva sentire un po’ più caldo dentro. Era lo stesso calore che avevo provato quando mi sentivo solo al mondo e Vee aveva preso la mia mano. La differenza era che mi sentivo al sicuro con mia mamma perché sapevo che lei non avrebbe mai lasciato andare la mia mano.

«E allora? Lui non ricambia?» Lei chiese.

«Ha detto che gli piaccio.» risposi. Vidi mia madre accigliarsi, le sue belle labbra si raddrizzarono in un sorriso tirato, lo stesso che avevo io ora, quando pensavo a cosa stava per chiedermi.

«La sua famiglia non approva?» Sorrisi e mi girai a guardare uno degli alberi.

«Questa è una delle ragioni … ma la cosa più importante è che ama ancora la sua ragazza, più di me.»

«Masa!» Mia madre mi guardò con gli occhi pieni di shock.

«Ti ho già detto che amo tutto ciò che sei. Posso accettare chiunque ti piaccia, perché se ti  piace a te allora piacerà anche a me. Ma non può essere qualcuno che ha già una ragazza.»  mentre lo diceva sembrò in parte arrabbiata, ma per lo più era comprensiva. Lei non si arrabbiava mai con me.

«Lo so mamma, me lo hai sempre detto.»

Mi era già piaciuto qualcuno che aveva una ragazza. Non ci avevo provato con lui, all’epoca eravamo troppo piccoli. Ne avevo parlato con mia mamma, e lei mi aveva detto che dovevo assolutamente smettere. All’epoca mi arrabbiai e le dissi che non mi sarei fermato. Ma poiché mia mamma sembrava così seria, decisi di non flirtare con lui. Quella era la prima persona di cui mi ero innamorato, la prima persona che amavo, ma che aveva già qualcun altro. Allora accettai di non cercare di separarli l’uno dall’altro.

 Ora, però, era diverso …

«Masa … non è solo perché fin da bambino ti ho insegnato che è sbagliato intromettersi in una relazione, ma soprattutto perché significa che anche mio figlio molto probabilmente soffrirà.»

Lasciai lentamente scorrere le lacrime, non volevo più piangere, ma non potevo sopportarlo. Appoggiai la testa alla spalla di mia madre prima di piangere.

«Fa così tanto male mamma.»  Le avvolsi le braccia intorno alla vita e infilai la faccia nella sua spalla, lei con la mano mi accarezzò la schiena. Continuò a cercare di calmarmi con le sue parole. Questo mi calmò molto, ma le sue parole non smisero di risuonarmi nelle orecchie.

«Puoi smettere? Se lui nonostante tutto ama ancora quell’altra persona, allora tu puoi smettere di amarlo?» Mia mamma cercò di allontanarmi, ma mi rifiutai di lasciare il suo caldo abbraccio e di guardarla negli occhi. I miei occhi erano offuscati, le sue dita asciugarono lentamente le mie lacrime.

«Mamma…»

«Io che sono tua madre non ti ho mai fatto piangeree, quindi chi è lui per far piangere così tanto il mio bambino?» Disse con voce tremante, facendomi piangere ancora di più.

«Io…»

«Non lasciare che abbia così tanta influenza su di te. Non lasciare che ti ferisca così tanto.» Piansi mentre ascoltai che mia madre castigava silenziosamente Vee. Sapeva che anche io avevo sbagliato scegliendo di stare con lui quando era già impegnato, ma non lo disse. Sapevo che a mia mamma non piaceva quando mi lasciavo andare così, ma mi sentivo così bene. Di solito, quando mia madre mi confortava, mi faceva sentire come se il mondo intero mi appartenesse. Questa volta, però, sentivo che il mio intero mondo stava per crollare.

«Mi dispiace mamma …» Sollevai la testa per asciugarmi le lacrime e la guardai negli occhi.  «Sento che non riesco proprio a smettere di amarlo.»

«Masa …»

«Ho provato così tante volte mamma, ma non riesco proprio a cancellare i miei sentimenti. Questa volta sono tornato a casa perché pensavo che sarebbe stato d’aiuto. Volevo abbracciarti e dimenticarmi di abbracciarlo. Pensavo che sentire papà arrabbiato mi avrebbe distratto dal pensarlo, ma non è così. Anche adesso mi manca ancora così tanto.» La mia voce era così roca che riuscii a malapena a parlare, lei sollevò le mani e continuò ad accarezzarmi la testa.

«Non dovresti soffrire così tanto. La cosa migliore da fare ora è provare a dimenticarlo.» Non era facile come diceva mia mamma, non era affatto facile da dimenticare.

Ero a casa da qualche giorno ormai, il tempo era passato così in fretta che non me ne ero nemmeno accorto. I miei sentimenti e le emozioni erano sempre uguali ed in altre parole, faceva ancora male come l’inferno. Era ancora una tortura, mi mancava ancora di più, più di quanto io volessi. Non avrei dovuto nemmeno pensare a lui, era così doloroso, ma non riuscivo a smettere.

Le mie vacanze stavano per finire e stava per iniziare un nuovo anno accademico. L’inizio del nuovo semestre significava che dovevo tornare al campus. Significava che che lo avrei rivisto. Anche se avessi provato ad evitarlo, ad un certo punto inevitabilmente sarebbe accaduto. Il mondo è rotondo anche se desideriamo che sia piatto. La cosa migliore che potevo fare era cercare di adattarmi, stare sulla difensiva e comportarmi come se stessi bene.

Tutto stava per tornare alla normalità, come il tempo in cui Vee era solo un senior che non significava niente per me.

Presi il telefono che avevo ignorato da quando ero arrivato, lo collegai al caricabatterie e aspettai mentre si avviava. Le notifiche iniziarono ad arrivare. Prima un mucchio di messaggi, poi diversi avvisi di chiamata perse si Fuse, Kam, James, Nuea, YiWa e infine Vee. Decisi di ignorare tutto, chiamate e messaggi. Sapevo che le persone erano preoccupati, ma non ero pronto a parlarne.

Non sapevo cosa stesse succedendo, volevo sapere cosa aveva fatto in questi giorni, quindi decisi di aprire i social. Prima ancora di fare clic sull’applicazione per vedere la storia di Vee, molte notifiche iniziarono a rimbalzare facendomi accigliare. Non dovevano esserci molte persone che volevano sapere di me.

pVnn

ieri

Puoi per favore tornare e basta? Perdonami, non cambiare idea. Dammi la possibilità di dirti come si sente il mio cuore. #Sperocheiltuocuoresentalostesso

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YiWa: Sei così stupido pVnn.

U Unun: continua a litigare con gli amici.

Pond Pawee: Stai peggio dell’ultima volta.

Bar Sarawut: Vieni qui da me, pVnn

Il commento più recente che vidi era quello di Bar, non lessi tutti gli altri commenti. Quelle parole iniziarono a far battere il mio cuore, la voce e il viso di Vee comparvero prepotenti nella mia mente, anche se non sapevo se intendesse me o quell’altra persona. Anche se la parte più masochista di me sperava tanto che riguardassero me.

Speravo ancora segretamente che Vee si riferisse a me, volevo che i suoi occhi vedessero me soltanto, che nel suo cuore ci fossi soltanto io. Questo era impossibile, però, a causa di quella donna, la persona che era sempre stata nel suo cuore. Lui aveva da sempre molte opportunità di stare con chiunque volesse, aveva molti ammiratori, ma aveva sempre avuto occhi solo per lei.  

Fissai il telefono che suonava e che mi strappò dai miei pensieri. Il nome Vee apparve sullo schermo ed ecco che il mio cuore prese a martellare nel petto. Stavo quasi per accettare e rispondergli quando la voce di mia madre risuonò nella mia testa.

Non dovresti soffrire così tanto. La cosa migliore da fare ora è provare a dimenticarlo.

Alla fine decisi di non rispondere e mentre il telefono squillò lasciai cadere le lacrime.

Uscii per fumare, dal mio balcone potevo vedere il mio giardino. Il verde lussureggiante delle foglie riuscì a placare il mio cuore. Inspirare la brezza profonda nei miei polmoni mi aiutò a rilassarmi. Lasciai che tutto si dissolvesse come il fumo bianco. Era così difficile arrendersi.

Decisi di uscire dalla mia stanza senza il telefono, sentivo che sta vibrando e lo vidi lampeggiare. Non si fermava e decisi semplicemente di ignorarlo. Lo so, avrei dovuto solo rispondere e lasciare che me lo dicesse chiaramente, in modo che la decisione fosse più semplice, ma non ero abbastanza coraggioso.

«Vieni, zia e suo figlio Phon sono venuti a trovarci.»  Feci un passo giù dalle scale quando mia madre mi chiamò. Sorrisi dolcemente a mia zia e mia cugino.

«Ciao.» Alzai le mani per rendere rispetto prima di camminare verso di loro. Phon sorrise sollevando le sopracciglia, suggerendo di lasciare sole le sorelle.

«Vorrei andare a vedere le orchidee con il proprietario del giardino ora, se va bene.»

«Va bene zia?»  Chiesi dopo Phon.

«Sono venuta parlare con mio nipote, ma preferisci andare con Phon?» Mia zia fece una faccia triste camminando verso di me.

«Puoi parlare di gioielli con tua sorella. Esco a giocare con mio cugino come quando eravamo bambini.» Disse Phon.

Phon mi prese per il braccio non appena finì di parlare. Potei sentire mia zia urlare, insieme alle risate di mia madre. Lo seguii rapidamente e una volta raggiunta la sedia di legno mi fermai.

«Non sono più un bambino, Phon.» Gli dissi.

«Bambino o adulto, non importa. È noioso stare lì, voglio essere vicino alla natura.» Rispose sdraiandosi sull’erba.

Sua madre gestiva una gioielleria e suo padre faceva attività mineraria. Aveva finito di studiare gestione delle imprese da diversi anni, eravamo sempre stati vicini, come veri fratelli. Sua mamma era la sorella maggiore della mia, quindi ovviamente ci conoscevamo dalla nascita.

«Hmm … Allora perché sei a casa? Sei venuto a dare fastidio a tuo padre?»

«Mi mancava mia madre.» Fece una faccia buffa come se non mi credesse.

«C’è sicuramente qualche altra ragione.» borbottò.

«Pensavi che non mi sarebbe mai mancata casa?» Chiesi sedendomi accanto a lui mentre iniziai a strappare fili d’erba con cui giocare e tenermi occupato.

«Non ti piace molto qui, quindi dubito del tuo ritorno a meno che non sia successo qualcosa di importante.» Disse, rivolgendosi a me. «O tu?»  chiese con voce inorridita.

 «O io cosa?» Domandai di rimando.

 «Hai contratto una malattia.»

«Pazzo.» dissi, spingendogli via la testa. Si alzò, massaggiandosi la nuca, si lamentò del fatto che, poiché non ero un bravo ragazzo, avrei dovuto mostrare rispetto dato che il suo amico era finalmente tornato.

«Ti senti così solo?» Gli chiesi dopo averlo lasciato parlare per un po’.

«Tanto Mark. Non sei qui, quindi devo girovagare per quella casa depresso, ascoltandoli continuamente su come io abbia finito gli studi e debba lavorare ora nell’azienda di famiglia, ma in realtà non sono pronto.» Borbottò facendomi ridere.

«Non è un bel modo di fare pratica?» Chiesi.

«Se fosse stato così bello lavorare qui, allora non mi avresti lasciato e non te ne saresti andato così lontano.» Rispose.

«Ho superato l’esame di ammissione non me ne sono semplicemente andato.»

«No, te ne sei andato.»

«Come mai tanto gentile oggi?»

«Sono sempre così.» Rispose.

«Beh, allora non c’è da stupirsi che nessuno voglia uscire con te.» Replicai.

«Pfft non pensarci nemmeno, ricevo molto amore. Se non mi credi, vieni fuori con me stasera.» Mi invitò con un sorriso.

********

Alle 21 ero al pub con mio cugino. Era un pub per amici in cui mi ero intrufolato troppo spesso durante il liceo, ma mia madre all’epoca lo scoprì, quindi dovetti smettere di andare. Andammo verso il bar poi a trovare il suo amico al secondo piano. Avrei dovuto seguirlo, ma mi sentivo a disagio perché il suo amico era una persona del mio passato.

Ad essere onesti, non era l’ultima mia relazione. Avevo avuto molte altre relazioni al liceo, ma non erano mai durate a lungo, non perché mi annoiassi, ma loro si annoiavano sempre. La mia relazione più lunga era finita quando lui era andato via, all’università. Dopodiché mi ero semplicemente abituato ad essere mollato. Ora era diverso. Anche se ci si dovrebbe sentire sempre uguale.

«Mark stai bevendo troppo.» Una voce squillante mi salutò da dietro. Mi girai a guardare e sorrisi a Pack che era il proprietario del club in cui ero seduto.

 «Mi sei mancato.» dissi.

«Quanti drink hai già mandato giù?» mi chiese per poi prendere il mio cocktail e berlo lui.

«Non così tanti. Non sono ancora ubriaco.»

 «Ma i tuoi occhi sono rossi.» Rimasi sorpreso quando si avvicinò per guardare meglio.

«Allontanati da mio cugino, so cosa stai provando a fare.» Phon lo tirò indietro. Il piccolo si voltò per urlare contro il suo amico. Sorrisi all’amicizia tra loro, non ero molto popolare, ma mio cugino lo era.

Ci trasferimmo al secondo piano. Tornò da me dopo un’eternità perché stava chiarendo con Pack la prenotazione del tavolo, mentre lui si lamentò di non aver saputo che ci sarei stato anche io.

«Quindi cosa sta succedendo qui?» Chiesi a mio cugino quando Pack andò a dare degli ordini ai suoi impiegati e Phon lo fissò.

«È proprio quello che vedi.» Rispose casualmente e scrolla le spalle.

«Sul serio?!» Chiesi sopra la musica.

«Perché? Ti dispiace aver rotto?»

«No … ma Pack è una brava persona, se stai solo giocando, dovresti smettere.» dissi seriamente.

«Perché avete rotto allora?» Domandò di nuovo.

«Perché lui lo voleva così.»  La nostra storia era finita molto tempo fa, inoltre non era durata molto. Probabilmente solo due mesi poi avevamo parlato e Pak ha detto che non era giusto, quindi avevamo deciso di smettere di vederci. Non me ne ero pentito perché dopo avevamo continuato a parlare e ad essere amici.

 «Veramente?» Chiese.

 «Sa cosa provi?» Domandai di rimando.

«No.» Alzai gli occhi al cielo alla sua risposta. Sembrava qualcuno che conoscevo…  Alla fine era l’altra persona che rimaneva a leccare le loro ferite proprio come me.

«Di cosa state parlando?» Pack chiese quando tornò, si sedette accanto a me e poggiò un braccio attorno alla mia spalla.

«Stai esagerando.» Guardai mio cugino che stava fissando il mio amico e io potei chiaramente vedere l’immagine di qualcun altro. La persona che aveva una voce bassa e cupa quando mi vedeva con altri uomini. La persona che si arrabbiava quando parlavo soltanto con un altro ragazzo, la persona che davvero non volevo perdere.

«Beh, a quanto pare non mi è permesso di andare da nessuna parte con te.» Disse Pack prima di togliermi il braccio dalla spalla.

«Tu …» replicò mio cugino prima di alzarsi e andarsene.

 Lo vidi andarsene prima di tornare a guardare Pack. La persona minuta mise il broncio prima di prendere il bicchiere per bere. Il bel viso che prima era così luminoso e felice si era trasformato in triste ed annoiato.

«Pack, sai che a Phon piaci, vero?» Chiesi alla persona accanto a me.

«Hmmm. Sarei stupido se non lo sapessi.»

«Allora perché non vi frequentate?» Continuai.

«Mark non è così facile. Ci sono delle responsabilità familiari. Questo è il mio stile di vita, ma appartiene a un altro posto. Ci stiamo muovendo in direzioni diverse.»

«Ma se ti ama …»

«La parola amore non è la stessa di quando eravamo bambini. Ne abbiamo parlato. Amare, abbracciare, dormire insieme. Non è abbastanza.» Lo capii solo guardando i suoi occhi che non aveva intenzione di lottare per tutto questo.

«Perché non ci provi?»

«Perché provare e darti da solo una falsa speranza quando sai come andrà a finire comunque? No, se lo ami troppo allora, il finale sarà ben peggiore dell’inizio.» Mi sorrise quando finì di parlare. Era un sorriso che non scaldava il cuore. La loro sarebbe dovuta essere una bella storia. Sarebbe dovuta essere una storia felice. Tutto il resto non sarebbe dovuto importare

La fitta di dolore al cuore era più forte questa volta perché sapevo che ciò che Pack aveva detto era giusto.

Alla fine sarebbe restato solo il dolore.

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