ECLIPSE – EP. 5 CAPITOLO 3

Siding Spring

«I genitori che non passano molto tempo con i loro figli dicono che se un giorno passassero del tempo insieme, non li riconoscerebbero come propri figli. Questo perché non hanno mai conosciuto la loro vita, cosa gli piace e cosa no. Quali ostacoli hanno incontrato o affrontato. Anche se si vive nella stessa casa c’è il rischio di non conoscersi. Che gli piaccia o no, è questo il problema!»

«Oh…»  La voce della mamma di Thuaphu era appena udibile dopo aver ascoltato ciò che aveva detto il ragazzo vicino a suo figlio. La donna, che non aveva più toccato cibo o bevuto, osservò attentamente suo figlio, mentre quest’ultimo distolse lo sguardo, indifferente. Tuttavia, era difficile capire quale sentimento prevalesse: compassione, preoccupazione o indifferenza. In parte, forse era quello che Thuaphu provava quando stava a casa.

«Fortunatamente ho buone persone che si prendono cura di me, sono circondato da gente con cui posso parlare, in qualsiasi momento!»

«E i tuoi amici?» Quella fu la prima domanda di Thuaphu. La sua espressione era sempre la stessa, ma era chiaro che era interessato.

Nelle ultime due settimane, il rappresentante di classe aveva notato che il nuovo studente non interagiva mai con nessuno della classe e non sembrava parlare con nessuno al di fuori della scuola.

Ayan alzò le spalle: «Non ne ho molti.»

La risposta dimostrava che per Ayan non era un grosso problema, né si vergogna di dirlo agli altri come i ragazzi della sua età.

Vedendo gli occhi dell’altro confusi, Ayan spiegò: «Preferisco parlare con le persone più grandi, soprattutto con mio zio, perché è più interessante dei ragazzi stupidi.»

«Ma mio figlio non è stupido!» rispose ridendo la mamma di Thuaphu.

«Per fortuna la sua età non è poi così diversa dalla nostra,» disse Ayan, mentre tagliava un pezzo di waffle e beveva un sorso della sua bevanda al cacao. Il cucchiaio di metallo tintinnò dolcemente.

«Sono molto legato a lui, parlavamo molto perché spesso la pensavamo allo stesso modo. Anche lui non giudica chi gli sta di fronte,è disposto ad ascoltare, ed è molto gentile.»

«È lui che ti ha detto di quanto sia speciale questo bar?»

Le supposizioni della donna e dell’amico portarono Ayan a sorridere debolmente, sapendo che i suoi occhi sembravano ancora più profondi e tristi così. Non posso nascondere la mia tristezza.

Ancora una volta, una sagoma grigio scuro balenò dietro l’iride, ma questa volta, l’immagine diventò più chiara e colorata. 

«Sai, c’è qualcosa di magico in questo bar…»

Un suono echeggiò da lontano.

«Magico come?» Quando fu posta quella domanda, Ayan era ancora un bambino entusiasta e innocente.

No… Suo zio non aveva risposto come Ayan aveva fatto con Thuaphu e a sua madre.

«Se due persone vanno insieme, si capiranno meglio!»

Lo zio era sempre gentile. Ayan aveva sempre avuto la sensazione di non poter parlare con nessuno, in nessun luogo. Era alienato, anche nella sua stessa casa. Era sempre pieno di dubbi, aveva qualcosa da nascondere e aveva cercato in tutti i modi di non far insospettire gli altri. Ma lo zio, che era stato rimproverato dai genitori, alle sue spalle, per la sua superficialità, in realtà era l’unico che vedeva il problema che cercava di nascondere.

Non vivevano più nella stessa casa, quindi non potevano vedersi tutti i giorni. Ayan pensava che il fatto che le persone non si parlassero o non si vedessero spesso avrebbe dovuto aiutare le persone a notare cose strane.

 Avrebbe dovuto prestare più attenzione a questo aspetto. D’altronde questa è la mia specialità.

«Questo bar non è speciale. Lo è stato solo quando mio zio mi ha portato qui.» Questa era stata la risposta di Ayan.*

*(N/T: Si riferisce alla domanda “Cosa c’è di così magico?” che fa la madre di Thuaphu ad Ayan nell’episodio 5 capitolo 1.)

«…Mio zio mi ha fatto capire che anche i ragazzi possono essere dolci, gentili e sensibili, senza necessariamente conformarsi allo stereotipo maschile. Oppure, possono semplicemente sedersi e leggere un libro. Non è necessario avere amici della stessa età.»

Lo zio gli aveva fatto capire che non era un fenomeno da baraccone.

Gli aveva anche confermato che a un ragazzo non doveva piacere una ragazza e che andava bene se gli piaceva un altro ragazzo. E questo sarebbe diventato sempre più comune.

«Non importa se la gente lo trova normale o meno, tutto ciò è normale, almeno ai miei occhi.» Gli aveva detto suo zio.

«…Quindi è ancora più triste quello che è successo a mio zio. Ma non l’ha detto a nessuno, e questo l’ha spinto a partire e a non tornare mai più.»

Le sue parole fecero cadere un silenzio pesante al tavolo. Erano tutti così tristi e silenziosi che a malapena si riusciva a respirare.

«Mi dispiace.» Fu Thuaphu, con la sua voce morbida e il volto tranquillo, il primo a parlare e a rompere il silenzio. 

Ayan annuì, cercando di ingoiare il nodo che gli si era formato in gola. Non avrei dovuto parlare dello zio.

«Ayan, a tuo zio… Cosa è successo?» gli chiese la madre del suo amico con sospetto: «Se non ti va di rispondere, allora…»

«Mio zio è morto,» rispose rapidamente, con un tono di voce incerto.

Madre e figlio erano rimasti senza parole.

«Mio zio è sempre stato un buon mentore, per me e per gli altri… Non posso farci niente. Non l’ho detto a nessuno. Forse è perché guardiamo dall’alto in basso le persone che sono gentili. Non  sapremo mai che problema aveva. Ormai è troppo tardi.»

La mamma di Thuaphu deglutì e lentamente riportò lo sguardo sul figlio, prima di dire con voce roca: «Tuo zio era una brava persona. Sarà in un buon posto.»

Quelle parole erano dolci e leggere, come la voce della persona che le aveva pronunciate. 

Il figlio non prestò attenzione alle parole della madre. Si voltò direttamente verso Ayan per chiedere: «Allora ciò che è accaduto ha qualcosa a che fare con il tuo trasferimento alla Suphalo?» 

Ayan mise in bocca l’ultimo pezzo di waffle e, con gli occhi privi di vita, rispose: «Mi sento in colpa… Voglio liberarmi dei miei ricordi.»

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