YOUR EYES TELL – CAPITOLO 9

Otto mesi

Mark Pov

Erano passate quasi due settimane e non ero più riuscito a vedere Seng. Mi scriveva tutti i giorni e a qualsiasi ora, ma dopo lo scandalo in cui ci eravamo ritrovati lo avevano fatto lavorare senza sosta. Era impegnato sul set della serie che stava girando oltre che a tenere a bada il polverone che si era alzato sui social grazie a quel video. 

Io non ero andato a scuola per tutto il periodo, approfittando per tenere a riposo la caviglia fratturata e levare il gesso a favore di un tutore. Avevo controllato costantemente i social e la polemica dopo una settimana aveva iniziato a sgonfiarsi. L’unica nota positiva, di cui non mi interessava davvero, era aver ricevuto un sacco di follower su instagram. Di tutti i messaggi ricevuti però, non avevo risposto a nessuno. La verità è che ero un codardo, avevo preferito allontanare il problema invece che prenderlo di petto e provare a risolverlo. 

Senza stampelle ma zoppicante ero arrivato al campo da calcio a sorpresa di tutti. Nessuno aveva detto nulla, tutti mi avevano salutato come se non fosse successo niente e l’allenatore mi aveva fatto sedere in panchina, illustrandomi cos’era successo nelle ultime due settimane e cercando di capire quando sarei potuto tornare operativo. In ogni caso, mi aveva chiesto di assistere alla partita del giorno dopo dalla panchina della squadra così da riprendere il ritmo. 

Avevano iniziato ad allenarsi e tra loro c’era un nuovo ragazzo. Tutti sembravano tenerlo molto in considerazione, persino lo stesso allenatore, ma io non l’avevo mai visto. Ogni tanto mi aveva riservato qualche sguardo e durante la partita avevo avuto modo di osservarlo. Sembrava per metà occidentale, era più o meno alto come me ma la sua corporatura era più massiccia. Capelli e occhi neri, una carnagione più chiara degli altri e un destro impressionante. Da come si muoveva e dalla posizione che aveva assunto nel gioco doveva essere una prima punta e quindi un mio rivale. Forse per questo lo avevo guardato con le sopracciglia aggrottate tutto il tempo. 

Alla fine dell’allenamento era venuto a sedersi vicino a me. Non avevo fatto altro che passargli una bottiglietta d’acqua e un asciugamano. 

“Sei Mark, vero?.”

“Sì?” La sua domanda mi aveva sorpreso, come faceva a conoscermi? Tra l’altro non volevo ammettere che ero preoccupato del fatto che potesse prendere il mio ruolo, giocare a calcio per me era molto importante, mi aiutava a stare bene. 

“Sono all’ultimo anno di arte e comunicazione, teoricamente ero il vecchio capitano della squadra. Sei del primo anno, giusto?”

“Come fai a conoscermi?”

Ero sorpreso e anche sulla difensiva perchè avevo paura che sapesse chi ero per via dello scandalo. Inconsciamente mi ero allontanato di qualche centimetro scivolando sulla panchina.

“Mi ha parlato l’allenatore di te. Sei la nuova prima punta, giusto?”

“Sì, la sola e unica.” Telegrafico, ancora sulla difensiva ma cordiale. La prima punta potevo essere solo io, non avrei accettato di essere messo da parte.

“Non stare sulla difensiva…ho preso il tuo posto solo temporaneamente. Quando tornerai a giocare farò la seconda punta.” Sorrise e continuò a guardarmi.

“Anche perché quel posto me lo sono guadagnato.”

“Ho visto i video, so che sei molto bravo. Non voglio rubarti niente.” Rispose e non sembrava scocciato dal mio modo di fare. Mi diede anche una pacca sulla spalla tornando a sorseggiare l’acqua dalla bottiglia. 

Dovevo ammettere che era un bel ragazzo, aveva un grande carisma e in campo sembrava che tutti pendessero dalle sue labbra. Se non avessi incontrato Seng probabilmente non lo avrei guardato in quel modo…come se fosse interessante. Non avevo un interesse romantico verso di lui ma il mio modo di osservare gli uomini era cambiato, come lo ero io. 

“Abiti nel condominio X, vero? Io sono poco distante. Vuoi un passaggio?”

Ero sbalordito, come faceva a sapere chi ero e soprattutto dove vivevo?

“Immagino sia sempre stato l’allenatore ad avertelo detto?”

Annuì e poi si alzò dal suo posto allungando la mano per aiutarmi ad alzarmi. La osservai senza afferrarla e mi misi in piedi da solo, poi restai qualche istante di più in silenzio, pensando a cosa dire. Avrei dovuto accettare?

“Va bene…” Nonostante la mia percezione degli uomini fosse cambiata, io ero sempre lo stesso. Avere un passaggio ed evitare di dover spendere soldi per il taxi non mi dispiaceva, oltre al fatto che ero stanco e la caviglia iniziava a farmi male. 

Poco dopo entrammo nella sua auto, un’Audi A4 grigio scuro che sembrava piuttosto costosa.

“Com’è che siete tutti ricchi in Thailandia?”

Si lasciò sfuggire una risata gustosa mentre metteva in moto l’auto ma non replicò. Durante il tragitto non parlammo molto, per questo guardai fuori dal finestrino in modo distratto fino a notare il cancello del mio condominio. 

“Eccoci arrivati. Spero non ti dispiaccia se mi sono fatto dare il tuo Line dall’allenatore.”

“Vuoi che ti faccia lezioni su come si gioca a calcio sul serio?” 

“Domani sera al campo? Così vediamo se sei anche un bravo allenatore.”

Confermato l’appuntamento per il giorno dopo, uscii dalla macchina salutandolo con una mano. Guardai l’auto andare via e poi mi voltai per entrare nel mio palazzo. Nine alla fine mi era stato simpatico, non avvertivo in lui nessun tipo di pericolo, non come quello che avevo avvertito con Seng la prima volta. Sapevo che era così perché non era semplicemente scoccata la scintilla con Nine. 

Come ogni giorno da due settimane prima di andare nel mio appartamento passavo da quello di Seng. Provai a suonare un paio di volte e dopo qualche istante di attesa sapevo che ovviamente non c’era, anche quel giorno non lo avrei visto. 

Stanco, con la caviglia un po’ dolorante e abbattuto mi infilai nella mia stanza buia senza fare un fiato. Quando accesi la luce, in alto e davanti alla finestra dalle tende tirate c’era proprio lui, Seng. Mi stava dando le spalle, osservando fuori distrattamente. Sembrava fosse arrivato da parecchio tempo perché indossava vestiti da casa, un semplice paio di pantaloncini e una maglietta bianca a maniche corte. Inizialmente non dissi niente, mi limitai a fissarlo come se volessi essere sicuro che fosse lui, poi passata l’esitazione del primo momento, mi avvicinai e provai a buttargli letteralmente le braccia intorno al collo. 

Lui ricambiò la stretta, aveva delle braccia forti e il suo abbraccio era caldo, capii in quel momento quanto ne avessi avuto bisogno. Riuscii a sentire il suo odore, quello mi annebbiava il cervello ogni volta che lo sentivo e sapevo che era in grado di avvertire il mio battito del cuore molto più accelerato del normale. Eravamo incastrati in un abbraccio molto stretto e intimo.

“Mi sei mancato.” Furono le sue prime parole. Aveva il viso sepolto nella mia spalla e la sua voce sembrava ovattata. Non mi importava, lo avevo sentito fin troppo bene. Aveva la capacità di farmi colare a picco ogni volta, mi scioglievo come neve al sole solo a guardarlo. Ero immensamente preso da Seng e non sapevo se lui se ne fosse accorto. 

“Anche tu, tanto.” 

Provai a baciarlo sulle labbra ma si scansò in modo aspettato e mi allontano da lui quanto bastava per potermi osservare negli occhi.

“Perchè sei uscito da quella macchina?” Domandò con tono serio ed espressione ferma.

“Mi ha dato un passaggio il mio compagno di squadra?” Risposi con esitazione perché non mi aveva mai fatto quel tipo di domande. 

“Come si chiama il tuo compagno di squadra?”

“Mi stai per caso facendo un’interrogatorio?”

“No, ma avrò il diritto di sapere chi ti riporta a casa?”

“Si chiama Nine, è uno del terzo anno della mia facoltà. Contento? MI spieghi che problema avresti?”

Dopo aver sentito il nome ‘Nine’, Seng aveva sgranato gli occhi con un’espressione a metà tra il disappunto e lo sconvolto. Fece due grandi passi verso di me e mi afferrò per le spalle prima di obbligarmi a guardarlo in faccia. 

“Non devi avere a che fare con lui, hai capito?” 

Parlò in modo concitato, iniziando a scuotermi come se fossi un bambolotto. Avevo visto la preoccupazione nei suoi occhi e nei suoi gesti ma non sapevo il perché, ero totalmente all’oscuro di tutto. Per questo mi scrollai la sua presa di dosso e gli diedi una spinta per farlo indietreggiare. 

“Hai iniziato a drogarti per caso? Come cazzo pretendi che faccia quello che vuoi se non mi spieghi il problema?”

Si avvicinò nuovamente a me, continuava a guardarmi con un’espressione molto tesa a cui non sapevo dare una risposta. Avevo immaginato che avesse avuto problemi con Nine, magari in qualche partita passata.

“Se ti dicessi che sono geloso e non voglio che ti stia vicino?”

“Ti direi che giochiamo nella stessa squadra e che dovrai fare uno sforzo e fidarti di me.” Borbottai a metà tra il lusingato e l’infastidito prima di provare a dirigermi verso il bagno. Seng però mi afferrò per un braccio e mi fece nuovamente voltare verso di lui per guardarlo. Sembrava un cucciolo di cane abbandonato. 

“Mi prometti che non lo incontrerai mai più da solo? O con la squadra o con me. Ti prego, solo con lui e solo questa volta.”

“Non lo conosco, non mi interessa stare da solo con lui.” Feci spallucce come a fargli capire che mi andava bene. “Mi da più fastidio non sapere perché stai facendo così. Mi stai vietando di uscire con una persona senza spiegarmi il motivo.”

“Non te lo sto vietando, sto chiedendo un compromesso. Per stare tranquillo.” Provò ad avvicinarsi per abbracciarmi e darmi un bacio ma gli misi una mano aperta sulla faccia e lo allontanai. 

“Devi spiegarmi cos’è successo con la tua agenzia.” Sospirai pesantemente andandomi a sedere sul letto. Per due settimane avevo vissuto in una specie di ansia perenne perchè Seng continuava a dirmi che se ne sarebbe occupato lui. Non essere messo al corrente mi faceva costantemente imbestialire. 

“Sono riuscito a far capire loro che sei uno stagista dell’agenzia e un amico, che non c’è niente di male e che le foto o i video che hanno fatto sono del tutto manipolati. Hanno però voluto che non avessi contatti con te e con l’università per un po’.”

“Quando dovrai stare lontano dalle lezioni? Come hai fatto a venire qui?”

“Due mesi.” non esitò nel dirlo, però notai quanto fosse mortificato per l’accaduto. “Sono venuto a prendere alcune cose. Lo so che è tanto, ma verrai sempre a lavorare in agenzia e mi troverai lì.”

“Ma dove andrai a vivere? Non capisco. Il mio cervello evidentemente è come quello di un criceto.” 

“Con il mio manager. Controllato a vista.”

Mi alzai in piedi e iniziai a grattarmi la testa innervosito. Più ci pensavo, più non aveva senso. 

“Ma è peggio di una prigione! Perché sopporti tutto questo? Non ti puoi licenziare?”

Si avvicinò a me e mi mise le mani sulle spalle, allargò un sorriso agrodolce prima di parlare. “Ho firmato un contratto esclusivo, se lo recido dovrò pagare un sacco di soldi come penale e non posso. Otto mesi Mark, otto mesi e sarò libero. Puoi aspettarmi?”

Avrei voluto dare fuoco alla sua azienda, che tra parentesi era anche la mia, ma avevo capito in che situazione si trovava. Non volevo fare del male a lui ma non volevo neanche farne a me. Per questo lo abbracciai e annuii. Otto mesi sarebbero passati in fretta.

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Scusate tantissimo per il ritardo ma ho avuto il polso rotto e non potevo scrivere y.y

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