A TALE OF THOUSAND STARS – CAPITOLO 6

La mano snella di Tian aprì la porta di bambù intrecciata a mano. Non importava quanto ne fosse disgustato, il suo corpo aveva bisogno di usare il bagno. Saltò fuori e prese una profonda boccata d’aria fresca. Ogni volta che si sedeva su quella latrina, doveva trattenere il respiro. Perché doveva soffrire così tanto?!  

Tornò davanti alla capanna, desideroso di prendere l’asciugamano per fare un bagno nel vaso di terracotta dato che nel pomeriggio l’acqua diventava più calda. Si fermò improvvisamente quando vide la figura alta e massiccia in pantaloni mimetici e maglietta verde kaki chinarsi per raccogliere dei pezzi di carta che erano stati portati via dal vento ed erano atterrati in mezzo al gradino. Il capitano aveva in mano un disegno degli studenti Akha. Il bel viso abbronzato alzò lo sguardo, i suoi occhi incontrarono quelli dell’insegnante e le sue labbra si sollevarono in un sorriso.

«Questa è la prima volta che vedo un insegnante saltare la sua lezione.»

Tian lanciò un’occhiataccia all’uomo che aveva sempre per lui un’osservazione sarcastica.  «Oggi è stata la giornata di ‘orientamento’. Le lezioni iniziano domani.»

Sopracciglia folte e dritte si inarcarono. Il capitano era scettico, pensava che il giovane fosse un incompetente. Consegnò i disegni caduti dalla veranda all’insegnante principiante.

«Potrei vedere il piano di studi che Kru Crayon sta elaborando per i bambini?»

Il ragazzo di città si girò di scatto mentre l’ufficiale lo prendeva in giro con il suo nuovo soprannome. Forse il compito dei due ranger non era solo quello di fare la guardia, ma anche di spiarlo. Quello era il solo modo in cui il capo della baracca avrebbe potuto scoprire cosa accadeva in classe così velocemente. 

«Sei il preside o qualcosa del genere? Perché devo fare rapporto a te?»

«Pensi di poter giocare con l’insegnamento? Se i tuoi insegnamenti non sono abbastanza buoni, ti ‘deporterò’

La voce bassa e profonda sembrava confermare che fosse serio e i nervi di Tian scattarono. 

«Ok. Non ho alcun piano di studi in questo momento! Questo è quello che volevi sentire così potrai cacciarmi, no?»

«Perché sei venuto qui?» Il capitano Phupha pronunciò ogni parola mentre fissava intensamente quegli ostinati occhi castano chiaro.  

Come se io volessi restare! 

Il materasso era duro come una roccia. Le zanzare erano delle selvagge. Il cibo faceva schifo. Se non fosse stato per la sua noia verso la vita di città, non avrebbe escogitato quello stupido piano. Tul aveva ragione. Era rimasto bloccato a casa per troppo tempo ed aveva perso la testa. Al diavolo “il mondo diverso”! Non gli aveva portato altro che guai e mal di testa!  

Tian si morse le labbra ed sbattè la sua spalla contro quella dell’enorme ufficiale mentre salì le scale. Il capitano si voltò e gli gridò contro.

«Fammi sapere quando hai finito di fare le valigie, così ti mando in città con un autista.»

E avrò finito con questo fardello! 

Phupha gridò nella sua testa, arrabbiato come non lo era mai stato prima. Incrociò le braccia e fece un respiro profondo, contando da uno a cento sulle scale finché i rumori nella capanna cessarono dopo che l’uomo più giovane ebbe finito di lanciare cose qua e là. Si fermò un momento, incerto, e decise di andare a controllare l’altro uomo.  

Si fermò quando un pezzo di carta accartocciato, mosso dal vento, gli colpì la punta del piede. Gli occhi intensi guardarono lo stretto balcone e videro alcuni libri di testo aperti insieme a un block-notes pieno di scarabocchi sia in thailandese che in inglese.  

Non aveva bisogno di parole fantasiose per descrivere ciò che aveva appena visto. Si rese conto che stava vedendo le prove dell’ “impegno” di un uomo.  

Phupha non aveva mai desiderato prendersi a schiaffi prima di allora. Si chinò per raccogliere il foglio di carta spiegazzato ed entrò rapidamente nella capanna.  

Tian rimase fermo dando le spalle all’altro uomo. Eppure le spalle sottili tremavano… e non era per il freddo.  

Il più giovane stava guardando lo zaino, pieno a metà dei suoi vestiti ed effetti personali.  

La sua mano destra reggeva un diario color pastello lungo il suo fianco, un oggetto che non si addiceva alla sua personalità. 

Tian strinse il diario di Thorfun fino a piegarlo. La vita pacifica e felice nell’entroterra descritta in quel diario gli ricordava che era solo un perdente. Non importava dove andasse, non si sarebbe mai sentito a casa e non sarebbe stato felice come lei.  

«Non sarei dovuto venire qui.» Era un semplice straniero dalla città… inadatto a quella semplice vita rurale.  

«Non volevo farti sentire in questo modo.» disse gentilmente il capitano Phupha.  

«Ma hai ragione, io sono tutto tranne che un insegnante. Ogni volta che qualcuno mi chiama insegnante, sai quanto mi sento sopraffatto?!» 

Tian aveva perso il controllo sulle proprie emozioni. Sapeva che le sue parole stavano rivelando quanto fosse inesperto. Passò un minuto nel quale entrambi rimasero in silenzio. Tian si accorse della figura alta dietro lui solo quando questa fece un passo avvicinandosi dietro di lui. Il giovane capitano si chinò e le sue labbra belle e carnose sussurrarono qualcosa proprio sopra la punta bianca del suo orecchio.  

«Non devi essere un ‘insegnante’. Cerca di essere un ‘fratello’ per loro. Dipende da te se vuoi considerarli come la tua famiglia.»

 «Ma i bambini hanno bisogno di un vero insegnante proprio come gli altri volontari della fondazione che hanno svolto il lavoro.»

«Non devi essere come chiunque altro.» Phupha prese una mano sottile di Tian nella sua e vi poggiò sopra la carta spiegazzata. «Con tutte le tue conoscenze e le tue abilità, sono sicuro che sai fare più che recitare A, B, C.» 

Tian non poté fare a meno di sorridere per quella presa in giro. «Non sai niente di me. Non riesco nemmeno a memorizzare gli alfabeti thailandesi.» 

«Sai quanti insegnanti volontari sono stati qui prima? Credo che i bambini conoscano tutti gli alfabeti meglio di te.» 

Tutti gli insegnanti volontari che avevano raggiunto il villaggio avevano  sempre iniziato con le lettere Gor Ghai (un pollo) a Hor Nokhook (un gufo). Alcuni di loro non erano riusciti nemmeno a completare un mese prima di fare le valigie e scappare, prima ancora che i bambini avessero imparato a scrivere una nuova parola.  

Il capitano strinse quella mano sottile: «Vengono in classe non perché devono superare un esame. Per loro è solo una piccola possibilità di conoscere il mondo esterno e di avere una vera esperienza con volontari come te. Quindi definirsi o meno un insegnante non è poi così importante.»

Tian allontanò la mano dalla presa calda dell’ufficiale che si stava insinuando nel suo cuore rendendolo imbarazzato: «Perché mi fai questo lungo discorso? Non sei tu quello che vuole che me ne vada?» replicò aspramente solo per abitudine, ma l’altro uomo sembrò essere stato colpito in pieno da quelle parole che gli si ritorsero contro come fosse stato stordito da una maledizione.  

Phupha si schiarì la gola come se qualcosa si fosse bloccato al centro: «Certo che no. Prendere qualcuno o mandarlo via costa molto al budget dei militari.»

Tian sbuffò. Il capitano non avrebbe mai detto dolci parole che provenivano dal suo cuore, quindi si voltò e guardò l’uomo: «Va bene, non me ne vado.» Distolse gli occhi da quello sguardo intenso, «E questo perché ho pietà di una baracca così povera come la tua.»

Phupha stava per mettere su una faccia severa fino a sentire i muscoli del viso intorpiditi solo perché non voleva che il moccioso lo vedesse sorridere. Guardò la figura snella tornare indietro per disfare la propria roba in silenzio per qualche istante e poi borbottò a bassa voce: «Sbrigati. Ti porto al mercato.»

Gli occhi del ragazzo si illuminarono mentre si voltava e guardava il soldato, dimenticandosi del compito che doveva svolgere. In realtà, a Tian non piaceva un posto puzzolente come un mercato umido, ma non voleva ferire i sentimenti del capitano, o meglio, non voleva che l’invito andasse sprecato invano.  

«Andiamo adesso. Sono pronto.» Tian saltò in piedi e spinse l’ampia schiena verso la porta.  

Il capitano Phupha scosse la testa esasperato per il cambiamento di umore del giovane, ma uscì dalla capanna come gli era stato detto.  

Tian era solo un ragazzo – uno non troppo difficile da gestire, dopotutto.  

****************

La vecchia motocicletta, un modello vintage restaurato, era parcheggiata all’ombra di un grande albero davanti all’alloggio dell’insegnante volontario. Phupha agilmente levò il cavalletto, si mise a cavalcioni e accese il motore. Quando vide che colui che voleva andare a visitare la città si era fermato impietrito si era fermato, impietrito, diede una pacca sul sedile come un segnale.  

«Salta su. Cosa stai aspettando?» 

Tian fece una smorfia, perché l’ufficiale da solo occupava già quasi tutto lo spazio. Se si fosse seduto sul sedile posteriore, non ci sarebbe stato più spazio tra di loro e sarebbero stati così vicini da diventare un solo corpo, se non voleva rischiare di cadere dalla moto col sedere a terra.  

«Sarò ancora vivo quando arriveremo al mercato?» borbottò, ma le orecchie del capitano colsero comunque le sue parole.  

«Smettila di piagnucolare. Non c’è una limousine per te in mezzo alla giungla. Se vuoi andare in città sali, altrimenti puoi tornare a casa!» 

«Lo so, lo so! Smettila di darmi ordini!» Tian non poteva immaginare come sarebbe stato essere la moglie di quell’uomo. Phupha era troppo severo e imponente per attirare na donna qualsiasi e forse sarebbe stato meglio se avesse sposato una delle reclute della sua truppa. Tian imprecò mentalmente all’uomo prima di mettersi a cavalcioni nello spazio vuoto sul retro della motocicletta. 

Phupha girò la maniglia dell’acceleratore ed il veicolo scattò in avanti troppo velocemente perché il passeggero potesse mantenere l’equilibrio.Tian gridò forte prima di chinarsi e tenersi stretto intorno alla vita del capitano. Non sapeva se avesse le allucinazioni, ma sentì un brontolio di risate nella brezza.  

Il ragazzo viziato di città era frustrato per aver perso la calma, così affondò le dieci dita nei duri e perfettamente scolpiti addominali del motociclista.  

«Fa male.» Phupha aggrottò la fronte e tolse una mano dal volante per tirare le mani che gli stavano pizzicando lo stomaco; le loro mani lottarono finché il veicolo quasi non uscì di strada ed entrò nella foresta. Il comandante della truppa rimproverò il giovane.  

«Smettila di scherzare. Se vuoi diventare uno spirito della foresta così cattivo, ti accontenterò!»

Tian fece una smorfia, si raddrizzò e gridò all’orecchio dell’ufficiale: «Oh mio Dio… ho tanta paura capitano!»

Phupha emise un altro sospiro pesante e sentì che l’aria gli veniva prosciugata dai polmoni.  La durata della sua vita si sarebbe accorciata di 20-30 anni se quel monello fosse rimasto per completare il suo semestre. 

«Stai seduto.» Diede un semplice ordine e strinse le mani sottili di Tian nella sua mano libera premendole contro il suo stomaco.  

La strada ripida e ondulata era dissestata e irregolare. Tian si era stancato di dover stare seduto dritto, così la sua testa con i capelli castani di seta si era appoggiata sulla spalla larga del capitano. Il profumo del sole cocente che circondava il giovane capitano lo calmò e lo fece sentire al sicuro.  

Gli occhi a mandorla guardavano senza meta il panorama verdeggiante che si muoveva alla velocità della motocicletta. I panorami pittoreschi delle piantagioni di fiori invernali che scendevano a cascata e si estendevano verso l’orizzonte sulle dolci colline erano impagabili.  Quando gli abitanti del villaggio che lavoravano nella fattoria e nelle piantagioni sentirono il familiare motore, guardarono in alto e fecero cenno al  ufficiale di salutarlo.

Le labbra sottili sorrisero quando Tian ricordò una riga del diario di Kru Thorfun.  

‘Non siamo parenti, ma siamo una famiglia.

Troverai la terra della felicità ovunque.  

Dipende dal fatto che ne diventiamo parte.’  

La strada principale era una strada asfaltata a due corsie che collegava molti distretti. Era stata costruita seguendo il desiderio di Sua Maestà il Re Bhumibol, o Re Rama IX, per incoraggiare le comunità nelle aree remote ad essere autosufficienti. Il re aveva concesso l’avvio di  “progetti reali”, a partire dalle stazioni agricole reali per sperimentare e far crescere una nuova specie di piante invernali. Alcuni esperti erano stati inviati ad insegnare alle tribù delle colline a coltivare colture industriali per sostituire le coltivazioni di canapa e papaveri. Il defunto re aveva anche ordinato agli enti governativi di dare un continuo supporto economico ai progetti.

Erano arrivati ad un incrocio con un cartello di legno con lettere dipinte di bianco “Kaad Huay Nam Yen” o il mercato Huay Nam Yen con una freccia ad indicarne la direzione. La motocicletta aveva svoltato e percorso tre chilometri prima di arrivare a destinazione.  

Quel tipo di mercato all’aperto poteva trovarsi nelle città di tutta la Thailandia. C’erano negozi di alimentari dove la gente si sedeva per consumare pasti adeguati e negozi che mettevano a terra tovaglie di plastica per vendere i loro prodotti. Erano, però, gli abitanti delle tribù delle colline a dar vita al vero spettacolo. Sulla schiena portavano cesti pieni di frutta e verdura fresca a piedi fino al mercato.  

Tian camminava al fianco del capitano, ma fermò i suoi passi quando vide la familiare forma alta e snella che li salutava da lontano. Il capitano Wasant, M.D. nella sua uniforme verde con tre stelle e l’emblema dell’esercito su un risvolto, saltò  fuori dalla jeep militare che aveva guidato per lavorare nel centro di Chiang Rai sin dal mattino.  

L’insegnante volontario lanciò un’occhiata all’uomo accanto a lui.  

«Hai già un appuntamento con il dottor Nam. Perché ti sei preso la briga di portarmi con te?»  

Phupha incontrò gli occhi che brillavano come una tigre ed emise un sospiro pesante ed esasperato.  

«Non gli ho chiesto di incontrarci qui. È venuto da solo. La mia intenzione era quella di  portarti al mercato oggi.» 

«Sto sentendo delle cose?» Tian si passò un dito nell’orecchio come se non riuscisse a credere a ciò che aveva appena sentito: «Tu, vuoi portarmi fuori?»

 «Sì. Dovresti comprare qualcosa per poter preparare dei pasti semplici e non aspettare l’arrivo del cibo dalla casa di Khama Bieng Lae.» 

La risposta fece svanire nel nulla tutti i suoi buoni e confusi sentimenti. «Non so cucinare.»

«Ora no, ma devi provarci. Non puoi restare seduto ad aspettare che qualcuno ti serva come un pri… » Il capitano Phupha chiuse la bocca prima di pronunciare l’ultima parola e cambiare argomento: «Tu inizia a provarci, ti ci abituerai.»

Il dottor Wasant indossava un sorriso divertito mentre si avvicinava ai due che erano nel bel mezzo di un’accesa discussione. «Cosa? Cucinerete voi due? Dovrei venire stasera a mangiare un boccone? Non sono in servizio.»

«No, non ho intenzione di … » prima che il ragazzo di città finisse la frase, un grosso braccio gli avvolse il collo e una mano si chiuse sulle labbra. «Andremo a cena a casa di Kru Thien, d’accordo.» disse Phupha, trascinando il giovane in difficoltà verso il mercato, lasciando il medico militare ad aggrottare le sopracciglia.  

Il dottor Wasant fu sorpreso di vedere i due avvicinarsi a lui più di quanto si aspettasse. Alla fine Tian si liberò dal forte abbraccio del capitano. Lanciò un’occhiataccia di vendetta al ragazzo massiccio.  

«Sei fuori di testa?! Hai presente le uova bollite che ho preparato? Si sono spappolate! Non so come cucinare il riso! Vuoi farmi morire di fame non è vero?!» 

«Oggi imparerai a cucinare.» Il comandante della compagnia chiuse la sua mano attorno al polso sottile, così il giovane non poteva staccarsi. Lo trascinò via ignorando le proteste di Tian.

Un venditore stava prendendo salsa di pesce, olio da cucina, sale e una porzione di zucchero in sacchetti di plastica dal retro di un camion coperto che era stato modificato in un piccolo negozio di alimentari. Phupha indicò i piatti e gli utensili, il venditore ne mise due set in un sacchetto di plastica. Tian tamburellò sul portafoglio sottile, chiedendosi se i negozi da quelle parti accettassero le carte di credito. Il venditore aveva detto loro che i prezzi erano più cari della tariffa di centro città perché i venditori dovevano aggiungere al prezzo i costi per la benzina e per il trasporto.  

Non appena aveva visto il capitano Phupha tirare fuori alcune banconote,Tian aveva protestato. 

«Ehi, no, no. Smettila. Pago io.» Tian chiuse immediatamente la bocca quando il massiccio capitano gli rispose.  

 «Ricevi ancora soldi dai tuoi genitori, quindi lascia che sia l’adulto a pagare.»

Il figlio più giovane della famiglia Sophadissakul si strinse nelle spalle con nonchalance.

D’accordo allora. Visto che ti sei offerto! 

Tre secondi dopo, però, Tian era furioso. 

«Cosa fai quando un tuo senior ti dà qualcosa?» chiese Phupha in tono neutro. 

«Pago.» Tian prese il portafoglio e tirò fuori una banconota da 500 baht.

«È così difficile alzare le mani e ringraziare?»

Tian non era il solo ad essere stato colto alla sprovvista. Anche il dottor Wasant, che conosceva da tempo il capitano, rimase senza parole. Il suo amico era un uomo massiccio avido di parole, il tipico uomo virile che non prestava attenzione ai dettagli banali soprattutto quando si trattava di buone maniere. I suoi occhi acuti si socchiusero mentre rifletteva e gli ingranaggi nella sua mente lavorarono silenziosamente per mettere insieme i vari pezzi. 

Il giovane insegnante strinse i pugni, ripetutamente, per calmarsi prima di decidere di abbassare la testa e unire i palmi delle mani in un rapido wai. 

«Sei felice adesso, capitano?» replicò.  

Le labbra di Phupha si strinsero in un lieve sorriso prima di porgere il sacchetto di plastica a Tian, poi gli prese la mano ed iniziò a trascinarlo di nuovo. Si fermarono per comprare riso, uova, fresche, in salamoia e anche in barattolo, comprarono anche a carne secca e sotto sale che poteva essere conservata per diverso tempo.  

Il Doctor Nam non si era lasciato sfuggire l’occasione per pagare ed ottenere così un bellissimo wai da Tian. 

«Prendi anche quello.» Tian indicò gli spaghetti istantanei aromatizzati.  

«Se mangi troppo glutammato monosodico, il tuo cervello si atrofizzerà. «  

«Pensi che dovrei mangiare solo uova e riso bollito per tutto il tempo? «  

«Oggi comprerai anche delle verdure da cucinare. La prossima volta puoi chiedere le verdure coltivate in casa nel cortile di Khama Bieng Lae e farle bollire.»

«Capitano Phupha, sei effettivamente un membro del Dipartimento di sanità pubblica?» Tian stava per perdere sul serio la pazienza vedendo che l’altro uomo gli stava imponendo così tante restrizioni. Non era nemmeno suo padre o suo fratello. 

La terza persona che stava assistendo alla gara di sguardi si intromise: «Andiamo, Phu.  Credimi, sono un dottore.  Anche Se Tian mangiasse dieci confezioni di spaghetti istantanei, il suo cervello non subirebbe danni.»

«… Va bene.» Infine, il meticoloso capitano permise a Tian di acquistare due confezioni di spaghetti istantanei al gusto di maiale, ma quando diede al giovane i pacchetti di spaghetti, Tian fece una buffa smorfia di disgusto ed il capitano aggrottò le folte sopracciglia.  

Perché è così difficile da accontentare questo piccolo moccioso ricco?  

«E adesso cosa c’è?» 

«Niente.» Tian gli diede una risposta breve e sprezzante. 

Non importava quello che aveva detto il dottor Nam, il capitano seguiva sempre le sue regole.  

Per Tian era fastidioso e sconvolgent. «Abbiamo finito? Voglio tornare a casa.» 

Vedendo Phupha annuire, il Dottor Wasant afferrò la borsa nella mano dell’insegnante volontario per portargliela.

«Vieni con me così che tu possa avere un passaggio migliore e più comodo, non dovrai essere costretto ad infilarti in quello spazio angusto con un mostro come lui.» 

Tian acconsentì immediatamente perché aveva paura che i due amici avrebbero colto l’opportunità di andare in macchina e lasciare a lui la motocicletta.

Il capitano guardò il ragazzo di città avvolgere un braccio intorno alla vita del dottore e trascinarlo via con uno sguardo aspro sul viso… come se stesse inghiottendo un boccone amaro. 

Sei venuto con me. Perché, allora, non è con me che torni a casa? 

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Anche se il capitano Wasant era un abile conversatore, Tian si sentiva a disagio con lui da solo nell’abitacolo del veicolo. Tian non era del tutto sicuro della natura del rapporto tra i due militari, se fossero o meno più che buoni amici.  

L’autista canticchiava una canzone country alla radio «Non ho avuto la possibilità di chiederti… Sei qui da pochi giorni. Ti senti a tuo agio con tutto?»

«Non tutto è facile, ma va bene.»

Il giovane dottore si diede una pacca sul ginocchio come se gli fosse successo qualcosa.

«Ho capito! Il capitano Phupha ha interpretato il ruolo del custode e ha preparato tutto: come ordinare ad un soldato di mettere l’acqua nel vaso di terracotta per te e portarti a fare la spesa … Se ci fossero stati altri insegnanti maschi, non gliene sarebbe importato nulla.  Ecco perché così tanti volontari prima di te hanno fatto le valigie e se ne sono andati.»

Tian si voltò a guardare il viso limpido e radioso dell’uomo accanto a lui. 

«Tu e il capitano sembrate vicini.»

«Beh è normale che siamo vicini. Lo conosco dalla prima volta che siamo entrati nell’unità.  Una volta ricollocato alla frontiera, ho chiesto anche il trasferimento perché ho avuto paura di perdere un compagno di bevute.» Wasant rise di gusto e porse una domanda trabocchetto: «E tu? Hai già conosciuto il bastardo? Mi sono ricordato che la sera che sei arrivato stavamo guardando un incontro di boxe in TV, ma una volta ricevuta la telefonata, si è alzato di scatto, correndo fuori verso la sua motocicletta per venire a prenderti.»

Il figlio di un ex generale sentì la pelle d’oca su tutto il corpo. Il suo istinto e le sue deduzioni logiche erano in guerra nella sua testa. Se la sua famiglia aveva già scoperto la sua posizione, perché non aveva mandato qualcuno a riportarlo indietro? 

«Hai idea di chi ha fatto quella telefonata al capitano?» 

 «Ha detto, ‘papà’.  Ma per quanto ricordo, suo padre è morto molto tempo fa.»

Tian si sforzò di sorridere. Temeva che fosse il suo di padre. 

«È così? Non l’ho mai incontrato prima, ma ho sentito parlare di lui da qualcuno che conosco.»

Il dottore inarcò le folte sopracciglia mentre la sua curiosità aumentava: «Chi sarebbe?»

« Thorfun.» Il nome che uscì dalla sua bocca fu seguito da un silenzio totale.

«Oh, Kru Thorfun.» la voce del dottor Wasant si spense dopo pochi istanti. «… Possa lei riposare in pace. Phupha e io volevamo unirci alla sua cerimonia funebre, ma la fondazione ci ha detto che sua cugina aveva già cremato in fretta il suo corpo.»

L’uomo che aveva ammesso di conoscere la giovane donna annuì: «Lo so. Sua cugina non è una brava persona.» Tian ricordava ancora la frustrazione derivata dalla discussione con la perfida zia. 

«Non dirmi che sei diventato un insegnante volontario a causa di Thorfun?»Il dottor Wasant lo prese in giro: «…se fosse ancora viva, questo sì che si sarebbe rivelato un tragico triangolo amoroso

Un triangolo amoroso tra il dottore, Thorfun e il capitano!

Tian avrebbe voluto gridare all’altro uomo: «Di certo non ci sono io dentro.» 

Wasant guardò il bel viso, la carnagione chiara, il naso dritto con una punta leggermente obliqua e le labbra ad arco di Cupido del nuovo insegnante ed anche le sue labbra si arcuarono in un sorriso consapevole: «Non preoccuparti. Qualcuno come Kru Thorfun non era proprio il tipo di Phu.»

«… Ma qualcuno come te?» Il giovane avrebbe voluto darsi uno schiaffo non appena le parole lasciarono le sue labbra.  

Gli occhi del dottore si spalancarono come se fosse sotto shock. Cinque secondi dopo scoppiò a ridere e Tian sentì un debole mormorio seguito da una risatina… Era qualcosa come “molto bene” prima di calmarsi con un grande sorriso sul viso: «Devi chiederglielo tu stesso.»

 «Non sono così curioso!» 

 «Va bene, va bene. Quindi non sei così curioso. Parliamo di qualcos’altro, va bene? «  Wasant cambiò argomento,temendo, dopo aver visto la smorfia sul viso, che il giovane gli avrebbe morso il collo se avesse continuato a spingersi oltre. 

La Jeep si fermò davanti a una stradina, la stessa percorsa con il sergente Yod quando lo aveva condotto al suo alloggio. Il giovane medico aiutò Tian a portare le borse piene di prodotti presi al mercato alla capanna e gli disse che sarebbe tornato al campo e che si sarebbe cambiato, avrebbe indossato un abbigliamento casual e sarebbe tornato il prima possibile.  

Tian prese posto sulla lettiga sotto la capanna, aspettando il capitano Phupha e guardando le stoviglie messe a faccia in giù, sentendosi stanco. Forse da quel momento in poi avrebbe dovuto ricorrere agli spaghetti istantanei ogni giorno. Il suono di un motore ruggì in lontananza risuonando su per la salita e presto apparve la motocicletta modello vintage.  

L’alto ufficiale scese dal veicolo e si incamminò verso la capanna con altre buste di provviste comprate dopo che Tian se n’era andato.  

«Cosa c’è che non va?» Le folte sopracciglia si piegarono in un arco quando colse lo sguardo acuto e intenso del giovane.  

«Volevo solo guardarti. È un problema?» Il giovane viziato ribatté.

Phupha scosse la testa, borbottando tra sé e sé che non avrebbe dovuto chiederlo. Cercò di ignorarlo, posando a terra le buste e tirando fuori il braciere. Una volta finito, il capitano fece cenno al giovane di avvicinarsi. «Ti mostrerò come accendere il fuoco così potrai far bollire l’acqua per il bagno.»

Sentendo parlare di un bagno caldo Tian balzò in piedi. Non si arrabbiò affatto quando Phupha gli chiese di prendere il necessario, anzi, lo fece addirittura con entusiasmo. 

Una volta che tutta l’attrezzatura fu pronta, il capitano gli chiese di mettere la legna da ardere sotto il braciere. Il pignolo ufficiale prese una torcia a base di olio di Dipterocarpus alatus Roxb*, mescolato con la corteccia di Melaleuca cajuputi Powell*, avvolto in una spata di areca-noce matura e, utilizzando un accendino per accendere il fuoco sulla punta, avvicinò la torcia alla legna da ardere chiedendo all’osservatore di aiutarlo a soffiare sul fuoco. La fiamma divampò e arse i ceppi di legna finché non diventarono bianchi.  

Gli occhi di Thien si spalancarono per l’eccitazione.  Al campo scout, avevano usato una stufa a gas per riscaldare le cose quindi nessuno di loro aveva mai provato ad usare un braciere classico come quello. 

[N/T Dipterocarpus alatus Roxb, Melaleuca cajuputi Powell, sono alberi tipici della foresta tropicale. Da parte delle foreste sempreverdi o miste dense, comuni in Asia tropicale]

«Hai mai cucinato il riso con la trave incrociata? O riscaldato l’acqua in una pentola?» chiese il giovane capitano e la risposta immediata fu una rapida cenno di diniego con la testa, poi emise un lungo sospiro prima di emettere un ordine: « … Vai a prendere un secchio d’acqua.»

Tian con un secchio di plastica prese l’acqua dal vaso di terracotta sul retro della capanna.  L’uomo massiccio, che non sembrava in grado di cucinare, iniziò ad insegnargli come pulire il riso prima di cucinarlo. 

Tian seguì le istruzioni, cominciando dal misurare il riso che avevano comprato per poi metterlo nella pentola di alluminio ammaccata, riempirla d’acqua, mescolare delicatamente il riso con la mano alcune volte e scolare l’acqua bianca e torbida dalla pentola. Tian ripetè quel processo finché l’acqua torbida scolata dal riso non divenne più limpida; solo allora riempì d’acqua 3/4 della pentola e la mise sul braciere.  

 «Perché la chiami ‘cottura del riso con trave incrociata? Non si trasformerà in riso bollito? « Chiese il ragazzo di città per inesperienza. 

Phupha raccolse uno stelo di bambù dimezzato, lungo 60 cm, che poggiava contro la pentola e lo tenne su: «Questa è una trave trasversale. Quando il riso sarà quasi cotto, si inserisce la trave tra supporto del coperchio e le maniglie per tenerlo fermo così da poter scolare l’acqua prima che il riso diventi scotto e bollito come hai detto.»

Quindici minuti dopo l’ufficiale lasciò che Tian aprisse il coperchio e mescolasse il riso con una paletta prima di raccoglierlo per controllarne la cottura. Se il riso fosse stato soffice e non indurito, ciò avrebbe significato che era ben cotto. Phupha gli mostrò come usare la trave facendola scorrere sotto il coperchio e dentro le maniglie, quindi sollevò la pentola per far scolare l’acqua bollente. 

Quando aprì il coperchio ne fuoriuscì del vapore caldo, rivelando il bel riso soffice, cotto perfettamente e pronto da mangiare. Le labbra di Tian si aprirono in un ampio sorriso, sentendosi stranamente orgoglioso di se stesso. 

«..Non è così difficile.» 

L’istruttore sbuffò: «Aspetta finché non sarai tu a cucinarlo e vedi di non finire per fare del riso bruciato.»

«Non sottovalutarmi.» 

«Meglio che sopravvalutarti. Ora passiamo ai piatti prima che arrivi il dottore.»

Tian non era infastidito dalla prima parte della frase, ma l’ultima parte gli aveva fatto venir voglia di gettare un sacco di riso addosso all’ufficiale. Tutto ciò che importava al capitano era il dottore. Una ragazza carina e simpatica come Thorfun aveva un amore non corrisposto non perché non fosse abbastanza brava, ma perché non sapeva di essersi innamorata di un ragazzo gay

«Non abbiamo abbastanza zucchero.» Phupha guardò lo zucchero che era stato comprato e messo in un sacchetto di plastica e poi guardò l’uomo più giovane, perplesso per l’affermazione criptica. 

Tian sogghignò: «Pensavo che cucinassi tutti piatti dolci… come verdure dolci saltate in padella o zuppa sciropposa.» 

«Di quali sciocchezze parli? Metti la padella sul fuoco, Kru Crayon.» Il giovane capitano impartì un ordine severo e il giovane gli rivolse un beffardo saluto. 

Il dottor Wasant arrivò alla capanna dell’insegnante solo mezz’ora dopo, perché aveva paura che scoppiasse una guerra nel bel mezzo della cucina. Indossava una semplice maglietta, un paio di pantaloni ed un paio di infradito e mentre premeva sull’acceleratore della moto per raggiungere la destinazione il prima possibile. Eppure la scena che gli si parò davanti era molto diversa, sembravano due amanti litigiosi che sfioravano continuamente la pelle l’uno dell’altro.  

Il dottore si grattò la nuca, non sapendo come comportarsi. Non sapeva se intervenire o lasciare che fossero loro ad accorgersi di lui e a salutarlo.

«Sono venuto nel momento sbagliato.» mormorò scherzosamente a se stesso. 

Sfortunatamente il capitano Phupha, che si era girato per raccogliere i piatti, vide il dottore ed esclamò: «Entra e siediti, Doc!» 

Wasant, che seguì l’ordine con riluttanza, osservò i piatti sulla stuoia: c’era riso, spinaci d’acqua stufati e saltati in padella, una zuppa semplice con zucca ed un piatto di frittata bruciata che il suo migliore amico aveva appena messo giù. L’ospite iniziò a sudare alla vista del cibo: « Sembra tutto delizioso.»

Phupha lanciò un’occhiata di traverso al suo amico, riconoscendo il sarcasmo: « Beh, hai chiesto un pasto cucinato da Tian, eccolo.»  

«Quindi… se finisco tutto, non lamentarti più tardi.» Il dottore guardò negli occhi l’uomo che distolse lo sguardo, come se fosse tormentato dalla coscienza sporca.  

Tian guardò entrambi gli uomini sbalordito, non capendo di cosa stessero discutendo.  Guardò il pasto che aveva cucinato e si sentì rassegnato, ma scrollò le spalle. Non poteva farci niente. Non sapeva come cucinare e quei risultati gli sembravano abbastanza commestibili. «Sei affamato Doc?» 

 «Sì, lo sono…mangiamo!» Wasant rispose e mise il riso nei piatti con entusiasmo, ignaro del bagliore intenso del suo amico.  

Il riso soffice cotto con il metodo della trave incrociata aveva iniziato a indurirsi, ma era ancora abbastanza caldo da poter essere consumato. Il dottore utilizzò  una forchetta per raccogliere gli spinaci d’acqua e li assaggio come antipasto. Soffocò e iniziò a tossire violentemente. Tuttavia, si costrinse a sorridere al nuovo chef che lo guardava speranzoso in attesa di un suo giudizio.  

 «È abbastanza buono Tian, ma penso che sia un po’ troppo salato. Hai rovesciato l’intera bottiglia di salsa di pesce sulla verdura?» 

 «Non ne ha rovesciato tanto per sbaglio, ha versato l’intera bottiglia apposta.» Phupha intervenne e spinse l’omelette verso il suo migliore amico: «Mangia questo. Sono riuscito a fermarlo prima che ne versasse un’altra bottiglia. 

Che gentiluomo… 

Tian lanciò un’occhiataccia a entrambi gli ufficiali e sogghignò. 

 «Avevo paura che foste diabetici.» 

Wasant si lasciò sfuggire una risata secca: «…Non riesco a scegliere se sia meglio avere il diabete o una malattia renale.»

 «L’hai cucinato tu, quindi è tua responsabilità finire il resto del piatto.» Il capitano diede un ordine severo al giovane che lo guardò in cagnesco. 

 «Bene!» Tian ribatté e si mise in bocca i fastidiosi spinaci d’acqua saltati in padella.

L’odore forte della salsa di pesce ed il sapore salato esplosero nel suo palato rendendogli impossibile la deglutizione. Phupha guardò l’espressione disgustata del moccioso ed emise un lungo sospiro.  

Prima che Tian fosse costretto a continuare e finire il resto della verdura, il suo cucchiaio colpì il piatto al centro. Il giovane guardò il capitano Phupha raccogliere tutti gli spinaci d’acqua saltati in padella con la salsa di pesce dal suo piatto, mescolarlo con il riso e mangiarlo con uno sguardo impassibile sul suo viso. Tian rimase senza parole. 

Il dottor Wasant, che aveva assistito all’intera scena, fischiò.  

Era stata una mossa da vero gentiluomo!  

Le labbra sottili di Tian si aprirono come per dire qualcosa, ma poi si chiusero di nuovo ed abbassò la testa, sentendosi bruciare le guance. La prima cena che avesse mai cucinato era improvvisamente diventata di un goffo color rosa. Anche se il dottore, di buon umore, cercava di attenuare la situazione, l’aria era ancora pesante a causa di qualcosa di innominabile. 

Una volta che i due ospiti, che si erano autoinvitati per cena, finirono di lavare i piatti e li poggiarono sul vassoio di ferro zincato, si scusarono prima di andar via. Tian li accompagnò e li salutò davanti alla capanna, rimanendo ad osservarli mentre salivano sulle moto e se ne andavano. Si sentiva come se qualcuno avesse finalmente sollevato l’intera montagna dal suo petto. 

Il ragazzo di città mise il resto della legna nel braciere. La fiamma improvvisamente divampò e lui mise altra legna. Dopo poggiò il bollitore sul fornello e salì nella capanna per preparare il suo kit da bagno ed i vestiti, quando i suoi occhi intravidero un sacchetto di plastica appeso al telaio della porta.  

Tian afferrò la busta e l’aprì, chiedendosi se il bruto ci avesse messo dentro una granata,  ma mentre tirava fuori l’oggetto, rimase di nuovo senza parole.  

Era una zanzariera fresca, pulita e nuova.

Si guardò il polso, quello che il capitano aveva tenuto stretto contro il suo stomaco e vide punture di zanzara arrossate dappertutto. Il calore lo investì e il suo cuore sussultò. 

La figura snella tenne la rete stretta al petto, si accasciò lentamente al pavimento accovacciandosi e sussultò strofinandosi il viso, non sapendo come gestire le opprimenti emozioni che lo stavano investendo.

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