A TALE OF THOUSAND STARS – CAPITOLO 3

Il mattino seguente con gli occhi decorati da occhiaie, Tian scese nel soggiorno di casa sua. Incontrò gli ospiti, non invitati, arrivati ​​all’improvviso che sedevano sul divano, ma i loro stili erano completamente differenti l’uno dall’altro. Tay indossava una camicia bianca con dei pantaloni neri dando un’impressione di sé molto seria ed educata. Sorrise quando vide Tian scendere sbadigliando.

«Non hai dormito la notte scorsa?»

«Ciao Tay.» Tian lo salutò ignorando deliberatamente la sua domanda. Tian aveva ottenuto le occhiaie scure dopo aver passato tutta la notte sveglio a leggere il diario di Torfun. Ogni frase non era molto diversa da quella di un romanzo carismatico.

Poi, quando Tian guardò dall’altra parte, vide un giovane vestito con uno stile hip hop proprio come un rapper con le orecchie e il naso pieno di piercing.

«Come ha fatto a venire?! Bastardo!»

Tul rispose con una smorfia. «Sono venuto con l’Hummer. Mio padre ha appena comprato l’ultima edizione.» 

Tian rimase un pò intontito nel sentire le sue parole, poi andò a sedersi accanto a Tay.

«La mattina presto lasciami in pace. Cosa ci fai qui? Perché non mi hai chiamato?»

Tul guardò a turno prima Tian e poi Tay ed infine sfoggiò un sorriso furbo. «Se non fossi venuto così presto, come avrei fatto a sapere che il tuo amante è un uomo? Mi hai sconvolto.»

Tian pensò che il suo amico era davvero fastidioso e si alzò per prenderlo a calci, ma Tay lo fermò immediatamente.

«Non nasconderlo. Io non ci faccio caso.»

«Guardami attentamente Tul. Se mi piacessero gli uomini, la prima persona che distruggerei saresti di certo tu, Tul!» Gridò Tian.

Tian chiamò il suo nome in maniera rude, infantile e allo stesso tempo divertente tanto che Tul si trattenne dal ridere. Anche se i due si conoscevano da molto tempo, erano diventati  amici solo quando avevano frequentato il club automobilistico, ma non abbastanza vicini da preoccuparsi delle rispettive vite personali, infatti, quella era la prima visita di Tul a casa di Tian.

«Andiamo. Mi dispiace.» Tul alzò una mano in segno di resa, non voleva certo che il cuore del suo amico si sforzasse troppo. «Oggi ho avuto la fortuna di poter uscire così sono venuto a trovarti, una cosa veloce, ma se hai ospiti tornerò domani.»

«Aspetta un attimo.» Tian vide Tul raggiungere alla porta. Poi Tul si voltò, alzando le sopracciglia come per chiedere cosa volesse da lui. Il giovane aristocratico, il figlio più giovane di un ex ufficiale militare di alto rango, era immerso nei suoi pensieri.

«Puoi aspettarmi davanti casa un momento? Per favore?» Dopo aver detto questo Tian si rivolse a Tay, che aveva promesso di venire a trovarlo.

«Tay.» Tian lo chiamò con voce ed occhi imploranti. 

«Vuoi uscire con il tuo amico?» Tay sorrise credendo di aver indovinato. «Non farai cose strane e che tua madre proibisce, vero?»

«Sto solo andando a mangiare fuori.» Tian rispose come meglio poteva per non destare altri sospetti in Tay, dato non voleva che andasse con loro.

«Va bene, ma promettimi di non tornare troppo tardi. Se tua madre mi chiama e mi chiede di te, glielo dirò così non sarai costretto a mentire a tua madre.»

Tian prese in fretta la mano di Tay tra le sue e disse: «Prometto! Tornerò questo pomeriggio. Mi dispiace aver sprecato il tuo tempo.»

Sentire Tian parlare in quel modo lo fece sembrare agli occhi di Tay molto carino, come in passato. Tay poté solo sorridere mentre arruffava i capelli di Tian fino a farli cadere tutti da un lato. Poi disse, «Sbrigati e vai. Chiamami quando avete finito, ti passo a prendere così anche se tua madre dovesse tornare a casa presto, non dovrai trovare altre scuse e mentirle.»

Il viso di Tian si illuminò in un istante nel sentire le parole di Tay ed uscì rapidamente di casa. Fuori dalla porta vide il suo amico che aspettava nella sua grande jeep. Tian salì in macchina e si sedette in maniera composta al posto del passeggero.

Tul guardò il suo amico con aria interrogativa. «Che hai in mente? Dove dovrei portarti?» Mentre si lamentava, il giovane aveva già avviato il motore della macchina.

«Portami a Phraraamsong, okay?»

«Perché vuoi andare proprio a Phraraamsong? Perché non scegli un posto vicino a casa tua. Tipo Sukunwit, dove ci sono anche molti ristoranti deliziosi.»

«Ehm…tu pensa a guidare e non fare troppe domande.» Tian sorrise forzatamente al suo amico. L’auto passò rombando davanti la sua lussuosa residenza. Tian voleva visitare un posto, ma se avesse portato Tay con lui, avrebbe sicuramente fatto molte domande e, ad essere onesti, Tian non era sicuro di poter rispondere in merito a quella faccenda.

Per fortuna, quel giorno Tul era andato a trovarlo. Uno dei vantaggi di Tul era che non faceva troppe domande, ma persino lui cominciò ad essere sospettoso mentre superava l’ingorgo sul ponte sospeso davanti a loro mentre guardava il suo amico intento a fissare il navigatore sul suo telefono e a dare indicazioni stradali. Tul non sapeva quali erano le intenzioni del suo amico, ma era sicuro che non erano diretti ad un ristorante.

«Quando giri a sinistra, subito dopo devi girare a destra e poi dritto.» Tian indicò il semaforo rosso più avanti. Sotto la direzione di Tian, ​​i due arrivarono davanti a un piccolo vicolo. Su entrambi i lati della strada le case erano abbastanza grandi ed erano circondate da alberi sia piccoli che grandi. Vedendo Tian annuire soddisfatto, Tul constatò che il suo amico aveva trovato quello che stava cercando. Sebbene Tul non fosse il tipo da fare domande, questa volta non poté fare a meno di farne: «Esattamente la casa di chi stai cercando?»

Tian rimase sorpreso, sapeva che si stava comportando in modo strano. «Un ristorante ovvio.»

«Non sono così stupido, ragazzino.»

Sul volto di Tian apparve un’espressione difficile da descrivere, finché non vide un particolare con la coda dell’occhio. «Tul, fermati!»

Dato che l’auto si fermò a una certa distanza dal punto in cui aveva chiesto Tian, ​​Tul lo guardo e poiché Tian continuava a guardare indietro fissando un punto specifico, gli chiese: «Devo fare inversione? Quale casa?»

Tian guardava sola una casa, piuttosto vecchia e circondata da grandi alberi.

«Hey, cosa vuoi fare?» Chiese incalzante.

«Niente, vai avanti.»

«Sei viziato e testardo.»

Alla fine i due cercarono un posto dove riempirsi lo stomaco. Tul fermò la macchina davanti a un ristorante lungo la strada e presa una bottiglia di coca-cola e la bevve tutta d’un fiato. Dopo aver bevuto, Tul appoggiò la bottiglia sul tavolo e chiese seriamente a Tian: « Lo sai che non mi piace fare domande. Perciò dimmi la verità, il motivo per cui mi hai portato in un posto come questo.»

«Non arrabbiarti, ti offrirò un pasto delizioso più tardi, ok?» Tian cambiò in fretta argomento.

«Non hai risposto alla mia domanda.»

«Cosa c’è che non va in te? Piagnucoli come una ragazza.» Tian finse di essere infastidito per nascondere la verità.

«Okay!! Se non vuoi dirmelo, non dire niente. Hai detto che più tardi offri tu, giusto? Benissimo, oggi ti farò spendere fino all’ultimo centesimo.» Tul si voltò per chiamare il cameriere.

«Tul, il menù che abbiamo appena ordinato è per 20 persone, lo sai vero?»

Tian si lasciò sfuggire un sospiro di sollievo, sentiva di star portando un peso nel suo cuore. Anche se Tul avesse ordinato cento porzioni di Rad na (piatto di noodle fritti thailandesi), era disposto a pagare ogni cosa purché Tul non facesse altre domande, non gli importava. Non aspettarono molto prima che i noodles fritti ai frutti di mare venissero portati in tavola. Tul iniziò a mangiare come se avesse digiunato per secoli.

«Signore, vuole comprare questo portachiavi?» All’improvviso una vocina suonò forte interrompendo il loro pasto.

Tian guardò il ragazzino di fronte a lui, magro come un bastone, con indosso abiti consumati e delle labbra scure, ma che quando sorrise mostrò i suoi bei denti. In mano teneva numerosi portachiavi che Tian e Tul si offrirono di acquistare.

«Per uno 20 baht, tre solo 50 baht, li comprerete vero?» La voce era molto dolce, ma i suoi occhi erano un pò stanchi come se non vi fosse speranza. Le sue sopracciglia erano leggermente aggrottate e vederle fece sentire a Tian che un bambino così piccolo non meritava di avere uno sguardo del genere.

«No ragazzino. Vai a un altro tavolo.» Tul agitò la mano e disse al ragazzo di andarsene.

«Per favore aiutami! Può comprarne solo uno?»

«Ho detto di no. Non capisci?!» Tul iniziò ad alzare la voce spazientito per l’insistenza del bambino nel volerli convincere a comprare la sua merce.

Vedendo la faccia irritata del suo amico Tian chiese gentilmente al bambino di andare ad offrire la sua merce ad un altro tavolo, ma proprio come prima, il ragazzino venne scacciato anche da lì. Gli occhi di Tian seguirono il bambino fino in lontananza e osservandolo Tian sentì il cuore rompersi. Era difficile da spiegare, ma Tian voleva dare dei soldi al bambino per aiutarlo, ma aveva paura che il suo amico lo guardasse come uno sconosciuto così non diede seguito sua intenzione. Prima, infatti, ogni volta che Tian vedeva dei poveri, iniziava ad urlare e diceva di odiarli dato che ai suoi occhi, quella povera gente non era degna nemmeno di camminare dove passava lui.

Quindi Tian potè solo rimanere lì seduto in silenzio.

Tian ripulì il suo piatto che era ancora pieno e ordinò a Tul di finire il suo cibo e rimase seduto a bere dell’acqua aspettando che il suo amico finisse. Nel frattempo Tian guardava fuori dal ristorante sentendosi sempre un pò a disagio. Il ragazzino che vendeva i portachiavi era stato tirato via da una parte da una donna grassoccia che, dopo aver puntato contro di lui la sua grande mano, colpì il viso del bambino senza alcuna esitazione. 

All’improvviso Tian ricordò ciò che era scritto nel diario di Torfun.

«Sono stata spesso malmenata da mia zia con le grucce ogni volta che qualcosa non le piaceva. È questo un nuovo tipo di inferno dopo che ho lasciato un padre ubriaco che ha schiacciato e portato via mia madre? Lasciandomi così all’età di 7 anni ad affrontare da sola questo crudele destino.»

Tian si alzò all’improvviso facendo cadere a terra la sedia di acciaio e, come scritto nel diario, l’eco del rumore dalla sedia che impattava al suolo, suonava proprio come quello di un pianto e di una supplica di qualcuno. Mentre il rumore della sedia che cadeva a terra spaventò tutti nel ristorante, Tian si precipitò fuori e Tul, che lo stava fissando, rimase scioccato dal suo comportamento.

«Stupido!» Tul si alzò in fretta mentre il suo cervello stava ancora cercando di capire la situazione di fronte a lui finché non riprese conoscenza e lasciati 1000 baht sul tavolo inseguì Tian.

«Cos’hai che non va!» Tul guardò con rabbia il suo amico che sembrava essere improvvisamente impazzito.

La vista di una madre che picchiava i propri bambini non era una cosa strana; tutti videro la scena e la ignorarono come se non avessero visto nulla, nessuno desiderava aiutare quel bambino. Solo le folli azioni di Tian indussero la gente a pensare che lui fosse un alieno mentre scappava di corsa in quel modo.

«Hey Signora! Adesso basta, il bambino soffre.» Tian usò entrambe le mani per bloccare e separare la madre da una parte e il bambino dall’altra.

La donna, che sembrava molto più vecchia di Tian, ​​lo guardò con occhi irritati. «Cosa?! L’ho dato alla luce quindi sono libera di fargli qualsiasi cosa.»

Il ragazzo dopo aver sentito quella frase scoppiò in lacrime e la madre cercò di tirarlo a sé, un atto che lo ferì. In verità, l’educazione dei bambini era una questione in cui gli estranei non avrebbero dovuto intromettersi. 

«Cosa ha fatto questo moccioso e perchè lo colpisce così forte?» Tian alzò la voce e mentre chiedeva, il ragazzino stava ancora soffrendo per lo schiaffo ricevuto prima da sua madre.

«È così stupido, non riesce a vendere nemmeno dei portachiavi. Come pensi che potremmo mangiare? Per non parlare del fatto di dover comprare il latte per suo fratello minore. Tutta la nostra famiglia potrebbe morire di fame!» La donna quasi ruggì alla fine della sua frase mentre tentava di impedire alle persone di guardare.

Tian fece qualche passo indietro sentendo un lieve dolore ed il suo bel viso divenne  leggermente sudato quando sentì che anche il suo respiro diventava un po’ instabile.

«Signora, cosa stai facendo al mio amico?» Tul corse ad aiutare Tian e afferrò la spalla del suo amico. Il giovane Tul per la maggior parte del tempo aveva guardato la madre e suo figlio che urlavano. «Stai bene?» Tul aiutò in fretta Tian mentre ​​chiedeva ansioso.

«Sì, sto bene.» Tian iniziò lentamente a calmarsi. Aveva appena finito di mangiare ed era corso ad affrontare la madre e il figlio che stavano litigando, mettendo a disagio il suo corpo. Lo stesso Tian aveva timore che l’accaduto avrebbe influenzato il suo debole corpo, ma aveva cercato di sopportare il dolore provato nel vedere la madre e il bambino di fronte a lui. 

Lottò con tutte le sue forze per chiedere: «Vuoi dei soldi?»

«Certo. Perché me lo chiedi? Vuoi darmi dei soldi?!»

«Se ti do dei soldi, non lo colpirai di nuovo?»

«Finché avrò i soldi, non lo colpirò più.» Colpì ancora il ragazzo con una mano, usando il bambino per sfogare la sua rabbia ed il ragazzo riprese a singhiozzare.

«Oggi non ha fatto soldi, quindi lo picchierò. E se domani non riuscirà  a vendere niente lo picchierò di nuovo, sicuramente.»

Poteva quel ragazzino uscire dal circolo vizioso? Tian sospirò profondamente e prese diverse migliaia di bath dal suo portafoglio e li gettò davanti alla donna, come se il denaro non avesse alcun valore per lui.

«Prendi i soldi e non costringere più i tuoi figli a lavorare.» Se la donna fosse stata abbastanza intelligente avrebbe capito quei soldi potevano essere usati come capitale per guadagnarne molti, ma non sembravano quelli i suoi pensieri. La donna li raccolse velocemente e se li mise in tasca, come se avesse paura che Tian cambiasse idea da un momento all’altro. Pensava che Tian fosse una persona pazza che credeva facilmente a tutto quello che gli si diceva. Avrebbe dovuto ringraziarlo per avergli dato un nuovo punto di vista, ma le persone dal cuore tenero avrebbero avuto sicuramente pietà nel vedere il suo patetico figlio e le avrebbero dato i loro soldi. 

Quello si che le avrebbe fatto guadagnare di più! Pensò la donna.

In quel momento sul viso della donna comparve un sorriso che fece venire la nausea agli altri spettatori e che rese molto turbati i due ragazzi davanti a lei. La donna trascinò rapidamente via suo figlio senza nemmeno voltarsi a guardare il benefattore che gli aveva appena dato i soldi.

Tul che aveva visto quella scena folle dall’inizio, sembrava sbalordito. Poi guardò l’amico che era in piedi accanto a lui stringendo i pugni e digrignando i denti, trattenendo la rabbia che poteva uscire da un momento all’altro. Quando stava per aprire la bocca per chiedere sentì Tian chiedere per primo: «I soldi sono così importanti?»

«Oh sì!» Tul si passò una mano tra i capelli in quella risposta casuale. «Tu non lo sai perché hai vissuto nell’agiatezza in tutto questo tempo. Ma se nasci povero la storia è diversa, deve essere la stessa di quel bambino.»

«Come quel bambino.» Mormorò Tian a se stesso.

In effetti alle persone non era dato scegliere in che tipo di background nascere, ma potevano  scegliere come vivere. Tian aveva sentito quelle parole, ma quella era la prima volta che vedeva di persona cosa significassero. C’erano anche persone a cui non veniva concesso di scegliere la loro strada nella vita. Era quella l’origine del dire ‘nessuna possibilità’ ? Anche se Torfun era stata abbastanza fortunata, aveva scelto di insegnare in montagna,  lasciandosi alle spalle la sua frenetica vita a Bangkok. Oltre ad insegnare e guadagnare un po’ di soldi per sopravvivere, poteva ancora vedere il mondo vero. Quello poteva essere il motivo che aveva spinto Torfun ad offrire quella piccola possibilità ai bambini delle montagne.

Le labbra di Tian si mossero leggermente come se stesse raccogliendo tutta la sua determinazione per prendere una decisione molto importante ed i suoi occhi si spalancarono, poi guardò Tul con uno sguardo che gli fece venire i brividi.

«Portami indietro.» 

Tul alzò gli occhi al cielo, non capendo cosa stesse dicendo Tian. «Cosa?»

«Riportami sulla strada di prima.» Ripeté calmo Tian, «adesso so dove voglio andare.»

L’auto di Tul rallentò nella strada che avevano percorso prima. Tian, allora, sapeva dove stava andando. Tul parcheggiò l’auto davanti ad una casa con una porta blu scuro che gli sembrava del tutto normale fino a quando non vide il cartello davanti alla casa:

The Saengthong Foundation.

Tul si voltò immediatamente verso il suo amico. Quella era una fondazione, un posto in cui i membri di un club automobilistico come loro non sarebbero mai entrati. Tul si chiese,

Il dottore ha cambiato il cuore o il cervello a Tian?

«Vai pure. Io ho qualcosa da fare qui.» disse Tian, ​​non volendo rendere il suo amico ancora più curioso di quello che voleva fare.

Proprio mentre Tian stava per aprire la porta, però, Tul parlò: «Qui è dove Torfun lavorava come insegnante volontaria, giusto?»

Tian smise immediatamente di muoversi, si voltò e chiese un pò agitato: «Chi intendi?»

«Chi intendo? Ovvio, la ragazza che è stata investita da un’auto quel giorno. Mi hai detto di indagare, ma nel mio cuore mi sono sempre chiesto cosa c’entrasse quella ragazza con un nobile come te, a meno che lei non sia stata…» Tul terminò di parlare ed con un sorriso sornione e si avvicinò al viso di Tian. « Quell’insegnante era la tua amante?»

Tian si accigliò. « Lei è la mia vita.»

Non gli importava se Tul avesse capito quello che stava dicendo e così aprì il vecchio cancello davanti a lui ed entrò, lasciando il suo amico esterrefatto come se fosse stato investito da un camion. Su entrambi i lati del vialetto vi erano filari di alberi verdi a cui erano state legate delle corde fatte con bottiglie di plastica, inoltre, vi erano state appese delle campanelle tutte intorno ed ogni volta che il vento le scuoteva queste suonavano dando vita a delle calme melodie piene di pace.

Quella che doveva essere la sede una fondazione era in realtà la casa del direttore della fondazione. Il pianterreno della casa era stato ristrutturato e convertito in un semplice spazio di lavoro. La stanza era tappezzata dalle immagini di fiabe disegnate a mano con pastelli dagli insegnanti volontari e dagli studenti provenienti da aree remote del paese. Oltre a quelle vi erano anche foto di vari enti di beneficenza. Tian guardò a destra e a sinistra mentre entrava nella stanza, accigliandosi non avendo ancora visto nessuno nonostante la porta fosse stata spalancata.

«Mi scusi, c’è qualcuno qui?» Tian chiese per vedere se vi fosse davvero qualcuno.

«Di solito si, ma oggi è vacanza quindi nessuno lavora.» Una voce bassa che suonava come quella di un insegnante che chiedeva agli studenti di rimanere in silenzio, fece sentire Tian un po’ imbarazzato.

«Forse sono venuto in un brutto momento.» Tian rise per nascondere il suo imbarazzo. «Verrò di nuovo domani.» Dopodiché fece per andare via.

Davvero, era rimasto a casa così a lungo da non sapere neppure che giorno fosse quello. Non c’era da stupirsi che Tay avesse detto di avere qualche giorno libero dato che si era  scoperto che quella era una festa nazionale. L’uomo davanti a Tian sembrava anziano, probabilmente in età pensionabile ed indossava un Mohom*. Guardò Tian e sembrò giudicarlo dai vestiti che indossava.

*(N/T : Il Mohom è un tipico abito tradizionale thailandese.)

«Sei venuto qui per chiedere del lavoro di beneficenza?»

«Io …» Tian cercò di deglutire la sua saliva, poi guardò l’altro dritto negli occhi e disse con fermezza: « Voglio registrarmi come insegnante volontario.»

Dopo averlo ascoltato, il vecchio dai capelli grigi non poté fare a meno di alzare le sopracciglia come se non credesse alle sue parole. Perché a guardarlo bene, Tian, che indossava abiti e oggetti costosi, doveva essere il figlio di una persona molto ricca.

«Seguimi.» Condusse Tian in un ufficio con la targa che diceva: Insegnante Winai* Saengthongtharm.

Tian prese lentamente posto alla scrivania appartenente all’insegnante di nome Winai.

Lasciò che il direttore si riposasse per un momento prima di parlare: «Devo compilare un modulo?»

Winai sospirò a lungo ed appoggiandosi allo schienale della sedia con una postura più rilassata disse: «È importante, ma ne parleremo dopo. Ora vorrei chiederle di nuovo se ha ben capito cosa voglia dire essere un insegnante volontario…»

Tian mosse le labbra perché sapeva che la persona di fronte a lui doveva aver pensato che lui stesse solo scherzando, ma proprio quando Tian stava per parlare, Winai alzò la mano in un gesto che aveva fatto intendere a Tian di non aver bisogno di rispondere.

«Allora, se ritieni di poter fare un buon lavoro in questo, cosa pensi che possa darti il fatto si essere un insegnante volontario?»

«Sì.» Tian non capiva veramente cosa intendesse Winai, era forse come un normale colloquio di lavoro? «Insegnerò ai bambini in aree remote del paese in modo che abbiano le conoscenze per il futuro. Posso insegnare molte cose, come l’inglese e la fisica. Attualmente sono uno studente di ingegneria.»

«Voglio dire, su di te.» Winai guardò il ragazzo seduto di fronte a lui e che gli sembrava un po’ goffo. In effetti vi erano molti giovani a cui piaceva sperimentare nuove cose per fare nuove esperienze. Senza, però, conoscere il vero significato del volontariato.

«La parola volontario significa fare un sacrificio per aiutare qualcun altro. Molti giovani sono entusiasti di andare in posti nuovi, incontrare persone nuove e mangiare cibi esotici, ma le difficoltà fisiche ben presto li stancano e alla fine hanno decidono di fare le valigie e tornare a casa, senza potersi dare una risposta. È solo una perdita di tempo. Tu perché vuoi farlo?»

Tian rimase in silenzio abbassando la testa e pensando alle sue emozioni attuali e ai tanti pensieri che frullavano nella sua testa finché non sentì i suoi occhi bruciare e perché non riusciva a mettere insieme le parole giuste. Poi Winai sentì una voce roca dire dolcemente: «In realtà, io non so niente.»

Tian si lasciò sfuggire un sospiro di sollievo perché finalmente riuscì a parlare. «Non capisco cosa stia dicendo. Quale sia il significato del sacrificio, ma se il sacrificio può farmi scoprire cosa sia la felicità, voglio cercarla.»

«Allora perché non provi in ​​un altro modo? Diventare un insegnante volontario costa molto. Puoi essere un normale insegnante. Essere un insegnante volontario è molto difficile. In questo momento non sai nemmeno cosa puoi fare per le altre persone, come posso lasciarti andare in mezzo al nulla?»

«Ma ho deciso!» Tian alzò la voce. «Se posso andare lì, posso trovare la risposta che sto cercando, poi tornerò e gliela dirò.»

Winai scosse instancabilmente la testa nel vedere tanta testardaggine. «Come ti chiami?»

«Tian.»

Tian, ​​che significava uomo saggio, era un nome che non era adatto ad essere portato da un giovane come quello.

«Tian può dirmi dove vuoi insegnare?»

«Phu Pan Dao.»

Tian rispose con fermezza come se conoscesse già la risposta e rendendo molto arduo per Winai comprenderla.

«Conosci il villaggio di Chiang Rai?» Winai riflette per un istante. «Non c’è niente laggiù.  Niente elettricità, niente acqua corrente e, anche se sei un ragazzo, troverai comunque difficile vivere lì. Se vuoi solo provare, perché non insegnare in una città che ha tutto?»

Winai non riuscì a terminare la frase perchè Tian si precipitò a dire.

«Se la vita è così brutta, perché Torfun, che è una ragazza, è stata in grado di sopravvivere ed insegnare lì?»

«Tu…» Winai trovò il punto della questione. «Conosci Torfun?»

Sapendo che aver detto cose che non avrebbe dovuto Tian desiderava solo trovare un posto dove poter nascondere la faccia, mascherando immediatamente anche le sue parole: «Sono suo amico.» Si rese conto, però, che più parlava e più avrebbe sbagliato dato che la persona di fronte a lui aveva iniziato a guardarlo con occhi sospettosi.

«Torfun è andata lì con grande determinazione e forza di volontà. Se tu ci vai solo per curiosità, non durerai a lungo in quel posto e ti arrenderai come tutti gli altri.» Winai avrebbe anche voluto dire che Torfun una volta tornata, era morta in un incidente stradale e che  qualcun altro era venuto per insegnare ai bambini, ma che nessuno era rimasto là per più di tre mesi.

«Non so cosa poter fare o dire per farmi credere da lei ora, ma voglio davvero andare a Chiang Rai.» La voce di Tian divenne profonda, facendo sentire all’ascoltatore di aver perso la speranza e che qualunque cosa avesse detto, lui non gli avrebbe creduto.

«Tian, ​​essere un insegnante volontario significa che dovrai interagire con tanti bambini di tutte le età. È molto difficile. Le regole da noi, come insegnante volontario dicono che dovrai vivere là per un po’ e perderai almeno un semestre. Sei attualmente al college, quindi come puoi bilanciare queste due allo cose insieme?»

Quella era una condizione importante che avrebbe dovuto influire sulla sua decisione di andare là o meno. Dopo che Tian quasi contorse il suo cuore per un pò, finalmente prese una decisione.

«Dato che sta succedendo qualcosa di particolare a casa mia, non devo frequentare il college per un po’. Quindi non c’è problema riguardo ai tempi delle due cose.» Le parole di Tian erano per metà giuste, ma per metà sbagliate.

Winai guardò stanco il bel viso che sembrava appartenere ad un idol coreano e capì che se avesse cercato di dargli mille ragioni per far vacillare la sua determinazione, ​​non ci sarebbero stati problemi per il giovane.

Alla fine Winai si arrese a Tian. «Bene, sono d’accordo. Ci sono pochissime persone là fuori. Spero che anche se non otterrai le risposte che desideri, almeno tu possa imparare molte cose nuove. Impara quello che non sai e dai loro tutto quello che hai.»

Winai vide Tian accigliarsi pensando a quella parole che ancora non capiva, così lo confortò gentilmente: «Non pensare troppo a cosa fare finché non arrivi lì, poi lo capirai da solo.» Tian annuì vagamente. Voleva andarsene perché tutte quelle parole gli suonavano come solo teorie.

«Allora devo fare qualcos’altro?»

Winai fornì a Tian un modulo. «Quando completerai i documenti richiesti, un membro del personale ti contatterà per dirti cosa preparare e gli oggetti personali di cui avrai bisogno. Per inciso, Phu Pan Dao è una zona di confine, quindi è vicino a un avamposto militare.»

«Grazie.» Tian rapidamente compilò tutti i documenti che Winai gli porse. Aveva paura che, se fosse stato lento, il direttore avrebbe cambiato idea e non l’avrebbe più lasciato andare.

Dentro si sé Tian aveva sentimenti contrastanti mentre lasciava l’ufficio. Da una parte era sollevato per aver raggiunto il suo obiettivo e che la giornata fosse finita, ma dall’altra  davvero non sapeva se quello era dovuto alle aspirazioni nel suo cuore o se era davvero entusiasta di sbarazzarsi di tutti i suoi ostacoli e di fare questa scelta.

Tian rimase in silenzio per un momento, i suoi occhi pieni di confusione. Strinse lentamente il pugno e lo lasciò andare. Forse era impazzito pensando di diventare un eroe che aiutava l’umanità. Quella stessa mano che aveva causato così tanti problemi a sé stesso e a coloro che lo circondavano, poteva portare felicità ad altri? Allora decise con fiducia. Come uomo che parlava e agiva, non avrebbe avuto alcun rimpianto.

Non appena uscì dall’ufficio della fondazione, vide l’auto di Tul ancora in attesa lì fuori e subito Tian si chinò un po’ per guardare all’interno della macchina. L’aria condizionata all’interno dell’auto era accesa e Tul era seduto a giocare con il suo cellulare. Tian bussò al finestrino ed immediatamente Tul lo abbassò senza dimenticarsi di dire: «Perché ci è voluto così tanto tempo?»

«Allora perché sei ancora qui?»

«Ti ho visto dare via tutti i soldi che ti ha dato tua madre, come puoi tornare a casa se non hai soldi?»

Sentire quella frase dal suo amico rese Tian molto felice, almeno Tul ci aveva pensato. «Da quando il mio amico è così buono?» Forse Tian aveva dimenticato di non avere i soldi, ma aveva ancora il suo cellulare e poteva chiamare l’autista di casa.

«Non parlare più e sali in macchina!» Insistette Tul.

Tian scrollò le spalle, aprì la portiera e salì lentamente in macchina. La macchina iniziò a camminare, ma l’atmosfera al suo interno era silenziosa, si udiva solo una musica dolce, nessuno dei due parlava con l’altro.

«Hai finito i tuoi affari?» Alla fine Tul non poté fare a meno di essere curioso e di chiedere a Tian, ​​ma la persona seduta accanto a lui sembrava scontenta. Una domanda stupida per sbarazzarsi dell’imbarazzo creatosi tra loro.

«Aspetta, credi che se non avessi finito, sarei uscito fuori? Buona domanda, ma se vuoi chiedermi qualcosa, fallo e basta.» Tian era un po’ spazientito.

Tul soffiò aria dalla sua bocca per rilassarsi ancora di più. «Torfun era una donatrice di organi. E tu sei registrato come ricevente di organi. Se non lei non fosse morta, allora non saresti salvo. Merda! Chi ha creato questa combinazione perfetta.»

Tian guardò Tul con uno sguardo sospettoso: «Hey hai chiesto allo staff di tuo padre di indagare su questo mentre aspettavi per chiedermelo, non è vero?»

«Tian adesso ​​calmati un po’.» Tul sapeva che si trattava di una questione privata e che non avrebbe dovuto interferire, ma sentiva che le azioni del suo amico erano folli. «Non so quanto tu sappia del donatore di nome Torfun, ma il fatto è che hai ricevuto solo il suo cuore, non il suo cervello. Non contiene ricordi. Quindi non devi vivere la sua vita.»

«Non è così!» Queste erano le parole su cui Tian voleva discutere, ma quelle parole gli scapparono di bocca e non poteva ripeterle. Se quel cuore non conteneva ricordi, come poteva spiegare che quando aveva visto l’immagine di quel soldato, il suo cuore aveva preso a battere così velocemente? Tian chiuse gli occhi per calmarsi e poi disse lentamente: «Non so quanto tu sappia, ma spero che non mi fermerai. In realtà, le cose che sto facendo in questo momento, ci ho pensato attentamente.»

Tul era preoccupato, quindi disse onestamente: «Se posso indovinare, sei venuto fin qui per registrarti come insegnante volontario, per seguirla.»

Sapendo che non c’era nient’altro da nascondere, Tian lo ammise liberamente annuendo e ascoltando Tul lamentarsi.

«Sei per caso impazzito, Tian? Tu e lei siete la stessa cosa? La tua vita, la tua esistenza e la sua sin dall’inizio sono appartenute a due mondi diversi. Non riesco proprio ad immaginarti che dormi per terra, mangi sulla sabbia e insegni a dei bambini. Ti sei spinto troppo oltre.»

«Almeno ho fatto il servizio militare.»

«Vuoi ancora discuterne?! Pensi che tua madre sarà d’accordo? O diventerai un bambino dal cuore spezzato, scapperai di casa e lascerai una lettera per farlo sembrare diverso?»

Tian sembrò illuminarsi. «Buona idea, amico mio. Mia madre sicuramente non sarà d’accordo, quindi il modo migliore è scappare.»

«Oh mio Dio, per favore!» Tul colpì rabbiosamente la testa di Tian con una mano. «Se lo farai, tuo padre userà sicuramente l’intera forza militare in tutto il paese per trovarti.»

«Allora puoi aiutarmi?» Tian si strofinò la testa che era stata appena colpita mentre parlava a Tul.

«Nei tuoi sogni! Non voglio morire. Puoi fare quello che vuoi, ma io non ho il coraggio di farlo.»

«Va bene, ma non dirlo a nessuno.» Tian vide che il suo amico era d’accordo, quindi si sentì sollevato perché almeno Tul avrebbe mantenuto la sua promessa. La macchina si fermò al centro commerciale per fissare le ragazze dalle lunghe gambe in minigonna nella notte. Tian chiamò Tay per farsi venire a prendere, senza dirgli cosa fosse accaduto quel giorno. Nemmeno una parola.

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Quella sera il suono delle risate dei bambini riecheggiò in tutta la villa. Dopo aver fatto la doccia, Tian sentì le voci e curioso, uscì dalla sua camera da letto per vedere cosa c’era che non andava. Dieci anni prima quella la stanza era decorata con straordinarie decorazioni del mondo ed era piena di giocattoli provenienti da tutto il mondo per accontentare il figlio più giovane del militare pluridecorato. Anche se i giocattoli erano ancora tutti lì, quella stanza veniva usata dalla madre di Tian per riporvi le sue cose. Quando Tian aprì la porta della stanza vi trovò i suoi tre nipoti che giocavano. I tre bambini erano i figli di sua sorella maggiore.

«Tum, Ton, Taem!» Tian gridò ad alta voce prima di entrare nella stanza che era come una nave che in tempesta. «Chi vi ha dato il permesso di giocare qui? Distruggerete tutto in questo modo.»

«La mamma ci ha dato il permesso di giocare qui così non usciamo a disturbare.» Rispose Tum che aveva solo 9 anni, parlando forte e chiaro come il più vecchio.

«Giochiamo di sotto. Aprirò il gioco per farvi giocare.» Tian cercò di controllare il suo stato d’animo esplosivo, ma quando vide gli altri due bambini giocare con il suo robot fatto in casa, si infuriò.

«Ton, Taem restituitemi il robot.» Tian indicò il robot con una faccia molto sgradevole, ma i due bambini lo ignorarono e continuarono a giocarci. Tian guardò la piccola figura correre per la stanza disperata. Sapeva che durante la sua infanzia era stato cattivo ed ora che quello era il suo karma. Tian voleva soltanto scusarsi subito con tutte le sue tate.

Mentre Tian era accovacciato a causa della differenza di altezza tra adulti e bambini, però,  Ton e Taem saltarono in piedi afferrandogli il collo e bloccadolo da dietro. Il peso improvviso fece piegare le ginocchia del ragazzo alto e magro verso il pavimento. Tian cercò di far cadere quella sanguisuga gigante che gli si era attaccata, ma poi cadde a terra con un robot Gundam edizione limitata e nella collisione contro il pavimento di piastrelle, il robot andò in frantumi. In quel momento Tian rimase scioccato al punto che la sua mente si svuotò e si trasformò in uno psicopatico.

«Merda!» Tian imprecò ad alta voce, non sopportava quelle piccole pesti, prese di peso i due ragazzi che avevano iniziato a prendere a calci le parti del robot contro il muro.

«Lo zio vi ha detto di metterlo giù! E guardate! Ora è tutto rotto. Perché siete così testardi?!» Urlò e inconsciamente serrò le sue piccole braccia, facendo urlare Ton che chiamò sua madre. Quando un bambino scoppiò a piangere di rimando lo fecero anche gli altri due,  dando voce ad urla che raggiunsero l’intero piano sottostante.

Dopo essere stato infastidito per un po’, Tian decise di catturare i suoi nipoti cattivi e le cose divennero molto confusionarie. Il maggiore e il secondo dei nipoti si guardorano con intesa e vedendo il giovane afferrare il nipote più piccolo e riprendersi il giocattolo con successo.

La signora Lalita e Pimprapha, che stavano parlando in soggiorno, si precipitarono per vedere cosa fosse accaduto sentendo le grida dei bambini. La seconda figlia della famiglia Sophaditsakul e madre dei tre bambini, si arrabbiò quando vide suo fratello usare la violenza con i suoi figli. Si precipitò dentro, spingendo il petto del giovane mentre urlava.

«Tian! Cosa stai facendo ai miei figli?!» Pim si accovacciò per abbracciare i suoi bambini spaventati.

«I tuoi figli hanno rovinato i miei giocattoli! Gli avevo detto di non toccarli, ma nessuno mi ha ascoltato e stavano correndo nella stanza.» Rispose Tian eloquentemente, poi raccolse faticosamente i pezzi distrutti del suo amato robot.

«Sono piccoli e non se ne rendono conto, ma se il tuo giocattolo si rompe puoi sempre comprarne uno nuovo! Se i miei figli si fanno male, non sarò in grado di sostituirli!»

Tian strinse i pugni e la sua faccia divenne ancor più sgradevole. «Se non puoi sostituirli, allora fanne altri.»

Sentendo quello Pim andò su tutte le furie, ma Tian continuò. «Queste sono tutte edizioni limitate, non si possono più trovare. Anche se le cerchi per l’intera prossima vita, non sarai in grado di trovarle.»

«Quindi solo per questo hai picchiato mio figlio, idiota! Bastardo!» Allora la signora Lalita, rimasta in disparte, intervenne.

«Oh andiamo, nessuno di voi ha ragione. Pim porta i bambini di sotto per la merenda.» Poi si voltò a guardare Tian. «Tian ​​parla con me.»

Tian si morse il labbro irritato e seguì sua madre fuori dalla stanza mentre dietro di lui Pimprapha lo stava ancora guardando con rabbia.

I due entrarono nello studio vuoto del generale militare e il figlio prese posto sulla sedia frustrato. «Non ho colpito Ton. Pim va troppo oltre coccolando i bambini in quel modo.» Si lamentò Tian.

«Figlio mio, guardami. Tu sembri forse ragionevole? Quando eri piccolo eri così cattivo che le tate erano costrette a licenziarsi.» Udendo quelle parole, Tian non sapeva come scusarsi e ricominciò a parlare di cose vecchie.

«Ma questa volta non sei stata al mio fianco.»

La signora Lalita scosse la testa stancamente e poi disse a bassa voce: «Beh, per non parlare delle vecchie storie, ma guarda quanti anni hanno loro e quanti anni hai tu. Sei un adulto e penso che dovresti riflettere attentamente prima di fare qualsiasi cosa, ok?»

«So perfettamente cosa sto facendo, se i ragazzi non avessero rotto il mio robot, allora non lo avrei fatto. Questo è un robot…» Quello era stato il primo regalo che aveva ricevuto quando tutta la famiglia stava festeggiando il suo compleanno. Tian chiuse la bocca in tempo prima di perdere di nuovo la pazienza.

«Non importa,» Tian alzò le spalle, «è perché non ho pazienza con i bambini e parlo duramente con loro.» Sentendo quella dichiarazione sarcastica la madre sospirò a lungo. Fece un passo per avvicinarsi a suo figlio, e alzando la mano accarezzò delicatamente la testa di Tian.

«Almeno, sono contenta che tu abbia pensato che la violenza non avrebbe risolto il problema.»

Tian rimase seduto in silenzio per un po’, anche il suo sguardo mostrava chiaramente che era consapevole di aver fatto qualcosa di sbagliato. Era stato tra la vita e la morte e non avrebbe voluto rendere di nuovo triste sua madre. Dato che aveva scelto di lasciare il nido dei suoi genitori per affrontare il mondo esterno. Era davvero la cosa giusta da fare?

Tian mise la mano di sua madre sulla testa: «Prometto di non farti più del male.»

Vedendo suo figlio sinceramente dispiaciuto, anche se un po’ incredula, la madre ebbe la sensazione che qualcosa di brutto stesse per accadere, ma continuò a prendere ancora in giro suo figlio. «Hai visto troppi film cinesi? Mi stai dicendo che scapperai di casa?»

Senza lasciarla finire la frase, Tian abbracciò la vita di sua madre e disse: «Forse andrò.»

«Finché non vai al club automobilistico o al pub e torni a casa presto, io sarò contenta.»

«Lo so.» Aveva paura che sua madre menzionasse la storia precedente, così Tian si affrettò a interromperla: «Puoi chiedere alla cameriera di portare del riso nella mia stanza? Non voglio scendere e litigare di nuovo con Pim.»

«Va bene. Vuoi mangiare anche la frutta? Oggi ho delle mele Fuji, sono enormi.»

Tian annuì in segno di assenso, poi trattenne il respiro e disse: «Giocherò fino a tarda notte e forse domani mi sveglierò tardi. Quindi non mandare qualcuno di svegliarmi domani.»

«Ok, la mamma chiederà a qualcuno di occuparsene. Domani io e tuo padre abbiamo un evento militare in mattinata.» La signora Lalita si chinò a baciare la morbida fronte di suo figlio. «Non stare alzato fino a tardi, ricordati di andare a dormire presto.»

Nel cuore della notte, quasi tutte le luci della villa erano state spente, lasciando solo una stanza al secondo piano con le luci ancora accese. Lo zaino da viaggio che Tian aveva segretamente acquistato online era già pieno con i suoi effetti personali e vestiti. Ora il giovane era indaffarato davanti al guardaroba mentre prendeva un cappotto, un cappello e una sciarpa. Quel mese era alla fine della stagione delle piogge e secondo lo zio Winai, a Pha Pan Dao faceva molto freddo. Tian guardò il laptop completamente carico, ma ricordò che là non c’era elettricità e che a volte il segnale 3G non funzionava e diventò triste a quel pensiero.

OK! Donare. Non c’è bisogno di portare nient’altro. Non c’è modo di poter usare internet, quindi non è molto utile.

L’uomo alto e magro si sdraiò portando le sue mani alla fronte e dopo essersi rotolato così tante volte nel letto sembrava che stesse pensando a qualcosa, quindi saltò in piedi velocemente. Frugò nel cassetto vicino al letto dove era tenuto il diario. Tian andò all’ultima pagina per leggere prima che la grafia blu scomparisse per sempre.

«Una storia che non finisce mai.»

Se solo il piccolo sogno di quella donna fosse potuto tornare alla luce senza alcun ostacolo.

Il suo cuore continuava a danzare mentre Tian leggeva il paragrafo più e più volte finché non memorizzò ogni singola parola scritta. Gli occhi castano chiaro fissarono una foto usata come segnalibro e di fronte ai vari sentimenti emersi in lui, Tian si chiese.

Ti incontrerò a Phu Pan Dao?

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