A TALE OF THOUSAND STARS – CAPITOLO 4

La residenza dei Sopadisakun era nel caos dal momento in cui la signora Lalita e suo marito si precipitarono a casa dalla festa dopo aver ricevuto cattive notizie. La madre era svenuta mentre leggeva la lettera scritta dal figlio più giovane prima di scomparire. Theerayut immediatamente chiese al maggiordomo di procurarsi un inalatore per sua moglie. Presto arrivò una guardia di sicurezza per fare rapporto.

«Ho controllato la CCTV. Le riprese dalla porta d’ingresso e delle camere sono state interrotte a mezzanotte. Sembra che qualcuno abbia deliberatamente danneggiato il segnale.»

Sembrava una cosa difficile, considerando poi che la persona che aveva provocato il guasto era uno studente di ingegneria. Gli era però bastata una semplice manipolazione per rendergli il compito facile, così Tian aveva abbandonato la casa senza lasciare la minima traccia.

L’ex generale militare si massaggiò le tempie ed aggrottò la fronte, poi sentì sua moglie svegliarsi e piangere. «Tian ​​perché stai facendo tutto questo? Cosa vuoi fare? Perché non l’hai detto a mamma e papà? Cosa non posso darti figliolo?» I suoi occhi si riempirono di lacrime. Proprio ieri suo figlio aveva promesso di non renderla più triste, ma non era ancora passato un giorno ed improvvisamente Tian era scomparso senza notizie.

«Calmati, forse non è così grave come pensi. I nostri figli sono cresciuti.»

«L’unica cosa importante è il suo corpo. Ormai è grande, non lascerebbe mai casa in questo modo. Avrebbe dovuto discutere di tutto con noi prima.» La signora Lalita continuava ad incolpare suo figlio.

Il generale Teerayut sospirò, poi prese posto accanto a sua moglie e disse: «Perché lo sapeva. Anche se avesse chiesto il permesso, non glielo avresti mai permesso.»

«Sei così irrazionale, marito mio!» La donna fissò suo marito mostrando tutto il suo dispiacere.

«Hai le tue ragioni ma Tian…» riprese a parlare con calma l’ex generale, « ne ha più che a sufficienza. Sai che ha una malattia al cuore. È ancor più vulnerabile di un uovo su una roccia. Alla fine il nostro bambino si è sentito a disagio e ha vissuto la sua vita con cinico sarcasmo. Poi, però, si è sottoposto ad un’operazione e di nuovo non poteva fare nulla. È così assurdo che non possa uscire di casa senza il tuo permesso…nostro figlio è solo un paziente che ha bisogno di essere controllato, non un prigioniero.»

Dopo aver ascoltato le parole del marito, la moglie scoppiò in lacrime. «Amore, non sei preoccupato per nostro figlio? Ho sbagliato?»

«Non hai sbagliato, ma una così stretta sorveglianza non va bene. Buddha ci sta dicendo di prendere la via di mezzo. Niente di più, niente di meno. Solo allora troveremo la pace.»

«Ma Tian ha detto che voleva trovare la felicità, non capisco tesoro. Abbiamo una grande casa, una buona macchina e oltre a questo, non impediamo mai a Tian di spendere i soldi e usufruire di tutta questa ricchezza. Cos’altro vuole?»

Il Signor Teerayut rise piano. «Forse è la felicità che noi intendiamo, ma la felicità che intende Tian potrebbe non essere questa.»

Lui, un militare, era fiero che suo figlio volesse sapere come affrontare il mondo duro, non accontentandosi più solo di vivere in quella cornice elegante che aveva costruito sua madre. Aveva osato uscire dalla casa che gli dava protezione. Ma da un punto di vista genitoriale non era certo una cosa buona e soprattutto la più preoccupante in quel momento era sapere dove stava andando Tian. Era un posto sicuro o no?

L’ex generale Teerayut aveva ricevuto una telefonata da un caro amico nell’esercito. Gli aveva chiesto di mandare qualcuno ad indagare su dove fosse andato suo figlio. Avrebbe scoperto in poco dove era diretto Tian e se quel posto non era pericoloso. Aveva chiare intenzioni di mandare qualcuno a sorvegliarlo. Avrebbe permesso a suo figlio, però, di imparare e di conoscere la vita come desiderava lui.

Cercando di alleviare le pene si sua moglie, la portò di sopra per riposarsi un po’. Dopodiché, l’ex generale tornò al piano di sotto per leggere di nuovo la lettera di Tian dall’inizio alla fine.

Cari Mamma e Papà,

Volevo dirvi che ho dovuto raccogliere tutto il mio coraggio quando ho deciso di scrivere questa lettera. Voglio assicurarmi che voi non vediate la mia come una semplice fuga da una casa reale. Dopo essere scampato miracolosamente alla morte, mi sono guardato indietro al punto da sentire la mia vita così vuota e non so più cosa voglio veramente. Voglio fare e vedere cose che non ho mai visto, cose che per altre persone possono essere comuni. Alla fine, volevo solo convincervi che non avrei mai fatto nulla che potesse causarvi problemi. Vorrei tanto che non tentaste di trovarmi. Tornerò a casa al momento giusto. Tornerò a casa da solo, non c’è bisogno di preoccuparsi. 

Papà e Mamma, vi voglio davvero bene.

Tian

L’ex generale ripiegò ordinatamente la lettera tra le mani. Sperava che il figlio più giovane trovasse presto la risposta che stava cercando.

*******************

L’autobus ondeggiò leggermente mentre attraversava i binari della ferrovia svegliando un giovane che dormiva appoggiando la testa contro il finestrino. La luce del sole filtrava attraverso gli spazi tra le spesse tende. Tian aprì la bocca per sbadigliare. Prima di guardare l’orologio che segnava le 14:00, le sue mani sottili raggiunsero il cellulare che aveva in tasca come al solito. Sullo schermo del suo cellulare non vi era nemmeno chiamata. Ovviamente! Aveva bloccato tutte le applicazioni che potevano rintracciare la sua posizione, incluso la sostituzione della sua scheda SIM con una nuova. Probabilmente non lo avrebbe chiamato nessuno. 

Tian sentí male alla caviglia mentre saltava giù dal muro senza pensarci troppo, si era slogato una caviglia. Una volta sceso, aveva immediatamente chiamato un taxi in strada, ma erano quasi le 3 del mattino e nessuno circolava. Dopodiché era salito su quel tour bus. Il giovane prese la sua bottiglia e bevve un sorso. Scostò le tende che oscuravano la finestra per vedere il paesaggio fuori. Non sapeva se le persone in casa sua si fossero accorte della sua scomparsa e nel caso in cui lo avessero già scoperto, Tian sperava che i suoi genitori, una volta letta la lettera, lo avrebbero lasciato libero e che avrebbero capito le ragioni che lo avevano spinto a fare tutto quello.

L’autobus svoltò e si fermò ad una stazione di servizio. Alcuni passeggeri decisero di scendere e fare una breve passeggiata oppure di andare in bagno. 

Quel mezzo avrebbe richiesto infatti un viaggio dieci volte più lungo rispetto ad un aereo.

Quello, però, era un mezzo difficile da rintracciare. Perché nessuno avrebbe pensato che un bambino viziato fin dall’infanzia come Tian, ​​avrebbe sofferto l’inconveniente di stare seduto su un autobus.

Tra poche ore avrebbe messo piede a Chiang Rai e la cosa lo rese ancora più emozionato. Secondo le informazioni che aveva ricevuto, il villaggio che stava per visitare si trovava in una base militare pesantemente sorvegliata poiché era vicino al confine del paese. Pertanto, Tian sarebbe stato prelevato all’arrivo del terminal per motivi di sicurezza. Il suono del motore dell’autobus che si accendeva era un segnale per i passeggeri di riprendere il viaggio. Dopo pochi minuti, i grandi autobus iniziarono a camminare sulla strada principale e si diressero dritti verso la loro destinazione.

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Verso le cinque e mezzo del pomeriggio, il grande autobus era finalmente arrivato in orario al terminal di Chiang Rai. Tian prese lo zaino dallo portapacchi sopra il sedile prima di scendere dal mezzo. Si guardò intorno, sentendosi uno sciocco perché tutto gli sembrava estraneo e nuovo. Così decise di seguire gli altri passeggeri al terminal.

Il terminal degli autobus era enorme con un tetto alto e aperto. La lunga banchina era già stipata non solo di persone, ma anche di borse e altri effetti personali, c’erano persino cesti pieni di frutta in mezzo. Tian vide una vecchia jeep con una targa governativa davanti alla stazione. Non era sicuro che fosse l’auto venuta a prenderlo dato che non vedeva il suo autista da nessuna parte.

Sentendosi stanco si tolse lo zaino dalle spalle e lo posò a terra, appoggiandosi a un palo mentre cercava i contatti di emergenza sul suo cellulare. Rimase sorpreso quando improvvisamente qualcuno gli diede una pacca sulla schiena da dietro.

«Sei l’insegnante della Fondazione Saengthong?»

Quando qualcun altro lo chiamava insegnante,Tian si sentiva così strano. Poteva solo sorridere goffamente alla persona che lo chiamava.

«Chiamami solo Tian.» salutò la persona di fronte a lui. L’uomo indossava una maglietta verde e pantaloni mimetici, a vederlo bene doveva essere di pochi anni più giovane di suo padre.

«Sì, insegnante Tian.» E naturalmente non lo aveva ascoltato. «Sono il sergente Yodchai. Puoi chiamarmi Yod.» L’uomo si era presentato in modo semplice, ma con un forte accento regionale. «È tutto quello che hai con te? Lascia che lo prenda io.»

Tian non si fermò quando il sergente Yod lo aiutò a sollevare la sua borsa in macchina dato che era abituato ai subordinati di suo padre che lo aiutavano sempre ovunque si trovasse. Poi lo seguì.

La jeep non aveva finestrini. Era una vecchia macchina che aveva attraversato diverse battaglie con un motore rumoroso quando si avviava. L’auto militare era ricoperta di tela fino al tettuccio che faceva entrare poca aria. Tian doveva asciugarsi spesso il sudore che scorreva dalla fronte e dall’attaccatura dei capelli.

Vedendo Tian sudare il sergente Yod rise. «Fa caldo, ma dopo che saremo arrivati in montagna, non potrai dormire senza coperte.»

«Non dormirò in un campo militare, vero?» Chiese Tian perché il personale della fondazione gli aveva parlato del suo alloggio, ma non dove questo si trovava.

«No. La casa in cui vivrai è nel villaggio. Il campo militare è a tre chilometri sulla collina.»

Tian annuì. Lungo la strada, ascoltò il sergente Yod parlare del villaggio in cui sarebbero arrivati ​​nelle prossime due ore.

«Pha Pan Dao è un piccolo villaggio appartenente alla tribù Akha. Si sono stabiliti nel territorio thailandese da molte generazioni. Dalla nonna al nipote. Coltivavano l’oppio, ma era completamente illegale. Poi il re Rama venne e ordinò di insegnare loro come coltivare e vivere dei raccolti. Ora ci sono piantagioni del tè, di caffè, di fiori. Aspetta, se hai tempo per una passeggiata, devi dare un’occhiata lungo il crinale, da lì puoi avere vista delle vastissima distesa di piantagioni.»

Un’ora dopo la jeep iniziò a percorrere una stretta strada sterrata. Entrambi i lati erano fiancheggiati da grandi alberi che si allineavano. Il sergente Yod disse a Tian che il percorso che stavano seguendo era stato il risultato della cooperazione reciproca dei residenti e dei soldati militari di molti anni fa. Sebbene si trattasse solo di pietre disposte e coperte di terra, aiutava davvero ad accorciare la distanza su e giù per la montagna.

Il sole iniziò a scomparire dal cielo rendendo l’aria ancora più fredda. Il giovane ricco sedeva trascinato sulla sua sedia quasi rotta, ascoltando il ronzio di una canzone popolare che proveniva dalla bocca del sergente Yod, mescolato al ronzio degli insetti fuori dall’auto. Fino a quando l’auto non si fermò in un luogo nel bel mezzo del nulla.

«Maestro Tian, ​​da qui in poi proseguiremo a piedi.» Il sergente Yod sorrise. Scendere e camminare da lì? Il giovane ricco non rispose e fece solo un sorriso forzato.

«È lontano?»

«Non lontano. Abbiamo preso una scorciatoia per arrivare alla fine del villaggio perché la tua casa è proprio là e siamo passati davanti al paese. La distanza è di quasi cinque chilometri, ma da qui sono solo due chilometri.»

Il giovane di città che guidava un’auto anche se il suo obiettivo era a soli cinquanta metri, non poteva credere a quello che gli aveva detto la persona davanti a lui. Doveva camminare due chilometri con il pesante zaino sulle spalle?

Il sergente Yod, che aveva visto l’aura scura di Tian, ​​aggiunse subito: «Non preoccuparti. Solo un piccolo pendio e non così in alto.» Il sergente Yod cambiò volontariamente i ruoli con Tian, era lui a portare lo zaino mentre Tian teneva la torcia.

Il cielo era diventato completamente buio. Il soldato anziano decise di continuare il viaggio prima che molti rettili e altri animali spuntassero fuori. Tian usava una torcia grande quanto un pugno puntando la sua luce bianca verso il suolo, seguendo il sentiero che li aveva condotti al villaggio. Fortunatamente dopo l’operazione, era stato diligente nell’esercizio fisico su ordine del medico. Anche se la camminata era piuttosto pesante, era riuscito ad arrivare a destinazione. Rivolse allora la sua attenzione all’ombra di una capanna a pochi metri più avanti. Tian si piegò sulle ginocchia per la stanchezza.

«Ci siamo quasi, insegnante. Andiamo.»

Il sergente Yod non sembrava affatto stanco. Tian alzò la testa, prese un profondo respiro e riprese a camminare. Iniziò a sentire l’odore del legno che bruciava e a vedere il fumo bianco trasportato dal vento finchè non vide l’origine di tutto quello. Un falò si trovava all’interno di un cerchio di pietre e diversi blocchi di legno che erano diventati neri, creare una luce brillante davanti ad un vecchio cottage. Un’ombra nera apparve tra Tian e il falò.

Il giovane ricco seguì la direzione del suo riflesso e trovò il grande corpo di un uomo. Se ne stava dritto di fronte alla capanna di bambù. Solo.

Anche senza portare armi o indossare un’uniforme militare, Tian poteva riconoscere quella schiena solida come una roccia. La sua mano magra fece cadere accidentalmente la torcia che aveva in mano e quella emise un suono piuttosto forte cadendo al suolo. La luce bianca della torcia si spense, invitando la persona il cui volto era nascosto dall’oscurità, a voltarsi e fissare Tian con i suoi occhi acuti.

Tian era immobile, completamente congelato. Solo il suo cuore batteva molto forte, facendogli dolere il petto. All’improvviso il corpo dell’insegnante volontario crollò, ma prima di cadere a terra, il corpo del giovane soldato si mosse ed afferrò la sua vita sottile. Le guance di Tian toccarono l’ampio torace, ancora più forte di quanto pensasse. Quando si rese conto che il suo corpo era stato abbracciato, il sangue di Tian ribollì facendogli sentire il viso caldo. Il giovane ricco aggrottò le sopracciglia e chiuse gli occhi cercando di controllare il suo cuore che batteva veloce, ma non ci è riuscì.

«Stai bene?»

Tian sentì la voce sussurrargli all’orecchio. Tian spinse velocemente il corpo che lo stava abbracciando, ma quello gli fece perdere l’equilibrio e alla fine cadde a terra.

«Insegnante Tian!» Il sergente Yod gridò, ma non dimenticò di mettersi sull’attenti e salutare il suo superiore e solo dopo aiutò Tian ad alzarsi.

Tian si scrollò di dosso lo sporco attaccato ai pantaloni mentre fissava l’omone. 

Cosa sta pensando? Cosa lo fa sentire in questo modo?

«Sto bene.» Rispose Tian al sergente Yod che sembrava preoccupato.

«Insegnante Tian.»

Il sergente Yod aprì la mano e presentò formalmente Tian all’uomo di fronte a lui. «Non ho presentato l’insegnante al mio superiore. Capitano Phupha, comandante della base Infahteri Company 3307 Pha Pra Pi Roon!»

Tian strinse le labbra e guardò il viso del capitano Phupha che lo osservò come se sapesse che in futuro avrebbe potuto causare problemi.

«Devo farle anche io il saluto militare?» Tian non potè fare a meno di essere sarcastico, ma il capitano non sembrò capire.

«Non ce n’è bisogno. Il saluto Wai è abbastanza.»

Tian non poteva credere a quello che aveva sentito. Poi unì le mani e salutò il capitano. Il sergente Yod, che poteva sentire una cattiva aura crescere tra i due, intervenne immediatamente: «Capitano, questo è l’insegnante Tian, è venuto per sostituire il maestro Aod.»

Il sergente nominò il precedente insegnante volontario, che si era arreso alla terza settimana dopo il suo arrivo lassù. Ed era passato già un mese. Il capitano Phupa annuì ed indicò una capanna vicina. «Puoi mettere le tue cose lì. Ho ordinato di pulire e preparare i tuoi effetti personali. Quindi tutto dovrebbe essere in ordine.»

Il capitano fece una breve pausa prima di aggiungere una frase che fece venir voglia a Tian di saltare e prendere a calci la sua gamba. «Spero che tu sappia come usarli.»

«C’è un manuale disponibile?» Tian cercò di essere sarcastico.

«È solo roba locale e semplice. Ma se ne hai davvero bisogno, farò preparare il necessario da qualcuno al campo.»

Il giovane ricco non sapeva dire se l’uomo fosse sarcastico o serio dato che il tono del capitano Phupha gli sembrò fermo e sincero.

«Grazie!»

Tian decise di arrendersi al militare gigante di fronte a lui. Prese il suo zaino dal sergente Yod, che era in piedi di fianco a lui e che continuava a sorridergli, e lentamente si incamminò verso la capanna di bambù con il tetto di foglie di cocco secche. Il sergente Yod vide l’insegnante volontario salire le scale del cottage danneggiate in precedenza. Poi si rivolse al suo superiore: «Capitano non ha ordinato a un falegname di riparare le scale?»

«Per diversi giorni ci siamo occupati del disboscamento illegale. Quindi l’ho dimenticato.» Phupha rispose sembrando indifferente. Poi si fermò «… e forse dovremmo aggiustarle. Non resterà qui a lungo.»

«Capitano non guardarlo solo dall’esterno. Probabilmente sopravviverà. Non sappiamo mai cosa succederà. Prendi l’insegnante Aod per esempio, sembrava andare d’accordo con le persone, ma ha lasciato il suo lavoro qui.»

Il vecchio sergente fece un respiro profondo. I suoi occhi sembravano nascondere qualcosa che non avrebbe dovuto menzionare.

«Quindi, pensi che il giovane che ha appena superato i vent’anni e indossa abiti e accessori costosi dalla testa ai piedi durerà fino alla fine del semestre? Tre mesi?» Ripeté Phupha. Il sergente Yod rise un po’ e rimase in silenzio.

«A proposito, come sei arrivato qui capitano? Ho usato la jeep e l’ho parcheggiata davanti al villaggio.»

«Ho preso in prestito una moto dal quartier generale.»

Sebbene la strada fosse difficile da percorrere con un veicolo, visto che era naturalmente stretta e rocciosa, non rappresentava un problema per una persona che prestava servizio in quel luogo da oltre quattro anni.

«Vuoi tornare alla base con me? Guidare una moto di notte è molto pericoloso.»

«Nessun problema. Ci rivedremo al quartier generale sergente.» Rispose il capitano mentre terminava la sua conversazione e si avviava verso la sua moto che era parcheggiata non lontano da lì. Avviò il motore della moto e lentamente prese ad andarsene, ma improvvisamente si fermò perché si ricordò di qualcosa.

Non aveva detto al nuovo insegnante cosa fare domani!

A giudicare dall’aspetto di quel giovane, non doveva essere il tipo da svegliarsi presto. Poi Phupha cambiò idea e decise che sarebbe tornato al villaggio l’indomani pomeriggio. Questo avrebbe dovuto dargli il tempo di prepararsi. Infine Phupha girò la sua moto e si diresse direttamente alla base.

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Nella capanna di bambù all’esterno c’era solo un terrazzino e all’interno solo un grande spazio vuoto. Tian cercò qualcosa di simile ad un interruttore della luce sul muro, ma poi si ricordò che si trovava in mezzo alla foresta. Niente elettricità ed acqua. 

Allora come vivono le persone qui?

Posò lo zaino sul pavimento e vide una luce Petromax. Il figlio minore dell’ex generale sedeva a gambe incrociate sollevando la lampada petromax verso la luce della luna che entrava dalla finestra per una migliore visuale. Alla fine trovò un piccolo testo nella parte inferiore della lampada. La scritta era molto piccola e stretta. Tian si voltò e cercò la sua torcia, poi si ricordò di averla lasciata cadere fuori dalla capanna.

Alla fine tirò fuori il suo cellulare, non più utile dato che non c’era segnale lì, decidendo che lo avrebbe usato come torcia. Il giovane si concentrò sulla lettura delle piccole istruzioni fino a che gli occhi non gli fecero male; anche se non aveva mai usato uno strumento simile, non era così stupido. Aveva solo bisogno di capire come funzionava e sarebbe riuscito a farlo.

La mano snella posò la lampada petromax sul pavimento di bambù abbassandola finché non trovò una valvola di plastica. La tirò fuori e la spinse indietro diverse volte per applicare pressione e dopo spinse l’interruttore per accenderla. Ma poiché Tian aveva girato troppe volte, rilasciando molto gas, la luce prodotta era troppo intensa. L’improvviso ed intenso bagliore spaventò Tian che cadde all’indietro.

Il giovane ricco aspettò qualche minuto, ma non c’era segno che la luce si sarebbe attenuata, al punto che Tian ebbe paura che la lampada avrebbe dato fuoco all’intera capanna. Prima ancora che osasse girare la valvola sinistra con la mano, all’improvviso, la luce della lampada iniziò a diminuire ed il ragazzo di città tirò un sospiro di sollievo, contento di non aver dato fuoco alla sua capanna. Mise la lampada petromax nell’angolo dell’ampia stanza ed iniziò ad ispezionare ogni cosa che c’era nella sua capanna. Vide un tavolino, un materasso che sembrava molto vecchio, una coperta ed un cuscino altrettanto vecchi e poi una zanzariera piegata. Fortunatamente il pavimento di bambù sembrava pulito. Qualcuno doveva essere venuto a pulire e preparare quella capanna di bambù per lui.

Tian si sedette e si abbracciò le gambe per un momento non sapendo cosa fare ed infine decise di mettere per prima cosa la zanzariera. Aveva usato una zanzariera come quella in un campo di addestramento militare, ma non l’aveva mai installata lui stesso. Il giovane aprì la zanzariera confuso e dopo un pò trovò quattro corde legate a ciascuna estremità della rete, il che significava che doveva appenderle a qualcosa. Guardò il soffitto e le pareti trovando dei vecchi chiodi conficcati nei tronchi che sembravano perfettamente apposti ai  quattro angoli del cottage e per questo decise di appendere le corde a ciascun chiodo. I quattro lati della zanzariera non sembravano molto simmetrici, ma alla fine scattarono in posizione. Tian sospirò sollevato e di nuovo si mise a sedere sul pavimento esausto e affamato. Il suono del suo stomaco che ringhiava forte gli ricordò che non aveva mangiato nulla da quel pomeriggio. Sentiva di essere arrabbiato con il gigante capitano visto che avrebbe dovuto sapere che lui aveva viaggiato tutto il giorno senza avere alcuna possibilità di mangiare, avrebbe dovuto, come minimo, preparare qualcosa di commestibile.

Tian strisciò sul suolo perché troppo pigro per raggiungere il suo zaino, ma si ricordò che al suo interno c’erano diverse barrette e snack energetici. Mentre infilava la mano nella borsa vide qualcosa, un secchio di acciaio inossidabile e una bottiglia d’acqua dietro la porta. Il secchio era stato sicuramente spinto via quando Tian aveva aperto la porta in modo da non poter essere visto. Deglutì a fatica quando lo vide e si sentì dispiaciuto per aver accusato l’amato capitano di Torfun. Con la fame che prese il sopravvento, Tian aprì il contenitore e trovò una frittata, una zuppa di tofu e del riso bianco freddo.

«Come faceva il capitano Phupha a sapere che non mangio cibi piccanti?»

Aveva indovinato o era stata solo una coincidenza? Tian non lo sapeva. Il suo stomaco brontolò molto ed anche se il cibo non fosse stato altro che peperoncino saltato in padella, non gli sarebbe importato e lo avrebbe comunque mangiato. Se tutti coloro che conoscevano Tian Sopaditsakul, il figlio più giovane del generale militare, abituato a mangiare sempre e solo in ristoranti di lusso, lo avessero visto mangiare con un vecchio cucchiaio e nutrirsi con quei contorni e del riso freddo e per di più mangiandolo di buon gusto, sicuramente sarebbero rimasti molto sorpresi. Aveva anche finito il suo pasto senza lasciare un solo chicco di riso. Poi afferrò la bottiglia d’acqua e bevve. 

«Sono molto pieno.» Mormorò.

Dopo essere rimasto seduto per un po’, Tian iniziò a rovistare nella sua borsa rimuovendo lo spazzolino da denti e il dentifricio, sperando di potersi lavare i denti prima di andare a dormire. 

Ma dov’è il bagno? 

Tian si fermò e si chiese se il sergente Yod o il capitano Phupha avessero detto qualcosa al riguardo e se lui se ne fosse dimenticato, ma ricordava perfettamente che i due non avevano menzionato nulla. Era impossibile uscire a cercarli adesso. Fuori era buio e tutto intorno era una foresta.

«Allora stanotte vai semplicemente a dormire!»

Decise di spostare il materasso e metterlo nella zanzariera. L’odore di muffa del materasso gli fece desiderare di non sdraiarsi e nemmeno di dormirci sopra, ma come avrebbe potuto dormire senza nulla. Così si convinse, trattenne il respiro e lentamente si sdraiò sul vecchio materasso posando la testa sul cuscino e fissò il soffitto illuminato dalla lampada petromax che aveva riposto in un angolo. Poi come sua abitudine prese il cellulare lì vicino, ricordandosi di quanto era inutile in un posto come quello. Assolutamente nessun segnale. Là il suo costoso cellulare non era più utile di un portarotolo. Sospirò ripetutamente. Il rumore del suo respiro era mescolato al suono degli insetti e al vento freddo che portava una sensazione di solitudine. Inconsciamente delle lacrime salirono agli angoli dei suoi occhi.

Cosa ci faccio qui ?

*********************

Il sole splendeva già sulle montagne maestose e scoscese, ma il giovane che indossava ancora gli stessi vestiti della sera precedente era ancora rannicchiato in una zanzariera dalla strana forma. Un uomo alto e grosso con indosso dei pantaloni mimetici e una giacca verde khaki con diversi simboli ricamati, guardò Tian ancora addormentato con disgusto.

Phupha aveva preso la torcia che il ragazzo di città aveva lasciato cadere la notte scorsa accanto a lui. Vide una lampada petromax nell’angolo della capanna completamente senza gas dato che la valvola era stata lasciata aperta. Ovviamente la lampada era stata accesa tutta la notte esaurendo la bombola del gas. Non era troppo stupido e l’aveva fatta funzionare da solo, ma avrebbe dovuto spegnere la luce prima di andare a dormire e non lasciarla accesa tutta la notte perché quella lampada non si alimentava con una batteria, ma con del combustibile. 

Brucerà l’intera capanna?

Phupha inspirò ed espirò lentamente cercando di calmare la sua mente. Quindi tolse la zanzariera da entrambi i lati e scosse il corpo ancora disteso che si abbracciava forte.

«Tian, svegliati…» Phupha chiamò il nome della persona distesa, ma nessuna risposta, cosa che lo infastidì e che gli fece aggrottare le sopracciglia. Poi decise di inginocchiarsi accanto a Tian e gli sussurrò all’orecchio:

«Perché non torni in città e dormi sul tuo soffice materasso? Non è più comoda casa tua che essere un insegnante volontario qui?»

Tian stava per svegliarsi e sedersi sul letto quando si rese conto che quella non era la stanza della sua lussuosa casa. Una volta seduto, il suo naso e la sua faccia toccarono accidentalmente il collo di Phupha.

«Ho appena…?! No. Non ho toccato la sua faccia. Giusto?» borbottò Tian.

Il bel viso del giovane era completamente rosso, mentre Phupha era sbalordito senza dire nulla e senza muoversi di un solo centimetro. Dopo pochi secondi, il capitano si alzò lentamente e borbottò qualcosa in tono autoritario.

«Alzati…Sbrigati e fatti una doccia.»

Tian portò le mani al viso cercando di placare il rossore delle sue guance. Per alleviare il suo imbarazzo rispose a Phupha con un grido.

« Va bene! Ma dov’è il bagno? Non ha detto niente a riguardo ieri sera, quindi ho dovuto dormire in questo modo.»

«Non è così lontano, ma non consiglio di usarlo di notte. Se vuoi usare il bagno ce n’è uno sul retro.»

Tian non riusciva a immaginare come sarebbe stata la toilette. Così raccolse immediatamente il necessario per la toilette che non aveva ancora usato. Il capitano Phupha osservò gli effetti personali di Tian: vestiti, sapone, shampoo e spazzolino da denti, poi disse semplicemente:

«Seguimi.»

Tian inseguì il guerriero gigante, perché Phupha se ne andò immediatamente dopo aver finito di dare ordini senza aspettarlo. Fuori, il sole splendeva molto forte e faceva male agli occhi. Quella era prima volta che Tian vedeva chiaramente Pha Pan Dao. Aveva scoperto che la capanna era circondata da altre capanne. Molte erano così simili alla sua, ma di dimensioni diverse, più grandi.

Il giovane di città vide persone e bambini che indossavano strani indumenti in tessuto rosso, sembravano i loro abiti tradizionali. Nel frattempo, altre persone indossavano abiti normali. Tian intuì che quel villaggio doveva essersi aperto alla cultura esterna che si era mescolata con la loro cultura nativa. Pertanto quel villaggio era ben disposto a ricevere un’istruzione, a differenza di altri villaggi che erano ancora troppo legati alle loro tradizioni. Il giovane ricco si stava innervosendo, perché tutti lo guardavano come un estraneo quando lo vedevano passare. Ma quando Tian si voltava a guardarli abbassavano la testa e gli sorridevano educatamente. Poi il capitano Phupha si fermò davanti alla casa che sembrava la più grande tra le altre.

«Il bagno è qui?» Chiese Tian.

«No.» rispose Phupha molto brevemente come al solito. «Aspetta qui. Torno subito.»

Alla fine, Phupha salì le scale e scomparve quando raggiunse la cima, lasciando Tian  fuori alla ricerca di un riparo dal sole cocente. Non ci volle molto, poi il Capitano tornò con un vecchio dall’aspetto gentile.

«Tian, ​​questo è lo zio Biang-Lare. Lui è il capo di questo villaggio. Lo chiamiamo Kha-Ma.»

Tian salutò educatamente il vecchio.

«Salve.»

«Salve, insegnante. Hai dormito bene stanotte?»

Kha-Ma, che significava uomo saggio, sapeva tutto quello che accadeva all’interno del villaggio ed era anche un traduttore, così da permettere alle persone del villaggio di comunicare con quelle esterne ufficialmente.

«Abbastanza bene, ma ci sono molte zanzare.» Rispose Tian, ​​accarezzandosi la mano decorata da macchie rosse.

«Perché non hai messo bene la zanzariera.» Il capitano Phupha lo interruppe con parole che irritarono Tian.

«Come faccio a saperlo? Non me lo hai insegnato né mi hai dato il manuale.»

Phupha fece una pausa prima di parlare di nuovo a Tian con voce seria. «Mi dispiace. Non sapevo che ne avessi davvero bisogno.»

Tian sorrise maliziosamente e quella volta si sentì come se avesse vinto. «Non devi scriverle. Mostrami solo come fare.»

«Va bene. Ti insegnerò stasera.» Promise Phupha sinceramente e Tian si sorprese.

«Che tipo di persona sei davvero, signor gigante?»

Prima che potessero discutere ulteriormente, lo zio Biang-Lare porse all’insegnante volontario una ciotola di plastica. «Maestro sbrigati e fatti una doccia prima che il sole diventi più caldo.»

Tian sembrava confuso quando vide la ciotola di plastica. Al suo interno c’erano un grumo nero e una bottiglia piena di un liquido marrone. «Cos’è questo?»

«Sapone al carbone di bambù e shampoo alle erbe.»

Le sue sopracciglia si inarcarono con aria interrogativa. Perché gli erano state date quelle cose quando aveva già portato le sue?

«Quando arrivi in ​​bagno lo saprai.» Il giovane capitano rispose. Prestando attenzione, si sarebbe potuto vedere un piccolo sorriso all’angolo delle labbra di Phupha. Sembrava che stesse aspettando di vedere qualcosa di divertente e ridicolo.

I due lasciarono il capo del villaggio e ripresero a camminare. Il sole cocente bruciava la pelle del giovane di città. Tian si asciugò il sudore che scorreva dalla sua fronte e dal suo collo. Guardò la grande schiena di Phupha che camminava davanti a lui, Tian si sentiva strano perché aveva camminato troppo solo per fare una doccia.

«Perché hanno costruito un bagno così lontano? Suderanno di nuovo come matti dopo aver fatto la doccia.»

Phupha non disse nulla, ma puntò il dito contro un angolo della foresta non troppo lontano. Tian guardò nella direzione in cui Phupha stava indicando e spalancò gli occhi, poi corse verso quel luogo e lasciò Phupha indietro. Tian era di fronte ad una bellissima cascata molto suggestiva. La cascata era naturale e molto bella, con vari livelli ed acqua così limpida che si riuscivano a vedere diverse foglie cadute sul fondo del grande stagno sottostante. Tian non sapeva esattamente cosa stesse provando. Si voltò per affrontare il capitano Phupha e chiese: «Dov’è il bagno?» 

Domanda stupida perché la risposta era proprio di fronte a lui.

«Qui. Un bagno naturale.» Phupha represse le sue parole.

«Vuoi dire che devo mettermi a nudo e fare il bagno qui? In pubblico? Non è possibile!»

«Ci sono altri modi. Devi prendere in prestito un secchio dal villaggio e portare l’acqua che è qui alla tua capanna. Poi puoi fare una doccia lì.»

Tian guardò Phupha dritto negli occhi come se volesse gridare: «Stai scherzando ?!» Phupha sembrò capire il messaggio.

«Dico sul serio.» Fece un cenno a Tian.

«Se uno di loro o chiunque altro avesse bisogno di acqua a casa sua, dovrebbe portarsela da solo.»

«Perché non usano il sistema idrico sotterraneo?» Tian aveva sempre creduto che dappertutto doveva esserci almeno un pozzo o un sistema idrico sotterraneo, ma il capitano scosse la testa e sentì che avrebbe avuto bisogno di una bambinaia per quel giovane ricco.

«Non c’è abbastanza budget da parte del governo.» Senza contare che la maggior parte del budget era stato preso da persone irresponsabili.

«E allora il campo militare?»

«Abbiamo un budget militare. Alla base di Pha Pra Pi Roon abbiamo un sistema idrico ed elettricità grazie ad un generatore.»

Tain irritato brontolò. «È così ingiusto.»

«Allora, cosa vorresti dire? Non ho tutto il giorno per badare a te.» Phupha usò un tono di voce più intenso.

Il nuovo insegnante si morse il labbro e strinse più forte la presa sulla ciotola di plastica. Era una decisione difficile, più difficile di quando aveva dovuto scegliere tra occhiali da sole Gucci e scarpe Tod’s. Pensò intensamente, contando, aggiungendo, sottraendo, dividendo, moltiplicando prima di stringere i denti.

«Io…farò una doccia qui.»

«Non dimenticare di usare il sapone al carbone e lo shampoo alle erbe che ti ha dato zio Biang-Lare. Questa cascata è una fonte d’acqua naturale per l’intero villaggio. Sei pregato di non utilizzare prodotti chimici esterni.» Tian fece aggrottare le sopracciglia a Phupha per il disaccordo quando guardò quei prodotti con disgusto. Uno era tecnicamente a base di carbone prodotto dalla legna e l’altro era un prodotto a base di erbe.

«Non sottovalutarli. Li producono da generazioni, di padre in figlio.»

«Lo so. Capisco.»

Il giovane ricco agitò la mano per fermare la discussione ed iniziò a entrare in acqua, ma poi si ricordò di qualcosa di strano.

«Sarò nudo. Spero che non ti sieda qui a guardarmi.»

«No, mi siederò proprio qui. Ci vediamo.» Phupha confermò serio. «Sei nuovo in questo villaggio. E’ abbastanza rischioso e potresti fare qualcosa di scortese. Se ciò dovesse accadere, allora io sarò…potrebbe essere molto problematico.»

Phupha non finì la frase e sembrava proprio che Tian non avesse capito il seguito o non avesse capito per nulla, per questo continuò ad urlare verso Phupha.

«Okay. Anche se sono un uomo, tu non sei mio amico o uno di famiglia. Stare nudo davanti a te mi mette a disagio. Anche se ti va bene, è a me che non va bene.»

Phupha cercava di capire perché i ricchi non volessero perdere la faccia, quindi lui, da virile soldato militare, gli avrebbe mostrato tutta la sua dignità.

«Va bene. Mi giro, quindi prenditi cura di te.»

«Grazie. Lo apprezzo davvero.»

Tian vide Phupha rifugiarsi sotto un albero non troppo lontano e poi vide se stesso. Il profumo di muffa era rimasto sulla maglietta che aveva indossato per tutta la notte. Tian decise di togliersi la maglietta a motivi vivaci e i suoi jeans scivolarono lungo il suo corpo snello, lasciando solo con la biancheria intima dentro l’acqua. Esitava ancora a essere nudo in mezzo alla foresta in quel modo. L’aria calda e l’esposizione al sole avrebbero fatto arrossare la sua pelle. Il sudore che scorreva lo faceva sentire a disagio, procurandogli prurito.

Tian immerse un piede e calpestò una roccia fino ad immergere metà del suo corpo. Usò una ciotola di plastica per prendere dell’acqua e la versò sulla testa verso il basso. Prese lo strano sapone nero e se lo strofinò sul corpo. Il profumo del gelsomino esplose sorprendendo Tian, spingendo il giovane ricco, che non aveva mai utilizzato una cosa del genere, a strofinarlo di più e ad inalarne ancora l’aroma.

«Non male. Ha anche un buon profumo.»

Tian rivolse la sua attenzione alla bottiglia di plastica piena di liquido al cioccolato per provarla e ne versò un po’ sulla sua mano scoprendo che non si trattava di sterco di bufalo come aveva pensato ed aveva anche un buon profumo. Ne prese ancora un altro po’ ed iniziò a strofinarlo comodamente sui capelli. L’acqua lo fece sentire molto rilassato e rinfrescato, ma poi pensò ad un’idea che sembrava divertente. Così si spinse in una zona più profonda all’interno dello stagno. Le bolle dello shampoo si espansero su di esso mentre nuotava comodamente. Provò sentimenti completamente diversi da quelli che aveva avuto all’inizio.

Nel frattempo, Phupha stava aspettando. Continuava a guardare l’orologio poichè era passato troppo tempo da quando aveva lasciato l’accampamento. Era un giorno feriale e decise di non restare nel suo ufficio, sentendosi male per questo. Così il giovane capitano si alzò e si scrollò di dosso la sporcizia attaccata ai pantaloni per tornare vicino la cascata. Vide della stoffa sulla roccia, ma non il proprietario. Cercò di Tian e vide quel piantagrane nuotare in mezzo alla piscina.

«Tian!! Torna indietro! Non andarci! Ci sono forti correnti là!» Urlò Phupha preoccupato.

La corrente al centro della cascata era molto forte, tanto da creare un vortice sottostante. Sembrava che Tian non avesse sentito affatto Phupha e all’improvviso, il corpo di Tian si immerse e scomparve sott’acqua. Non c’era segno del ritorno di Tian.

Dopo aver aspettato un po’, dopo solo una frazione di secondo il capitano Phupha si tolse gli stivali da combattimento.

«Merda!»

La forte imprecazione risuonò in tutta l’area prima di essere sostituita rumore di un corpo che impattava con l’acqua mentre Phupha si tuffava. Vide Tian galleggiare sotto la cascata senza muoversi. Si avventò sul corpo di Tian e avvolse strettamente le sue braccia muscolose intorno alla vita sottile di Tian, ​​poi cercò di nuotare per prendere un pò d’aria. Solo allora, Tian iniziò a muoversi e a spingere Phupha. Sembrava che il ragazzo stesse cercando di farlo annegare, ma il militare aveva più esperienza così tenne ferme le mani del giovane e nuotò mentre Tian gli circondava il collo con le braccia.

Il forte militare thailandese nuotò fino al bordo della naturale piscina, ma era furioso per l’anima maliziosa che gli pendeva dal collo e dalla schiena. Non appena Phupha giunse in superficie, girò il viso verso la persona che stava appoggiando il mento sulla sua spalla. 

Il profumo del sapone e dello shampoo che Tian aveva usato fece realizzare a Phupha quanto in quel momento erano vicini l’uno all’altro.

Poteva sfiorare la punta del suo naso con la sua.

Phupha guardò quei bei occhi scintillanti. Era davvero arrabbiato con Tian, ​​doveva interrompere quella sensazione così folle.

«Mi hai ingannato.»

Il tono di voce profondo scandiva ogni parola. Quelle labbra rosa e sottili sorrisero ampiamente ed un bello e oscuro sorriso apparve per pochi secondi sulle labbra di Phupha.

«Anche se non c’è l’idromassaggio, ho avuto un crampo alla gamba.»

«Oh veramente?»

Phupha camminava lentamente e cercava di fidarsi di Tian che lo aveva deliberatamente ingannato, poteva sentirlo ridacchiare di lui. Nel frattempo, Tian sorrise e si sentì molto felice di essersi preso gioco del gigante corso a salvarlo e adesso bagnato fradicio. Non provò nemmeno a nuotare da solo, ma avvolse comunque le braccia intorno al collo di Phupha finché non tornarono a riva.

«Scendi.»

Phupha ordinò a Tian quando una volta fuori dall’acqua, ma quando Tian venne fuori dall’acqua afferrò la sua camicia bagnata mostrando così al capitano la faccia sua triste.

«Ti ho già detto che ho un crampo alla gamba.»

Phupha guardò Tian e cercando di capire se stesse di nuovo mentendo, ma poi decise di sollevare il corpo di Tian con entrambe le mani. Proprio come veniva tenuta una sposa il giorno del suo matrimonio. Il possente capitano uscì dall’acqua camminando mentre tra le braccia reggeva il corpo di Tian quasi nudo. Tian era scioccato da ciò che Phupha aveva fatto per lui.

Il mio cuore batte forte.

Il battito cardiaco di Tian era aumentato, batteva come un matto! Il suo viso arrossì per l’imbarazzo e Tian disse addio alla sua virilità. Non sapeva come reagire. Doveva essere arrabbiato o imbarazzato? Così colpì più volte il petto forte e ampio gridando. «Merda! Cosa fai! Mettimi giù!»

«Hai detto di avere i crampi alle gambe, quindi ti porterò, così, nella tua capanna. Non è una buona idea?» Quel paio di occhi stavano dicendo che il capitano non stava scherzando.

«Tornare nudo tra le tue braccia? Cosa vuoi fare pazzo di un gigante?!»

Tian mise di nuovo la mano intorno al collo di Phupha, ma questa volta gridò nell’orecchio al suo orecchio. «E’ passato! Mettimi giù!»

All’improvviso, Phupha lasciò andare Tian che per ​​lo spaventò e cadde a terra. Tian guardò Phupha rabbioso, dimenticandosi di coprire la grande cicatrice sul suo petto. Sapeva che Phupha l’aveva vista, ma invece di parlarne Phupha decise di non dire nulla. Prese poi un asciugamano e lo lanciò sul corpo di Tian.

«Asciugati e indossa i vestiti.»

«E tu?» Vedere la maglietta mimetica e i pantaloni di Phupha  bagnati e gocciolanti d’acqua fece sentire Tian in colpa.

«Sto bene. Tornerò alla base subito dopo averti scortato a casa.» Phupha parlò come se non fosse un grosso problema per lui ed iniziò a esortare Tian a vestirsi velocemente.

Il giovane si voltò immediatamente, si asciugò i capelli e si vestì in fretta perchè iniziava a sentire così freddo che le sue labbra cominciarono a tremare. Una volta tornati al villaggio Tian sbirciò segretamente il viso davvero affascinante dell’uomo di sangue thailandese. Avrebbe voluto più volte offrirgli l’asciugamano che reggeva tra le mani, ma aveva continuato ad interrompere le sue intenzioni.

Perché il suo cuore continuava a battere così forte?

Per favore non confondermi, Torfun!

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