HOUSE OF SWEETS – CAPITOLO XIV

«Oh, che carini! Sono entrambi come dei nonnetti, con i piedi sepolti nella sabbia.»

«Zio e Hiro-kun dormono!»

Mezzo addormentato, Kase udì le voci di Chise e Rio in lontananza.

«Nhh… cosa? Siete già tornati?»

Kase sentì che Agi si stava alzando accanto a lui. Voleva dormire ancora un po’, ma aprì gli occhi alla luce abbagliante del sole.

«Siete finalmente svegli, vedo…»

Non appena Agi si mise seduto, Rio gridò “Yay” e gli saltò in grembo mentre era ancora assonnato.

Agi gemette: «Sei freddo.»

Piccole goccioline d’acqua volarono e Kase che sbatté le palpebre.

«Rio, puzzi di alga.» si lamentò Agi. Goccioline di acqua profumata di mare gocciolavano dalle punte dei capelli di Rio.

«Questo perché ho nuotato molto. Zio, ho fame.»

«Sì, è già mezzogiorno. Ok, andiamo al chiosco sulla spiaggia.» Agi si alzò in piedi mentre trasportava Rio.

«Voglio oden, takoyaki e ghiaccio tritato. E anche un grosso hot dog!»

«Piccolo ghiottone. Non puoi mangiare tutto questo.» Chise pizzicò leggermente il naso di Rio mentre Agi lo trasportava.

«Eh, va bene, dopotutto siamo in spiaggia.»

«E la spiaggia lo rende bello?»

Avevano portato con sé solo i loro oggetti di valore, parlando mentre si dirigevano insieme verso il chiosco sulla spiaggia. Fecero le ordinazioni e cercarono un tavolo libero, ma ovunque guardassero i tavoli erano pieni. La folla dell’ora di pranzo aveva davvero riempito il posto.

«Beh, visto che siamo in spiaggia, che ne dici di sederci sulla sabbia e mangiare? Giusto, Rio?»

«Sì, voglio mangiare sulla sabbia.»

Fu allora che qualcuno dietro di loro disse: «Scusatemi.» Kase si voltò e c’era un giovane che indossava una maglietta e un grembiule con il logo del chiosco sulla spiaggia. L’uomo sorrise e indicò un tavolo.

«Se non le dispiace condividere un tavolo con altri, c’è un posto libero laggiù.»

«Uno?» chiese Kase, non capendo il suo significato.

Quando Agi e gli altri si voltarono, l’uomo esclamò: «Oh», con la bocca aperta. «Mi dispiace, quindi eri con quella famiglia lì. Pensavo fossi da solo.»

Kase guardò con aria assente mentre l’uomo si grattava la testa per l’imbarazzo e se ne andava. Anche l’uomo del chiosco del noleggio in precedenza aveva pensato che Agi e gli altri fossero una famiglia. Una madre, un padre e il loro bambino. Una singola unità. Una famiglia. Kase non era così tanto lontano da loro, ma non era incluso nella loro cerchia.

Agi-san è in un gruppo diverso dal mio?

Il suo cuore tremò e Kase dovette distogliere lo sguardo da loro.

Alla fine, non riuscirono a trovare un tavolo e decisero di tornare ai teli da spiaggia per mangiare. Una giovane donna stava camminando verso di loro portando un vassoio con una mano e parlando al cellulare. Stava a malapena guardando davanti a sé quando Chise cercò di tirare la mano di Rio, il piede della donna e Rio si scontrarono.

«Ahh!»

Il vassoio della donna si inclinò e un contenitore di plastica scivolò e cadde da esso. Apparentemente conteneva udon. Il brodo caldo si rovesciò su Rio che cominciò a piangere come se gli fosse stato dato fuoco.

«Rio!»

L’espressione di Chise cambiò e spazzò via i noodles fumanti dalla testa di Rio. Il personale del chiosco sulla spiaggia si precipitò a portare un asciugamano bagnato, ma Agi prese in braccio Rio e corse alle docce vicino all’edificio. Spruzzò acqua su Rio mentre gli diceva: «Va tutto bene, va bene.»

Rio si calmò a poco a poco finché non cominciò a tirare su con il naso. Si tenne al collo di Agi per trarne conforto mentre Chise gli massaggiava delicatamente la schiena e diceva: «Dai, dai.»

Kase li osservava da una breve distanza, non sapeva cosa fare in quel momento, ed era rimasto immobile lì come un idiota. E ora non poteva entrare in quella “famiglia”.

«Che diavolo stai facendo? Ho aspettato, ma ci stai mettendo un’eternità.»

Kase si voltò alla voce cupa di un uomo.

«Oh scusa. Ho urtato un bambino e ho rovesciato l’udon.»

La donna spostò lo sguardo preoccupata tra l’uomo e Rio.

«Che cosa? Sei proprio un’imbranata.» L’uomo rise come se ci fosse qualcosa di divertente e notò lo sguardo di Kase nelle vicinanze.

«Oh, è con le persone che mi hanno urtato…»

«Oh veramente? Allora tu ci rimborsi i danni.»

«Rimborsare?»

«Beh, sì, che altro? Non posso mangiare qualcosa che si è rovesciato sul pavimento.»

«Ehi, smettila. Dal punto di vista di tutti, la colpa qui è mia.» La donna cercò freneticamente di fermare l’uomo.

«Ascolta, lascia fare a me. Ehi, pagherai, vero?»

C’erano teppisti come quest’uomo ovunque.

«Sbrigati.» minacciò l’uomo con un sogghigno. Kase stava guardando l’uomo con uno sguardo freddo quando gli fu dato un colpetto sulla spalla da dietro. Erano Agi e gli altri.

«Andiamo. Non ascoltare gli idioti come lui.» Agi annuì con il mento. «Andiamo.» e Kase lo seguì.

«… Oi, aspetta, vecchio. Come mi hai appena chiamato?» L’uomo afferrò il cappuccio della giacca di Agi. Non era stato chiuso con la cerniera nella parte anteriore e scivolò via dalle sue spalle. L’uomo lasciò il cappuccio come se fosse stato respinto da ciò che apparve sotto. Quello che era apparso era un tatuaggio che gli copriva tutta la schiena.

Il tatuaggio rappresentava tre draghi, intrecciati in un disegno complesso. Non sembrava il tipo di tatuaggio che qualcuno si sarebbe fatto solo per moda.

«Uh… mi-mi dispiace così tanto.» La voce dell’uomo tremava e anche i curiosi guardavano con nervosismo. «Sono seriamente, seriamente dispiaciuto. Per favore scusami.»

Agi non guardò l’uomo che scuoteva la testa per scusarsi, aggiustò appena la sua felpa con cappuccio e iniziò a camminare. Quando tornarono ai loro teli da spiaggia, il personale amministrativo locale andò a trovarli. Il personale disse loro, scusandosi, che c’era un’ordinanza che vietava i tatuaggi in spiaggia.

«Abbiamo capito, ce ne andremo.» disse Chise.

«Eh?» Rio si voltò verso di lei scioccato. «Come mai? Come mai? Ma è ancora ora di pranzo. Ho nuotato solo un po’. E dopo aver pranzato, dovrei costruire un tunnel di sabbia con mamma, zio e Hiro-kun. L’avevi promesso.»

«Rio, non fare i capricci. Non sei più un bambino.»

«M-Ma…» Gli occhi di Rio si riempirono di lacrime. Non vedeva l’ora che arrivasse oggi, di giocare con sua madre e Agi per l’intera giornata. Rio di solito non si lamentava mai, e sembrava ancora più pietoso.

«Rio, mi dispiace, è tutta colpa mia. La prossima volta ti porterò su un’altra spiaggia.»

Rio guardò Agi attraverso le lacrime e annuì.

«V-Va bene. Non è colpa tua, zio. Mi scuso per le lamentele.» Era chiaro che Rio stava facendo del suo meglio per far sentire a suo agio Agi.

Chise prese il bambino tra le braccia mentre piangeva attraverso le sue parole.

«Dai, dai, Rio, sei un ragazzo così gentile. La mamma ti vuole molto bene e tu sei molto gentile.» Chise sfregò la guancia contro quella di Rio.

Agi fece un sorriso ironico e iniziò a fare i bagagli per andarsene.

Kase lanciò un’occhiata a Chise mentre tirava giù gli ombrelloni, sembrava aver sempre saputo del tatuaggio di Agi. Non aveva mostrato alcun allarme al riguardo per tutto il tempo.

Agi era stato uno della yakuza?

Se lo fosse stato, tutto avrebbe avuto senso. Agi sembrava avere molto nel suo passato di cui non parlava.

Allora Chise sapeva tutto di Agi?

Ma Kase non sapeva nulla di lui. Non che ci fosse bisogno che lo sapesse. Però…

“Sei un uomo fortunato ad avere una moglie così bella. Inoltre il ragazzino è adorabile.”

“Pensavo che fossi da solo.”

Un’ansia non identificata si radicò nel suo petto.

Agi guidò sulla via del ritorno, e Chise e Rio sedettero sul sedile posteriore. Come aveva detto in spiaggia, Agi prese le strade locali invece della superstrada.

«Ma è più veloce in autostrada. Oltretutto in questo momento non c’è traffico.»

«Su, su! Dato che siamo arrivati ​​fin qui, facciamo un rilassante viaggio verso casa.»

Questo fu tutto ciò che Agi disse al riguardo, ma anche sulle strade locali, fece in modo di dare molto spazio all’auto davanti a loro, e praticamente rimase nella corsia più a sinistra* e superò raramente.

[*N/T: In Giappone guidano a sinistra.]

Dato che il divertimento di Rio era stato interrotto in spiaggia, sulla via del ritorno, si fermarono in un acquario per lui. Rio si riprese completamente quando vide lo spettacolo dei delfini, il che fece sentire meglio anche Agi.

Era il tardo pomeriggio quando lasciarono l’acquario, e non appena salirono in macchina, Rio e Chise si addormentarono. Il cielo estivo cambiò lentamente colore al di là del parabrezza, passando da un azzurro a un rosa tenue.

«Se sei stanco, puoi dormire anche tu.» disse Agi con gli occhi sulla strada.

«Va bene. Non sono stanco.»

«Allora dammi un pezzo di gomma, vuoi? Quello nero, per tenermi sveglio.»

Kase tirò fuori un pezzo di gomma che era stato messo nel portabibite. Lo porse per passarlo ad Agi, ma lui gli chiese di scartarlo. Kase aprì la pellicola per rivelare il pezzo di gomma rettangolare, lo tese e Agi tenne gli occhi sulla strada mentre spostò il viso e aprì la bocca con un «Ahh.»

Non c’era modo di aggirarlo, quindi Kase portò il pezzo di gomma alla bocca e Agi diede un morso alla gomma insieme alla punta delle dita di Kase. Un leggero dolore percorse i nervi per raggiungere le profondità del suo petto che non poteva toccare.

«… Agi-san.»

«Hmm?» Agi inclinò la testa mentre teneva gli occhi davanti a sé. Tuttavia, Kase non aveva idea di cosa dirgli.

«… In realtà, sono piuttosto stanco. Dormirò un po’.» Kase girò il viso verso il finestrino e fece finta di dormire.

Sbirciò il cielo con gli occhi socchiusi, osservando i colori cambiare a tutta velocità.

Il cielo al tramonto era un misto di blu e rosa. Anche qualcosa dentro di lui aveva cambiato colore. L’interno dell’auto era soffocante, voleva saltarne fuori subito. Tuttavia, voleva continuare a restare così com’erano per sempre.

Kase poteva vedere la sagoma nera di una ruota panoramica in lontananza. Mentre guardava il bel cielo, ascoltava i piccoli suoni del battito del suo cuore.

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