ECLIPSE – EP. 3 CAPITOLO 2

Belt of Venus

Un grido si fece più forte non appena l’alta figura di Akk si avvicinò e la sua mano afferrò quel maledetto cellulare.

Sotto gli sguardi dei compagni che li fissavano, lo studente prefetto urlò: «La scuola ti permette di portare il cellulare, ma non devi disturbare i tuoi compagni!»

Quando vide chi era colui che gli aveva strappato il cellulare dalle mani, il proprietario con il suo amico sgranarono gli occhi. Chamnan usò la punta della lingua per spingere gli angoli della bocca fino a far sporgere il mento. Di nuovo questo bastardo!

«Come junior, dovresti rispettare il tuo senior!»

«Quindi come senior, non dovresti usare le buone maniere ed essere da esempio per i tuoi junior?»

Un’altra persona che non era il proprietario del cellulare lo strappò dalle sue mani e lo rese al suo amico: «Nessuno ha usato il cellulare in classe.»

Akk sentì un vento caldo soffiargli sul viso. La rabbia che stava provando sino a quel momento era sparita come una folata di vento. Poi puntò il dito contro di loro: «Lo stavo per dire, la telefonata è arrivata durante la lezione.»

«Beh, le persone che non lo sanno potrebbero chiamare. Come puoi vietarglielo?»

«Il cellulare ha la vibrazione, non si è sentito il suono.» Chamnan storse le labbra.

«Abuso di potere!» 

Quella voce non proveniva da nessuno dei membri della banda, non era nemmeno la voce di una giovane donna o di qualcuno della stessa classe del ragazzo, ma solo un passante che aveva visto quello che stava succedendo.

Se Akk non ricordava male – non mi sbaglio mai – quel bastardo dalle dimensioni di un cucciolo era ancora un novellino.

«Ehi tu!»

Prima che potesse raggiungerlo, i tre ragazzi della protesta intervennero immediatamente. A testa alta e con un movimento alla Sailor Moon, mentre si prefiggevano di proteggere l’umanità.

«Mi scuso per il mio amico. È di cattivo umore oggi!» 

All’improvviso una voce risuonò alle sue spalle mentre Akk veniva trascinato indietro dal polso.

Akk voltò la testa e quandò vide Ayan il calore si fece ancora più intenso.

Akk strattonò via il braccio e urlò: «Non parlare come se avessi il controllo delle mie emozioni. Lasciami dare una lezione a queste persone.»

Il proprietario del cellulare alzò gli occhi al cielo, sbadigliò senza ascoltarlo e si voltò per andarsene insieme agli altri tre.

«Ho detto che è contro le regole. Ehi, lasciami andare!»

Akk agitò nuovamente il braccio mentre il nuovo arrivato continuava a tenerlo fermo. Quella volta però era riuscito a trattenerlo, anche se era più piccolo era in grado di trascinarlo con forza verso un altro angolo.

«Se non vuoi che la tua posizione da prefetto sia ancora più sporca devi calmarti.»

Un avvertimento senza traccia di umorismo o fastidio, come sempre. Gli occhi che ancora spuntavano dalle palpebre inferiori erano così ipnotizzanti da farlo restare in silenzio.

Odiava dargli ragione.

Tuttavia Akk scrollò via il braccio dalla sua mano per allontanarsi. Ma il ragazzo continuò a parlare.

«Se vuoi battermi devi essere anche più consapevole.»

I suoi piedi si fermarono.

«È impossibile cadere senza perdere un amico. Significa che perderai molto di più.»

Akk lo guardò: «Di che diavolo stai parlando?»

Ayan sospirò leggermente e disse a bassa voce: «Tradire il tuo amico davanti a tutta la classe in quel modo. Pensi che vada bene?»

Le sue sopracciglia si contrassero  sempre di più. Quel pensiero lo perseguitava, ma improvvisamente sollevò gli angoli della bocca sogghignando.

«Cosa può capire una persona senza amici come te?»

Akk pensava che quello fosse il suo punto debole, ma Ayan non sembrava affatto ferito.

Si rilassò, ma con gli occhi ancora pieni di sfida: «Wat mi conosce abbastanza bene da sapere che gli auguro ogni bene e non solo questo. Lo rimprovererò di nuovo se non presta attenzione agli studi. Se si dedicherà solo alle notizie sui film lo rimprovererò di nuovo!»

Per qualche motivo sconosciuto, all’improvviso, negli occhi marroni di Ayan balenò un luccichio. Un luccichio che sembrava quasi… divertito.

Ti odio, bastardo!

Akk non voleva ammettere che odiava se stesso. Perché ogni volta che se lo ritrovava davanti e sorrideva in quel modo, il suo viso impallidiva.

Ma non si arrese: «Lui è un prefetto. E un prefetto deve essere un buon esempio per gli altri!»

Quella volta, gli angoli della sua bocca si sollevarono: «Esatto.»

Buffalo.

Perché aveva detto solo quelle parole? Improvvisamente gli apparve in testa l’immagine di se stesso che un attimo prima strappava il cellulare dalle mani del suo compagno.

Inoltre, quando aveva previsto di sollevare nuovamente la questione, lo svergognato sembrava saperlo e aveva cambiato argomento.

«Giusto o sbagliato, quali criteri di giudizio hai?»

Akk aprì la bocca per rispondere, in realtà non aveva ancora trovato la risposta, ma se fosse stato lento avrebbe perso nuovamente.

Tuttavia Ayan continuò: «Non va bene dire che una cosa è giusta o sbagliata. Da dove arriva questa decisione? Che criteri sono stati seguiti per decidere che una cosa giusta per una persona lo è anche per gli altri?»

Il tono non era duro. Ma quella volta Akk si sentì come se avesse ricevuto un forte attacco, una seconda volta, una terza e una quarta volta.

Non era stupido, forse spesso era confuso, ma non stupido. In quel momento la mente aveva cominciato a seguire le parole dell’altra persona.

Quelle parole lo avevano fatto riflettere. Quando si era fermato a pensarci si era ossessionato dal fatto di non trovare la risposta giusta, poi si era reso conto che non era possibile trovare la giusta perché per tutto il tempo non aveva mai sospettato di nulla del genere. Lo faceva solo quando lo osservava.

Akk distolse lo sguardo dall’interrogatore, proprio in quel momento vide che il gruppo dei tre ragazzi stava entrando in un’altra classe poco distante dall’altra. Chamnan teneva ancora il cellulare contro l’orecchio.

«Ehi» gridò mentre colpiva la spalla di Ayan facendolo indietreggiare.

I tre ragazzi si voltarono ed alzarono nuovamente gli occhi.

«Ti ho detto di non usare il cellulare in classe. Dai fastidio agli altri!»

«Fastidioso.» gridò Chamnan e si allontanò. Quando Akk stava per seguirlo un amico di Chamnam intervenne. Strinse le labbra e sospirò.  

«Rispetta i diritti degli altri. La professoressa non è venuta oggi.»

Con un dito gli indicò la classe: «Ci sarà sicuramente qualcuno al suo posto…»

«Beh, se verrà un’altra persona allora riattaccherò. Un compagno di classe mi ha chiamato per parlare della manifestazione. È una cosa importante.» Il ragazzo si voltò e andò via. Sicuramente si stava riferendo alla Phrarot. La scuola che, anche prima del periodo di Akk, era considerata la  rivale della Suphalo. La vecchia scuola di Ayan.

Il giovane strinse forte i pugni.

In passato, quegli stronzi non sarebbero stati così coraggiosi. Anche se non gli piacevano gli altri, non amavano stare sotto lo sguardo attento dei prefetti. Se questi erano nelle vicinanze cercavano di comportarsi bene, senza rispondere.

Perché è cambiato tutto? Esattamente quando si è capovolto il mondo?

Allentò la stretta del pugno quando improvvisamente sentì un tocco violento alla guancia.

«Molto bene.»

«Ehi!» Akk allontanò la mano che gli teneva la guancia, anche se fosse stato solo un tocco leggero.

Non si era accorto dell’arrivo di Ayan. Ma dopo essere stato colpito in quel modo lasciò andare la sua mano.

Akk fece una faccia disgustata. Passò la mano sulla propria guancia come se volesse rimuovere lo sporco.

Tuttavia, non gli diede fastidio. Ayan si portò la mano alla bocca per mandargli un bacio e sollevò le sopracciglia, fischiettando e dirigendosi verso la classe successiva.

Akk pensò a qualcosa. Ma quando si voltò vide che tutti gli studenti stavano entrando in classe. Infine, si ricordò di dover seguire lo svergognato.

«Per cosa voglio protestare ancora?»

Akk non voleva seguirlo. Ma il dovere lo costringeva a farlo, doveva stare attento e impedire che i ragazzi disonorassero la Suphalo. In passato non erano mai stati sotto i riflettori dei media, ma un’agenzia di stampa aveva pubblicato delle foto. La stampa thailandese non sfocava mai il viso delle persone, anzi scattavano foto nitide. Allora perché non sfocare il nome della scuola che era ricamato sulle divise dei ragazzi?

Se la Suphalo obbligasse ancora a ricamare il nome degli studenti sarebbe fantastico!

Da molto tempo il gruppo di ostinati transessuali volevano abolire le uniformi. Volevano poter indossare una gonna a scuola, chissà, ma in quel momento stavano appositamente indossando l’uniforme per protestare.

Chi non conosceva la Suphalo avrebbe potuto pensare che era così in tutta la scuola, ovvero che gli insegnanti permettevano agli studenti di manifestare. La scuola che prima era conosciuta per la sua disciplina, stava diventando una scuola indisciplinata. 

Quando il padre di Akk gli chiese perché la scuola non si occupava di risolvere questi problemi Akk si era sentito imbarazzato, perché la domanda aveva un altro significato. Perché era come se il prefetto non sapesse gestire le cose. Perché non era come quando c’era Meth.

La sua voce era abbastanza forte perché Ayan potesse sentire la sua domanda, ma lui continuò a camminare come se non l’avesse sentita. Così chiese di nuovo: «Lo sai? Per cosa stanno protestando?»

Il ragazzo lo seguì velocemente. Con le gambe più lunghe lo raggiunse subito ed esclamò: «Ehi!» a causa della sua freneticità non si accorse di aver messo le mani sulle sue spalle.

Il proprietario delle spalle si fermò improvvisamente. Akk pensò che fosse a causa della sua spinta, ma non era così.

Era intenzionale, appena si era fermato aveva finto di girarsi per poi girare solo il collo verso le sue mani.

Con un leggero tocco sfiorò il dorso della mano di Akk, proprio come una leggera folata di vento, e alzò lo sguardo guardandolo negli occhi. Akk sentì ancora la solita morbidezza e calore. Rimase fermo e il suono del vento sembrò sfiorargli le labbra, anche se non era così forte, ma in quel momento risuonava nelle sue orecchie.

Dal momento che l’alta figura di Akk non si aspettava che si sarebbe fermato, non era riuscito a rallentare e mantenere la distanza da lui. Prima di cadere a terra si aggrappò alla persona immobile, restando senza fiato.

Il volto di Akk era circa mezza testa più in alto e dovette piegarsi un po’ per guardarlo. Per quanto riguardava lo svergognato, non aveva alzato la testa, ma solo gli occhi, facendo in modo che uscissero ancora di più dalle palpebre inferiori. Akk era riuscito a vedere gli occhi castano scuro diventare castano chiaro e facendo risaltare la pupilla nera. Poteva vedere meglio la curvatura delle folte ciglia, che rendevano quegli occhi affilati così dolci e tristi da invitarlo a guardarli a lungo..

No! Chi vorrebbe guardarlo negli occhi? Questo bastardo sorride con lo sguardo in questo modo così provocatorio che non riesco a smettere.

Non solo gli occhi, anche le sue labbra si serrarono.

Quando abbassò lo sguardo verso quel punto, si manifestò improvvisamente una sensazione dolce e morbida sul dorso della sua mano. Era rimasto colpito dalla forma delle sue labbra, non erano sottili ma neanche spesse, non erano larghe ma neanche strette. Erano di un rosso intenso che contrastavano con la pelle facendola apparire pallida. La pelle sembrava più liscia e morbida.

Senza rendersene conto Akk notò che improvvisamente il suo petto era stretto, poi… una tortura. Aveva la sensazione di dover combattere. Voleva abbassarsi, soprattutto quando l’odore del suo corpo cominciò a insinuarsi lentamente nell’aria, avvolgendolo.

Luce del sole, alberi, insetti da giardino…

«Akk!» si riprese quando la voce lo chiamò.

Akk si trovò sostenuto dalle mani del proprietario della voce. Gli occhi davanti a lui si erano riempiti di paura: «Cosa c’è che non va?»

Serrò la mascella cercando di deglutire la saliva. Si sentiva stordito mentre una sensazione di vertigine gli percorreva il corpo. E poi, nella sua testa… no, nel profondo della sua mente c’era qualcosa che vorticava tanto che la vista davanti a lui gli diede le vertigini.

«No… sto bene… non è niente.»

Il giovane scrollò entrambe le mani. E mentre provò a fare un passo in avanti barcollò all’indietro. Dovette allungare una mano per sorreggersi contro il muro. 

«Stanno protestando per la storia del vecchio professore.»

Un suono alle sue spalle fermò i suoi movimenti.

Akk si ricordò dell’incidente accaduto durante il precedente raduno a Laem Thaen, quando l’insegnante delle Phararot aveva tagliato i capelli ad uno studente ribelle che lo aveva insultato e aveva registrato anche un video.I funzionari interni avevano cercato di negoziare con i genitori, ma il ragazzo non era d’accordo. Tutto era rimasto in sospeso, o almeno così aveva capito Akk.

Nell’ultima settimana, le persone avevano iniziato a fare screenshot della clip online in cui il capo della protesta dimostrava di fare sempre il prepotente con i più giovani. Era un autoritario. Le persone erano contrariate da quei comportamenti al punto da chiedere delle scuse pubbliche. Ma nel giro di pochi giorni qualcuno aveva registrato un altro video. Sembrava che tutti nella chat room parlassero normalmente in quel modo. Le persone che ancora non si erano scusate con la vecchia vittima avevano già iniziato a giudicare la nuova. Akk era stato così stupido per non aver continuato a seguire quelle tracce.

Non credeva che ci sarebbe stato qualche altro problema se i ragazzi non sarebbero usciti a protestare di nuovo.

«Qualcuno è stato preso.» il viso dello svergognato aveva cambiato espressione: «La persona che aveva fatto pressione sul primo studente per realizzare il video  e pubblicarlo in realtà era il professore stesso.»

Anche Akk era rimasto senza parole.

Il futuro di quell’insegnante sarebbe stato sicuramente compromesso. Se avesse accettato di uscire subito allo scoperto e dichiararsi colpevole, sarebbe…

«Se non fosse stato così pazzo da tagliare i capelli ad uno studente e registrare il tutto in una clip, probabilmente questo non sarebbe successo.» concluse la persona alle spalle: «Come nel caso precedente, la scuola cercherà di contattare i genitori per farli mettere d’accordo con l’insegnante.»

Mh? Ma…

Ayan disse solo una semplice frase: «È come per l’uniforme scolastica.»

Cosa?

Poteva solamente aggrottare le sopracciglia. Si rifiutava di voltarsi. In realtà, anche solo restare fermo ad ascoltarlo bastava per fargli perdere la calma. Per tutta la settimana in cui era rimasto seduto accanto a lui non aveva permesso che ci fossero delle conversazioni così lunghe come quella.

Capendo la confusione di Akk, Ayan continuò: «Vedono gli studenti semplicemente come tali, non come un ragazzo A e un ragazzo B. Le uniformi per loro devono essere uguali per tutti. Si illudono che tutti gli studenti siano identici. In realtà non si tratta di un’abitudine, né di una storia; gli insegnanti sperano che sia il modo per porre fine alla situazione. In questo modo, il leader potrà ottenere prove più concrete a sostegno del caso precedente. Sono questi gli accordi che usa la scuola per salvarsi la faccia.»

Senza voltarsi, Akk disse sottovoce: «È la storia della tua scuola, vero?»

Mentre si voltava per fare un passo i suoi piedi si erano di nuovo fermati improvvisamente.

«Aspetta.»

Adesso di che cosa vuole discutere con me?

La sua voce si era addolcita al punto da sembrare quasi preoccupata: «Riesci a camminare?»

Questo aumentò ancora di più la sua frustrazione. Akk non rispose e si trascinò fino alla classe.

Ma anche senza girarsi era consapevole che lo stava seguendo attentamente per tutto il percorso.

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