ECLIPSE – EP. 2 CAPITOLO 5

Penumbra

La piccola figura che si stava dirigendo al secondo piano corse come se stesse volando. In realtà non doveva avere fretta, perché l’insegnante di quel corso era spesso in ritardo. Akk non era sicuro che il nuovo ragazzo lo sapesse. Magari aveva solo intenzione di cogliere di sorpresa qualcun altro, così si affrettò a seguirlo… con grande difficoltà. Dato che una figura alta come la sua poteva fare rumore o essere facile da vedere. 

Girò le scale, lasciando circa un piano di distanza dall’altro. Quando arrivò al secondo  secondo piano, si fermò.

Si sentì una voce, ma Akk non riuscì a capire a chi appartenesse, anche se vide quel bastardo voltare le spalle e andarsene.

Il proprietario della voce che lo aveva chiamato entrò nella zona in cima alla scala per farsi vedere.

Thuaphu!

Il rappresentante di classe era sempre silenzioso. Akk non sarebbe mai riuscito a sentirlo da così lontano, così decise di camminare più piano. Sperando che gli altri due non alzassero lo sguardo, per paura che lo vedessero sporgersi in avanti.

«…Cellulare?» Disse il bastardo spudorato.

«Oh…» rispose Thuaphu: «Akk ti ha detto che secondo le regole della scuola, è sconsigliato che gli studenti usino il cellulare durante le lezioni?»

«Sconsigliato?» Ribadì la voce: «Quindi, non è proibito?»

«È sconsigliato perché quando lo usi dai fastidio ai tuoi compagni.» Chiunque poteva sentire l’accenno di ironia nella sua voce, in ogni caso Thuaphu sembrava irradiare energia positiva. Il contrario di Akk, il quale era molto più schietto e serio.

«Allora, ti stavo dando fastidio?» 

Bastardo, Thuaphu ti sta gentilmente aiutando e tu continui a parlargli in questo modo!

«Non ho detto nulla ai professori. Avevo solo paura che non lo sapessi e quindi che avresti potuto usarlo durante un’altra lezione. Altri insegnanti potrebbero non essere così gentili come la professoressa Sani.»

Finito di parlare, Thuaphu stava per andarsene ed entrare nell’aula, ma il bastardo insolente non aveva ancora finito. 

«Probabilmente non è per gentilezza.» 

«Eh?» Il capoclasse si fermò.

«Proprio ora, hai detto che nel regolamento scolastico viene usata la parola ‘sconsigliato’, non ‘proibito’, il che significa che gli studenti hanno ancora il diritto di usare il cellulare, finché non dà fastidio agli altri. Quindi, qual è lo scopo di questa regola?»

Stupidi giochi di parole!

«Esatto.» Rispose il rappresentante di classe: «Però alcuni insegnanti pensano che quando uno studente usa il cellulare questo interferisca con il suo apprendimento.»

«Quindi è colpa dell’alunno o dell’insegnante?»

«Ma non giocare col cellulare dovrebbe essere facile, giusto? Se l’insegnante si arrabbia con te, potresti ostacolare lo studio degli altri. Diciamo che in teoria dovresti capirlo.»

«Non del tutto.» La risposta non era una presa in giro come quando Ayan parlava con Akk, ma era un discorso serio: «Abbiamo dei diritti e tutti dovrebbero avere delle responsabilità, senza che la capacità o l’incapacità di qualcuno sia una condizione in gioco. L’insegnante stesso dovrebbe saperlo a questo punto. I professori dovrebbero essere più che felici che gli studenti portino i cellulari a scuola per aiutarli a insegnare in modo più efficiente.»

«Okay.» La risposta di Thuaphu era ancora chiara: «Se hai una valida motivazione da dare all’insegnante, va bene. Non voglio che il nuovo arrivato finisca nei guai.»

«Guai?»

«Penso sia più facile comportarsi come tutti gli altri. Soprattutto qui alla Suphalo dove non sono severi con le regole, solo perché sono regole. Probabilmente hai già sentito parlare della maledizione, mi dispiace.»

Il ragazzo inciampò e mise la mano nella tasca dei pantaloni. Tirò fuori il cellulare e, anche se non aveva fatto alcun suono, lo schermo era illuminato come ad indicare una chiamata in arrivo.

Invece di accettare immediatamente la chiamata, Thuaphu osservò con leggerezza il cellulare.

Quando premette ‘rispondi’, il suo tono di voce era ancora soave, ma aveva l’aria di essere stanco. «Se si tratta della torta per questa sera, papà, mi ha già avvertito la mamma.»

L’ultima frase fece aggrottare la sua fronte. Akk, pensava di essere sordo, così salì le scale per arrivare il più vicino possibile. Tuttavia, non disse nulla, semplicemente continuò ad ascoltare la fine della chiamata. 

Anche Ayan rimase lì a fissare. 

Fedele al suo soprannome di spudorato, non si vergogna a stare lì ad ascoltare la gente che parla al telefono!
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Non solo il ragazzo restava in ascolto, ma intervenne anche dicendo a voce alta: «Entra in classe. Il regolamento scolastico non ti permette più di usare il cellulare!»

Dal punto in cui stava, Akk poteva notare che Thuaphu sembrava alzare lo sguardo e osservare l’altro ragazzo. Anche se non poteva vedere il suo volto, sentì la sua voce che diceva: «Sì mamma. Sono fuori dall’aula… Sì mamma.»

Quando il rappresentante di classe entrò in classe, mettendo in tasca il cellulare, Ayan mise la mani in tasca e disse: «In fondo, non è facile seguire gli altri. E se non si affermano le proprie parole, quelle che seguono risulteranno vuote. Sarà un suono così vuoto che nessuno lo ascolterà.»

Non aspettando la risposta dell’altro, si girò e se ne andò. Thuaphu non aggiunse nulla, poi lo seguì. 

Solo Akk era infastidito. Divenne ancora più irritato quando arrivò nel punto in cui si trovavano gli altri due. Poi si udì un forte brontolio. 

«Fai uno sforzo e cerca di farlo sedere vicino a te. Perché non rimani e lo tieni a bada?»

«Cosa?!» Si voltò per trovare la fonte del suono. Khanlong aveva salito le scale dal piano inferiore. Il suo volto pallido si rimpicciolì fino a sembrare rugoso. 

«Che diavolo hai fatto? Proprio ora, il nuovo ragazzo ha parlato per un bel po’ con Thuaphu!»

Akk stava per rispondere. Però improvvisamente pensò… 

«Stavi origliando?!»

Non appena fu colto con le mani nel sacco, il suo viso impallidì ancora di più: «Sì…»

«Allora perché non li hai separati?»

«Beh… Se Thuaphu vuole avvicinarsi a questo tipo, di certo io non posso proibirglielo!»

Akk rimase perplesso. Questo dimostrava che anche Khan aveva visto fin dall’inizio che era stato Thua a chiamare Ayan.

Oppure questo bufalo era così lontano che non poteva sentire quello che si stavano dicendo quei due. 

«Non capisco.» Era tutto ciò che poteva dire. Altrimenti, l’altro si sarebbe reso conto che anche lui stava ascoltando di nascosto.

Fece schioccare la lingua e inclinò la testa verso l’alto per mostrare la sua frustrazione, come il protagonista di un film coreano. Il ragazzo era bello anche da arrabbiato. 

«Ha sorriso!»

«Eh?»

«Thuaphu.» E si sentì un forte urlo: «Ha sorriso quando il nuovo ragazzo se ne è andato. Bastardo! Okay, è stato ingannato in qualche modo e io non so come.»

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