ECLIPSE – EP. 1 CAPITOLO 3

Lenticular Clouds

Le cose lontane diventeranno vicine, forse perchè siamo noi a fare un passo verso di loro.

Per rispondere alla domanda che sia lui che il suo amico si erano posti, pochi minuti dopo Akk e i due Prefetti si precipitarono sul retro della scuola. 

Fortunatamente, la sala amministrativa si trovava al primo piano ed era possibile accovacciarsi sotto la finestra e sbirciare attraverso le tende.

Da lì si poteva vedere che la stanza non era molto grande, decorata con toni bianchi e luminosi che contrastavano con il legno scuro. La sensazione era come se la stanza fosse stata oscurata per molto tempo da un’eclissi. I banchi erano posizionati vicino alle pareti su entrambi i lati, il lato interno era più spazioso senza persone, mentre quello esterno era più piccolo e c’era una giovane insegnante che era sia la responsabile di una classe che il supervisore del corpo studentesco a cui appartenevano. Si sedette e parlò con i tre studenti che volevano protestare, insieme all’autista della scuola.

L’insegnante aveva una figura minuta, capelli corti che le facevano sembrare grandi gli occhi rotondi e le guance paffute. Sia il viso, che la voce e la personalità erano dolci. Aveva 26 anni, ma il suo aspetto sembrava più giovane della sua età, così appena arrivata a scuola a metà del semestre precedente, era diventata motivo di scetticismo, facendo domandare alla gente perché fosse di stanza in quella potente posizione. 

Nessuno conosceva la verità, motivo per cui le persone erano giunte alla conclusione che le mutevoli tendenze sociali facessero sentire gli insegnanti a disagio e spaventati da quel dovere. Alcuni casi caldi erano stati assegnati a lei con un atteggiamento premuroso, pensando che l’insegnante più giovane capisse e affrontasse meglio il comportamento della nuova generazione. Solo poche persone credevano che fosse entrata di stanza perché lei stessa lo desiderava.

Non c’era traccia dell’ “onnipotente” nella stanza, probabilmente si stava occupando dei due ragazzi che avevano litigato fuori.

In quel momento, lo Zio Sitt era seduto con la testa bassa e la bocca aperta. Sia l’insegnante che gli studenti erano furiosi e rossi in volto, a indicare che stavano discutendo da molto tempo. I vetri erano ben chiusi e non c’erano altre aperture. Tuttavia, il suono all’interno era sufficiente per catturare l’attenzione. 

«…Non mi sorprendo che voi non crediate all’insegnante, ma ad alcune cose, anche se non ci credete, non dovreste mancare di rispetto.»

«Insultare e mettere in discussione qualcosa non è la stessa cosa, vero, insegnante?» Il leader, un ragazzo di nome Chamnan, era un ragazzo presuntuoso, cosa ancor più imbarazzante per tutti gli uomini della Suphalo.

La signorina Sani inclinò la testa: «Cosa intendi?»

«Che potrebbe non essere solo una maledizione!»

All’unisono, Akk e i due amici che stavano spiando, si guardarono l’uno l’altro. Questo significa che anche la Professoressa Sani pensa sia la maledizione di Suphalo?!

Non ebbe il tempo di commentare che i suoi pensieri furono respinti dalla voce di un altro giovane vicino al suo amico, una voce familiare.

«Forse l’intera storia della maledizione della Suphalo non è vera!»

«Merda!» gridò forte Khan. Sia Akk che Wat nascosero velocemente la testa sotto la finestra, coprendosi la bocca con le mani e trascinando con sé il proprietario della voce.

«L’acqua del condizionatore!» Il colpevole sussurrò alzando la testa come per criticare il condotto dell’aria sopra la loro testa. «Mi perde sulla testa, fa perdere il mio stile… Merda!» Un’altra goccia gli cadde direttamente in bocca.

«Levami le mani di dosso!» mormorò Wat.

Akk strinse i denti: «Avete intenzione di discutere in modo che le persone all’interno ci trovino?»

«Sei tu il più rumoroso!» sussurrarono i due ragazzi contemporaneamente.

Akk si voltò di nuovo per seguire la situazione nella stanza, ignorando Khan che cercava di spostarsi per sfuggire dall’acqua fino a quando non si scontrò con Wat, che sembrava usare la sua spalla per spingerlo indietro e mantenere la sua posizione.

Alla cattedra, i ragazzi problematici ascoltavano la spiegazione dell’insegnante Sani. 

«… Sri Phalo è un’antica comunità che risale alla città di Phrarot, seicento anni prima di Sukhothai, nell’era preistorica…”

«Questo significa che non ci sono trascrizioni, giusto?» Chiese un ragazzo per capire meglio.

«Esatto! Ma gli antenati fondatori della Suphalo sostenevano di essere i discendenti di quella comunità. Ma non è strano, professoressa? Come potevano sapere di essere discendenti di generazione in generazione?» Intervenne un altro studente.

«Allora perché i padri fondatori della scuola avrebbero dovuto mentire al riguardo?» Anche l’insegnate pose una domanda.

«Perché Sri Phalo è una comunità vecchia, ma bella e meravigliosa. Se si fosse creduto nella leggenda di Suphalo, la loro famiglia sarebbe sembrata antica e meravigliosa!»

«Questo non vuol dire che alcune persone abbiano frainteso che Suphalo fosse il discendente del precedente sovrano di Sri Phalo a causa del nome simile!»

«Ma entrambi non avete prove… Aspettate!» La professoressa fece un gesto dissuasivo con il pollice alzato mentre gli studenti si preparavano a rispondere. «E poi continuando su questa faccenda che non sia vera, non possiamo presumere che tutto sia falso.»

«La storia secondo Phrachao Tak sarebbe difficile da trovare prove, ma è semplice come una joint venture con Luang Rajamantri. Ho cercato e non sono riuscito a trovare nulla riguardo Suphalo. Molti degli oggetti e dei documenti di quel periodo sono ancora conservati come se fossero in un museo. Non è strano? Se avessero lavorato duramente insieme, non sarebbe dovuto essere menzionato?»

«Quindi presumi che la maledizione sia solo finzione?» L’insegnate aggrottò le sopracciglia con fermezza, guardando l’altra parte. «Ma perché nasconderlo? Un mistero? Per non contaminarla? Non avrebbe aiutato la Suphalo a diventare una scuola eccezionale.»

«Ma fa credere alla gente che aiuta gli studenti a comportarsi da ‘bravi ragazzi’ e a non ribellarsi, concentrandosi sullo studio per aiutare la nazione!»

«Questo dà alla Suphalo una buona reputazione per l’istruzione e le buone maniere!» 

«…»

L’insegnante aprì la bocca, ma uno dei ragazzi presenti fuori parlò per primo: «Un’insegnante non dovrebbe dubitare che sia una buona cosa.»

La persona che… non sapeva cosa dire, rimase in silenzio.

«Allora cosa c’è che non va?» chiese Khan all’amico.

Akk sospirò. «Fai finta di non sapere niente.»

Wat strinse la bocca, alzò gli occhi al cielo e fece cenno al suo amico di concentrarsi su quella questione. 

L’insegnante dai capelli corti nella stanza sospirò. Bastava guardarla per sapere che stava cercando di sopprimere le sue emozioni.

«La scuola pensa solo ‘perché perdere tempo a concentrarsi su cose che sono così lontane?’. Questo posto è già buono. Quindi, come studenti, dovreste concentrarvi sullo studio.»

«I nostri voti non sono buoni?»

Le parole di contrattacco fecero quasi trattenere il respiro all’insegnante.

Vedendolo, Chamnam continuò a parlare con una voce più forte e sicura.

«Inoltre, facendo così e sentendo solo che è ‘una cosa lontana’, lasciamo che gli altri subiscano ingiustizie…”

«Anche se si tratta del nostro rivale!..» Osservò un altro.

«Giusto! Anche se è un nostro nemico…» Chamnam annuì mentre i suoi occhi determinati incontrarono quelli dell’insegnante.

«Come facciamo a sapere che una questione così lontana non diventerà qualcosa di vicino a noi? E per allora, ci sarà qualcuno ad aiutarci? Dovremo affrontare il nostro destino da soli, perché non abbiamo mai pensato, o addirittura esitato per un momento, di cercare di rimediare facendo la cosa giusta o la cosa più appropriata!»

Le labbra dell’insegnante si aprirono per un momento, come se volesse discutere, ma non fuoriuscì alcun suono.

Ciò che si udì fu la voce di Khan.

«Grandi parole, un buon discorso da questi bastardi.»

Alla fine, i ragazzi continuarono a discutere: «Invece di legarlo alla storia di quella folle maledizione e dire che siamo noi a ‘infrangere’ le regole, perché la scuola non prova a scoprire come è scivolata l’auto?»

«Zio Sitt ha detto che si è dimenticato di cambiare marcia, quindi il freno a mano probabilmente ha ceduto, giusto?» L’insegnante si rivolse all’autista.

L’interrogato chinò severamente il capo: «Io… penso di si…»

«Ma lo zio Sitt ha detto anche che non riesce a ricordare esattamente e che solitamente toglie la marcia quando parcheggia, no?» Il ragazzo ribatté, inclinando la testa verso l’autista: «Quante volte guida al giorno?»

«Oh…» Il conducente si coprì la bocca pensieroso: «Mai contato.»

«Significa che fa molti giri.» Un altro ragazzo intervenì. «Zio Sitt, ti sei mai dimenticato di togliere la marcia prima d’ora?»

«Ehm… no, davvero. Ogni volta che ho riacceso l’auto, non ho mai visto inserita alcuna marcia.»

Chamnam tornò immediatamente dall’insegnante: «Per qualcuno che guida tutti i giorni, non sa quante volte al giorno e che non sbaglia mai un solo giro, dovrebbe essere un’abitudine normale, come un istinto, no?»

«L’istinto è fare qualcosa automaticamente. È quasi impossibile che lo Zio Sitt si sia dimenticato di mettere l’auto a folle dopo aver parcheggiato.»

«Allora cosa significa?» Disse l’insegnante scuotendo la testa. 

«Zio Sitt ha detto che quando si è verificato l’incidente, la portiera dell’auto non era chiusa con la sicurezza, non è possibile che qualcuno sia salito in auto, abbia messo la macchina in retromarcia e abbia allentato il freno a mano in modo che scivolasse indietro?»

«Chi è e perché avrebbe dovuto farlo? O vi siete fatti così tanti nemici che i vostri rivali hanno cercato un modo per attaccare?»

«Chi ha sempre agito come nostri oppositori sembra essere solo la scuola. Ecco chi, professoressa!»

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