BED FRIEND – CAPITOLO 3

Fuori controllo

La mia definizione di “buon inizio di una giornata lavorativa” era svegliarsi proprio quando suonava la sveglia senza sentirmi così tanto stanco e senza desiderare di potermi riaddormentare, guidare dal condominio al lavoro senza restare congestionato nel traffico e non dover aspettare in una lunga fila per il caffè al piano terra dell’edificio degli uffici.

E non dover vedere un certo qualcuno come prima persona della giornata.

«Buongiorno.» mi salutò una voce bassa e leggermente roca che non volevo sentire mentre entravo nell’edificio dell’azienda. King, in camicia azzurra e pantaloni grigio scuro, stava facendo lunghi passi dietro di me.

Grugnii di frustrazione e cercai di accelerare i miei passi.

Ci sono così tante persone qui, perché ho dovuto incontrarlo per primo stamattina? La mia fortuna deve essere già finita oggi.

«Perché cammini così veloce? Mi eviti?»

Dato che King aveva le gambe più lunghe delle mie, alla fine era riuscito a raggiungermi. I suoi occhi acuti brillavano di gioia mentre andavo dritto agli ascensori, dove anche altri dipendenti stavano aspettando in fila. Diedi un’occhiata al display del piano dell’ascensore sopra le porte che mostrava il numero di piano che cambiava, senza prestare attenzione alla persona accanto a me.

«Non mi stai rispondendo. Che cuore di ghiaccio.»

«Zitto. Di cosa stai blaterando così presto?» borbottai e lo fissai con fastidio.

«Ho solo salutato un amico come al solito.» continuò King, ignorando quello che avevo detto. Alzò il gomito e me lo mise sulla spalla, poi abbassò la testa parlando a bassa voce: «Abbiamo già condiviso un’esperienza fino a notte fonda. Come puoi pretendere che non saluti un amico come te?»

La sua voce suonava così subdola da non essere degna di fiducia. Mi voltai verso di lui e gli chiesi freddamente: «Di quale esperienza stai parlando?»

«L’esperienza che abbiamo avuto insieme quando c’è stato il calo di tensione mentre stavamo facendo gli straordinari la scorsa settimana.» Alzò un sopracciglio mentre mi guardava. «Perché? A cosa stavi pensando?»

«Niente!»

«Davvero?»

Quando vide che lo stavo guardando male, sorrise e abbassò ancora di più la testa verso di me. I suoi occhi acuti erano pieni di gioia, e disse piano: «A cosa stai pensando, signor Anon? O vuoi fare un altro tipo di esperienza con me?»

«È già stato abbastanza brutto così. Non farmi avere più esperienze con te.» risposi senza alcun tentativo di tener conto dei suoi sentimenti e mi allontanai da lui per liberare la mia spalla da quel suo gomito pesante. 

«Oh, Uea. Sei così dannatamente cattivo.» finse di essere ferito, ma non mi importava perché, per me, King era solo l’amico del mio migliore amico, e l’amico del mio migliore amico non doveva essere un mio amico. Lui ed io lavoravamo solo nella stessa azienda dove raramente collaboravamo, e non desideravo avere niente a che fare con lui più di quanto non lo facessi già.

Parlando in modo equo e mettendo da parte le sue abitudini civettuole, potevo vedere che King era una persona abbastanza a posto. Si era assunto una seria responsabilità per il suo lavoro senza venir meno a nessuno dei suoi compiti, era generoso e aiutava sempre gli altri. Tuttavia, non volevo essere amico della persona che mi dava sui nervi tutto il giorno.

Era antipatico per scelta.

«Ehi, a proposito di quella notte…»

«Umm…» disse una vocina dolce da dietro.

Mi voltai e vidi una bella signorina con una camicetta dall’aspetto professionale e una gonna dai colori tenui. Le sue guance chiare erano imporporate da un fard rosa che pensavo avesse applicato troppo pesantemente e da cui era risultato un colore troppo intenso.

«Buongiorno, P’King. Buongiorno, P’Uea.»

La ragazza ci rivolse un wai e così ricambiai il suo saluto, ma accidentalmente aggrottai le sopracciglia ricordando che era una nuova dipendente di cui non riuscivo a ricordare il nome…

«Buongiorno, Nong Mint.» rispose la persona accanto a me. Quando sentii il suo nome, mi ricordai che lavorava in Contabilità.

«Appena arrivata?» chiese King in tono amichevole.

«No, sono arrivata un po’ prima. Sono scesa solo per prendere un caffè.» rispose mentre gli lanciava timide occhiate. A quanto pare era tra le decine di ragazze della compagnia che si erano innamorate del bel viso di King.

Come l’apparenza inganna tante persone!

«La settimana scorsa ho chiesto a P’Jade di darti i miei brownies. Li hai mangiati?» chiese curiosa.

Alzai gli occhi al cielo non appena sentii la risposta dell’uomo accanto a me.

«Certo. Erano buoni.»

«Grazie. Se ti piacciono, te ne farò altri.» I suoi occhi brillarono all’istante.

«Oh, non voglio disturbarti.» King sorrise dolcemente.

Grugnii piano. A proposito di brownies, mi sembrò di ricordarlo mentre prendeva qualche morso, lamentandosi che era troppo dolce e dando il resto a Jade. Ma poi, quando Mint si era offerta di farne ancora per lui, non aveva rifiutato l’offerta.

Diceva che non sarebbe mai stato coinvolto con nessuno nella stessa compagnia, ma le sue azioni facevano intendere il contrario. Se non l’avessi chiamato “un flirt”, allora come avrei dovuto chiamarlo?

«Ehi, Uea, l’ascensore è qui. Dove stai andando?»

King mi chiamò dopo che me ne andai. Mi diressi al bar senza voltarmi a rispondergli.

Non mi importava di ascoltarlo flirtare. Era così fastidioso!

*********

Dieci minuti dopo, tornai in ascensore con una tazza di Americano in mano e subito aggrottai le sopracciglia quando vidi il ragazzo alto, che sarebbe dovuto salire in ufficio dieci minuti prima, ancora in piedi nello stesso punto. Mentre mi fermavo lì, King si avvicinò a me e, senza il mio consenso, mi mise un braccio sulle spalle.

«Lasciami andare.» Lo scrollai di dosso infastidito e mi allontanai da lui per mantenere una certa distanza. Ridacchiò e mi lasciò stare lì finché le porte dell’ascensore non si aprirono. Dato che ero in prima fila, entrai nella parte più interna della cabina dell’ascensore in modo da non bloccare nessuno. King mi seguì, si fermò proprio di fronte a me, si voltò e indietreggiò verso di me così tanto che quasi mi inchiodò al muro dell’ascensore.

Non c’erano così tante persone nell’ascensore da dover stringersi con me in quel modo. Quindi, c’era solo una ragione per cui lo aveva fatto.

Voleva darmi di nuovo sui nervi!

Gli picchiettai le spalle, ma il proprietario di quella schiena larga non si mosse di un centimetro. Al contrario, indietreggiò ancora di più verso di me. King lasciò che gli picchiassi la schiena in quel modo finché l’ascensore non raggiunse il quindicesimo piano, dove si trovava l’ufficio della nostra compagnia. Uscii dall’ascensore, lanciandogli un’occhiataccia. Potevo vedere il sorrisetto canzonatorio sul suo viso.

Non l’ho picchiato così alla leggera. Perché sorride ancora? È masochista?

Scansionai il mio pass da dipendente per registrare la presenza e camminai dietro King, che salutava i colleghi di altri dipartimenti da tutte le parti. King e Jade erano simili nel senso che erano entrambi amichevoli, quindi facevano amicizia facilmente e conoscevano così tante persone. Quanto a me, oltre ai miei colleghi del dipartimento IT, parlavo a malapena con persone di altri dipartimenti. Non ero bravo a fare conversazioni. In aggiunta a ciò, immaginavo che l’espressione indifferente sul mio viso mi facesse sembrare piuttosto ostile alla maggior parte delle persone.

Tuttavia, condurre una vita tranquilla come questa era positivo a modo suo. Più persone si conoscono, più le cose possono essere complicate.

Andai alla mia scrivania e vidi un bicchiere di succo appoggiato di sopra. Doveva essere stato qualcuno che stava cercando di fare colpo su di me. Allontanai quel bicchiere dalla mia portata prima di accendere il computer per prepararmi al lavoro, proprio come facevo ogni giorno. L’orologio sulla parete indicava che era quasi ora di iniziare la giornata di lavoro. Guardai la scrivania di Jade, che ancora non aveva segni di lui, e ne rimasi sorpreso.

Jade di solito arrivava in ufficio più o meno alla mia ora; inoltre, ultimamente, dato che veniva tutti i giorni con l’auto di Mai, arrivava anche prima, eppure questa volta non si era fatto ancora vivo.

Sta male?

Mentre riflettevo se fosse una buona idea chiamarlo per controllare, la figura alta di Jade, dall’aria stanca, con i capelli leggermente disordinati, entrò nell’ufficio del dipartimento, con un’aria un po’ frustrata.

«Che c’è, Jade? Sei in ritardo solo perché il tuo ragazzo non ti ha dato un passaggio per un giorno?» osservò King.

«È perché lo sky train era fuori servizio!» Jade sospirò sonoramente mentre sbatteva la borsa sulla scrivania. Guardai le gocce di sudore sul suo viso e gli spinsi il bicchiere di succo in modo che potesse dissetarsi. Jade bevve un lungo sorso mentre sventolava il colletto per alleviare il calore che stava provando.

«Jade, dov’è Nong Mai oggi? Come mai non lo vedo?» Big Sis Fai, il nostro supervisore, l’ufficiale senior del dipartimento di supporto IT, pronunciò la domanda mentre guardava la porta.

«È andato all’università stamattina, signora. Sarà qui nel pomeriggio.»

«Buono a sapersi. Pensavo fosse malato o qualcosa del genere. Rovinerebbe la nostra festa di oggi.» affermò Fai decisa.

Quando sentii quell’osservazione, diedi un’occhiata al calendario da tavolo e capii che era l’ultimo venerdì del mese.

Come da tradizione, ogni anno quando c’era uno stagista nel dipartimento, tutti i membri del dipartimento partecipavano per organizzare una festa di benvenuto e una festa di addio per lo stagista al termine del tirocinio. Di solito facevamo una festa il venerdì in modo da poterci divertire appieno senza doverci preoccupare di svegliarci in tempo per il lavoro il giorno successivo. Il nostro solito posto era un ristorante vicino l’ufficio.

Tutti nel mio dipartimento facevano sempre di tutto per divertirsi ogni volta che facevano festa perché il loro motto era “Lavora duro, gioca duro”. Ciò era particolarmente vero quando si trattava di cibo e bevande: ordinavano quanto volevano. Inoltre, questa volta, erano passati mesi dalla festa precedente, quindi sembrava che una considerevole somma dello stipendio di tutti di questo mese sarebbe stata spesa per questa festa.

La prima metà della giornata lavorativa era ormai trascorsa e nel pomeriggio, la star della festa, Mai, nella sua uniforme da studente, era entrato nell’ufficio del dipartimento salutando rispettosamente i suoi superiori come noi con un sorriso gentile. In una delle sue mani teneva un sacchetto di plastica con due grosse scatole di ciambelle Krispy Kreme. Notai che gli occhi di Jade brillavano e seguivano incessantemente la borsa nella mano di Mai. Jade adorava le ciambelle di quella catena e Mai ne aveva comprate alcune per i suoi colleghi.

Era stata una coincidenza? O Mai sapeva che a Jade piacevano e quindi ne aveva comprate alcune?

«Ricordo che ti piacciono, P’Jade. Puoi averne quante ne vuoi.»

Un angolo della mia bocca si sollevò quando sentii Mai dirlo a Jade. Capii che Mai voleva comprare le ciambelle per Jade, ma ne aveva comprate anche per il resto di noi, in modo da sembrare ‘discreto’.

Gli altri dipendenti si alzarono dalle loro scrivanie e circondarono le scatole di ciambelle, ma io ero impegnato con un compito urgente, quindi non avevo il tempo di camminare fin lì per prenderne un po’. La mano bianca di qualcuno posò un piatto con sopra una ciambella e una piccola forchetta sulla mia scrivania. Alzai lo sguardo e vidi Mai che mi sorrideva leggermente.

«Prendi una ciambella, P’Uea.»

«Grazie.» risposi brevemente. Presi una forchetta, tagliai un pezzo di ciambella e lo mangiai per essere rispettoso nei confronti di Mai, prima di appoggiare il mento sulla mia mano e guardarlo camminare dritto verso Jade, che stava masticando una ciambella.

Era una tecnica deliberata per corrompermi per arrivare a Jade?

Che ragazzo furbo.

**********

Era l’ultimo venerdì del mese, il giorno in cui ricevevamo il nostro stipendio mensile. Non avevo molto lavoro da fare, quindi sarebbe dovuta essere una buona giornata, a parte i messaggi di Line che continuavano ad arrivare quasi ogni cinque minuti.

P’Pok: Perché non hai risposto al mio messaggio?

P’Pok: Uea, quando mi richiamerai?

P’Pok: Non possiamo solo avere una conversazione decente?

P’Pok: Ho capito il mio errore. Puoi darmi una possibilità?

P’Pok: Uea, rispondimi.

Feci un lungo sospiro, presi il telefono, entrai su Line e disattivai le notifiche della chat del mio ex per eliminare il fastidioso suono. Questo ex era il figlio di un famoso politico. Lo avevo incontrato mesi prima, quando avevo partecipato al matrimonio di un vecchio conoscente. P’Pok mi si era avvicinato e, dopo aver chiacchierato, mi aveva chiesto il mio contatto Line.

All’epoca sembrava molto educato, quindi gli avevo dato il mio numero. Dopo esserci sentiti per circa due mesi, mi aveva chiesto di essere il suo ragazzo. All’inizio era ancora gentile, ma due mesi dopo scoprì che mi tradiva con una modella. Così ruppi con lui. Dopo esserci lasciati, all’inizio non sembrava essere molto infastidito, forse perché non aveva pensato di fare sul serio con me. Tuttavia, di punto in bianco, due settimane fa, mi aveva inviato un messaggio per chiedermi di tornare insieme a lui, e quando avevo rifiutato, aveva iniziato a infastidirmi chiamandomi costantemente e inviandomi messaggi istantanei tutto il giorno.

Avevo provato a bloccare il suo numero di telefono e il suo account Line, ma poi aveva continuato a molestarmi su altri social e aveva anche infastidito i miei amici, dicendo loro di dirmi di sbloccarlo. Non volevo mettere nei guai gli altri, quindi avevo dovuto sbloccarlo e sopportare questi fastidi. Fortunatamente, quando uscivamo insieme, non lo avevo portato nel mio appartamento. Altrimenti, sarebbe sicuramente venuto lì.

Immaginai che potesse essere stato scaricato, quindi voleva tornare insieme a me, ma non ero mai entrato nella sua chat per leggere nessuno dei suoi messaggi. Dovevo solo aspettare che trovasse una nuova donna, e poi, probabilmente, avrebbe smesso di infastidirmi.

Continuai a lavorare fino alla fine dell’orario di lavoro e misi le mie cose nella borsa. Poi andai al ristorante dove avevamo organizzato la festa di benvenuto a Mai insieme a tre colleghi del mio dipartimento che avevano bisogno di un passaggio. Una volta arrivati ​​al ristorante, mi misi a giocare con il mio telefono e lasciai che gli altri ordinassero da mangiare. Il numero di messaggi non letti nella chat silenziosa di P’Pok era quasi un migliaio. Questo mi fece accigliare, ma poi quando notai i messaggi non letti da ‘mamma’ , rimasi attonito per un po’.

Cliccai per leggere i messaggi, che mi fecero fare una smorfia incontrollabile.

Mamma: Hai ricevuto il tuo stipendio oggi, giusto? Trasferiscine un po’ a me.

Mamma: Tonkhao ha detto che voleva frequentare un corso di disegno.

Mamma: Puoi aggiungerne altri 3.000 per aiutare con la retta?»

Ancora io?

La mia mano strinse forte il telefono mentre ero sconvolto. Essendo un fratello maggiore, non avevo mai avuto pregiudizi nei confronti della mia sorellastra nata dal mio patrigno. Tonkhao era una liceale allegra e ben educata e la mia simpatica sorellina, ma quello che non capivo era perché mia madre chiedesse sempre che la aiutassi con la sua retta o altre spese mentre il mio patrigno era abbastanza benestante. D’altra parte, io mi guadagnavo da vivere con uno stipendio fisso e dovevo estinguere un mutuo sul mio appartamento.

Io: Riguardo alla retta extra di Tonkhao, perché non chiedi a zio Sorn? Perché di nuovo io?

Mamma: Quanto pensi che costi la retta di Tonkhao ogni anno? Pensi che sia economico? C’è anche una quota di iscrizione per le classi scolastiche per l’esame di ammissione all’università. Tuo padre ha già molto da pagare. Non puoi semplicemente aiutare i tuoi genitori?

La risposta di mia madre mi fece forzare un sorrisetto. In effetti, quella somma di denaro non mi creava alcun problema, potevo certamente darla a mia sorella, ma quello che mi faceva stare male era il fatto che non avevo mai ricevuto niente del genere da mia madre.

Tonkhao era stata fortunata che la mamma la coccolasse e le dava sempre quello che voleva, non importava cosa, ma a mia madre non era mai importato nemmeno quello che volevo fare. Mi piaceva disegnare, avrei voluto studiare in un programma artistico, ma lei mi aveva costretto a studiare in un programma scientifico-matematico. Quando ero in terza media, volevo prendere lezioni extra per prepararmi all’esame di ammissione all’università e seguire lezioni extra di disegno per prepararmi all’esame di ammissione all’università di architettura, ma mia madre non mi aveva minimamente sostenuto. Aveva detto che era uno spreco di denaro, ma ora sosteneva mia sorella attraverso lezioni extra che avrei voluto seguire anche io in passato.

Per me era uno spreco di denaro, ma per mia sorella era una necessità dal punto di vista di mia madre?

Ero solo un parassita nella vita di mia madre.

Spensi il telefono, presi una bottiglia di birra che mi era appena stata servita davanti, la versai in un bicchiere e la bevvi tutta d’un fiato.

«Vacci piano. Non hai mangiato. Non correre con l’alcol.» Jade mi tirò il polso che stava per versare altra birra nel mio bicchiere.

«Voglio bere.»

«A stomaco vuoto ti ubriacherai velocemente. Non solo…»

«Lascialo fare. Intralcia i suoi passi e sarai maledetto.» disse King che era seduto accanto a Jade e Mai. Quando mi girai per guardarlo in faccia, continuò: «Vedi? Mi sta facendo il malocchio.»

«Stai zitto!» esclamai irritato mentre mi versavo di nuovo in gola la birra dal bicchiere. Jade sospirò prima di lasciare andare la mia mano e rivolgersi a King.

«E tu? Berrai molto stasera?»

«Perché me lo chiedi? Hai paura di dovermi trascinare a casa come l’altra volta?»

«Diavolo sì! Quella volta non riuscivi a camminare dritto. Se ti avessi lasciato andare a casa da solo e tu avessi investito qualcuno con la macchina, cosa sarebbe successo?»

«Stai certo che stasera non berrò molto. Ho intenzione di andare da qualche altra parte più tardi.»

Lo intravidi alzare un sopracciglio verso Jade e capii cosa significava ‘altrove’. Probabilmente sarebbe andato in un altro bar o sarebbe andato a trovare qualche ragazza.

Spostai la mia attenzione dalla conversazione e continuai a bere in silenzio da solo tra le voci allegre dei miei colleghi intorno a me. Più passava il tempo, più tutti si divertivano. Mai fu  incoraggiato dai senior (Jade era il leader) a cantare davanti a tutti. Non appena sentii la canzone di Mai, immediatamente guardai il mio amico seduto accanto a me.

Solo ascoltando il testo di Mai-Bok-Ter (I’ve Never Told You) di Bedroom Audio, capii a chi Mai stava cercando di trasmettere il significato della canzone.

«Hai detto che non eri bravo a cantare. Sei un tale bugiardo!» esclamò Jade mentre l’alto tirocinante tornava al suo posto.

Mai sorrise ampiamente e fece una domanda con gli occhi luccicanti.

«Ti piace?»

«Certo, mi piace. Hai cantato così bene, vero, Uea? Mai è un grande cantante, vero? Verooo?» Jade si girava continuamente per darmi delle gomitate.

«Sì, un grande cantante.» diedi una breve risposta. Jade sembrava soddisfatto della mia risposta, come se gli avessi fatto i complimenti. Sapevo che Jade guardava Mai molto affettuosamente perché il ragazzino era gentile ed efficiente riguardo al suo lavoro, ma immaginavo che Jade non avesse ancora idea che Mai non lo guardasse nel modo in cui un junior guarda un senior.

Il mio amico era un po’ lento quando si trattava di cose come questa.

Ora, tutt’intorno a me, la gente si divertiva cantando e ridendo. Non sapevo quante volte P’Bas e Big Sis Fai avessero ballato davanti a tutti. Jade esultava e rideva e faceva a turno per cantare e ballare. Tutti si stavano divertendo, ma io mi sentivo così male che non avevo voglia di godermi la festa con loro.

Mi ero lavato la gola con tanti bicchieri della bevanda color ambra. Non riuscivo a capire perché la mia vita fosse così brutta. Fin dalla mia infanzia, non mi ero mai sentito amato dalla mia famiglia, quindi mi aspettavo di essere amato da qualcuno una volta adulto. Me lo aspettavo in ogni relazione romantica che avessi mai avuto. Desideravo amore, fermezza e sincerità, ma ero stato deluso più e più volte come se qualcuno mi avesse lanciato una maledizione per rendermi infelice per sempre.

Questo mondo non era troppo cattivo con me?

«Stai bevendo come se avessi il cuore spezzato. Che succede, signor Anon? Qualcuno ti ha scaricato di nuovo?» Sentii la voce di King in mezzo al forte rumore nella stanza. I suoi occhi acuti guardarono il corpo alto di Mai che era seduto tra noi.

«Dammi un giorno.»

«Che cosa?»

«Per favore, non disturbarmi, ok?» Mi voltai e bevvi altra birra. King si strinse nelle spalle e distolse la sua attenzione da me per continuare a parlare con Mai. Non riuscivo a sentire di cosa stessero parlando, ma anche se l’avessi sentito, ero troppo stanco per preoccuparmene.

La mia testa iniziò a girare come risultato inebriante di quei bicchieri di alcol che mi ero versato nel corpo. Non ero il tipo che reggeva molto alcol come Jade, che poteva bere quanto voleva senza ubriacarsi. Ero sull’orlo del mio limite di bevute adesso. Normalmente non bevevo oltre il mio limite, ma quella sera le cose erano davvero troppo difficili da gestire: P’Pok e mia madre. Non sapevo come sfogarmi, quindi mi ero rivolto all’alcol.

Dal solo bere birra, ero passato a mescolare del liquore. Bevvi il liquore continuamente. Né potevo fermarmi, né volevo farlo.

«Penso che tu abbia già bevuto troppo.» disse King che, non sapevo quando, era venuto a sedersi accanto a me, e allo stesso tempo mi tolse il bicchiere di mano.

«Non disturbarmi!» Feci una smorfia, ripresi il bicchiere e ingurgitai il liquore. Potevo sentirlo pronunciare qualcosa insoddisfatto, ma in quel momento la mia coscienza non era abbastanza buona per dargli un senso.

Sembrava che si stesse facendo più buio tutto intorno a me tra il forte rumore. Mi sembrava di sentire la voce di Jade da molto lontano. Sentii qualcosa su un taxi. Mi sentivo come se qualcuno mi tenesse gentilmente e mi aiutasse ad alzarmi. Il profumo sbiadito della menta, mescolato con l’odore dell’alcool dal corpo di qualcuno che mi stava tenendo, mi faceva sentire così familiare con quella persona che lasciai che mi stringesse senza alcuna lotta. Dopodiché, mi addormentai a lungo. Ripresi conoscenza quando fui gentilmente portato fuori dall’auto.

Mi sentivo totalmente stordito. Cercai di aprire gli occhi, ma le mie palpebre erano troppo pesanti. Mi ci volle un tempo abbastanza lungo per riuscire ad aprire gli occhi. Mi ritrovai davanti a una porta, sentii il segnale acustico di una chiave magnetica che sbloccava la serratura prima di essere portato dolcemente nella stanza buia come la pece.

«Chi è?» chiesi con voce roca e secca. La mia piccola coscienza cominciò a risvegliarsi a causa del silenzio intorno a me.

«Sei sveglio? Sei completamente distrutto, lo sai?» La voce bassa e familiare di qualcuno che mi rispose suonò più prolungata del solito.

Il mio cuore batteva forte mentre venivo portato in una stanza buia. La mia paura istintiva mi fece afferrare saldamente la camicia della persona accanto a me.

«Tu dormi in questa stanza, e io andrò a dormire sul divano. Accidenti! Mi sento stordito…» disse vicino al mio orecchio la voce bassa della persona che mi teneva. Continuò dicendo qualcosa che non riuscivo a capire mentre un palmo caldo stava cercando di sbloccare la mia presa sulla sua camicia.

«Uea, lascia andare!»

«Dove stai andando?» chiesi impaurito. In quella stanza si sentiva il rumore del condizionatore d’aria in funzione, ma era troppo buio per vedere qualcosa.

Non potevo vedere nulla.

«Sto andando a letto, e dovresti farlo anche tu.»

Sbloccò con successo la mia presa e mi spinse indietro, e caddi sul letto. Nella mia vertigine, raccolsi tutte le mie forze e trascinai l’altra persona sul letto con me.

Il mio corpo si sentiva pesante dopo che qualcun altro era sdraiato sopra di me. Sentii deboli imprecazioni che non riuscivo a capire. La persona stava per alzarsi quando mi gettai verso di lui e mi aggrappai più forte.

«No…» mormorai. Il terrore mi riempì il cuore, facendomi rabbrividire. Poiché non c’era risposta dall’altra persona, gettai le mie mani ovunque su di lui per afferrare tutto ciò che potevo. «Non andartene… ho paura…»

«Uea, smettila.»

La voce arrabbiata che rispose non mi spaventò tanto quanto il timore di rimanere solo. Gli gettai le mani al collo, mormorando ripetutamente le stesse parole.

Ero stato lasciato nell’oscurità più e più volte. Non volevo più essere tutto solo al buio come quella volta.

«Stringimi…» mormorai dolcemente, spingendo il mio corpo verso il calore del corpo dell’altra persona sopra di me.

«Uea, fermati. Lasciami andare!»

«No… No…» mi rifiutai di lasciarlo andare subito, cercando di trattenerlo con me con tutte le mie forze.

Non potevo essere solo adesso. Lo volevo con me, per stringermi, per confortarmi…

«Stringimi… Non… andartene.»

Il suo respiro pesante era la risposta. L’odore di alcol nel suo alito divenne più distinto quando abbassò la testa per sussurrarmi qualcosa.

«Stai cercando di sedurmi?» La voce tremante dell’altra persona, piena di emozioni, in qualche modo mi faceva sentire le farfalle nello stomaco. «Sai che la mia moderazione ha il suo limite, vero?»

«Stringimi… per favore.» mormorai mentre lo tenevo così stretto da non lasciare alcuno spazio tra i nostri corpi. Sentii un tocco morbido passare sulla mia guancia, poi si spostò verso il lato del mio collo. Ciò rese la mia parte inferiore rigida e calda. Respirai più pesantemente, cercando di strusciarmi sul materasso per alleviare il disagio del mio corpo.

Qualcosa di duro spinse contro la mia parte inferiore. Mi appoggiai contro di esso, strofinando inconsciamente il mio fianco contro di lui.

«Se continui ancora a sedurmi in questo modo, non ti lascerò andare.» disse la voce bassa e roca proprio accanto al mio orecchio. La mia piccola quantità di coscienza mi disse che era l’ultimo avvertimento.

Ignorai completamente quella coscienza e aprii leggermente gli occhi per guardare la persona sopra di me. L’alcol risvegliò il mio istinto primordiale e prese il controllo completo su di me.

«Non andare… Stringimi… per favore. Hmmm.»

La tenerezza bruciante e furiosa premette sulle mie labbra all’istante. Qualcosa di caldo e umido, mescolato all’odore dell’alcool, scivolò nella mia bocca e si avvolse pesantemente con la mia lingua. Grandi mani mi stringevano e mi accarezzavano, lasciando desiderio ovunque passassero. Il basso ringhio nella sua gola aumentò notevolmente il calore che sentivo.

Tutto iniziò lì e il calore si stava accumulando sempre più intensamente.

Il tocco vaporoso si spostò più in basso sul mio corpo, e questo mi fece contorcere. Le scintille si diffusero su tutto il mio corpo una volta che la mia parte centrale fu afferrata. Dalla mia bocca uscivano forti gemiti che si mescolavano a un basso ringhio e ai suoni umidi del piacere: tutto riecheggiava nelle mie orecchie.

Nell’oscurità, ero eccitato e venivo soddisfatto all’infinito, e ricambiavo allo stesso modo. La mia coscienza era confusa, ma i miei sentimenti erano così chiari.

Desideravo così tanto le coccole e il contatto che non mi era rimasto nient’altro in mente, l’unica cosa era il desiderio sempre crescente, e di certo non volevo che finisse.

Tutto andò avanti per molto tempo. L’ultima cosa che ricordai fu che stavo fluttuando nel cielo prima che l’oscurità del sonno si impossessasse di me.

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